Agosto 18th, 2024 Riccardo Fucile
SALVINI RIPROPONE QUOTA 41 IN VERSIONE “LIGHT”. FORZA ITALIA REPLICA CHIEDENDO DI ALZARE LE PENSIONI MINIME: IL TESORETTO DELLE ENTRATE NON BASTA. E, CON UN DEBITO PUBBLICO CHE SFIORA I 30 MILIARDI, DOVE SI TROVANO LE RISORSE SENZA FARE NUOVO DEFICIT?
A due mesi dalla presentazione della legge di Bilancio, il dibattito agostano dentro la
maggioranza è già infuocato. A far discutere i partiti è il cantiere delle pensioni, che anche quest’anno si preannuncia come uno dei nodi più difficili da sciogliere.
Le proposte che spuntano da più parti dimostrano l’attivismo della Lega che non vuole rinunciare a un tema elettorale che la vede impegnata in prima fila da anni. L’impossibilità di portare avanti la vecchia bandierina di Quota 41 – misura bloccata dalla premier Giorgia Meloni e del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti perché troppo onerosa – ha fatto svoltare il Carroccio su una versione light della stessa Quota 41, ovvero la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica, ma con un ricalcolo contributivo.
Un meccanismo che finisce per influire sull’assegno, decurtato da una penalità che secondo la Cgil si aggira tra il 15 e il 30%. Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, fedelissimo di Salvini, studia un piano per le pensioni dei giovani: per tappare i buchi contributivi l’idea sarebbe obbligare i lavoratori a versare una parte del Tfr nei fondi pensioni. Ipotesi che sembra però complessa dal punto di vista giuridico, in quanto andrebbe a vincolare per legge una parte della retribuzione.
Da Fratelli d’Italia filtra quella che è la stella polare da seguire: la conferma del taglio del cuneo fiscale e l’attenzione ai conti, soprattutto alla sostenibilità del sistema pensionistico. Giorgia Meloni non vuole creare false aspettative nei cittadini e manda un messaggio agli alleati tramite il capogruppo Tommaso Foti: «La maggioranza non si divida sui temi che la sinistra ritiene fondamentali».
Forza Italia prosegue nelle schermaglie quotidiane con i leghisti, e i deputati fanno sapere che se si parla di pensioni, gli azzurri chiedono di alzare gli assegni minimi.
Per quanto sia prematuro parlare di cifre, la legge di bilancio si attesterà almeno su un valore di circa 25 miliardi di euro: nel menu troviamo il taglio del cuneo fiscale, le tre aliquote Irpef, il pacchetto per la natalità, i fondi per la sanità, le risorse per i contratti pubblici, i ritocchi alla previdenza, le missioni internazionali e così via.
Con un debito pubblico che sfiora i tremila miliardi di euro, dove si trovano le risorse senza fare nuovo deficit? L’obiettivo di spending review dei ministeri è quello di reperire 2,5 miliardi, ma il target potrebbe salire. Poi, come sempre, si lavora al disboscamento delle agevolazioni fiscali, ma senza traumi.
Capitolo sanatorie. L’allargamento della rottamazione è un classico: prorogare le scadenze o ampliarne il perimetro è una discussione sul tavolo. Dalla riuscita del concordato preventivo biennale dipende la promessa di Leo di ridurre le tasse dei contribuenti con un reddito superiore ai 50 mila euro.
Per concordato si intende l’accordo tra l’Agenzia delle entrate e le Partite Iva in grado di far emergere una parte del reddito nascosto al fisco. Proprio per rendere il concordato più attrattivo, l’esecutivo ha previsto un super sconto per stimolare le adesioni. In ballo ci sono due miliardi di euro di maggiori entrate. Giova ricordare che le entrate straordinarie possono andare a copertura solo di norme temporanee.
La costruzione della manovra appare complicata come ogni anno, il centrodestra si aggrappa al boom delle entrate – solo a giugno sono aumentate di quasi il 10% – e tra i partiti si è diffuso il sogno di poter utilizzare un tesoretto. Facili entusiasmi spenti da Giorgetti che ha rimandato i conti definitivi quando saranno noti i dati dell’autoliquidazione. Entro il 20 settembre l’esecutivo dovrà mettere a punto il piano pluriennale di spesa da inviare a Bruxelles, solo allora sarà tutto più chiaro.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 18th, 2024 Riccardo Fucile
CI SARÀ IL GOTHA DEMOCRATICO, DA BIDEN A OBAMA FINO AI CLINTON. E C’È ATTESA PER IL SUO MANIFESTO
Kamala Harris atterra questa sera a Chicago alla vigilia dell’inizio della Convention democratica dove giovedì accetterà la nomination alla Casa Bianca. La vicepresidente ci arriva con il vento in poppa, quello dei sondaggi, dell’entusiasmo della base e della raccolta fondi. Secondo la rilevazione New York Times/Siena ora la coppia Harris-Walz ha recuperato negli Stati chiave della Sun Belt.
