Maggio 15th, 2024 Riccardo Fucile
LE CONTESTAZIONI E LA SENTENZA DEL TAR, L’ALLARME DELL’ANAC, LE INTERCETTAZIONI SUL PREZZO PIU’ ALTO E I RISCHI DELLE CLAUSOLE PNRR
La diga di Genova gli italiani rischiano di pagarla due volte. La
grande opera al centro dell’inchiesta su Giovanni Toti e la corruzione in Liguria si trova in una situazione giuridica ingarbugliata. La diga foranea sarà lunga 6.200 metri ed è pensata per consentire ingresso e manovra alle grandi navi portacontainer. L’investimento totale è pari a 1,3 miliardi. Si tratta di uno dei grandi progetti strategici del Pnrr ed è finanziata per 500 milioni dal fondo complementare. La posa della prima pietra è avvenuta il 4 maggio 2023. L’ultimazione è prevista per il 2026.
Ma il presidente dell’Autorità Anticorruzione Giuseppe Busia nella sua relazione annuale ieri ha lanciato l’allarme: «C’è il rischio di un significativo aumento dei costi. Perché è stato riconosciuto al privato il diritto di stabilire a quali condizioni realizzarla.
Le contestazioni
La storia comincia esattamente un anno fa. A poco meno di una settimana dall’avvio ufficiale dei lavori, il Tar della Liguria annulla l’aggiudicazione della gara. Trattandosi però di un’opera finanziata con le risorse del Pnrr, i cantieri non si fermano in quanto l’annullamento dell’affidamento non comporta la cessazione del contratto già stipulato.
Di fatto, dunque, la stazione appaltante potrebbe ritrovarsi a pagare non solo il consorzio che ha stipulato il contratto ritenuto illegittimo ma anche la società che non è riuscita ad aggiudicarsi la gara.
L’Anac pone quattro irregolarità. La prima sono i motivi addotti per giustificare il ricorso alla procedura negoziata invece che alla gara e contesta che la scelta sia stata ribadita dopo che la prima procedura è andata deserta.
Poi c’è l’alterazione delle condizioni iniziali in modo tale che ad accollarsi il rischio di problemi geologici è stato lo Stato.
La commissione sostituita a buste aperte
L’Autorità portuale ha anche nominato una commissione giudicante che ha dovuto poi sostituire dopo essersi accorta dei conflitti d’interesse che richiedevano la nomina di un nuovo collegio.
Infine, alcune voci di costo non sono state computate correttamente e questo ha causato un aumento dei prezzi.
Ma c’è di più. Perché se la sentenza del Tar venisse confermata dal Consiglio di Stato secondo l’Anac sarà inevitabile doverla risarcire. E si tratta di un appalto da 1,3 miliardi di euro. Affidato da Paolo
Emilio Signorini ad un consorzio con capofila WeBuild senza una corretta procedura di gara, perché la società non aveva i requisiti.
La diga foranea di Genova è stata inserita nel decreto Genova per la ricostruzione del Ponte Morandi. Ha potuto così usufruire delle deroghe al Codice dei contratti.
I costi aggiuntivi
La società ha poi spuntato clausole riguardo la revisione dei prezzi. Sempre secondo l’Anac questo vuol dire che si potrebbero dover affrontare costi aggiuntivi anche molto ingenti. Che sono anche questi a carico dello Stato. E che i costi possano salire lo si capisce anche da una serie di intercettazioni pubblicate dal Fatto Quotidiano: La conversazione si svolge quando il governo Draghi ha appena approvato il decreto Aiuti, che riconosce aumenti del 20% dei costi delle materie prime.
La misura però non basta a Webuild, come spiegava Toti a Signorini, intercettato, già il 10 giugno riferendogli una conversazione appena avuta con Salini (non indagato): «Non l’ho visto particolarmente ostile, lo sa che lo devono fare, però qualcuno gli racconta delle robe, secondo me, parzialmente vere per pararsi il culo, nel senso dice ‘…no ma quello è un appalto dopo il… riqualificazione del Decreto Draghi, quindi non possono neanche aggiungere il 20 per cento… poi quel Decreto non c’ha la copertura nel pluriennale quindi ce l’abbiamo solo semmai il 20 per cento per il primo anno…eeh…bisogna capire, perché se no così cosa facciamo? … ‘ … boh quindi… va un minimo rassicurato».
