NEL VIDEO MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI MANCA UNA RISPOSTA SUI LEGAMI CON ORBAN E VOX
IL PREMIER UNGHERESE E’ L’IDEOLOGO DI QUELLA “DEMOCRAZIA ILLIBERALE” ALLA QUALE PUTIN SI È ISPIRATO… POI C’E’ LA FRATELLANZA CON IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO VOX, DEFINITO DA TUTTI I MEDIA IBERICI “NEOFRANCHISTA”
Sarà pure cipria, ma vien da dire: finalmente. Decine di interviste, ore di talk show, lunghissimi girati di documentate inchieste, non erano riusciti a far dire a Giorgia Meloni quello che adesso – a poco più di un mese dalle elezioni politiche – ha deciso di sostenere: «La destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche».
Ora, lasciamo perdere i tempi verbali. «Ha consegnato», dice la leader di Fratelli d’Italia, come se davvero queste cose le avesse dette e ripetute in tutti questi anni e nessuno se ne fosse accorto.
Come non ci fossero stati tra i suoi militanti nostalgici saluti romani e richiami al nazismo e al fascismo ogni volta derubricati a folklore, operetta, nostalgia.
Mettiamo da parte l’ampia opera di revisionismo sulla Shoah che la destra italiana in tutte le sue forme ha contributo a diffondere, accusando poi di tradimento l’allora leader di An Gianfranco Fini che a Gerusalemme, allo Yad Vashem, si era inginocchiato parlando di «male assoluto».
Anche perché in quel periodo Giorgia Meloni era insieme a Fini, nello stesso partito, e anche se poi lo accusò di aver tradito la destra, è già agli atti il suo rifiuto di antisemitismo e leggi razziali: «Il partito fascista avrebbe potuto dire no a Hitler e non lo fece», disse anni fa (come se si trattasse di una svista)
La novità è in quella condanna «senza ambiguità della privazione della democrazia», ed è nel successivo richiamo alla libertà che Meloni consegna alla stampa estera in un lungo messaggio recitato in tre lingue diverse: francese, inglese e spagnolo (è un crescendo, perché la terza è sicuramente la lingua che padroneggia di più, ma anche qui chi si divertirà a fare meme e imitazioni non ha capito che tutto questo fa parte – e a ragione – di una narrazione che funziona: Giorgia una di noi. Con le nostre pronunce sghembe, le nostre esitazioni e i nostri “così non si dice” manifesti).
Quindi evviva, finalmente un po’ più di chiarezza sul fascismo (certo, c’è una riga dopo l’equiparazione al comunismo che anzi ancora vive e fa disastri, perché sotto elezioni non è che il messaggio può essere stravolto completamente), ma insomma, siamo davanti a un passo avanti nel solco della democrazia.
Peccato che per difendersi dagli articoli pessimi usciti sulla stampa internazionale, Meloni scivoli in un antichissimo vizio che ricorda il peggior Berlusconi anni ’90.
A danneggiarne l’immagine non sarebbero la storia del suo partito e le uscite poco felici del suo personale politico. È piuttosto, secondo la sua versione, «il potente circuito mediatico della sinistra, che qui in Italia è molto forte nelle redazioni dei giornali e in quelle dei programmi televisivi».
Sembra di risentire il Cavaliere, quando nel 2009 a Porta a Porta parlava della stampa comunista estera cattiva «insufflata dalla sinistra». O di rivederlo quando ai comizi distribuiva libretti anti-comunisti dipingendo qualcosa di simile a mostri a tre teste che mangiano bambini.
Vuole rassicurare i nostri principali alleati europei, Meloni. Ma per farlo infanga l’Italia descrivendola come un Paese dalla democrazia interrotta, con i media asserviti a partiti di potere che perdono le elezioni ma restano al governo. Con il solito armamentario vittimistico populista che tanto bene ha portato a un partito molto diverso dal suo, il Movimento 5 stelle, meno di cinque anni fa.
A dispetto di tutto, poi, quando un leader politico manda un messaggio registrato – seppure in tre lingue – quel che bisogna fare non è solo ascoltare quel che c’è, ma quel che manca.
E quel che manca è naturalmente una risposta credibile a quello di cui il segretario Pd accusa Meloni quando dice che la sua è solo un’incipriata: i legami con il premier ungherese Viktor Orban, rimasto vicino a Vladimir Putin (da cui Fratelli d’Italia ha invece preso le distanze) e ideologo di quella “democrazia illiberale” alla quale lo stesso presidente russo si è ispirato.
La fratellanza con il partito di estrema destra spagnolo Vox, definito da tutti i media iberici (saranno comunisti anche quelli?) “neofranchista”. Così come non c’è la sua idea di mondo, tutta Dio, Patria e Famiglia (naturale) declinata più volte e questa sì, nostalgica della destra che fu. Vuole rassicurare, Giorgia Meloni, e per questo parla solo di “libertà” e di sostegno all’Ucraina, alla Nato e perfino di quanto tenga – lei che non lo ha mai votato – al Piano di ripresa e resilienza europeo.
Bisogna sempre festeggiare i ravvedimenti, se ci sono.
Bisogna però sempre guardarsi dai non detti, che restano. E non riguardano solo il passato, sul quale ci sarebbe da fare un’analisi non affrettata, ma profonda, magari in Italiano. Riguardano anche il futuro: una certa idea dell’Italia.
(da La Repubblica)
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