Le alternative per il ticket democratico di toccare quota 270 voti elettorali il 5 novembre sono diverse e non poggiano più solamente sulla necessaria vittoria dei tre Stati della Rust Belt in bilico (Wisconsin, Pennsylvania e Michigan).
Sul fronte dei soldi poi la macchina democratica ha frantumato record di donazioni nelle ultime settimane tanto che venerdì sera la campagna elettorale ha annunciato che prenoterà spazi televisivi per gli spot dal Labor Day sino all’Election Day per 370 milioni di dollari.
L’entusiasmo poi completa il quadro. Praticamente ogni gruppo – ispanici, giovani, neri, donne – ha incrementato il sostegno a Harris rispetto all’apatia che aveva contraddistinto gli ultimi mesi della corsa di Biden.
Alla Convention di Chicago c’è tutto il gotha democratico, cosa che sull’altra sponda certamente non può rivendicare Trump dato che è visto dal clan Bush – unico presidente repubblicano in vita – ai leader come Romney e la famiglia McCain come il distruttore di quel che era il Partito repubblicano.
Domani sul palco dello United Center salirà Joe Biden. A lui il “discorso di indirizzo”. Il presidente lo sta limando a Camp David e, secondo quanto trapela, evidenzierà le sfide economiche, le questioni sociali e le crisi internazionali emerse nella sua presidenza.
Il messaggio è che l’America sotto la sua leadership – e quindi quella di Harris – è oggi più solida.
Lunedì parlerà anche Hillary Clinton. Martedì sarà la volta di Barack Obama, vent’anni dopo il keynote speech che tenne da candidato al Senato nel 2004 (la Convention che incoronò Kerry).
Obama è il grande sponsor di Kamala Harris, molti suoi collaboratori sono coinvolti nella campagna della vicepresidente. Mercoledì toccherà a Bill Clinton, l’uomo che negli anni ’90 più di tutti riuscì a valorizzare e a far crescere la classe media Usa, intervenire. Introdurrà Tim Walz, il candidato vicepresidente che ieri era in Nebraska a fare campagna. Quindi giovedì sarà la volta di Kamala Harris.
Kamala Harris è attesa anche a elaborare il suo manifesto. Venerdì ha presentato l’agenda economica
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 18th, 2024 Riccardo Fucile
LA MAGONI FA RETROMARCIA: “UN ERRORE DA PARTE DI CHI GESTISCE I MIEI SOCIAL”
Galeotto fu un like a un commento di un selfie che ritrae Matteo Salvini e la fidanzata
Francesca Verdini al mare. «Dedicato a voi, Amici. Splendida Ugento, splendido Salento» recita il post che il leader leghista ha condiviso su Instagram, ottenendo consensi tra i suoi sostenitori e insulti tra i suoi detrattori.
Tra questi spunta il commento di un utente, che non ha badato a mezze misure: «Ma vaff va a te e lei» e via a una sfilza di like. Ma la sorpresa è che tra tutti i mi piace spunta quello dell’europarlamentare di Fratelli d’Italia, Lara Magoni. Salvini ha risposto al commento con ironia: «Ti vogliamo bene entrambi». Ma il like di Magoni, ex consigliera e assessora lombarda che ha iniziato la sua carriera politica nella lista Maroni, non è passato inosservato e in via Bellerio si chiedono stupiti: Errore o voluto?
Le scuse di Magoni
«Vorrei precisare di non aver posto alcun like a un post su Facebook che insultava Matteo Salvini e la sua fidanzata». dopo qualche ora arriva la risposta dell’eurodeputata Magoni. «È evidente che si è trattato di un errore da parte di chi gestisce i miei social, errore del quale mi dispiace, e che ho provveduto prontamente a far rimuovere. Ribadisco la mia stima personale e politica per Matteo Salvini, nostro prezioso alleato», conclude.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 18th, 2024 Riccardo Fucile
FORMALMENTE NON È OBBLIGATA A FARLO, MA VUOLE METTERE LA MAGGIORANZA DI FRONTE ALLA RESPONSABILITÀ DI SOSTENERE LA DECISIONE, TRADOTTO: MELONI VUOLE EVITARE SGAMBETTI DA PARTE DI SALVINI… URSULA HA RISPOSTO PICCHE ALLA RICHIESTA DI UN COMMISSARIO CON DELEGHE ECONOMICHE DI PRIMO PIANO
Una mossa politica, per difendere la scelta dentro e fuori dai confini nazionali. Giorgia Meloni intende portare l’indicazione del nuovo commissario europeo deciso da Palazzo Chigi in Consiglio dei ministri. Formalmente, non è obbligata a farlo, perché è lei che ha l’onere dell’indicazione.
