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FONTANA E MORATTI HANNO MENTITO, ESCE LA MAIL DELLA REGIONE CHE CON 12 GIORNI DI RITARDO RETTIFICA IL PROPRIO ERRORE SU SOLLECITAZIONE DEL MINISTERO DELLA SANITA’

Gennaio 24th, 2021 Riccardo Fucile

UN DANNO DA 600 MILIONI DI EURO AI CITTADINI LOMBARDI, MA NON HANNO LA DIGNITA’ DI DIMETTERSI

Ci sono tre mail che tracciano la storia della decisione, presa a posteriori il 22 gennaio, quando la Lombardia era in zona rossa da una settimana, di farla tornare in arancione. Quei documenti raccontano dell’allarme scattato a Roma sui dati della Regione e della decisione di quest’ultima di chiedere, venerdì scorso, il cambio di classificazione.
I sintomatici
Il tema centrale è il sistema con cui si contano i positivi sintomatici. Solo quelli, ripetono ormai da 36 settimane i tecnici della Cabina di regia e dell’Istituto superiore di sanità , sono usati per calcolare l’indice di contagio della malattia, cioè a quale velocità  questa passa da una persona all’altra. È logico: non è possibile prendere in considerazione anche chi non ne ha. L’Istituto sabato ha spiegato che «ogni volta che viene rilevato un caso clinico, viene compilato il relativo campo “stato clinico” nel quale viene indicato il grado di severità  dei sintomi, da paucisintomatico a severo e, quando possibile, anche la data della loro insorgenza». Per quanto riguarda la Lombardia, dicono dall’Istituto, «ha segnalato dall’inizio dell’epidemia nell’ultimo periodo, una grande quantità  di casi, significativamente maggiore di quella osservata in altre regioni, con una data di inizio sintomi a cui non ha associato uno stato clinico e che pertanto si è continuato a considerare inizialmente sintomatici. Questa anomalia è stata segnalata più volte dall’Iss alla Regione».
L’allarme del 7 gennaio
Quest’ultima frase del comunicato dell’Iss riporta ai primi scambi tra Roma e Milano avvenuti all’inizio dell’anno. Il 7 gennaio i tecnici dell’Istituto inviano una mail al dipartimento del welfare della Lombardia che qualcuno definisce “accorata”. Nel testo si segnalava che qualcosa non andava nei dati, e venivano invitati i tecnici a controllare bene cosa stesse succedendo. La lettera non ha avuto effetti, tanto che venerdì 15 gennaio l’Rt della Lombardia è schizzato a 1,4. Come ha spiegato a Repubblica Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto, da quando è iniziato il monitoraggio, il mercoledì l’anteprima dell’Rt viene inviata alle Regioni proprio perchè facciano un controllo. La Lombardia però non ha avuto niente da ridire: «Non c’è stata alcuna contestazione in quei giorni – ha spiegato Brusaferro – Nel monitoraggio di venerdì 15 è passato tutto senza problema». La Lombardia ha iniziato a protestare dopo la firma dell’ordinanza del ministro alla Salute che la metteva in zona rossa, non prima, e soprattutto ne ha fatto una questione politica. I tecnici intanto hanno studiato i dati e lunedì scorso sono ripartiti i contatti con l’Istituto.
La mail del 19: tutto da rifare
Il 19 dicembre, martedì, l’assessorato spedisce all’Istituto la seconda mail fondamentale in questa storia. «Con la presente, a seguito delle odierne interlocuzioni, si richiede che venga eseguito un calcolo dell’indice RTSintomi recependo le modifiche definite a livello tecnico relative al conteggio dei pazienti guariti e deceduti». È la prima richiesta della Lombardia, che riconosce come qualcosa sia cambiato nei dati inseriti nel database. Per il periodo tra il 15 e il 30 dicembre (sul quale si è calcolato l’Rt del 15 gennaio) è stato rettificato il numero dei casi sintomatici e asintomatici. Così le persone che hanno avuto i primi sintomi in quei 15 giorni sono passate da 14.180 a 4.918. Un bel salto, che fa scendere l’Rt medio da 1,4 a 0,88.
«Si chiede la rivalutazione»
E il giorno del monitoraggio, cioè il 22, il capo del dipartimento del Welfare Marco Trivelli invia una mail all’Istituto e al ministero alle 12.25, cioè 5 minuti prima della riunione della Cabina di regia. «Gentilissimi, tenuto conto dell’integrazione del flusso dei dati trasmesso mercoledì 20 rispetto a mercoledì 13, effettuata a seguito del confronto tecnico tra Iss e assessorato al Welfare relativa alla riqualificazione del campo stato clinico (…) si chiede la rivalutazione dell’indice Rt nella settimana trentacinquesima. Ora per allora». Le mail dicono che è la Regione a chiedere la modifica dell’Rt e anche che i dati del 22 sono diversi da quelli comunicati il 15, al contrario di quanto sostenuto dal governatore Attilio Fontana.
«Buttare in rissa la questione dell’Rt lombardo certamente contribuisce a non fare emergere la verità . E i cittadini lombardi, questa volta più che mai hanno il diritto di sapere come stanno le cose», ha detto ieri il sindaco di Milano Beppe Sala