400 milioni in più
Signorini ha anche una stima dei costi aggiuntivi. «Lui (cioè Salini, ndr) dice che ci vogliono 400 milioni in più». Ovvero un miliardo e 450 milioni, mezzo miliardo in più del valore dell’appalto. Webuild sembrava quindi puntare a una nuova negoziazione. E Signorini l’aveva capito: «Salini mi ha detto ‘minchia Paolo! mi ha chiamato tutto il governo, mi hanno fatto un culo grande quanto una capanna…’ m’ha detto…perché l’hanno chiamato dicendo… il 18% ce l’ha Cdp (Cassa depositi e prestiti, azionista di Webuild, ndr) no? …quindi fanno ‘ma tu decidi di non andare alla gara e non ci dici un cazzo?? Ma come ti??’ …sai lui è un filibustiere eh».
(da agenzie)
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Maggio 15th, 2024 Riccardo Fucile
IL FATTO NON COSTITUISCE REATO
“Lollobrigida governatore neohitleriano”. La filosofa Donatella Di Cesare per questa frase era stata rinviata a giudizio per le frasi a DiMartedì il 4 aprile 2024. Oggi il giudice monocratico di Roma ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti della docente di filosofia alla Sapienza di Roma, che era accusata di diffamazione dopo una querela presentata dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Per il giudice il fatto “non costituisce reato”.
Nel corso della trasmissione televisiva, commentando le parole di Lollobrigida sulla ‘sostituzione etnica’, aveva affermato che “quello del ministro non può essere preso per uno scivolone perché ha parlato da Gauleiter, da governatore neohitleriano’.
“Tutto ruota intorno alla formula ‘sostituzione etnica’ che il ministro ha pronunciato al congresso Cisal il 18 aprile 2023 suscitando molto scalpore – aveva spiegato la docente in una nota inviata all’Ansa – La sera dello stesso giorno, nella puntata del programma DiMartedi su La7, quando mi è stato chiesto di commentare, ho detto che ‘il nazismo è stato un progetto di rimodellamento etnico del popolo e il mito complottistico della sostituzione etnica è nelle pagine del Mein Kampf di Hitler’.
Ho aggiunto: ‘credo che le parole del ministro non possano essere prese per uno scivolone, perché ha parlato da Gauleiter, da governatore neohitleriano‘”, ha scritto la docente, precisando che quella sua opinione “si è basata sui miei studi di anni su questo argomento”.
“Duole constatare che un ministro, dal suo posto di potere, denunci una privata cittadina – aveva proseguito la studiosa -. Soprattutto preoccupa l’abuso di querele per tacitare le voci del dissenso intellettuale. Gli esponenti di un governo democratico dovrebbero essere aperti al confronto e rispondere con le parole e i mezzi della discussione pubblica alla critica politica anche aspra. Al contrario qui arrivano querele come manganellate. Non mi faccio tuttavia intimidire. Ho fiducia nella magistratura e mi difenderò in tribunale”. Nel corso della trasmissione dell’anno scorso, Di Cesare era partita dalla recente visita del Capo dello Stato Sergio Mattarella al campo di Auschwitz. “Auschwitz è stato il risultato di un progetto politico di rimodellamento etnico della popolazione, il mito complottista della sostituzione etnica c’è già nelle pagine di Mein Kampf di Adolf Hitler ed è il cuore dell’hitlerismo”, aveva argomentato prima dell’attacco a Lollobrigida.
(da agenzie)
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Maggio 15th, 2024 Riccardo Fucile
ORMAI SIAMO AL DELIRIO, DEFINISCE PURE TIMMERMANS SOVRANISTA QUANDO INVECE E’ SOCIALISTA
A Francesco Lollobrigida non la si fa tanto facilmente. Il
cognato di Giorgia Meloni famoso per riuscire a fermare i treni con la sola imposizione della dialettica ultimamente non ha deciso solo di imporre i formaggi nei menu dei ristoranti.