Ma intende parlarne in quella sede, mettere la maggioranza di fronte alla responsabilità di sostenere compattamente la decisione. Si tratterebbe di un atto politico, dunque, non solo di un passaggio burocratico. Un modo per blindare il profilo suggerito a Ursula von der Leyen.
Lo farà, salvo sorprese, nell’ultima settimana di agosto, quella che si apre lunedì 26, ed è questo uno dei motivi per cui non ha ancora segnalato la decisione a Bruxelles (assieme al braccio di ferro sulle deleghe). La strategia è chiara: chiarire all’alleato leghista e alla nuova Commissione continentale che la scelta è quella, non è negoziabile, è assunta dall’esecutivo nella sua interezza e non sono graditi nella maggioranza rifiuti o smarcamenti del giorno dopo.
Non è un passaggio banale, l’indicazione del nuovo commissario. La trattativa sulle deleghe continua: le competenze su Bilancio interno e Pnrr andrebbero accompagnate – secondo Palazzo Chigi – da quelle sui Fondi di coesione, che Roma considera un utile grimaldello per scardinare l’austerità europea e assicurare un po’ di flusso di risorse utile alle magrissime casse italiane.
Il nome più forte è e resta quello di Raffaele Fitto. In fondo, il portafoglio è ritagliato su misura per lui, se von der Leyen dovesse dare il via libera all’intesa. E però, esistono alcune variabili politiche e diplomatiche che non consentono di considerare chiusa la partita.
La prima risponde al nome di Matteo Salvini. Ha fatto della sfida a Ursula una ragione esistenziale e per dare il via libera al profilo meloniano continua ad alzare il prezzo su tutti i dossier. Anche di recente ha chiesto riservatamente alla premier di allargare la rosa di nomi, includendo opzioni a lui più gradite (con Fitto ha spesso duellato, e poi il politico pugliese è capace di dialogare con Bruxelles, mentre il leader del Carroccio ha sostenuto all’Europarlamento il generale Roberto Vannacci).
Al momento, comunque, non si intravedono alternative praticabili. Non sembra esserlo ad esempio Giancarlo Giorgetti, per una duplice ragione. La prima: aprirebbe un enorme buco alla guida dell’Economia, in tempi difficili di legge di bilancio. La seconda: sembra inimmaginabile che la nuova Commissione possa dotarsi di un commissario italiano espresso da un partito iscritto a un gruppo, quello dei Patrioti, ostile a von der Leyen e fuori da ogni gioco continentale.
La premier non permetterà che l’eventuale scelta su Fitto – o sull’unica opzione alternativa percorribile o comunque meno improbabile, la direttrice del Dis Elisabetta Belloni – possa essere rimessa in discussione da Salvini un minuto dopo l’annuncio. Per questo, passerà dal Consiglio dei ministri. Vuole un’assunzione di responsabilità, a partire da Salvini. Ma c’è anche dell’altro, a giustificare questa mossa. C’è il timore che la nuova Commissione possa penalizzare l’Italia a causa della decisione meloniana di votare contro Ursula lo scorso luglio. E la voglia di blindare il profilo prescelto.
I commissari indicati dalle capitali, è cosa nota, devono superare la “graticola” del Parlamento Ue. La paura è che gli eurodeputati popolari, socialisti e liberali di Francia, Germania, Polonia, Spagna e Portogallo (le principali Cancellerie che hanno prodotto l’accordo sulle istituzioni europee) possano colpire il profiloindicato da Meloni.
La presidente del Consiglio vuole anche per questo blindare il nome prescelto. Consapevole che in ogni caso quello di Fitto è certamente tra i più digeribili, grazie al rapporto costruito con von der Leyen negli ultimi due anni da ministro e grazie alla precedente esperienza all’Europarlamento.