(da “La Repubblica”)

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IL CONTE 2 E’ FINITO, ORMAI GLIELO DICONO TUTTI

Gennaio 24th, 2021 Riccardo Fucile

I RESPONSABILI LATITANO… TABACCI, DI MAIO E IL PD LO SPINGONO AL QUIRINALE PER TENTARE UN NUOVO GOVERNO

“Non possiamo correre fischiettando nel precipizio” è il tam tam che attraversa il Pd in queste ore di fronte all’arrocco del premier. Mentre i “responsabili” continuano a latitare, da Palazzo Chigi filtra che le dimissioni non sono all’ordine del giorno e che sulla giustizia si andrà  al voto in aula.
Ma il pericolo di andare a schiantarsi a Palazzo Madama, radicalizzando lo scontro, non lascia indifferente neppure il suo partito. “Il voto su Bonafede è un voto sul governo — ha avvisato Luigi Di Maio -. O si allarga la maggioranza o si va alle elezioni. Se non ci sono i numeri adesso, non ci saranno neppure per il Ter”. Una blindatura ufficiale di Giuseppe Conte — “Stiamo con lui rispetto a Renzi” — e un’evocazione delle urne per stanare potenziali “volenterosi”.
Ma anche una deadline precisa: quarantott’ore per trovare la nuova maggioranza e risolvere la crisi. Altrimenti, meglio salire al Colle per dimettersi evitando la Waterloo collettiva che rischierebbe di trascinare il Paese in una campagna elettorale in piena pandemia.
Si rafforza il pressing sul capo del governo per tagliare le ali alla prospettiva di una sfida frontale dagli esiti molto incerti.
E tracciare la via stretta di un Conte Ter, convincendo innanzitutto il diretto interessato. Tra mercoledì e giovedì il Parlamento si esprimerà  sulla relazione sull’amministrazione della giustizia da parte del Guardasigilli. I “pontieri” giallorossi sono al lavoro per un’intesa che “annacqui” l’intervento evitando di urtare suscettibilità , pattinando tra tempi certi del processo, nodo della prescrizione e un possibile decreto sulla giustizia civile.
“La sfortuna è che si tratta del ministro più impopolare della squadra…” allarga le braccia un senatore Dem. Già : ma anche il simbolo di una stagione dei Cinquestelle e di un’idea di giustizia. Se Conte si immolasse per “salvare il soldato Alfonso” sarebbe poi difficile cambiare cavallo.
I numeri non sono ottimisti: dai 156 della fiducia, al Senato si veleggia intorno ai 148. Si sono sfilati Sandra Lonardo e Riccardo Nencini, che al massimo si asterranno. “Escludo il nesso tra fiducia a Bonafede e fiducia al governo — replica la senatrice a Di Maio —. Non accettiamo i “Dracula” del garantismo”.
Non arriverà  nessun “soccorso centrista”, nè dall’Udc nè dalla pattuglia di Toti (sondati, hanno declinato). No anche da Casini, che da vecchia volpe della politica sottolinea: “Il premier dovrebbe dimettersi, aprire la strada per un reincarico”. Perchè se si va sotto, sfuma anche il Conte Ter. Lo stesso consiglio che gli ha dato Bruno Tabacci, che dopo aver portato in dote 13 deputati alla causa governista è prossimo a gettare la spugna.
Certo, chi tiene i conti nella maggioranza pronostica diverse assenze o uscite strategiche dall’aula nei banchi forzisti e del gruppo Misto.
Defezioni “fisiologiche” perchè non è un voto di fiducia e in questo periodo, tra malanni di stagione e quarantene, alle sedute non c’è mai il pienone. Più le astensioni dell’ultimo momento. Un gioco a incastri che potrebbe però non bastare. E anche se si superasse la soglia psicologica di “quota 150” sarebbe comunque quella compagine “raccogliticcia” che Di Maio (e Romano Prodi) ammoniscono di evitare.
E allora? L’alternativa è quella di cui Conte non vuole sentire parlare. Riaprire i canali con Italia viva. Una exit strategy che comincia a fare breccia anche nei Cinquestelle, come pronostica Emilio Carelli in un’intervista al Corriere: “Bisogna parlare con Renzi per un rimpasto e un accordo di fine legislatura. So di essere in contrasto con le posizioni ufficiali, ma molti parlamentari M5S la pensano come me”.
Nel Pd la tentazione è già  uscita allo scoperto. Dopo Marianna Madia, i sindaci Gori e Nardella, oggi è la volta del capogruppo al Senato Andrea Marcucci di rilanciare il dialogo con i renziani: “Fermiamo la guerra, sediamoci intorno a un tavolo”. Con lui il senatore Dario Stefano: “Basta veti”. Sulla stessa linea Francesco Verducci, vicino a Matteo Orfini. La vicepresidente del Senato Anna Rossomando: “Ora allargare la maggioranza con un programma di fine legislatura”.
Aperturista anche Graziano Delrio, capogruppo a Montecitorio, che parla da cattolico: “La grazia te la devi meritare”. Un invito a Renzi a togliere dalla tempia del governo la pistola del voto contro Bonafede. Un’eco delle parole del ministro Boccia: “Sì al confronto, no ai ricatti”.
L’ex premier dal canto suo continua a predicare “nervi saldi” ai suoi, rimandando all’ultimo la decisione e resistendo alle pressioni per un’astensione che scomputi 18 senatori dal fronte del No. “I nostri segnali di disponibilità  al dialogo sono chiari — fanno sapere dal quartier generale renziano – Qualsiasi soluzione però deve passare da Conte”. Che al momento, giurano, non ha alzato il telefono nè direttamente nè indirettamente per trovare “una soluzione politica alla crisi” con loro. “Noi abbiamo la pistola? Ma il premier ha in mano un idrante. E tocca a lui usarlo”.
Restano quarantott’ore per risalire il piano inclinato. E imboccare la strada, per ora in salita, di un Conte Ter.