Come apprendiamo dal Foglio, di recente ha portato a conoscenza dell’opinione pubblica un altro grande complotto. Quello dei Paesi Bassi. Che impone politiche green all’Europa per distruggere l’agricoltura. Con il fine di rendere il continente dipendente dall’import alimentare. E così facendo ricostruire l’impero olandese attraverso la posizione dominante del porto di Rotterdam.
Le trame di Timmermans
Lollobrigida ha illustrato il complotto dell’Olanda per affamare l’Italia e l’Europa il 7 maggio scorso, ospite a un intervento di Coldiretti a Parma durante Cibus. Il ministro del governo Meloni si è scagliato contro Frans Timmermans, che da olandese e sovranista (in realtà è socialista) avrebbe costruito la trama: «Se fossi olandese, rifletterei sulla mia storia e direi: “Sono una piccola nazione, non come voi”. Se creo regole così rigide da ridurre la produzione europea a quella del 1600, l’Europa non dovrebbe importare beni esteri per nutrire la sua gente?”».
E quindi: «E forse arrivano attraverso i miei porti come facevano una volta e forse posso ricostruire una forza economica che non posso costruire solo con la forza del mio paese». Quindi la chiusa: «Non penso che Timmermans sia pazzo. Penso che abbia calcolato freddamente nell’interesse dell’Olanda e non dell’Italia».
L’impero di Rotterdam
E l’impero quando arriva? Subito dopo, secondo una dichiarazione dello stesso ministro a Politico: «Se si riducesse la produzione interna, il cibo europeo verrebbe importato attraverso Rotterdam. È quello che è successo dal 1600 al 1750 in Europa, quando i Paesi Bassi divennero un impero con la Compagnia olandese delle Indie Orientali».
Perché «alcune cose non sono coincidenze», ha concluso rievocando Voyager. C’è un problema però. L’Olanda è una potenza agricola mondiale. Il secondo esportatore mondiale dopo gli Usa e prima del Brasile. E l’efficienza è dovuta a biotecnologie, agricoltura di precisione, agricoltura verticale, colture idroponiche, logistica e ricerca universitaria nelle tecnologie alimentari. Con buona pace del complottismo di Lollobrigida.
(da agenzie)
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Maggio 15th, 2024 Riccardo Fucile
LA LETTERA-DENUNCIA DEI GENITORI: “UN SISTEMA COSTITUITO DA GERARCHI INSERITI IN UN CONTESTO CHE NON MANIFESTA VALORI UMANI” … LA RAGAZZA AVEVA RACCONTATO ALLA MADRE DI SOFFRIRE DI UN FORTE STRESS PSICOFISICO: “STAVA PERDENDO I CAPELLI E NON NE POTEVA PIÙ DI QUELLE ‘REGOLE’ CHE SI INSINUAVANO IN OGNI AMBITO DELLA SUA VITA”
Lo scorso 22 aprile una ragazza di 25 anni, allieva della Scuola marescialli di Firenze, si tolse la vita nella sua stanza con un colpo di pistola. Un dramma su cui, dopo giorni di silenzio, irrompono le parole dei genitori, convinti che il disagio della figlia fosse stato trascurato — e in parte alimentato — proprio dalla scuola.
«Se un’istituzione dà più valore alle formalità che alla formazione e crescita personale dell’individuo conduce al fallimento — si legge nella lettera dei genitori — Lei ha fatto una scelta che nessuno potrà mai comprendere, ma le istituzioni hanno il dovere di interrogarsi continuamente sullo stato di salute mentale del proprio personale». E ancora: «Vogliamo manifestare la nostra totale disapprovazione nei confronti di un sistema costituito da gerarchi inseriti in un contesto che non manifesta valori umani».
La “denuncia” è stata raccolta e poi rilanciata dall’associazione sindacale dei carabinieri Unarma, che sul caso annuncia un esposto in procura. Con parole sofferte, si raccontano gli eventi che avrebbero fatto da sfondo al suicidio.