(da la Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 18th, 2024 Riccardo Fucile
A OTTOBRE RISCHIA IL PROCESSO PER TRUFFA, MA OLTRE ALLE GRANE GIUDIZIARIE C’E’ ANCHE LA BOCCIATURA DA MINISTRA
Finita l’estate, la ministra Daniela Santanchè, dovrà affrontare le sue grane giudiziarie
anche se quelle politiche non finiscono mai, l’ultima riguarda la gestione di Enit, tra approfondimenti dell’Anac e della Corte dei conti.
Partiamo dalle indagini a carico della titolare del Turismo. Santanchè, il 9 ottobre, potrebbe andare a processo per il reato di truffa aggravata all’Inps, insieme al compagno, il presunto nobile Dimitri Kunz e altri due imputati. Una ministra accusata di aver maramaldeggiato con i soldi di tutti, forse troppo anche per il garantismo extra large che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, riserva solo agli amici.
Santanchè, per non farsi mancare niente, fa notizia anche in estate, l’ultimo guaio arriva dagli approfondimenti contabili e dell’autorità anticorruzione sulla gestione della spa che si occupa di promozione turistica.
Incarichi e consulenze
Nel novembre 2022, la ministra ha nominato amministratrice delegata di Enit, Ivana Jelinic. «Ha iniziato prestissimo la sua carriera, maturando una lunga esperienza e un background profondamente radicati nel settore», si leggeva nel comunicato che aveva accompagnato la scelta. Ora deve fare i conti con esposti e segnalazioni al vaglio delle autorità di controllo.
Partiamo dalla fine, un sollecito dell’Anac indirizzato a Jelinic, nel suo ruolo di numero uno di Enit, nel quale si legge: «Non risulta pervenuto alcun riscontro alla richiesta di informazioni di cui alla nota del 5 luglio nonostante il decorso del termine per il riscontro». Il documento, datato cinque agosto, si conclude con un promemoria relativo al possibile avvio di un procedimento sanzionatorio in caso di mancato riscontro alla richiesta.
Ma cosa chiedeva l’autorità anticorruzione? «Informazioni in relazione agli affidamenti di incarichi di consulenza e collaborazione sin dal momento della sua costituzione (…) si chiede di voler relazionare nel dettaglio sulla natura dei servizi conferiti ai vari professionisti». Dopo il sollecito è arrivata la risposta dell’ente. «Abbiamo fornito ampie e dettagliate risposte e la relativa documentazione a supporto di esse, com’è giusto che sia e in piena trasparenza e consapevolezza di aver operato nella massima correttezza», recita una nota stampa.
L’altro capitolo riguarda la Corte dei conti e, in particolare il quesito relativo alla dirigente Maria Rossi, dimissionaria dal primo gennaio 2023: «Se, nonostante le suddette dimissioni, risulti ancora in servizio, e in caso affermativo, indicarne le ragioni». Non solo, i magistrati contabili vogliono anche sapere: «Le motivazioni per le quali ha beneficiato dell’aumento della Ral da 105 mila euro a 125 mila euro, specificando la decorrenza di tale aumento». La richiesta del magistrato, Paolo Crea, risale allo scorso aprile.
Enit ha risposto e, a settembre, la procura dovrebbe decidere. Proprio Rossi figura come responsabile unica del progetto di sponsorizzare con sette milioni di euro la fondazione Milano Cortina per i giochi invernali del 2026. La determina, firmata da Jelinic, risale allo scorso dicembre quando l’Enit non si era ancora trasformata in spa, con azioni nelle mani del Tesoro e la vigilanza del ministero del Turismo.
Il Migliore e Santa Rosa
Anche la guardia di Finanza, il nucleo di polizia economica e finanziaria di Viterbo, ha chiesto informazioni, in questo caso in merito a Sandro Pappalardo, per verificare la disciplina sull’incompatibilità, cumulo di impieghi e conflitti d’interessi. Il tenente colonnello, ex assessore della giunta Musumeci in Sicilia, dal 2019 al 2022 ha ricevuto compensi da Enit e dal 2019 al 2023 rimborsi per missioni.
L’ufficiale dell’aeronautica ha dichiarato, lo scorso marzo, di non trovarsi in alcuna causa di incompatibilità, anche se sono in corso accertamenti da parte della Corte dei conti. A febbraio è stato confermato consigliere del cda di Enit, lo indicano come il veterano, Meloni di lui disse «uno dei nostri migliori dirigenti». Un fedelissimo. Di Pappalardo questo giornale si era occupato, lo scorso settembre, quando aveva svelato che il suo era tra i sette nomi di consiglieri «segreti» del ministero della Difesa, guidato da Guido Crosetto. I loro nomi non erano in nessun documento ufficiale, «non sono collaboratori o consulenti, ma consiglieri senza compenso», avevano fatto sapere dal ministero.