(da “Huffingtonpost”)

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DI MAIO: “IL VOTO SU BONAFEDE E’ UN VOTO PER IL GOVERNO”

Gennaio 24th, 2021 Riccardo Fucile

“IL TEMA DELLA PRESCRIZIONE NON SI TOCCA. M5S NON FARA’ IL DONATORE DI SANGUE”

“Non si pensi che il tema sia solo Alfonso Bonafede del Movimento 5 stelle, il voto su Bonafede è un voto sul governo”. Lo ha detto Luigi Di Maio a “Mezz’ora in più”.
E ha aggiunto: “Il M5S non sarà  nè donatore di sangue, nè donatore di organi per questo governo. La prescrizione è una questione sociale, lo voglio dire chiaramente”.
In merito ai numeri della maggioranza e a un suo possibile allargamento che fatica ad arrivare, Di Maio ha spiegato: “Se si trova la maggioranza bene, altrimenti sono il primo a dire che si scivola verso il voto”.
Il ministro degli Esteri ha proseguito: “Se non ci sono i voti adesso non ci sono neanche per il Conte ter. Se il tema è riparlare con Renzi, Conte ha detto chiaramente che se avesse staccato la fiducia al governo non ci sarebbe stata la possibilità  di riparlarci. Noi tra Conte e Renzi scegliamo Conte”.

(da agenzie)

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LA CRONOLOGIA DELL’ERRORE DELLA REGIONE LOMBARDIA SULLA “ZONA ROSSA”, CON BUONA PACE DI FONTANA E MORATTI

