Maggio 24th, 2024 Riccardo Fucile
CAOS IN AULA: IL GIUDICE RIVELA IL SUO DOMICILIO SEGRETO, INSORGE IL PADRE: L’ENNESIMA VERGOGNA DEL REGIME DI ORBAN
La prima sveglia ai domiciliari ungheresi con una telefonata del padre dopo 15 mesi poi la corsa in tribunale. Ilaria Salis è arrivata oggi in aula nel processo che la vede imputata per la prima volta senza catene, guinzagli e manette, in taxi con l’infaticabile padre, Roberto Salis.
Alle 8.30 in punto maglietta a righe bianche e rosa, rosa il maglioncino e il legacapelli al polso, jeans grigi strappati sopra il ginocchio, sneakers bianche, braccialetto elettronico fissato alla caviglia, è sfilata davanti ai giornalisti: “Ringrazio tutti per il supporto che mi hanno dato in questi mesi, ma ora non posso fermarmi. Devo andare al processo». Le prime parole non da donna libera ma fuori dal carcere di massima sicurezza.
In aula parla mezzora con il papà, gli avvocati italiani e ungheresi, il traduttore: “Stanotte non ho dormito, la cavigliera mi dà fastidio, vibra, fa cose strane”. Sotto quel braccialetto fissato sopra il piede i lividi. I parenti la rassicurano: «Quando vedi Balint (l’avvocato ungherese, ndr) diglielo».
Sorride, saluta la mamma e nelle ultime file i suoi amici, i compagni arrivati dall’Italia, il fumettista Zerocalcare.
A chi si avvicina, risponde: «Non posso parlare ora, scusatemi». Poi inizia l’udienza, la sua terza qui a Budapest (una preliminare e due dibattimentali): saranno ascoltati una vittima di una delle due aggressioni per cui l’antifascista italiana è imputata e due testimoni dell’accusa. I tre si trovano in una altra aula, video collegati con la sala in cui si trova la detenuta italiana.
Ilaria Salis, con il suo avvocato Gyrogy Magyar, ha chiesto che l’udienza venisse aggiornata a quando gli atti processuali saranno finalmente tradotti in italiano, non prima di novembre. Il giudice però ha rigettato la richiesta.
“Il provvedimento dei domiciliari – spiega il giudice – sarà valido solo per sei mesi”. Poi in aula scoppia il caso. Perché il giudice, nel parlare della misura cautelare, rivela l’indirizzo di attuale domicilio di Salis, un luogo che doveva rimanere segreto per ovvie ragioni di sicurezza. Il padre di Ilaria si alza in piedi, dai banchi si rumoreggia, l’avvocato della difesa chiede per due volte che non sia diffuso né dal verbale processuale, né dalla molta stampa presente, né tantomeno dal giudice.
Poi è la volta della vittima, collegata da una aula al primo piano del tribunale di Budapest: “Zoltan Toth riconosce il volto Ilaria Salis?”. “No, non la riconosco. So chi è perché il suo nome è legato a questo caso ma non riconosco il suo viso. Chi mi ha aggredito aveva il volto coperto da maschere e cappelli. Mi hanno picchiato con bastoni telescopici, mi hanno colpito alla testa, mi hanno spruzzato spray al peperoncino in faccia, non ho capito nulla, ho riportato 7 ferite, tre costole rotte”
(da agenzie)
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Maggio 24th, 2024 Riccardo Fucile
IN TOTALE SONO 380 LE PERSONE ASSUNTE, CHE NON SONO BASTATE A SISTEMARE I GUAI DELL’ENTE (119MILIONI DI PERDITE E UN’INCHIESTA SU PRESUNTE MAZZETTE IN CORSO) – IL MEGA APPALTO DA 176 MILIONI A DELOITTE E I LAVORI CHE ARRANCANO
Lo schema è rodato. Si prende qualche centinaio di milioni di fondi
pubblici, li si travasa in una fondazione di diritto privato e privatamente li si amministra. Come? Con assunzioni di giovani di ottima e influente famiglia, quelli che negli anni del boom si chiamavano raccomandati, con affidamenti senza gara e con zero problemi sull’equilibrio fra entrate e uscite.
Capita così che la Fondazione Milano Cortina, ente strategico di un’Olimpiade invernale in arrivo fra una ventina di mesi, metta insieme 119 milioni di perdite aggregate fra 2022 e 2023 e, en passant, un’inchiesta della magistratura milanese centrata sull’ex ad Vincenzo Novari, peraltro uscito nell’agosto 2022, dunque non del tutto responsabile del rosso di bilancio.
In realtà, le inchieste sarebbero due ma il fulcro dell’azione ruota intorno a Novari, il supermanager piazzato durante il governo gialloverde che doveva raccogliere 500 milioni di euro di sponsorizzazioni private per giustificare un assetto finanziario coerente con le dichiarazioni di partenza: i Giochi di Milano Cortina 2026 non costeranno un euro al contribuente.
Era il 24 giugno di cinque anni fa e la storia ha fatto il suo corso. I lavori davvero privati, come quelli del villaggio olimpico nell’ex scalo ferroviario di Porta Romana, procedono alla velocità del discesista Dominik Paris sulla Streif di Kitzbühl. Il resto delle opere batte la fiacca e slalomeggia fra rinvii ben oltre il 2026, extracosti e vicende che avrebbero acceso la fantasia surreale di Dino Buzzati, habitué cortinese. È il caso della pista di bob intitolata a Eugenio Monti e giacente in stato di abbandono prima che il governo decidesse di rifarla da capo di fronte alla prospettiva di emigrare in Svizzera o in Austria o addirittura negli Usa, per la prima Olimpiade intercontinentale della storia.
In linguaggio millennial, il nuovo sliding centre in costruzione sul cadavere della Monti costa oltre 80 milioni per una platea di una cinquantina di professionisti fra bob, slittino e skeleton: oltre 1,5 milione di euro per atleta. Non solo è destinata a un secondo abbandono dopo la kermesse a cinque cerchi ma non è affatto certo che il Comitato olimpico internazionale (Cio) conceda l’omologazione per il febbraio 2026. Anzi, è molto probabile il contrario.
Magari servivano a risolvere questo e molti altri problemi i 380 assunti della Fondazione fra i quali spiccano i nomi di Cochis La Russa, figlio di Ignazio, Silvia Draghi, nipote di Mario, Ursula Bassi, fedelissima di Matteo Renzi, Antonio Marano, ex direttore del Tg2.
E di sicuro deve avere risolto moltissimi problemi il gruppo Deloitte con un appalto da 176 milioni di dollari compensato in misura minima da una sponsorizzazione che vale 7 milioni. Al momento, la filiale italiana di una delle Big four della consulenza avrebbe detto ai finanzieri che serve il permesso della casa madre Usa per fornire le carte del contratto alla polizia giudiziaria. Visto che il Cio ha sede a Losanna e che il bob lo faranno quasi sicuramente a Saint-Moritz, potevano appellarsi alla convenzione di Ginevra.
(da L’espresso)
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