In quell’occasione questo giornale aveva elencato una serie di iniziative finanziate da Enit, con Pappalardo nel Cda, come il “Nastro Rosa”, un giro d’Italia in barca a vela organizzato dalla Marina Militare: solo nel 2023, con l’ufficiale già collaboratore di Crosetto, Enit ha garantito alla manifestazione 200mila euro, cifra leggermente superiore a quella degli anni precedenti: erano 118 nel 2022, appena 20mila tre anni fa. In totale sono stati stanziati oltre 400mila euro. Anche quest’anno è prevista la sponsorizzazione.
Su questa e altre iniziative hanno acceso i riflettori i pm contabili che hanno chiesto informazioni su una serie di contratti sottoscritti. L’elenco, che Domani ha letto, è lungo e comprende oltre all’iniziativa Nastro Rosa anche il «contratto sottoscritto con il sodalizio Facchini di Santa Rosa, avente ad oggetto la partecipazione alla manifestazione ‘Macchina di Santa Rosa’», ma anche lettere commerciali relative all’acquisto del sistema di sicurezza antintrusione, il servizio di fornitura di un nuovo sistema utile per la climatizzazione, il servizio di supporto specialistico all’amministratore delegato nelle sue funzioni relative alla direzione finanza amministrazione, acquisto di spazi pubblicitari su riviste.
L’acclamata
Nel cda oltre a Pappalardo c’è la presidente, Alessandra Priante, nominata lo scorso febbraio, con una lunga carriera alle spalle nel settore, fortemente voluta da palazzo Chigi per fermare il declino. Eppure la poltrona più ambita nell’agenzia nazionale del turismo è occupata da Jelinic, una carriera iniziata con la gestione di una piccola agenzia di viaggi a Perugia, poi è diventata presidente di Fiavet, l’associazione di settore, di lei ci sono operatori che ne riconoscono bravura e intraprendenza. Nel 2018 è stata «rieletta per acclamazione al secondo mandato», si legge sul sito di Enit alla voce ‘note biografiche’.
Perché del suo curriculum sul sito non c’è traccia, lo abbiamo chiesto anche all’ufficio stampa, ma senza esito. Laurea? Conoscenze lingue straniere? Informazioni non pervenute, ci dobbiamo accontentare delle note biografiche, per meglio dire agiografiche. «Ha disegnato prospettive», «Ha creato una rete», «esperta di meeting industry», «artefice di una serie di accordi decisivi», e per concludere «ha mantenuto viva l’attenzione sul tema (turismo) durante i momenti difficili della pandemia». Un finale meritevole di acclamazione. Nel periodo di gestione Jelinic c’è stato il lancio del sito Open to meraviglia, un disastro sul quale anche i magistrati contabili avevano aperto un approfondimento.
Tra gli estimatori di Jelinic non c’è solo la ministra che l’ha nominata, ma anche Gianluca Caramanna, deputato, responsabile meloniano al turismo e possibile sostituto di Santanchè in caso di rimpasto, così come il forzista Luca Squeri, che nel partito azzurro si occupa di energia. Abbiamo chiesto su ogni questione risposte all’ufficio stampa dell’agenzia, ma ci ha fatto sapere che sono stati avvisati i vertici, ma hanno deciso di non risponderci.
(da editorialedomani.it)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 18th, 2024 Riccardo Fucile
IL COLONNELLO FILOMENI ASSICURA CHE IL NUOVO “CONTENITORE POLITICO” E’ PRONTO A QUALSIASI OBIETTIVO ELETTORALE
I fedelissimi di Roberto Vannacci aspettano solo un cenno del comandante per dare il via alla nuova operazione politica, ormai pronta. Lo conferma chiaro e tondo uno dei suoi collaboratori più vicini, il colonnello in congedo Fabio Filomeni, che a La Stampa non parla di un vero e proprio partito: «Il movimento culturale “Il mondo al contrario”, ispirato al libro del generale Roberto Vannacci, che ho fondato un anno fa, diventa un movimento politico».
Le vite parallele di Vannacci e Filomeni
Con Vannacci, Filomeni condivide anche la passione per la scrittura, visto che anche lui dopo aver messo da parte la divisa ha dato alle stampe, in autopubblicazione, un paio di libri. Il primo aveva proprio Vannacci come protagonista e si intitolava «Bagdad. La ribellione del generale», che parlava dei pericoli dell’uranio impoverito.