Gennaio 24th, 2021 Riccardo Fucile

9.000 CASI RICLASSIFICATI, RT CHE SCHIZZA, LA RETTIFICA, LA SCUSA RIDICOLA DELL’ALGORITMO

La storia della zona rossa che non lo era inizia il 13 gennaio.
Ma a leggere tra le righe della polemica, il destino era già  scritto da tempo: prima o poi l’incidente costato una settimana di serrata generale per 10 milioni di lombardi sarebbe arrivato.
Il 13 gennaio è un mercoledì, nelle ore successive dall’Istituto Superiore di Sanità  inviano i dati del monitoraggio alle Regioni per ottenere il ‘check’ sui dati che determineranno la zona in cui finiranno i territori.
Di fronte all’indice Rt a 1,4, calcolato sulla base dei numeri forniti da loro stessi, i funzionari del Pirellone rispondono con un silenzio-assenso. Nessuna contestazione.
Solo dopo, chiarisce il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, la “Lombardia ha richiesto un ricalcolo dei dati”.
Così due giorni dopo, venerdì 15, il ministro della Salute Roberto Speranza firma l’ordinanza che sposta in in zona rossa per due settimane la regione più popolosa d’Italia, quella che secondo la neo-assessora al Welfare e vice-presidente Letizia Moratti deve avere un “occhio di riguardo” perchè spinge il Pil italiano.
Il database inviato dalla Lombardia il 13 gennaio
La decisione viene presa sulla base dei numeri che da Palazzo Lombardia sono stati inviati a Roma: nel database caricato figurano 501.902 casi, di cui 419.362 hanno una data di inizio sintomi. Tra questi, scrive l’Istituto superiore di sanità , 185.292 hanno anche “segnalato uno stato sintomatico (qualunque gravità )” o questa informazione è “assente”. Negli altri 234.070 casi è stato dichiarato uno stato “asintomatico” o c’è una notifica di “guarigione-decesso senza indicazione di stato sintomatico” precedente.
I primi (185.292) rispondono ai criteri per essere inclusi nel calcolo dell’Rt, i secondi (234.070) no.
Tra i 185.292, al 13 gennaio, ci sono 14.180 casi con data inizio sintomi nel periodo 15-30 dicembre, quindi gli unici da considerare per il calcolo dell’Rt nel periodo di riferimento del monitoraggio. È sulla base di questi casi che l’indice risulta di 1,4 e la Lombardia finisce in zona rossa.
La reazione di Fontana e Moratti, dalla ‘punizione’ al Tar
La Regione si agita. Attilio Fontana dice subito che si tratta di una “punizione che non meritiamo” e che “c’è qualcosa che non funziona nei conti”.
Appena quattro giorni prima, l’11 gennaio, il governatore aveva detto: “Ci stiamo sicuramente avvicinando alla zona rossa, peggiorano tutti i parametri”.
Viene chiesta una sospensione della zona rossa per riesaminare i dati e annunciato un ricorso al Tar del Lazio, poi presentato il 19 gennaio. “Mi auguro davvero — dice Fontana — che presto possa riunirsi di nuovo il tavolo di confronto con le regioni per rivedere, con il ministro Speranza, i parametri di riferimento”.
Parametri che la Lombardia, come tutte le altre Regioni, ha avallato negli scorsi mesi. Quella del Pirellone è un’escalation di attacchi: “La Lombardia non merita la zona rossa. Indubbiamente il rischio per la regione è di fermarsi, di fermare il lavoro, le attività  e la vita sociale. Per questo con il presidente Fontana abbiamo ritenuto di voler presentare un ricorso, per uscire dalla zona rossa”, dice Moratti nelle ore in cui vengono chiamati in causa i giudici amministrativi.
Il nuovo invio di dati: così crolla l’indice Rt
Il 20 gennaio la Regione Lombardia invia l’aggiornamento del suo database. Un’operazione di routine, che avviene tutte le settimane. Però, mette nero su bianco l’Iss, nel nuovo set di dati “si constata anche una rettifica dei dati relativi anche alla settimana 4-10 gennaio 2021″.
Tra i casi presenti sia nel database inviato il 13 gennaio che nell’aggiornamento sono cambiate alcune cose. Innanzitutto: “Il numero di casi in cui è indicata una data inizio sintomi è diminuita (da 419.362 a 414.487)”. Quindi: “Il numero di casi con una data inizio sintomi e in cui sia segnalato uno stato sintomatico (qualunque gravità ) o sia assente questa informazione (inclusi dal calcolo Rt) è diminuito (da 185.292 a 167.638)”.
Ancora: “Il numero di casi con una data inizio sintomi e in cui sia dichiarato uno stato asintomatico o vi sia notifica di guarigione-decesso senza indicazione di stato sintomatico precedente (esclusi dal calcolo Rt) è aumentato (da 234.070 a 246.849)”.
Non si tratta di scostamenti di poco conto, perchè scrivono dall’Istituto superiore di sanità  “questi cambiamenti riducono in modo significativo il numero di casi che hanno i criteri per essere confermati come sintomatici e pertanto inclusi nel calcolo dell’Rt basato sulla data inizio sintomi dei soli casi sintomatici”.
I 14.180 casi sintomatici con data inizio sintomi nel periodo 15-30 dicembre 2020 che erano presenti nel database inviato 13 gennaio — e quindi una settimana prima determinanti per definire un Rt di 1,4 — sono diventati 4.918 nell’aggiornamento del 20 gennaio. Con 9.262 casi in meno da conteggiare, l’indice ‘crolla’ a 0,88.
Lo spettro evocato dal Pirellone: “L’algoritmo non funziona”
Si arriva così a venerdì, il giorno spartiacque. Il Tar fa slittare a lunedì 25 la pronuncia sulla sospensiva chiesta dalla Lombardia. Nel frattempo però la cabina di regia, riunita per riassegnare i colori alle Regioni, prende in esame anche il caso Lombardia.