«Nei giorni precedenti la morte manifestava un forte stress psicofisico, difatti riferiva alla madre che stava perdendo i capelli e che non ne poteva più di sottostare a quelle “regole” poco funzionali e che si insinuavano in ogni ambito della propria vita — si legge — Inviava spesso le foto di come era costretta a vestirsi in abiti borghesi per poter avere un paio di ore di svago concesse durante la libera uscita, del fatto che doveva necessariamente tenere i capelli raccolti. Diceva sempre più spesso alla mamma “questa scuola mi sta rovinando la vita”».
L’allieva faceva parte del Secondo battaglione e stava per concludere il secondo anno di corso. Aveva buoni voti, ma era sempre più insofferente agli ordini. «Nei primi giorni di frequentazione della scuola aveva manifestato l’intenzione di abbandonare il percorso anche se era da sempre stato il suo sogno — scrivono ancora i genitori — aveva percepito quello che ci riferiva essere un ambiente estremamente rigido e totalitario»
Dalla lettera emerge anche che il padre, anche lui carabiniere, avrebbe avuto un alterco con i superiori della figlia (nell’ottobre 2023), dopo che lei le aveva raccontato di essere stata obbligata a presentarsi tutte le mattine in adunata alle 6,15 nonostante il Covid e i sintomi influenzali.
Una vicenda che aveva finito per alterare ancor più il fragile equilibrio della giovane, già esasperata dalla vita militare: «Le ragazze non possono indossare stivaletti tipo Dottor Martens o Timberland durante le libere uscite – scriveva ai familiari – Chi ha conseguito un esame con voto pari a 18-19-20 salta il pernotto. Dietro la porta della camera non ci deve essere nulla tranne l’acqua, niente sotto la scrivania, no beauty case in bagno, porte delle camere sempre aperte se non siete in libertà».
(da Repubblica)
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Maggio 15th, 2024 Riccardo Fucile
DAL PALCO DI BOLOGNA IL FONDATORE DEL M5S INTERVIENE SULL’AFFARE TOTI
Si intitola “Io sono un altro” e forse è davvero così. Beppe
Grillo al teatro Celebrazioni di Bologna, nella seconda data del suo nuovo spettacolo, dice la sua sul caso di Liguria, dove il governatore Toti è agli arresti domiciliari per un’inchiesta che sta travolgendo il suo sistema di potere. Grillo non lo nomina, ma è evidente il riferimento, immediato, visto il passato da giornalista Mediaset del governatore. «Vengo da una regione governata da Rete 4» inizia Grillo. «Da una regione di industriali che invece di dirti buongiorno ti dicono l’Iban».
Poi parla del porto, dove afferma «ho lavorato anche io. Rubavano tutti, si rubava tutti ma funzionava tutto. Il sale, lo zucchero, il caffè, qualcuno magari un televisore arrivato dalla Cina. Ma nessuno si è mai arricchito. Era meraviglioso».
Il fondatore del Movimento 5 Stelle proprio sotto le Due Torri ha mosso i primi passi politici con il Vaffa Day, nel 2007 quando riempì piazza Maggiore dove venne trasportato dalla braccia di 50 mila persone su un canotto. Allora lo acclamavano tutti, era l’inizio della sua ascesa.
Ma il recital continua e Beppe Grillo aggiunge: «Poi un giorno un portuale ha deciso di non rubare più. Onestà, onestà. È diventato incorruttibile. Ma io dubito che una persona incorruttibile sia una persona per bene. Hitler era incorruttibile». Frasi allusive e poco chiare che stupiscono nell’attuale scenario, ma è la prima volta che Grillo interviene sull’affaire Toti e sulla corruzione arrivano queste parole ambigue. Sul palco prevale la malinconia, quando racconta di sentire che il suo è stato un fallimento, poi scherza sul teatro semivuoto e infine lamenta: «Stanno scomparendo tutte le mie battaglie. Ma io prima di scomparire vi porto tutti via con me». E qui scherza, ma è una delle poche volte.