Poi è arrivato il secondo con il titolo che è tutto un programma: «Morire per la Nato?». Filomeni a modo suo aveva fatto lo stesso percorso del Generale. Al nono Battaglione d’assalto Col Moschin era il suo inquadrature. Poi Vannacci è diventato il suo comandante. Con lui ha condiviso tante missioni all’estero: Somalia, Yemen, Bosnia, Ruanda e Iraq.
La «Bibbia»
Se il movimento diventerà partito e quale sarà l’obiettivo elettorale, sarà solo dopo una decisione di Vannacci: «Dipenderà da cosa vorrà fare. Se diventeremo partito a tutti gli effetti». Per ora Filomeni dice di voler preparare per il Generale un «contenitore che darà casa a tutte le persone che lo hanno votato e che si riconoscono nei 12 capitali e i 7 principi enunciati nel libro». Una sorta di Bibbia: «Lo è – conferma Filomeni – Io conosco Vannacci da 35 anni. Ho una fiducia illimitata in lui, come ce l’ha chi ha messo una croce sul suo nome».
Nè di destra, né di sinistra, né della Lega
Sui rapporti con la Lega, Filomeni fa capire che i malumori all’interno del Carroccio sono abbastanza corrisposti dai fedelissimi del Generale: «Non abbiamo niente a che fare con la Lega di oggi, né tantomeno con quella del passato». Il Colonnello si smarca anche dall’etichetta di movimento di destra: «Sa, io sono di Livorno – spiega a Ilario Lombardo – ho amici comunisti che mi hanno detto: “Stiamo col generale”. Con il mio libro sono stato invitato sia da Casapound sia dai circoli Arci». Magari per le posizioni anti-Nato e filo-russe? Filomeni mette in chiaro: «Ecco, io non sono filorusso».
Gli altri ex militari
Pronti a sostenere il Generale nella nuova avventura politica ci sarebbe anche uno stuolo di militari in congedo. Ma Filomeni ci tiene a chiarire che l’Esercito non c’entra nulla: «Non è un caso che le dichiarazioni più prudenti sulle armi all’Ucraine e contro la Nato vengano da ex generali. Da chi ha conosciuto la guerra. Parlo di militari a riposo perché quelli in servizio non si esprimono. Sono a disposizione del governo, di qualunque colore sia».
«Rivogliamo i colonnelli»
E se qualcuno avesse in mente il tentato golpe del generale Junio Valerio Borghese, o anche “Rivogliamo i colonnelli» con Ugo Tognazzi, Filomeni assicura ridendo: «Se mi sta chiedendo se ci sarà un golpe, le assicuro che no lo stiamo preparando. Crediamo nella democrazia e nella libertà di espressione di tutti, Vannacci compreso».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 18th, 2024 Riccardo Fucile
MALINCONICO E STRAFOTTENTE, SFRONTATO E INDEFINIBILE
«Io ho sempre vissuto i miei ruoli, non li ho mai interpretati». Alla fine di una carriera
fatta di più di cento film, visti secondo alcuni calcoli da almeno 130 milioni di spettatori, Alain Delon ha voluto ribadire, durante un incontro con dei futuri attori, la sua specificità, il suo non essere assimilabile a nessuna scuola o movimento (a differenza per esempio di Belmondo). Il suo essere unico.
E in effetti è impossibile immaginare che qualcuno ne possa raccogliere l’eredità, e non solo per la bellezza sfacciata e sfuggente, da cui non sai mai cosa davvero aspettarti.
Forse non lo immaginava neanche lui quando, a quattro anni, la sua famiglia piccolo borghese si dissolve e lui si trova a passare attraverso una serie di esperienze (famiglia adottiva, collegio autoritario, servizio militare, sempre vissuti come costrizione e obbligo) che hanno finito per segnare quella malinconica strafottenza, quell’indefinibile sfrontatezza, capaci di illuminare i suoi ruoli più celebri.
In tre anni, e curiosamente sempre in Italia, passa dall’immigrato schiacciato dall’onore familiare di Rocco al cinico agente di borsa che «guarda alla vita attraverso i biglietti di banca» (L’eclisse) fino al garibaldino trasformista e reazionario del Gattopardo, restando però sempre se stesso, l’uomo che prova a restare a galla, con un sorriso magari solo accennato sulle labbra, capace di uscire vittorioso dai nodi in cui si trova.