In teoria la regione dovrebbe rimanere nella stessa fascia per un’altra settimana, visto che il periodo di assegnazione dura 14 giorni. Ma alla luce del ricalcolo, il nodo deve essere sciolto. E arriva la decisione: l’indice Rt giusto è 0,88 e quindi torna in arancione.
A riunione in corso, Fontana già  attacca: “La Lombardia deve essere collocata in zona arancione — scrive su Twitter — Lo evidenziano i dati all’esame della Cabina di regia, ancora riunita. Abbiamo sempre fornito informazioni corrette. A Roma devono smetterla di calunniare la Lombardia per coprire le proprie mancanze”.
L’accusa è gravissima, ma è solo l’inizio. Tra venerdì sera e sabato, i vertici del Pirellone alzano i toni. Moratti: “Nessuna rettifica, a seguito di un approfondimento relativo all’algoritmo dell’Iss, abbiamo inviato la rivalorizzazione dei dati”. Ancora Fontana: “Malfunzionamento dell’algoritmo”. Sempre Fontana: “Problema con algoritmo che calcola Rt anche per altre regioni? Probabile ma non mi interessa”.
La Lombardia avanza quindi l’ipotesi che l’intero sistema sul quale si basano le restrizioni sia ‘falsato’. Il direttore generale dell’assessorato al Welfare, Marco Trivelli, afferma: “Il meccanismo di calcolo complessivo delle Rt non è noto, non è trasparente”.
In realtà  l’Iss ha pubblicato il metodo di calcolo già  da tempo e fornito il software alle Regioni lo scorso 8 giugno.
Sostiene che l’inserimento di un valore nel campo ‘stato clinico’ (quello che ha contribuito a ridurre di 9.262 i casi da considerare ai fini del calcolo dell’indice Rt, ndr) sia “facoltativo” e che l’Iss abbia chiesto di “inserire un valore convenzionale di stato sintomatico”. E ancora: “Abbiamo trasmetto dati identici a quelli della settimana precedente con la sola integrazione di questo valore convenzionale indicato dall’Iss e abbiamo manifestato la nostra perplessità  tecnica”.
La replica dell’Istituto: “Tutti sanno come si calcola l’Rt”
Speranza tiene il punto ribadendo che la Regione Lombardia ha “trasmesso dati errati” propedeutici al calcolo del Rt e li ha “successivamente rettificati”.
Il riferimento è a quei 9.262 casi che per come erano stati classificati il 13 gennaio dai funzionari del Pirellone dovevano rientrare nel calcolo facendo schizzare l’indice Rt, mentre con la “rettifica” di una settimana erano da escludere dal conteggio.
Ma il livello della polemica si è ormai alzato. Adombrare un “malfunzionamento” dell’algoritmo, una mancanza di trasparenza, spinge l’Istituto superiore di sanità  a prendere posizione: “L’algoritmo è corretto, da aprile non è mai cambiato ed è uguale per tutte le Regioni che lo hanno utilizzato finora senza alcun problema — scrive l’Iss — Questo algoritmo e le modalità  di calcolo dell’Rt sono state spiegate in dettaglio a tutti i referenti regionali perchè lo potessero calcolare e potessero verificare da soli le stime che noi produciamo, ed è perciò accessibile a tutti”.
Tradotto: la Regione è a conoscenza del meccanismo di calcolo, nessuna ombra. Quindi si torna al 13 gennaio, quando l’indice era risultato 1,44 sulla base dei dati forniti dalla Lombardia. Si tratta di un dato che, prima della firma delle ordinanze, viene inviato alle Regioni, chiarisce l’Istituto: “Lo ricevono con richiesta di verifica e validazione con un criterio esplicito di silenzio assenso”. E sottolinea: “La Regione Lombardia non ha finora mai contestato questa stima”.
E l’attacco: “Anomalie nei dati lombardi, segnalate più volte”
Quindi si entra nello specifico: “La Lombardia ha segnalato dall’inizio dell’epidemia nell’ultimo periodo una grande quantità  di casi, significativamente maggiore di quella osservata in altre regioni, con una data di inizio sintomi a cui non ha associato uno stato clinico e che pertanto si è continuato a considerare inizialmente sintomatici”.
Una “anomalia”, attacca l’Iss, “segnalata più volte” alla Regione. Quindi conclude: “Solo a seguito della rettifica del dato relativo alla data inizio sintomi e dello stato clinico dei casi già  segnalati, avvenuta con il caricamento dati del 20 gennaio, con una corretta identificazione dei casi asintomatici da parte della Regione Lombardia, su loro richiesta, sono state ricalcolate le stime di Rt realizzate la settimana precedente”.
In un’intervista a Repubblica, il presidente dell’Istituto, Silvio Brusaferro, è costretto a ribadire: “Sono stati loro a contattarci per chiedere di fare approfondimenti su alcuni indicatori. Gli abbiamo dato alcune informazioni assieme alla Fondazione Kessler”. Venerdì mattina, insiste Brusaferro, “hanno scritto una mail al ministero e all’Istituto per chiedere di ricalcolare l’Rt della settimana precedente. Ripeto: il ricalcolo ce lo ha chiesto la Regione Lombardia”.
Le polemiche “non sono accettabili e non mi sono proprie — conclude il numero uno dell’Iss — L’Istituto è l’organo tecnico scientifico a servizio del servizio sanitario e dell’intero Paese”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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POSITIVO AL COVID INCONTRA CLIENTI E FA LA SPESA: ARRESTATO E MESSO AI DOMICILIARI

