Febbraio 15th, 2024 Riccardo Fucile
SUL BANCO DEGLI IMPUTATI INVECE DI CONTE E SPERANZA DOVREBBERO SEDERE COLORO CHE, STRIZZANDO L’OCCHIO AI NO VAX, HANNO CONCORSO ALLA MORTE DI MIGLIAIA DI ITALIANI
Se deve appurare i fatti come il Giurì d’onore sul Mes, allora non
perdiamo tempo e diamo già per scritte le conclusioni della Commissione parlamentare sul Covid: il virus l’ha costruito in provetta Conte, d’intesa con i cinesi e le spie russe, mentre l’allora ministro della Salute, Speranza, portava i soldi con le orecchie all’industria dei vaccini. Il tutto condito con le ruberie orchestrate sulle mascherine, e mentre ci siamo mettiamoci pure il danno erariale per il costo delle dirette televisive con cui il Palazzo Chigi informava il Paese sulla pandemia.
Questo e anche di più dobbiamo attenderci dall’organismo che ieri è stato varato dalla Camera, dove una deputata di Fratelli d’Italia si è portata avanti dichiarando che Conte e Speranza erano stati già condannati, prima di precisare che la presunta “condanna” era invece un’ordinanza del Tar sulla consegna di alcuni documenti.
Un lapsus, se vogliamo credere al dilettantismo della parlamentare nell’usare le parole, che però svela il clima in cui le destre stanno preparando il plotone d’esecuzione.
Quella stagione, tragica per i morti che s’è lasciata dietro, l’abbiamo vista tutti, in Italia come nel resto del mondo, dove è improbabile che abbiano copiato molte delle misure prese da Conte per fargli un favore o per replicare chissà quali disegni illeciti.
Piuttosto, non sarebbe male ricordare l’ostruzionismo che fecero su tutto le destre e le Regioni, persino mentre morivano ogni giorno più di mille persone. Ma su questo c’è da dubitare che la Commissione avrà qualcosa da dire.
(da La Notizia)
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Febbraio 15th, 2024 Riccardo Fucile
DOPO IL DASPO CONTRO I CANTANTI, IL CARNEVALE LEGHISTA VUOLE DECIDERE ANCHE CHI HA DIRITTO DI MANIFESTARE E CHI NO
Il 4 novembre scorso il leader della Lega Matteo Salvini ha organizzato una manifestazione pro-Israele a Milano in cui ha definito “fascisti” coloro che scendono in piazza contro Tel Aviv dopo gli eventi del 7 ottobre. Per questo, con la scusa di combattere gli atti di antisemitismo, ora il Carroccio vorrebbe proibire le manifestazioni in cui vengono criticate le istituzioni di Israele: a chiederlo è una proposta di legge presentata dalla Lega in Senato il 30 gennaio e depositata mercoledì, proprio il giorno in cui a Napoli alcuni manifestanti venivano manganellati sotto la sede Rai mentre protestavano per chiedere la pace nella Striscia di Gaza dopo le polemiche per le frasi di Ghali a Sanremo (“Stop al genocidio”).
La proposta di legge è firmata dal capogruppo della Lega Massimiliano Romeo e dai senatori Daisy Pirovano e Giorgio Maria Bergesio e ha un titolo generico: “Disposizioni per l’adozione della definizione operativa di antisemitismo nonché per il contrasto agli atti di antisemitismo”.
Un testo snello di tre articoli in cui l’obiettivo sembra solo essere quello di adottare la definizione di antisemitismo formulata dall’Assemblea plenaria dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto nel 2016. Per antisemitismo, si legge nel testo, si intende “una determinata percezione degli ebrei che può essere espressa come odio nei loro confronti, le cui manifestazioni, di natura verbale o fisica, sono dirette verso le persone ebree e non ebree, i loro beni, le istituzioni della comunità e i luoghi di culto ebraici”.
Una definizione piuttosto controversa: studiosi e università di tutto il mondo infatti hanno criticato gli esempi dell’Ihra che davano applicazione alla definizione, tra cui quella di “negare agli ebrei il diritto all’autodeterminazione, sostenendo che l’esistenza dello stato di Israele è una espressione di razzismo” e “applicare due pesi e due misure nei confronti di Israele richiedendo un comportamento non atteso da o non richiesto a nessun altro stato democratico”. Anche perché, è la critica, questi esempi di applicazione potrebbero essere utilizzati strumentalmente per fermare ogni forma di dissenso.