Ha mai pianto al cinema Alain Delon? Forse sì, ma non sono quelle le scene che restano in mente, quelle in cui l’attore sa dare il meglio di sé: nella mente (e nel cuore) si stampano i ritratti freddi e solitari dei suoi vilain (Frank Costello Faccia d’angelo), dei suoi arrampicatori apatici e avidi (Delitto in pieno sole), dei suoi cinici e inquieti borghesi (Mr. Klein), degli sviliti campioni di una vita provinciale (La prima notte di quiete).
Tutti ruoli dove Delon finisce per dirigere se stesso, per far emergere quella voglia di vivere che lo ha reso immortale.
La riprova, se mai ne servisse una, è arrivata quando aveva settantacinque anni e Dior lo scelse nel 2010 per la pubblicità di un profumo, riproponendo alcune immagini del suo film più popolare, La piscina, dove si intrecciavano storie personali (fu lui a imporre Romy Schneider come partner, che era stata la fidanzata ufficiale agli inizi della sua carriera) e profumi di scandalo (durante le riprese dovette testimoniare a Parigi nel processo per l’assassinio del suo ex factotum, Stefan Marković) e dove la sua immagine e la sua bellezza eclissavano il suo ruolo d’attore e di uomo.
Ancora una volta la sua immagine veniva prima dell’artista, il volto prima della persona. E viene da pensare che quella bellezza che all’inizio della sua carriera era stato il grimaldello verso il successo, poi abbia iniziato a pesare su un uomo che aveva fatto fatica a invecchiare e ad accettare che il pubblico si stesse stancando di lui (quante volte ha dichiarato di volersi ritirare dopo un flop al botteghino e quante volte si è rimangiato la parola). Come una maledizione da cui non riusciva a liberarsi e che l’ha accompagnato fino a ieri.
(da Il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 18th, 2024 Riccardo Fucile
L’ATTORE NON SI CONSIDERAVA UN “SEDUTTORE”PERCHE’ “LA SEDUZIONE E’ FATTA DI CALCOLO, NON DI FASCINO”
Senza donne e senza attrici, amanti, amiche o senza sua figlia, Alain Delon sarebbe stato, sono le sue parole, solo «l’ombra dell’attore e dell’uomo» che era – il che non gli ha impedito di essere accusato in più occasioni di misoginia.
«Non era mai stato il mio sogno fare l’attore. Sono entrato nella professione e ho continuato a recitare per via delle donne e per le donne», ha scritto, all’età di 87 anni, nella prefazione al libro che ne ripercorre vita e carriera, «Alain Delon, Amours et Mémoires», citando le attrici Brigitte Auber, Romy Schneider, Nathalie Delon, madre di Anthony, suo figlio maggiore, e Mireille Darc, nonché la modella Rosalie van Breemen, madre dei suoi ultimi due figli. Per le donne della sua vita, dice, ha sempre voluto «essere il migliore, il più forte». Di sicuro è stato considerato uno dei più grandi sex simbol della storia, se non addirittura «l’uomo più bello del mondo».
Delon ha lavorato sul set anche con Jane Fonda, Annie Girardot, Claudia Cardinale, Marie Laforêt, Jeanne Moreau, Simone Signoret e Catherine Deneuve.
La prima donna importante della vita di Delon è la madre Edith, soprannominata Mounette, che lo diede alla luce nel 1935. Negli anni Cinquanta furono poi due giovani donne a metterlo sulla buona strada: la sua compagna Brigitte Auber gli presentò Michèle Cordoue, moglie del regista Yves Allégret, che sarebbe diventata anche la sua amante. Cordue, ricorderà Delon, «mi imporrà con suo marito che mi darà il mio primo ruolo in Godot (titolo originale, Quand la femme s’en mêle, 1957)».
La più appassionata storia d’amore del divo è però con una giovane attrice nata a Vienna e venuta in Francia per sbarazzarsi dell’etichetta di Sissi, Romy Schneider, conosciuta nel 1958 sul set de L’amante pura di Pierre Gaspard-Huit. L’anno successivo si fidanzano. Lui ha 23 anni, lei 20. Per cinque anni sono amanti «terribili» e «magnifici». Nel 1964, l’attore lascia Schneider per Francine Canovas (detta Nathalie Delon), che sposa (il suo unico matrimonio) e dalla quale ha un figlio, Anthony, nato lo stesso anno.
Ma un legame indissolubile continuerà a legarlo a Romy Schneider: è al suo braccio che l’attrice si stringe, devastata, il giorno del funerale del figlio quattordicenne, David, nel 1981. Quando morirà a sua volta , un anno dopo, Alain Delon le scrive: «Ti amo, mia Puppelé (bambolina in tedesco, ndr)».