Gennaio 24th, 2021 Riccardo Fucile

PROTAGONISTA DELLA VICENDA UN ASSICURATORE DI CATANIA CHE HA IGNORATO COMPLETAMENTE L’ORDINE DI QUARANTENA

Era risultato positivo al coronavirus anche se asintomatico e per questo per lui l’Asl di competenza aveva disposto l’obbligo di quarantena domiciliare come prevedono le norme covid ma al contrario l’uomo è uscito di casa come se nulla fosse, è andato a fare la spesa nei supermercati della zona e ha persino incontrato alcuni suoi clienti in ufficio senza informarli in alcun modo di essere contagioso.
Per questo un assicuratore siciliano è stato fermato e arrestato dai carabinieri a Catania con l’accusa di aver messo a repentaglio l’incolumità  pubblica.
Pm: “Ha messo a repentaglio l’incolumità  pubblica”
Protagonista della vicenda un sessantaduenne assicuratore della città  etnea che infine è stato segnalato e arrestato.
Per lui il gip del Tribunale di Catania, su richiesta dalla locale Procura della repubblica, ha firmato una ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari eseguita dai militari dell’arma. Gli viene contestato il reato di violazione delle norme emanate per il contenimento della pandemia.
Secondo le indagini svolte dagli stessi militari e dalla polizia locale, l’uomo era risultato positivo da alcuni giorni ma avrebbe continuato a fare la vita di sempre ignorando completamente l’ordine di quarantena.
Così facendo, secondo i pm catanesi avrebbe “messo a repentaglio l’incolumità  pubblica, sottoponendo i soggetti terzi con i quali è venuto a contatto e non, a rischio di contrarre il virus”. Non a caso i carabinieri gli hanno notificato l’ordine di arresto nella sua stessa sede di lavoro dove aveva appena ricevuto un altro cliente ignaro di tutto.

(da Fanpage)

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PFIZER: “DALLA PROSSIMA SETTIMANA LA FORNITURA DI VACCINI TORNERA’ A REGIME”

Gennaio 24th, 2021 Riccardo Fucile

“C’E’ UN FRAINTENDIMENTO: RIDOTTO NUMERO FIALE, NON DOSI”

“Dalla prossima settimana la fornitura del vaccino da parte di Pfizer tornerà  a regime”. Lo ha ribadito Pfizer contattata da Sky TG24.
La società  farmaceutica statunitense ha anche specificato che “dall′8 al 18 Gennaio sono state inviate le fiale previste dal piano di ordinazione, poi c’è stata la riduzione a causa del riadattamento del sito produttivo belga di Puurs.
Con la decisione del Governo di somministrare 6 dosi anzichè 5, Pfizer ha ridotto il numero di fiale, ma non di dosi previste, che resta lo stesso.
“Quello che sta accadendo è frutto di un fraintendimento nel conteggio delle dosi che non è il conteggio delle fiale”.

(da agenzie)

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FAUCI: “LIBERATORIO POTER TORNARE A PARLARE DI SCIENZA, LA MANCANZA DI SINCERITA’ E’ COSTATA VITE UMANE”

