FINI CUCINA IL CAIMANO : ADESSO IL GOVERNO E’ OSTAGGIO DEI FINIANI CHE SI FANNO IL PARTITO
E’ IL TRIONFO INASPETTATO DEI FINIANI, ORMAI DETERMINANTI PER LA TENUTA DELL’ESECUTIVO: “SENZA DI NOI NON SI VA DA NESSUNA PARTE”… L’ANALISI DE “IL FATTO QUOTIDIANO”
Governo fermo a quota 342 voti.
Il risultato conclusivo della giornata di ieri è un trionfo, quasi inaspettato, per i finiani che diventano determinanti per la tenuta dell’esecutivo
Riguardatela bene. L’immagine che resta e che racconta meglio di tutto le geometrie della giornata e i nuovi rapporti di forza nel centrodestra, è quella in cui Silvio Berlusconi chiede aiuto contro Antonio Di Pietro che gliene sta dicendo di tutti i colori (l’epiteto più leggero è “piduista”).
Richiesta d’aiuto.
Il Caimano, per una volta volta con i denti limati — in visibile difficoltà — si volta con la mano aperta in segno di preghiera verso Gianfranco Fini.
Come per dire: intervieni tu.
Riguardatela con attenzione, quella foto.
Se c’è un ribaltamento nell’iconografia che può raccontare cosa sta accadendo in una sfida all’ultimo sangue è tutto racchiuso in quel fotogramma.
Nel giorno del duello mortale all’Auditorium, in fondo (solo prima dell’estate) era accaduto l’esatto contrario:
Fini sotto il palco, in piedi, con il dito levato a contestare e Berlusconi alla tribuna, con il viso stravolto dalla rabbia, ma pur sempre sovrano.
Ma ora a ben vedere è peggio: ora è il premier che chiede protezione, con l’espressione corrucciata, a quello stesso presidente della Camera che solo pochi giorni fa voleva destituire ed è Fini che dietro la facciata di un impeccabile galateo parlamentare, si gode lo spettacolo della guerriglia d’aula anti-berlusconiana e dei suoi effetti sui nervi del premier.
Fini richiama Di Pietro, certo. Ma non se ne accorge nessuno.
Il re — ancora una volta — sembra nudo.
Rapporti di forza. Risultato conclusivo della giornata campale?
Una disfatta per il Pdl, un trionfo — quasi inaspettato — per i finiani.
Il governo si ferma a quota 342 (ancora ieri la maggioranza vagheggiava di ottenere 350 voti!), i finiani diventano determinanti.
Di più: ottengono di poter aggiungere in calce alla loro mozione i 5 voti dell’Mpa di Lombardo.
Ovvero: Berlusconi ha fatto fino all’ultimo di tutto per non riconoscere al capogruppo Italo Bocchino lo status di alleato e — di conseguenza — assegnare al movimento di Fini il ruolo di “terza gamba” che rivendica da mesi.
Invece si è ritrovato con un micro-polo formato da due partiti alleati che sarà determinante in qualsiasi voto di fiducia e che da domani è padrone di Montecitorio in ogni commissione e in aula (dove se vota con l’opposizione può ribaltare la maggioranza).
Ecco, il premier che chiede aiuto a Fini: forse non la leggeremmo in questo modo la geometria di quel fotogramma, se non fosse incontestabile il fatto che — come osservava Flavia Perina alla fine della giornata più lunga di Futuro e libertà — “Ieri Berlusconi le ha sbagliate proprio tutte”.
Che il Cavaliere avesse deciso di giocare con prudenza (per i suoi standard) si era capito fin dalla prima mattina.
Berlusconi decide di evitare ogni casus belli e nel suo discorso di apertura si tiene alla larga dai due temi che i finiani avevano dichiarato irricevibili. Ovvero: le intercettazioni e il processo breve.
È un Berlusconi che non rischia, che si limita a qualche punzecchiatura sui temi della bioetica.
All’ora di pranzo gli uomini di Futuro e libertà sono a metà fra l’euforia e la delusione: “Abbiamo imposto la nostra egemonia gramsciana al Cavaliere — sorride Fabio Granata appoggiato a un pomello nell’atrio di Montecitorio — anche la sua lingua è cambiata. Pacato, prudente… che il nostro dissenso gli abbia fatto bene?”.
Ancora più ironici Italo Bocchino e Carmelo Briguglio, che si aggiungono al capannello: “Lo abbiamo costituzionalizzato”, sorridono.
Anche il fotogramma dei discorso del premier — persino nella diretta — contiene una chiave di lettura: Berlusconi parla in piedi, seduto al suo fianco c’è la faccia (a tratti pietrificata, a tratti ironica) di Giulio Tremonti, sul banco più indietro, quasi in ombra, c’è Roberto Calderoli: quasi una trinità , quasi la certificazione di un commissariamento.
In realtà Berlusconi fino all’ultimo vuole fare di tutto per non dover riconoscere lo status di “partito di maggioranza” a Futuro e libertà .
E questo è il suo principale errore, quello che si porta dietro tutti gli altri.
Tra i 9 assenti di ieri, infatti, uno solo era del Pdl.
Per di più, 38 dei 342 voti a favore sono quelli dei finiani e dei lombardiani. Futuro e libertà infatti fra l’altro conta su 35 voti, ma Fini per prassi non vota e ben due deputati, Mirko Tremaglia e Fabio Granata (che viene subito convocato dal leader e dice: “Il mio è un no simbolico”) votano addirittura contro.
Insomma, un’ecatombe.
Briguglio non ricorre a diplomatismi: “Senza di noi il governo non esiste più”, dice, facendo infuriare gli azzurri.
In un angolo del Transatlantico La7 intercetta una dichiarazione sconfortata di Maroni: “A marzo si vota”.
Ma il secondo errore di Berlusconi è quello di consentire (sempre per non dare riconoscimenti a Fli) il proliferare delle mozioni.
Ne vengono presentate quattro (una di opposizione, quella del Pdl, quella della Lega e quella dei filo-lombardiani).
Ma consentire al Carroccio di smarcarsi, significa allargare i ranghi e facilitare lo sganciamento del partito del presidente della Camera.
Commenta Adolfo Urso: “Nel momento del massimo attacco contro di noi, nel pieno della campagna contro Fini, siamo rimasti uniti e determinanti. Adesso marciamo spediti verso il nuovo partito. Siamo noi che dettiamo l’agenda”. Già , la costituzione del partito viene annunciata da Fini, non a caso, in questa giornata.
“Appena lo avremo fatto — conclude la Perina — saremo ancora più forti. Dopo di stasera è chiara una cosa. Senza noi non si va da nessuna parte”.
Luca Telese (da “il Fatto Quotidiano“)
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