LE MOSSE DI CASINI E L’APPOGGIO DELLA MARCEGAGLIA
CASINI, COSI’ NASCE IL PARTITO DEL MONTI BIS
Con la prontezza che tutti gli riconoscono, Pierferdinando Casini ha fatto la sua mossa.
Quello che, prima di tutti gli altri, ha presentato a Chianciano, luogo di antiche nostalgie democristiane, è il partito del Monti-bis.
Come altrimenti può essere definito un partito che, nel simbolo, rinuncia al nome del suo leader per aprirsi a nuove componenti, e al momento della sua fondazione vede arrivare metà dei ministri dell’attuale governo?
Un conto è dire le cose, un’altra metterle in pratica.
Dopo aver ripetuto per mesi che per l’Italia, anche dopo le prossime elezioni, non c’è altra prospettiva che lasciare la guida del Paese a SuperMario, l’unico in grado di portarci fuori dalla crisi, il leader centrista s’è alzato dalla sua poltrona e ha fatto seguire alle parole i fatti.
E al di là delle effettive intenzioni di ciascuno di candidarsi con lui alle prossime elezioni, la fila degli «esterni», ministri e non, che si sono presentati, aderendo al suo invito, sta a significare che «la cosa» esiste.
Infatti l’ex-presidente di Confindustria Marcegaglia, il segretario della Cisl Bonanni, il presidente delle Acli (schierate fino a poco fa a sinistra) Olivero, il portavoce del Forum di Todi Forlani, il ministro Riccardi (presente anche come capo della Comunità Sant’Egidio, un altro pezzo importante di mondo cattolico), i suoi colleghi Passera, Ornaghi, Catania e Patroni Griffi, oltre all’ex ministro dell’Interno Pisanu e al presidente della Camera (e fondatore di Futuro e libertà ) Fini, non si sarebbero mossi tutti insieme se non avessero voluto far capire che il loro posto, la loro collocazione politica, non può essere, nè con il centrodestra, nè con il centrosinistra.
Ma appunto al centro.
Ora, che in questa fase non ci sia una corsa a mettersi con Berlusconi, è scontato. L’annuncio del ritorno in campo del Cavaliere come candidato premier ha semmai convinto i più incerti dei suoi alleati a prendere il largo.
E in Sicilia, in vista delle prossime regionali, s’è addirittura formata dentro il centrodestra una coalizione di antiberlusconiani.
Ma che proprio nel momento in cui il Pd è considerato nei sondaggi il più accreditato vincitore delle prossime elezioni, e mentre Bersani ragiona sulla composizione del suo probabile prossimo governo, i membri di quello attuale si spostino da un’altra parte, rappresenta un fatto politico importante.
E lo è altrettanto che una parte consistente del mondo cattolico, da cui è venuta negli ultimi mesi la rivendicazione di una nuova classe dirigente, invece di rafforzare la componente cattolica del centrosinistra, scelga il centro.
Va ancora aggiunto che la Marcegaglia, come ex-presidente degli industriali, porta a questo composito schieramento l’appoggio di un mondo produttivo, magari non tutto, finora tiepido nel complesso verso la politica.
Potrà ben dire, Casini, di aver portato a casa un risultato superiore alle sue aspettative.
Il sostegno senza riserve da lui dato all’esecutivo tecnico e il lavoro sottotraccia compiuto nell’ultimo anno hanno convinto un arco di forze più largo delle sue stesse ambizioni. Occorrerà vedere, però, se la mutazione genetica centrista troverà nella società civile e sul piano elettorale un appeal uguale a quello che ha dimostrato dal punto di vista mediatico.
La novità ha molti aspetti positivi, ma vanno messe in conto alcune evidenti criticità .
La prima è che fare il partito del Monti-bis senza Monti è un problema.
Va da sè che il presidente del Consiglio tecnico non può schierarsi politicamente in alcun modo: per questo SuperMario, a chi glielo chiede, continua a ripetere che il suo tempo sta esaurendosi e comincia ad assaporare l’idea di andare in vacanza.
Che invece al contrario debba restare al suo posto non è escluso; ed è auspicabile, per come stanno andando le cose.
Ma le condizioni politiche della sua permanenza, dovranno essere i partiti a crearle. Finora Casini è il solo che si sia mosso in questa direzione.
Quanto ai ministri tecnici presenti a Chianciano, che tutti già immaginano come capilista del partito nascituro, va ricordato, come ha spiegato Passera, che nessuno di loro potrebbe scendere in campo mentre è al governo.
Se lo volesse, dovrebbe dimettersi per tempo. E le dimissioni di un gruppetto di ministri per motivi elettorali non sarebbero certo un toccasana per il governo tecnico.
Nel fuoco di una campagna elettorale già cominciata, verrebbero tirati in mezzo. E ci sarebbe anche chi potrebbe accusarli di aver fatto una scelta di convenienza.
Le possibilità di successo di un partito centrista, cattolico-liberale, disposto a collaborare con sinistra e destra, ma senza rinunciare alle proprie convinzioni e al proprio programma, sono inoltre legate all’avvento di una legge elettorale proporzionale, di cui si parla da mesi ma che al momento non esiste.
Una legge che chiuda, come Casini ha fatto in anticipo, la stagione dei partiti personali, dei candidati-premier con il nome sulla scheda e sul simbolo, e dei governi scelti dagli elettori, cancellando per sempre le coalizioni rissose degli ultimi anni e riportando in Parlamento, alla trattativa tra i partiti, dopo e non prima del voto, la scelta di chi deve governare.
Se questa legge si farà – Casini, paradossalmente, ha più possibilità di realizzarla con il suo atavico avversario Berlusconi, che non con il suo potenziale alleato Bersani – il nuovo centro potrà decollare.
Altrimenti sarà più difficile che ci riesca.
Alla fine il problema del nuovo partito, fondato alla vigilia di un appuntamento delicato come quello del 2013, resta quello di quanti voti riuscirà a conquistare.
Di questi tempi, l’idea di costruire un’altra Dc, a cui il progetto è chiaramente ispirato, forse è fin troppo ambiziosa.
Ma se il centro non cresce e resta ai livelli degli ultimi anni, la premiata capacità politica di Casini potrebbe non bastare.
E anche le buone idee di Chianciano restare nel libro dei sogni.
Marcello Sorgi
(da “La Stampa”)
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