Gennaio 24th, 2021 Riccardo Fucile

OLTRE 400.000 MORTI NEGLI USA A CAUSA DI UN PRESIDENTE CHE HA AGEVOLATO LA DIFFUSIONE DEL COVID

Anthony Fauci ha parlato per la prima volta di Donald Trump nella sala stampa della Casa Bianca il giorno dopo l’insediamento di Joe Biden.
In occasione della presentazione del piano nazionale sulla lotta al Covid lanciato dalla nuova amministrazione, l’immunologo ha commentato dell’impatto che la comunicazione dell’ex presidente ha avuto sulla pandemia.
“La mancanza di sincerità  e di fatti sul fronte della pandemia è costata molto probabilmente vite umane. Non è un segreto”, ha affermato l’immunologo entrato a far parte della task force anti-Covid della Casa Bianca di Trump a marzo 2020.
“Ci sono state molte divisioni, c’erano dati di fatto molto, molto chiari che sono stati messi in discussione. Così la gente non si è fidata di quello che le autorità  sanitarie andavano dicendo”, ha dichiarato Fauci. “Quando hai una situazione di crisi per numero di casi di contagio, di ospedalizzazioni, decessi e invece cominci a parlare di cose senza senso dal punto di vista medico e scientifico, questo chiaramente non aiuta”, ha proseguito Fauci.
“L’idea che tu possa salire su questo podio e parlare di ciò che conosci e di quali siano le prove e cosa sia la scienza, lasciare che a parlare sia la scienza, è un sentimento liberatorio“, ha aggiunto.
Anthony Fauci è il direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) e ha iniziato a partecipare alle conferenze stampa della Casa Bianca insieme all’ex presidente quando la pandemia ha iniziato a causare le prime vittime negli Stati Uniti a marzo del 2020. Ma era stato poi progressivamente allontanato proprio per le divergenze con il presidente sui temi legati all’emergenza sanitaria.

(da agenzie)

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TABACCI: “MANCANO I VOTI. ORA IL PREMIER SI DIMETTA: NUOVO ESECUTIVO O SI VOTA”

Gennaio 24th, 2021 Riccardo Fucile

“E’ L’UNICO MODO PER ARRIVARE A UN TER, L’ALTERNATIVA SONO LE URNE”

“Ho fatto quello che potevo ma i numeri restano incerti e a questo Paese non serve una maggioranza raccogliticcia. A Conte ho suggerito un gesto di chiarezza: dimettersi per formare un nuovo governo. E se non ci riesce, si va al voto. Per vincere”. Così Bruno Tabacci su la Repubblica, dove spiega che questo è “l’unico ragionamento serio che si può fare in questo momento”.
“I numeri al momento non si sono materializzati”, osserva; e il voto sulla relazione sulla giustizia “lo ritengo un passaggio più pericoloso di quello appena vissuto: perchè alla questione politica generale se ne unisce una di merito, su un tema divisivo”.
“Renzi ha fatto un errore politico come quello che fece Salvini l’anno scorso – dice – in più in Senato si è lasciato andare a una polemica personale e velenosa. Non credo ci siano più le condizioni per un dialogo”.
“Conte resta l’elemento imprescindibile di stabilità  per la coalizione. Ma se la maggioranza non c’è deve prenderne atto prima di mercoledì – rileva – deve dimettersi e cercare di costruire un altro governo, con personalità  autorevoli. Con un passaggio formale, di chiarezza: chiamiamo tutti alle proprie responsabilità . E se non ci sono le condizioni si va alle urne. E con Conte al centro, alla guida di una sua lista e al vertice della coalizione, la partita è pienamente aperta. Le elezioni non sono la soluzione che auspico, ma mi sembra che verso il voto stiamo rotolando. Di certo, non c’è un solo minuto da perdere. E una cosa mi sembra chiara: il presidente Mattarella non può mettere a disposizione la veranda per un nuovo giro di valzer”.

(da agenzie)