Lo spettacolo prosegue. Attacca il governo, in particolare sul lavoro. «Consideriamo occupato uno che ha lavorato un’ora. Bisogna intendersi sulla semantica». Accusa Meloni e i suoi ministri di falsificare tutto quello che hanno fatto. «Il povero Conte» gli scappa accennando all’ex premier 5 Stelle e attuale leader del Movimento che in passato aveva tanto sostenuto ricordando i 209 miliardi del superbonus.
Non nega di essere stanco, dice di essere vecchio. «Ho 76 anni, 78, 80». E ricorda di avere ancora un centinaio di cause pendenti. «Casaleggio faceva fuori delle persone e queste poi scrivevano a me, affermando che loro si erano iscritti su beppegrillo.it e che io dovevo riassumerle». Qui rievoca i tempi del legame con l’altro fondatore dei 5 Stelle. Un affondo è sul diritto di famiglia e sul fatto che venga messo in discussione il diritto d’aborto: «Ancora si parla di aborto e non aborto? Abbiamo un diritto di famiglia vecchio. Ma sarà cambiata o no la famiglia?». Sta per calare il sipario: «Non faccio più spettacoli, non riesco più a intrattenervi, non riesco a capire chi siete. Ho fatto tutto nella mia vita, andate a fanculo col cuore». Finisce così la Vaffa night.
(da La Repubblica)
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Maggio 15th, 2024 Riccardo Fucile
LA BELLA VITA DI CORROTTI E CORRUTTORI
Una suite dove bere champagne, mangiare aragoste e farsi massaggiare da due o tre ragazze con l’argento vivo addosso, in attesa di andare al Casinò. Sarebbe questo il paradiso per i protagonisti del Fronte del Porto ligure, così come emerge dalle intercettazioni.
È quasi mezzo secolo che leggo i resoconti della bella vita di corrotti e corruttori. E a colpirmi, persino più delle ruberie, è la monotonia della loro idea di benessere. Non sono così ingenuo da pensare che uno arrivi a corrompere o a lasciarsi corrompere per finanziare attività di volontariato. Però, anche rimanendo nell’ambito del soddisfacimento compulsivo del proprio ego, possibile che per avere la tessera del club dei gaudenti esista solo quello schema lì?
Champagne, aragoste, massaggi, gioco d’azzardo. Al loro posto mi sforzerei di essere più creativo. Affitterei un isolotto nel Pacifico e una Spa nel deserto. Farei il giro del mondo in 80 giorni, comprerei la prima edizione dei miei libri preferiti, brigherei per un posto sulla prossima astronave che andrà nello spazio. Berrei anche dell’ottimo barolo e non sempre champagne. E mangerei spaghetti alle vongole o risotto ai porcini, invece delle prevedibilissime aragoste. Quanto al pagare degli esseri umani per ricavarne piacere, mi permetto di contestare che sia l’unico orizzonte plausibile di felicità. Preferisco cimentarmi in qualche impresa che infonda l’argento vivo a me, anziché ridurmi a spremerlo dagli altri.
(da corriere.it)
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Maggio 15th, 2024 Riccardo Fucile
IN QUESTO CINEPANETTONE GENOVESE E’ LA RISATA CHE FA CASSAZIONE
Capisco bene l’irritazione verso pochi farabutti oliati con soldi
di tutti, cioè nostri, le infiltrazioni mafiose, i favori, le cortesie per gli ospiti, le spartizioni decise sugli yacht, le porcherie, la corruzione, gli affidamenti agli amici, ai figli, i bracci destri, sinistri, e tutta la merda del nostro scontento.
Va bene, non è una cosa nuova, non ci stupiremo per questo. E nemmeno per le reazioni: eh, piano, piedi di piombo, terzo grado di giudizio, presunzione di innocenza, cose-che-si-dicono-al-telefono, e tutto il campionario che balza fuori ogni volta che si becca un potente, e che manca all’appello per gli sfigati. Se ci fate caso il famoso ipergarantismo, come tutto il resto, è una questione di reddito, se ne fa gran dispiego a corrente alternata, perché quando c’è da giudicare un poveraccio, invece è tutto un pene esemplari e buttare la chiave.
