I RAZZI FORNITI DALL’OCCIDENTE DECIMANO L’ARMATA RUSSA
I GENERALI RUSSI MANDANO LE TRUPPE ALL’ATTACCO MA LA RESISTENZA UCRAINA COLPISCE ALLE SPALLE E CAUSA DANNI SPAVENTOSI ALL’ESERCITO DI MOSCA
I generali russi non si fermano e mandano le loro truppe all’attacco in tutte le direzioni, da Kiev al Mar Nero. Sul campo si vedono altri soldati e altri mezzi gettati nella mischia per sfondare le difese ucraine: sembrano unità nuove, che forse hanno rimpiazzato quelle provate dai combattimenti.
Ovunque l’avanzata segna piccoli passi avanti, sostenuti dai massicci bombardamenti aerei sulle città assediate. Ma questi successi rischiano di essere effimeri, perché la resistenza colpisce alle spalle delle avanguardie e infligge danni spaventosi all’esercito di Mosca.
I missili terra-aria Stinger e quelli anti-tank Javelin stanno diventando i protagonisti del conflitto: impediscono agli elicotteri russi gli interventi ravvicinati e fanno strage dei cingolati.
Una stima neutrale sostiene che siano già stati distrutti 900 mezzi, tra camion e veicoli corazzati, e il Pentagono ritiene che sia andato in fiamme il 5 per cento dell’arsenale schierato da Mosca in Ucraina.
Un bilancio destinato ad aggravarsi perché stanno venendo distribuiti i 17 mila razzi controcarro forniti finora dai Paesi occidentali: il loro arrivo al fronte rende sempre più forte la resistenza e può aumentare esponenzialmente i caduti. Ogni volontario e ogni recluta con quelle armi diventano capaci di sbaragliare un semovente.
Sulla carta, la Russia è superiore ma soldati e ufficiali cominciano a chiedersi perché invece dell’operazione di pace annunciata da Putin sono finiti in un massacro. Mentre la determinazione degli ucraini continua a crescere.
E il peso della strage inizia a farsi insostenibile per il Cremlino, che rischia di esaurire le risorse della sua armata. Le aperture verso tregue e negoziati di queste ore nascono anche dalla realtà sul terreno, dove le soluzioni militari paiono sempre più remote.
La strategia è quella sovietica: circondare i contingenti nemici, tagliando i rifornimenti, poi andare all’attacco diretto sotto la copertura di aerei e cannoni. Ci stanno provando in tutto il territorio a est del fiume Dnepr, senza prenderne il controllo.
Sul fronte del Mare Nero l’offensiva sta assumendo una direttrice che sembra confermare l’obiettivo di unire la Crimea alla Transnistria, l’enclave filorussa in Moldavia: Odessa si ritroverebbe chiusa in una sacca, sotto il tiro della flotta di Mosca.
Un’altra avanzata procede lungo le rive del Dnepr verso nord: marcia su un’altra grande centrale elettrica e in prospettiva verso Dnipro, la terza città del Paese.
A Mariupol, sul Mare di Azov, i combattimenti non si fermano: i legionari della brigata Azov si confrontano casa per casa con i marines russi.
La battaglia più sanguinosa è quella per la capitale. I russi sono terrorizzati dalle imboscate e sparano su tutto quello che incontrano.
Ieri il paesone di Makariv è stato devastato dai tiri reciproci di razzi, poi i tank sono penetrati tra i condomini e hanno sbarrato l’autostrada per la Polonia: un tentativo di fermare il flusso di nuove armi.
La pressione ormai avviene su tre lati, con un accumulo di parà e mezzi corazzati: si calcola che 18 gruppi tattici mobili stiano combattendo alle porte di Kiev.
La difesa reagisce con ogni strumento e usa con abilità i droni: sia quelli TB2 forniti dalla Turchia, che sfuggono ai radar e lanciano missili con precisione; sia quelli commerciali, sfruttati per dirigere il fuoco dei cannoni.
In mezzo a questi scontri ci sono decine di migliaia di donne, bambini e anziani senza un rifugio sicuro.
(da La Repubblica)
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