E infatti la Lega all’articolo 3 della proposta inserisce proprio una norma contro le manifestazioni. Il Carroccio dà la possibilità alle questure di negare l’autorizzazione a riunioni o manifestazioni pubbliche “per ragioni di moralità” anche in caso di “valutazione di grave rischio potenziale per l’utilizzo di simboli, slogan, messaggi e qualunque altro atto antisemita ai sensi della definizione operativa di antisemitismo adottata dalla presente legge”, si legge nella proposta.
Con la scusa di combattere l’antisemitismo, la Lega chiede di proibire le manifestazioni di piazza utilizzando criteri piuttosto generici, visto che la definizione di antisemitismo prevede anche forme di “odio fisico e verbale nei confronti delle istituzioni ebraiche”, cioè lo Stato di Israele. Nella relazione tecnica alla proposta si fa proprio riferimento alle manifestazioni di queste settimane dopo il 7 ottobre: “Focolai che si sono già estesi sotto la veste di antisionismo, dell’odio contro lo Stato ebraico e del suo diritto a esistere e difendersi – scrivono i senatori della Lega – La moltiplicazione di episodi antisemiti si è in parte fondata sul negazionismo delle violenze perpetrate il 7 ottobre e su un radicale rifiuto di Israele che ripropone, proiettandolo sulla dimensione statutale, pregiudizi antisemiti ancora troppo diffusi”.
Una proposta piuttosto inusuale visto che la Lega non si è mai espressa per proibire manifestazioni marcatamente fasciste, a partire da Acca Larenzia.
Il resto della legge riguarda iniziative contro l’antisemitismo che devono essere prese dalla presidenza del Consiglio con un apposito decreto: si va dalla creazione di una banca dati per gli episodi di antisemitismo a forme di sensibilizzazione per docenti e forze di polizia. Misure dietro cui si nasconde la proposta di negare le manifestazioni di piazza. Quella della Lega è una proposta di legge, ma la norma potrebbe essere presentata come emendamento nel primo provvedimento utile, forse già il ddl Sicurezza in arrivo al Senato. Intanto ieri il sottosegretario leghista Alessandro Morelli ha proposto un “daspo per gli artisti che fanno politica” riferendosi ai casi di Dargen D’Amico e Ghali: “Dovrebbero stare per un periodo fuori dalla Rai”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Febbraio 15th, 2024 Riccardo Fucile
PURE IL CAVALLO NON GRADISCE LA SUA PRESENZA E PER POCO NON LO COLPISCE
C’era anche lui. In un posto decisamente impensabile per il
generale più discusso d’Italia. Non in una base militare e nemmeno in una libreria a presentare il suo libro “Il mondo al contrario”.
Roberto Vannacci era presente a Oristano per la presentazione della sua opera al Mistral 2, davanti ad un centinaio di persone.
Ma in contemporanea si teneva in città uno degli eventi più importanti della Sardegna: la Sartiglia, appuntamento tradizionale del carnevale isolano. C
osì Vannacci, a suo modo, è diventato nuovamente protagonista. Nel momento in cui il militare è stato invitato a premiare una cavallerizza che aveva centrato la stella ecco che sono partiti i fischi del pubblico.
Non solo il cavallo non l’ha presa benissimo e rischiava di colpire il militare. Il momento televisivo non è sfuggito sui social e nemmeno ai conduttori dell’evento. «Dobbiamo fare il nostro lavoro di cronisti ed evidenziare quello che succede anche a bordo pista», hanno detto in diretta.
(da agenzie)
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Febbraio 15th, 2024 Riccardo Fucile
REPORT DI SAVE THE CHIDREN: UN ADOLESCENTE SU DUE HA SUBITO VIOLENZE DA PARTE DEL PARTNER… PER IL 30% LA GELOSIA E’ UNA FORMA DI AMORE
Non sono confortanti i dati che indagano la violenza nelle relazioni tra adolescenti. Più di una ragazza o un ragazzo su due (52%) tra i 14 e i 18 anni, che ha o ha avuto una relazione, ha subito un comportamento violento dal proprio partner e quasi la metà (47%) non nega di averlo messo in atto.
È il quadro allarmante che emerge dal rapporto Le ragazze stanno bene? Indagine sulla violenza di genere onlife in adolescenza realizzato da Save the Children, in collaborazione con Ipsos.
La gelosia? Un segno d’amore per il 30% degli adolescenti. Condividere la password dei propri social o dispositivi? Una prova d’amore per il 21%. E il 17% pensa possa succedere che in una relazione intima scappi uno schiaffo ogni tanto.
Ancora una volta i dati confermano così l’urgenza di rafforzare l’educazione sui temi della violenza di genere e delle relazioni sane e la necessità di promuovere, fin da piccoli, una cultura che favorisca il rispetto reciproco, l’uguaglianza di genere e la consapevolezza dei propri diritti e responsabilità all’interno delle relazioni interpersonali.