Lo so, non vi dico niente di nuovo. Ed è anche per questo che non intendo qui parlare di indagini, processi, giudici, interrogatori e cose così, come si dice: la giustizia faccia il suo corso, ma mi preme invece cogliere il lato per così dire culturale della faccenda, deprimente tanto quanto.
Letta qualche intercettazione, qualche sintesi dei giornali, spiluccando qui e là nella mediocretta weltanschauung dei coinvolti – indagati e non – ci ritroviamo in bilico tra suggestioni letterarie e para-letterarie, più o meno nobili, più o meno sconvenienti. I più colti potrebbero trovarsi catapultati nei racconti esilaranti di un Damon Runyon, quello di Bulli e pupe e di altri mirabolantissimi racconti. Roba magistralmente scritta negli anni Venti e Trenta, piena di biscazzieri, gangster, proprietari dei moli sull’Hudson, signorine allegre, Casinò e dollari facili.
C’è il riccone che chiede due ragazze per i massaggi, anzi tre, c’è quello che regala la borsetta firmata, o il braccialetto, o le fiches per giocare alla roulette. Poi c’è il traffichino a corto di soldi che chiede un aiuto per il matrimonio della figlia, e qui sembra proprio di leggere Runyon, “Ero sulla quarantaduesima pensando a meno che niente, e mi mancavano 13.000 verdoni per fare felice la mia bambina”. Chapeau!
Ma qui voliamo alto, signori, conviene planare un po’. Perché poi si inserisce nella faccenda il filone italianissimo del cinepanettone, dato che a Montecarlo ci va “la soubrette”, e pure la “donna del martedì” (giuro, ndr) e il riccone ha il problema di non farlo sapere alla sua donna, così chiama quell’altro di stare attento e non farsi scappare che ci sarà M.V., la romagnola di 32 anni che viene dritta da Cesenatico.
Puro Neri Parenti, vanzinismo applicato, con la signora X che vede (sui social) il braccialetto al polso della signorina Y e si inalbera per lo sfregio, sapendo che è stato comprato a Monaco, perché a Genova Cartier non c’è (dannazione). E pare di vedere i Boldi o i De Sica in mutande sul cornicione mentre tentano la fuga. E le cene, e lo champagne, e la vita dorata, e l’albergone con tante stelle, e come si diverte questa classe dirigente che non dirige niente se non i cazzetti suoi.
Insomma, un quadro desolante che più non si potrebbe, desolanti i desideri, desolanti le ambizioni, desolanti i simboli di ricchezza e potere, desolante la portata culturale, sia della politica che dell’imprenditore che se la compra con due aragoste e un braccialettino. Come vedete, il codice penale non c’entra. niente, per il ridicolo non ci sono tre gradi di giudizio, è la risata che fa Cassazione
(da ilfattoquotidiano.it)
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Maggio 15th, 2024 Riccardo Fucile
IL NOSTRO COMMENTO: A GENOVA TUTTI SAPEVANO DEI POTERI LOCALI IN PELLEGRINAGGIO DAL “PRINCIPE” E DELLA SUA CORTE DI MIRACOLATI
Da genovesi attenti anche alle vicende locali, abbiamo atteso i dettagli in mano agli inquirenti per commentare l’inchiesta giudiziaria che vede accusato di corruzione il governatore Toti e la sua corte, con la partecipazione straordinaria dell’imprenditore Spinelli e dell’ex presidente dell’autorità portuale Signorini.
Vediamo di sintetizzare il nostro pensiero:
1) Chi governa da due mandati Genova e la Liguria sono due personaggi imposti dall’esterno: Bucci è stato indicato da Rixi (Lega), Toti è il prodotto del compromesso Forza Italia-Lega. Il primo è un normale manager che ha lavorato negli Stati Uniti per tutta la vita, il secondo è un giornalista Mediaset che pensava che Novi Ligure fosse in Liguria. In pratica catapultati in una realtà che non conoscevano più o che non hanno mai conosciuto. Ne deriva che hanno dovuto crearsi una “rete di amicizie che contano” fin dall’inizio del loro mandato.