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CRISI DI GOVERNO: QUELLI CHE… RIPARLIAMO CON RENZI

Gennaio 24th, 2021 Riccardo Fucile

CONTE SI E’ IMPANTANATO CON I RESPONSABILI… NEL PD E NEL M5S LE PRIME VOCI PER UNA RIAPERTURA

Con la ricerca dei “responsabili” che non sta dando i frutti sperati, sia dal Partito democratico sia dal Movimento 5 stelle cominciano ad arrivare segnali di apertura nei confronti di Matteo Renzi e di Italia Viva.
Insomma, si riparte da chi la crisi di governo l’ha aperta. Soprattutto in vista del voto di mercoledì sul ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che si annuncia assai complicato per Giuseppe Conte e il suo esecutivo. Con i numeri che potrebbero di nuovo ballare.
Se però nel Pd più di un esponente non si sente di legare le sorti della maggioranza alla figura del premier attuale, tra i pentastellati l’“avvocato del popolo” resta il perno per potere andare avanti.
Partito democratico.
Tra i primi a dire no agli ultimatum c’è la deputata dem Marianna Madia che spiega: “Non è verosimile proseguire a lungo con l’attuale situazione parlamentare: un gruppo eterogeneo di deputati non fa una forza politica, a prescindere dai numeri e dalle alchimie ipotizzabili. Si riparta da dove ci siamo fermati, con responsabilità , per verificare se esistono le condizioni per un rilancio. Piano vaccinale che dia certezze e garanzie, gestione della pandemia, ristori per chi ne ha diritto, la definizione del Recovery”.
Ci sono poi i sindaci come Giorgio Gori, Dario Nardella ed Emilio Del Bono che parlano di maggioranza Ursula e non chiudono la porta ai renziani.
“Non penso che l’allargamento della maggioranza possa passare per una campagna acquisti – afferma il sindaco di Bergamo Gori -. Serve un nuovo governo. Un Conte-ter che possa contare su una maggioranza ampia, europeista, simile a quella che regge la commissione Ue di Ursula von der Leyen”.
Un governo, spiega, che “abbia l’appoggio delle forze che hanno dato vita al Conte bis più quelle liberali e popolari presenti in Parlamento, da +Europa ad Azione a Forza Italia. Senza escludere Italia viva”.
Chiedono di parlare con tutti anche i senatori Gianni Pittella, Dario Stefano, Tommaso Nannicini e Francesco Verducci: “Bisogna ribadire con forza anche in queste ore difficili – affermano – che il Pd è il partito del rilancio della legislatura. Siamo nel pieno di una drammatica crisi sanitaria e sociale. L’Italia ha bisogno di risposte urgenti. Nessun ammiccamento diretto o indiretto alle elezioni anticipate, come arma finale, può essere una mossa politica utile e nell’interesse del Paese in questo momento. Il Pd rilanci le ragioni di un governo che sia all’altezza delle risposte che si aspettano le italiane e gli italiani, parlando con tutti per trovare la quadra di un programma di legislatura”.
Ci sono poi il ministro per Affari regionali, Francesco Boccia e il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio che non chiudono a Renzi ma gli chiedono un passo indietro. “Noi ci siamo sempre stati, Renzi lo sa – dice Boccia a Sky Tg24 -. Possiamo confrontarci in qualsiasi momento, il problema è non farlo con un ricatto, questo non è accettabile”. Boccia prosegue: “Siamo in Parlamento, che è una casa di vetro e dove si può sempre trovare una soluzione” sottolineando che però serve da parte di Iv “un passo indietro”.
Delrio, intervistato dal quotidiano cattolico “Avvenire”, spiega: “Non è l’ora di vendette e di rancori, di personalismi. Non si può essere leader politici senza riuscire a guardare il paese che soffre”. E su Italia viva commenta: “La frattura è stata procurata da loro. La ferita ancora sanguina, da medico so che c’è ancora bisogno di tempo per rimarginarla. Io, per natura e per la mia storia culturale, non sono mai per veti definitivi”. E aggiunge:   “I cristiani sanno che non si può pensare che la grazia sia a buon mercato: la grazia viene anche conquistata con la sequela.
Movimento 5 stelle.
In un’intervista al “Corriere della sera”, il deputato Emilio Carelli, premettendo che sarà  “Mattarella a decidere, ma noi ci siamo stretti intorno a Conte e riteniamo fondamentale che resti premier”, si dice disponibile a riaprire il dialogo con i renziani.
“Ritengo logico e saggio sedersi intorno a un tavolo con Italia Viva – spiega -, per cercare un accordo di fine legislatura che porti anche a un rimpasto di governo, che migliori la squadra e inserisca competenze nuove. Molti parlamentari 5 Stelle la pensano come me”.
Dello stesso avviso è anche il deputato Giorgio Trizzino che afferma all’Adnkronos: “Parlare di ricucitura probabilmente è inappropriato ma si può fare qualcosa di diverso: cioè ricreare le condizioni ideali per una riflessione collettiva sui reciproci errori commessi in questi ultimi mesi. E, ove esistano le condizioni, potrebbe essere anche valutabile una riapertura di dialogo con i renziani”. Con i parlamentari di Italia viva, osserva il pentastellato, “abbiamo sempre lavorato proficuamente nel corso di questa esperienza di governo. Abbiamo constatato che non esistono sostanziali aspetti divisivi che ci impediscono di lavorare insieme”.
ll deputato palermitano auspica quindi “una presa di consapevolezza profonda da parte di tutti i parlamentari di Italia viva affinchè, al di là  dei ravvedimenti, che sono evidenti, ci sia una manifesta volontà  di ricostruire un rapporto che è stato fattivo negli ambiti del confronto parlamentare, nelle commissioni e che quindi potrebbe certamente continuare”. L’alternativa secondo Trizzino, dal momento che l’operazione ‘responsabili’ stenta a decollare, è il voto: “Le urne sarebbero l’inevitabile sbocco di questa crisi”.

(da “Huffingtonpost”)

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