Forme di controllo
Dal report – che raccoglie i risultati di un sondaggio su un campione rappresentativo di 800 adolescenti – emerge, inoltre, come tra ragazze e ragazzi non vi siano differenze particolarmente rilevanti. Tuttavia, i maschi tendono ad assumere in misura maggiore delle femmine comportamenti caratterizzati da violenza emotiva e fisica.
Ad esempio, il 17% dei ragazzi afferma di aver spaventato il/la partner con comportamenti violenti a fronte di un 13% delle ragazze.
Quanto, invece, alle esperienze di violenza subita, le forme più diffuse sono: avere un partner che si rivolge all’altro con un linguaggio violento, come grida o insulti (29%), o che fa leva sulle emozioni dell’altro per fargli fare qualcosa che non vuole (29%).
A queste si aggiungono poi la richiesta di inviare video o foto intimi con insistenza (20%) e la condivisione di foto o video intimi senza consenso (15%).
Stereotipi duri a morire
Come evidenzia il report, la violenza di genere oltre ad essere trasversale per età e contesti sociali, lo è anche sulle dimensioni in cui avviene, sia nella vita reale che nell’online, generando così più livelli di violenza e oppressione. Ma tutto trova radici nelle differenze di genere percepite. Quasi il 70% degli adolescenti ritiene che le ragazze siano più predisposte a piangere dei maschi, più in grado di esprimere le proprie emozioni (64%), di prendersi cura delle persone (50%), e di essere inclini a sacrificarsi per il bene della relazione(39%).
Prevale un’immagine della donna più predisposta da un punto di vista affettivo e relazionale. Quanto, invece, alle relazioni intime nate o praticate anche online, circa un adolescente su dieci ha condiviso/postato foto intime senza il consenso della persona coinvolta.
I recenti e sempre più frequenti episodi di cronaca hanno messo in luce come certi modelli violenti di relazione tra pari vengano interiorizzati anche dagli adolescenti.
Il 43% degli e delle adolescenti crede che se una ragazza non volesse avere un rapporto sessuale con qualcuno/a, il modo di sottrarsi lo trova. Un dato che sottolinea come «sia diffusa – si legge nel report – l’opinione di sotterranea responsabilità della vittima di violenza sessuale, come a dire che in qualche modo, se avesse davvero voluto, si sarebbe potuta sottrarre».
Nella stessa direzione vanno le opinioni rispetto ad altre forme di attribuzione di responsabilità della vittima nella violenza sessuale: il 29% degli adolescenti ritiene che le ragazze possano contribuire a provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire e/o di comportarsi, mentre il 24% pensa che se una ragazza non dice chiaramente “no” vuol dire che è disponibile al rapporto sessuale.
Infine, il 21% crede che se una ragazza sia sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o di alcol sia comunque in grado di acconsentire o meno ad avere un rapporto sessuale.
(da agenzie)
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Febbraio 15th, 2024 Riccardo Fucile
INTERVISTA A MONICA MINARDI, PRESIDENTE DI MSF; “I NOSTRI APPELLI PER IL CESSATE IL FUOCO INASCOLTATI”
“Se ci sarà una offensiva di terra a Rafah da parte dell’esercito
israeliano sarebbe una catastrofe nella catastrofe. Manca acqua potabile e la popolazione non ha via di fuga, non ci sono zone sicure. I nostri appelli finora sono stati inascoltati, ma non smettiamo di chiedere il cessate il fuoco immediato”.
A parlare è Monica Minardi, presidente di Medici Senza Frontiere Italia, che a Fanpage.it ha spiegato la situazione critica che si sta verificando a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, dove da giorni sono in corso operazioni speciali da parte dell’esercito israeliano contro Hamas e dove l’emergenza umanitaria peggiora ora dopo ora.
Dott.ssa Minardi, stando a quanto raccontano i vostri colleghi, cosa sta succedendo a Rafah?
“Noi al momento siamo presenti al Sud di Gaza con un team che è per più dell’80% composto da personale palestinese e in parte da personale internazionale. Supportiamo 4 ospedali e centri di salute di base. Da fine anno abbiamo cercato di supportare l’approvvigionamento dell’acqua potabile per evitare lo sviluppo di malattie. E nonostante ciò abbiamo visto nelle nostre cliniche un aumento importante delle patologie cutanee, soprattutto in chi è più vulnerabile come i bambini.