L’attore, che preferiva il termine «incantatore» a quello di «seduttore» perché «la seduzione è fatta di calcolo, non di fascino», moltiplica le sue conquiste. È noto per le relazioni con la cantante Dalida, Maddly Bamy (futuro compagna del cantante Jacques Brel) e Nico, icona dei Velvet Underground, il cui figlio Ari Boulogne (nato nel 1962 e morto nel 2023), assicurò per tutta la vita di essere figlio di Delon. Una paternità mai riconosciuta dal divo francese.
L’attore ha condiviso la vita con l’attrice Mireille Darc dal 1968 al 1983. «Era la donna della mia vita» confidò quando morì nel 2017. Aggiungendo: «Senza di lei, posso andarmene anch’io». Dopo una storia d’amore con l’attrice Anne Parillaud, Delon ha vissuto, dalla fine degli anni ’80 al 2001, con l’olandese Rosalie van Breemen. La coppia ha avuto due figli nel 1990 e nel 1994, Anouchka (la sua preferita, regolarmente descritta come la «donna della [sua] vita») e Alain-Fabien. All’età di 80 anni, Delon si ritira nella sua proprietà a Douchy (Loiret) insieme a Hiromi Rollin, presentata come la sua «dama di compagnia» ma descrivendola come sua compagna. Fino a quando i figli dell’attore non l’hanno cacciata di casa nell’estate del 2023
(da il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 18th, 2024 Riccardo Fucile
NEL TERRENO DELLA SUA CASA A DOUCHY HANNO TROVATO RIPOSO CIRCA 50 CANI: “TUTTA LA MIA VITA E’ LI'”
“Tutta la mia vita è lì, nelle tombe dei miei cani”. In queste parole si vede tutto l’amore che
Alain Delon aveva per i suoi quattrozampe. E nel terreno di casa sua a Douchy, nel corso della sua vita, hanno trovato il riposo eterno circa 50 cani. Ciascuno con la sua lapide, con il suo nome. Le coppie sepolte insieme. Un cimitero, per averli vicino a sé per sempre. Un luogo eterno dove lo stesso attore francese ha chiesto di essere sepolto.
Alain Delon, sex symbol dalla vita sregolata e dai tanti amori morto oggi all’età di 88 anni, ha da sempre trovato nei cani quell’amore vero e sincero che colmava la solitudine interiore con cui ha convissuto, soprattutto negli ultimi anni della sua vita.
L’attore è sempre vissuto con i cani e uno dei suoi primi quattrozampe è stata Gaia, una femmina di Dobermann. “Un giorno le ho urlato contro, le ho dato uno schiaffo sulle natiche. Lei si è seduta e mi ha guardato – racconta Delon – . L’ho vista piangere”.
Da quel giorno Delon ha capito quanto i cani siano in grado di trasmettere le loro emozioni: “Da allora ho capito tutto. Da allora i miei cani hanno sempre sorriso” ha aggiunto.
Un amore che lo ha spinto ad aiutare anche gli animali meno fortunati dei suoi: Delon è sempre stato fra i principali sostenitori delle battaglie animaliste della sua amica Brigitte Bardot. L’attore non si è tirato indietro anche dal fare gesti eclatanti: una volta ha mandato un elicottero per salvare una gattina a cui avevano strappato una zampetta. Una volta guarita l’ha accolta nella sua villa.
Nel 2009 un altro episodio che dimostra il suo grande amore per i cani: nei pressi di Perpignan, un cane randagio finisce vittima della follia crudele di una coppia – una ragazza di 22 anni e il fidanzato di 17 – che lo cospargono di benzina e gli danno fuoco. Quel piccolo Pinscher, poi chiamato Mambo, è sopravvissuto alle gravi ustioni di terzo grado sul 40 per cento del corpo grazie a diverse cure veterinarie. Il caso provocò grande sdegno e ne nacque una catena di solidarietà a cui parteciparono personaggi come il calciatore Zinedine Zidane e, appunto, Alain Delon.
Tempo dopo, quando ormai il cane si era perfettamente ripreso, l’attore si trovò di passaggio a Perpignan ed espresse il desiderio di incontrare Mambo. Il quotidiano L’Indépendant esaudì il suo desiderio e l’attore in un’intervista disse: “È stato un regalo meraviglioso” aggiungendo anche che aveva offerto i servizi del suo veterinario per curare Mambo e, in maniera provocatoria, disse anche: “Ho anche suggerito che mi mandassero quei due bastardi… che hanno fatto questo nella mia proprietà, a prendermi cura di loro!”
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »