ECCO L’ITALIA CHE STA SCIVOLANDO NEL DISCOUNT
DAL PASTO DIMEZZATO ALLA CACCIA ALL’OFFERTA: RIEMPIRE IL CARRELLO IN TEMPO DI CRISI
La stagione gastropolitica si annuncia prodiga di ricette a ridotto contenuto calorico per tener testa all’esuberante incedere dei prezzi. “Tu cliente mi chiedi le vongole. Io allora ti rispondo: con un chilo cucino al massimo tre piatti. Ma un chilo me costa almeno 15 euro. La verità è che tu cliente vuoi smezzare, metà porzione a te e metà alla tua signora. Lo puoi fare ma su questa strada io ristoratore non ti seguo. Da me – per fare un altro esempio – se magna una buonissima frittura di calamari e gamberi. La questione è che da qualche mese se smezzano anche il secondo. Prima del Covid facevo 40 euro a cliente. Oggi arriviamo ai 40 se sono in due. I tavoli sono occupati, la gente vuole uscire ma s’accontenta di poco (a volte pochissimo). Io però sono già sotto di trentamila euro con l’Ama (l’azienda della nettezza urbana, ndr) perché i due anni di fermo mica mi sono stati retribuiti!”.
I tavoli di Ilario Mascia, da vent’anni sono all’angolo tra via Merulana, e qui c’è Roma e la penna di Carlo Emilio Gadda, appena sotto il teatro Brancaccio, e i sapori del melting pot culinario di Piazza Vittorio. “Prima aprivo le danze così: il cliente s’accomodava e io dicevo a voce c’è questo, c’è quello. E lui: porta, porta. Oggi scandaglia il menu come un palombaro”. Anche le mance, segno indiscutibile della crisi che morde, si fanno pigre. Vincenzo, cameriere anziano del ristorante mette a verbale: “Prima della guerra e del Covid facevo anche 200 euro al sabato. Ora è l’incasso fuori busta di una settimana, se va bene”.
Settembre è il mese dei supersconti per l’Italia in bolletta: da Carrefour fino al giorno dieci, da Lidl invece fino al trenta. I nativi digitali ritrovano sull’app Too good to go (“troppo buono per essere buttato”) l’indirizzo dei negozi che offrono sconti, la merce che si vende a prezzo di favore e l’ora in cui l’offerta è disponibile.
L’Italia infatti scivola lentamente, ma inesorabilmente, verso i discount. Il discount è l’acqua bassa dove nuotano non solo i cinque milioni di poveri e poverissimi, ma anche la lunghissima lista di chi non arriva ai mille per professioni che qualche anno fa garantivano il doppio e il triplo della remunerazione. Stagisti appiedati, tirocinanti fasulli, apprendisti abusivi. Il lavoro intellettuale, retrocesso a impegno quasi gratuito, codifica una nuova povertà che trova impossibile sfamarsi presso le catene dei supermercati d’élite.
“Elite” infatti, e siamo nella ztl metropolitana, è il più prestigioso e tra i più cari supermercati. Il Pam fa per i turisti. Poi si scende. Ecco Conad, media borghesia, un pit stop all’angolo della carne: “I primi dieci giorni del mese vendo bene il filetto, qualità premium. Arriva anche a 36,90 1euro al chilo”. Col passare dei giorni le tasche si fanno più leggere. E come i tassisti notano più auto ferme ai box, così Mimmo, titolare dell’angolo Conad più pregiato, annota: “A metà mese proseguiamo col macinato da 16 euro e poi scendiamo con le offerte fino agli 8,90 euro al chilo quando si è lì lì per arrivare al giorno 31”.
E allora la questione da gastronomica si fa politica perché, per esempio, Federico Petrucciani, titolare di un avviatissimo bar in piazza Carracci, quartiere Flaminio, ha deciso da lunedì 4 settembre di ridurre il costo del caffè e del cappuccino. “Sono il segno della nostra italianità, la cifra identitaria. Mi sono accorto che il costo della luce è ritornato normale e perciò ho voluto dare il mio piccolo contributo”. Federico, prima berlusconiano, poi supporter di Renzi e oggi nei paraggi di Giorgia Meloni. “Riduco il costo di caffè e cappuccino mica dello Spritz! Me lo posso permettere e lo faccio anche per un minimo dovere civico”. Il caffè da lui torna a 1 euro, tolti i 10 centesimi dell’ultimo rincaro. Cappuccino a 1,20 euro. Venti centesimi in meno. E c’è da dire che siamo al Flaminio, quartiere romano dove la conta dei benestanti è in netta superiorità numerica.
Scendere dal bus, salire sul tram, ridiscendere e attendere di nuovo il bus. La periferia è lontana e per arrivarci si fatica. Glory, nigeriana trentasettenne, vive alla Borghesiana. Prepara e vende in casa dolci africani. Una pasticceria alla buona, “arrivo a guadagnare 600 euro, e mi serve trovare il miglior prezzo possibile per la farina, le uova. Io qui al Casilino trovo la margarina a 85 centesimi per 250 grammi. Che è sempre conveniente ma sono 20 centesimi in più rispetto all’anno scorso. E il latte? Era 79 centesimi, ora 1 euro e 90 centesimi per un litro”.
Si arriva al discount affamati, perché è sera e si è stanchi, ma anche allertati per le offerte disponibili. Giordana, commessa di 32 anni (“Guadagno 1.200 euro al mese”) illustra le offerte last minute: “Tutti i prodotti con scadenza inferiore a due giorni costano il 30 per cento in meno. Quelli con scadenza ancor più ravvicinata il 50 per cento”.
È una corsa senza freni e soprattutto un tuffo nella piccola fortuna quotidiana: bisogna trovarsi al momento giusto. Quando le banane un po’ annerite prendono la via dello sconto, e così gli ortaggi, la frutta, i detersivi. Arrivare a quel che costa troppo nell’ora in cui costa finalmente di meno.
Delizioso marketing per il popolo in difficoltà. Le porzioni si fanno più piccole ma la spesa al supermercato è salva: anguria baby, mini fuscello di fagiolini, scamorzetta, robioletta, chicchi di mozzarella.
Più poveri ma col colesterolo finalmente a posto.
(da Il Fatto Quotidiano)
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