IL MAGGIOR PROBLEMA DELLA MELONI RESTA LA SUA TENUTA PSICO-FISICA. IL VITTIMISMO DI IERI SI STA TRASFORMANDO IN UN DISTURBO PARANOIDE DI PERSONALITÀ
SINDROME DELIRANTE DI ACCERCHIAMENTO CHE L’HA PORTATA A RINCHIUDERSI A PALAZZO CHIGI IN UN TRIANGOLO AUTOCRATICO CON LA SORELLINA ARIANNA E LO SCUDIERO FAZZOLARI
Sul caso Vannacci, la Ducetta non ha aperto la boccuccia, nemmeno per dare solidarietà al povero Crosetto. Come fa sempre quando si corre il rischio di irritare lo zoccolo duro post-fascista di Fratelli d’Italia. Secondo il sondaggista Nando Pagnoncelli, c’è un 4/5% di elettori di FdI che sospira: “Ah, se ci fosse Vannacci a Palazzo Chigi…”.
Nel suo travagliato percorso europeo per riverginarsi come leader conservatore, l’Evita Peron di Colle Oppio sarebbe ben felice di vedere Vannacci traslocare dall’esercito alla Lega, così si toglie dai piedi quella fronda interna di nostalgici della Giorgia col coltello tra i denti di ieri, quando dall’opposizione abbaiava di tutto e di più. Poi sarà un problema di Salvini far ingoiare il rospo Vannacci all’ala moderata dei governatori, a partire da Zaia.
Intanto oggi si gode l’uscita del suo libro-intervista con Sallusti a giornali unificati, ma tutti l’aspettano al varco quando scodellerà la ratifica del Mes in parlamento, visto che non ha avuto il coraggio di rimangiarsi il suo secco “no” di ieri. Alla fine sarà votato da quello che resta dell’opposizione e da Forza Italia, ma senza i voti di Lega e con la probabile astensione di FdI.
Tutto bene quello che finisce bene? Manco per il piffero: a Bruxelles, un Mes che passa senza avallo dell’intero governo, non farà altro che far incazzare quella “maggioranza Ursula” che ha in mano le percentuali del Patto di Stabilità e la cassa del Pnrr.
Ora la premier ha davanti una Legge di Bilancio da brividi e lividi. In cassa c’è una miseria, angosciante dato di debolezza che dovrebbe consigliarla a non fare il gradasso con Bruxelles. Dove i più recenti e autorevoli sondaggi (fatti dalle banche) confermano al comando della Commissione Europea, anche se con numeri più risicati, la “maggioranza Ursula”, cioè quell’”usato sicuro” composto da popolari, liberali e socialisti. E quindi dei voti europei di FdI portati dalla Meloni ne possono fare, per ora, a meno. E se resterà fuori dalla stanza dei bottoni di Bruxelles, gliela faranno pagare di brutto.
Ai devastanti effetti europei, occorre aggiungere la Via Crucis domestica. Ad esempio: dopo aver tanto strombazzato il taglio delle tasse, nella finanziaria il governo dovrà decidere se confermare, o meno, il taglio del cuneo fiscale che, a partire da luglio, è stato portato al 7% per redditi fino a 25.000 euro e al 6% per quelli fino a 35.000, comportando un aumento netto in busta paga tra i 70 e i 100 euro fino a dicembre. In caso di annullamento o riduzione dell’iniziativa, gli stipendi tornerebbero a diminuire in maniera considerevole.
E tanto per non farci mancare nulla, torna il Covid, ma la sanità italiana resta in ginocchio. Mentre il ministro Schillaci è alle prese coi medici in agitazione e chiede risorse, Meloni ha tagliato i fondi: ora cerca 4 miliardi ma il governo ma ancora non sa dove trovarli. E Schillaci sarebbe arrivato al punto di minacciare le dimissioni. Sventate solo per l’intervento del cognato Lollobrigida.
A questo punto, gli elettori meloniani si accontenteranno di gettare la croce su Gentiloni o l’abbandoneranno al suo destino famigliare?
Certo, la buona stella l’ha accompagnata nel primo anno di governo, avendo come miglior “alleati” due partiti allo sbando come Pd, guidato da una Elly Schlein che con la sua vocazione minoritaria non ci pensa a governare, e l’M5S di Conte che si ritrova senza la leva elettorale del Reddito di Cittadinanza e del Superbonus, da una parte.
Dall’altra, la Sora Giorgia si è trovata il nemico in casa: i due partiti alleati della maggioranza. Salvini che sfancula Tajani, Meloni che infinocchia Salvini, Tajani che infilza la Meloni. Tutti contro tutti. E da qui alle Europee del giugno 2024, liberi tutti di mandarsi a quel paese. Quanto può durare un governo così?
Ma il maggior problema della Meloni resta la sua fragile tenuta psico-fisica. Come oggi ha rivelato parlando all’Assemblea di FdI. “In questi mesi si è visto di tutto”, ha tuonato, “Le continue campagne finto scandalistiche, i dossieraggi, le continue richieste di dimissioni di questo o quell’altro”, “fango gratuito perfino sui familiari”. Essì, il vittimismo di ieri, una volta salita a Palazzo Chigi, si sta trasformando in un disturbo paranoide di personalità (vedi l’uscita psicopatica: “Fazzolari cura la comunicazione, chi dovevamo metterci Formigli?”)-
Eccola sempre diffidente e sospettosa, dominata da pensieri fissi di persecuzione, timori di venir danneggiata, paura continua di subire un tradimento anche da persone amate. Le motivazioni degli altri, poi, sempre come odiose per la propria persona o per le persone a cui vuole bene (figli, genitori, famigliari…). Ed eccola lì, chiusa nella sua stanza, a leggere rapita i report dei Servizi Segreti e per poi prorompere come una martire cristiana: “Il dibattito politico sarà ancora più feroce, gli attacchi si moltiplicheranno, le trappole e i tentativi di disarcionarci anche”.
Una sindrome delirante di accerchiamento che fa ridere rispetto a ciò che ha subito Berlusconi negli anni e l’ha portata a rinchiudersi a Palazzo Chigi in un triangolo autocratico con la sorellina Arianna e lo scudiero “intelligentissimo” Fazzolari. I ministri e gli alleati non contano niente. Tanto meno il Quirinale: i poteri di Mattarella verranno svuotati con la riforma costituzionale del premierato.
In un angolo di Palazzo Chigi, impietrito, c’è il povero Alfredo Mantovano che, solo recentemente, ha dovuto accollarsi controvoglia i migranti di Piantedosi e ingoiare la comunicazione in mano al factotum Fazzolari. L’unica mossa che resta al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio è girare i tacchi e andarsene.
(da Dagoreport)
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