2) Non esiste genovese sano di mente che sia rimasto “stupito” dallo scambio di favori tra Spinelli e chi governa la Regione. Sarebbe bastato il ricevimento con cena di finanziamento da 450 euro a testa a Villa Lo Zerbino, con 600 soggetti che hanno in mano il potere economico della città per comprendere chi siano stati negli anni i referenti del governatore.
3) La strategia di Toti era evidente: con la sua Fondazione raccogliere contributi per finanziare la campagna elettorale propria e dei suoi associati. Un fiume di denaro che faceva sì, ad es., che per la campagna elettorale per il sindaco di Genova, il centrodestra abbia potuto spendere una cifra 40 volte superiore al candidato del centrosinistra. Percentuali mai registrate in altre parti d’Italia.
Non solo: monopolizzare i media locali attraverso contributi pubblicitari alle testate, fino a far acquistare il Secolo XIX dall’amico Aponte (proprietario di Msc). Così il cerchio si chiude con il completo controllo dell’informazione.
4) La cura dell’immagine e le brioches al popolino. Onnipresente a ogni taglio di nastro, Palazzo della Regione con effetti di luce tridimensionale, capodanni e festività particolari in piazza sotto il Palazzo del Principe che, invece che affacciarsi dal balcone, si limitava a porgere il solito impacciato saluto dal palco delle celebrazioni, concedendosi al popolo osannante, tv locali dove le percentuali delle sue apparizioni superavano la pubblicità giornaliera dei materassi in offerta e che farebbero impallidire persino le presenze della Meloni nei Tg nazionali.
5) Si legge che la Fondazione di Toti avrebbe raccolto circa 2 milioni di euro da destinare alla propaganda. E parliamo allora delle cosidette “erogazioni liberali” versati alla Fondazione dai maggiori imprenditori locali. Secondo i giornali sovranisti sarebbe tutto in regola in quanto si tratta di versamenti “alla luce del sole”, quindi legittimi. Peccato che non sia così, perchè un conto è che l’industria X versi la cifra Y a un partito o fondazione senza aver rapporti di utilità o di lavoro con quel partito, altra cosa è se uno versa una cifra dopo aver ricevuto (o in cambio di) un appalto o un lavoro. Questo si chiama corruzione, lo dice il codice penale. E i giudici genovesi operano in base al codice penale, non sono ancora al servizio di un Orban italico.
6) Lo yacht di Spinelli centro di trattative di lavoro. Ma è normale secondo voi che un governatore, se deve trattare concessioni e appalti, si rechi a bordo dello yacht di un imprenditore? O sarebbe normale che se un imprenditore deve sottoporre progetti a un presidente di Regione, quest’ultimo non gli dica “ti ricevo volentieri nella sede istituzionale della Regione”? Dov’è il senso delle Istituzioni quando si lascia lo smartphone fuori dall yacht di Spinelli nel timore di essere intercettati? E’ normale che un presidente dell’Autorità portuale accetti soggiorni, viaggi, escort, fiches del Casino, carta di credito fino a 500.000 dollari a Las Vegas pagati da un imprenditore a cui poi rilascia concessioni dei moli portuali? E’ normale che il capo di gabinetto di Toti cerchi di raccattare preferenze per una candidata vicina a Toti in ambienti controllati da clan mafiosi? E’ normale che un sindaco partecipi a cene con costoro per poi dire oggi che “non si ricorda” di esserci stato?
E ci fermiamo qua per carità di patria…
La giustizia farà il suo corso e a questo punto ci interessa relativamente conoscerne l’esito.
Il punto è la dignità politica, i valori che sono stati calpestati da parte di chi dovrebbe rappresentare i cittadini onesti che con i 450 euro della cena a villa Lo Zerbino ci vivono un mese, tra mille rinunce.
Noi lo denunciamo da anni, oggi forse qualcuno in più l’ha capito.
Game over.
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