Nell’area di Rafah questo progetto fa in modo che ci sia un approvvigionamento di circa 110mila litri di acqua potabile al giorno, che sembra una grande quantità ma basta per coprire il fabbisogno di sole 20mila persone. È lontano dall’essere abbastanza, perché in una situazione normale una persona singola necessita di 2 o 3 litri di acqua al giorno. In caso di disidratazione, come avviene soprattutto con i soggetti più fragili e vulnerabili come donne incinte, bambini e malati cronici, questo apporto idrico dovrebbe essere ancora superiore. In media al momento una famiglia di 6 persone riceve a malapena 4 litri di acqua al giorno nonostante la nostra attività di supporto.
Saremmo pronti ad aumentare la quantità di acqua distribuita ma ci sono tantissimi ostacoli, dal numero limitato di camion che entrano nella Striscia al fatto che ci sia sempre molta difficoltà a reperire carburante, oltre al fatto che le infrastrutture sono state bombardate e distrutte e non si riescono ad aggiustare in breve tempo. A ciò si aggiunga il fatto che l’area è così affollata che gli operatori denunciano mancanza di spazio fisico anche solo per mettere su una tenda per supportare i centri di salute. La situazione è catastrofica”.
Molti sono anche gli ospedali che sono stati presi di mira negli ultimi mesi…
“Dopo 4 mesi di guerra sono continui e indiscriminati gli attacchi contro strutture civili e sanitarie, la maggior parte delle quali sono state distrutte e quelle ancora in piedi sono solo parzialmente funzionanti. Questo ovviamente riguarda anche il Sud della Striscia dove, dopo ripetuti ordini di evacuazione che anche i nostri team hanno dovuto subire dal 7 ottobre, si sono ammassate tantissime persone, arrivate in un’area già densamente popolata.
Al momento ci sono sono più di 1.4 milioni di persone che vivono in strada. Per altro, in questo periodo dell’anno le temperature sono basse e mancano tutti i beni essenziali, inclusi acqua potabile e cibo. Il governo israeliano impedisce l’ingresso di sufficienti aiuti e comunque nello stato attuale senza un cessate il fuoco immediato e incondizionato anche l’aiuto umanitario può fare ben poco. La situazione è al collasso”.
Lei ha parlato di bambini e donne. Cosa può dirci al riguardo?
“Tra le strutture che supportiamo a Sud di Gaza ci sono anche i maternity hospital, che si occupano di salute materna e infantile. Anche in questo caso, dire che la situazione è difficile è dire poco. Consideriamo che queste sono donne che negli ultimi mesi non hanno ricevuto nessun tipo di controllo in gravidanza. Per di più anche loro stesse hanno vissuto mancanza di cibo e acqua e vivono in condizioni igieniche pessime con alto rischio di trasmissione di malattie polmonari e oro-fecali.
Abbiamo parecchi casi di sospette epatiti A, non solo nelle donne ma anche nei bambini. Ci sono poi pazienti che necessitano di parto cesareo, che devono essere dimesse ma non ci sono posti sicuri dove andare. Chi rientra in Italia parla di coraggio e determinazione incredibile del personale palestinese che continua, nonostante abbiano perso spesso membri della propria famiglia, a portare tutto l’aiuto che possono”:
Cosa chiedete alla comunità internazionale?
“Come facciamo da tempo, chiediamo il cessate fuoco. Ma questa è una decisione che deve essere presa il prima possibile. C’è questo senso di frustrazione in chi rientra da Gaza perché ci si rende conto che si potrebbe fare molto di più, ma senza un cessate il fuoco è tutto inutile, perché non si può aumentare il flusso di aiuti umanitari che abbia veramente un impatto sulla salute delle persone. Noi chiediamo che tutti i leader facciano tutto quello che possano per far sì che ciò avvenga immediatamente”.
Dal punto di vista umanitario, cosa potrebbe succedere?
“La catastrofe si verificherebbe davanti ai nostri occhi e le conseguenze sia nel corpo che nella mente dureranno molto tempo. Noi siamo presenti nella Striscia dal 1989, abbiamo visto anche altri momenti di violenza e avevamo già prima del 7 ottobre dei progetti di salute mentale.
Il nostro appello è legato a questo e al fatto che in ogni guerra il diritto umanitario prescrive che ci siano spazi sicuri per curare le persone. Qui invece ci sono attacchi deliberati anche contro le nostre strutture. MSF lavora in diversi contesti di conflitti e comunica sempre la propria posizione e gli spostamenti alle parti in campo. Nonostante questo, qui a Gaza un nostro convoglio che stava cercando di evacuare 300 persone da un ospedale colpito dalla bombe è stato attaccato, con due persone che sono morte”.
(da Fanpage)
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