Gennaio 18th, 2021 Riccardo Fucile
CONTINUANO I CONTATTI, MOLTI RESTANO COPERTI… SI RINCORRONO LE VOCI DEL RIMPASTO
Giuseppe Conte ha appena scaricato Matteo Renzi, pur senza mai citarlo, tratteggiando una “pagina nuova” che non prevede Italia viva, sostituita da un drappello di responsabili.
Il premier esce dall’aula della Camera e si avvia verso la sala del governo. Si gira verso il suo segretario particolare, Andrea Benvenuti: “A quanto siamo?”. La risposta non gli piace: “A 155, forse 156”.
Ma la soglia magica di 161 è lì, a portata di mano, una manciata di voti. Il premier è stanco, racconta chi gli sta vicino, dopo settimane intense passate prima a cercare di evitare la crisi, poi a cercare di rattopparla. Quando replica alla discussione di Montecitorio è quasi afono, si inceppa, è visibilmente provato. Ma non ha intenzione di arretrare di un millimetro.
Se incasserà una maggioranza relativa, è il calcolo, avrà del tempo per trattare, e trattare ancora, cercando di blindarsi la strada verso un terzo governo.
Complice il solo voto decisivo sullo scostamento di bilancio, previsto in settimana sia alla Camera sia al Senato, sul quale, confida il premier, Italia viva non potrà tentare lo sgambetto: “A quel punto dovranno spiegare a chi ha subito perdite dalle chiusure il perchè non arrivano 24 miliardi di ristori”.
Anche i più ottimisti come Saverio De Bonis dicono che forse si potrebbe arrivare a quota 158, non di più. E dunque è partito il carosello di trattative, abboccamenti, offerte, una trattativa “alla luce del sole”, come professato da Dario Franceschini, ma che sfrutta ampiamente i coni d’ombra che creano le grandi vetrate del Senato.
Si diceva di De Bonis, senatore che fu del Movimento 5 stelle, uscito per trascuratezza e incomprensioni, ritrovatosi a fare il deus ex machina del Maie-Italia 23, il gruppuscolo che ha momentaneamente trovato collocazione nel gruppo Misto e ha l’ambizione di essere il seme per il futuro partito di Conte.
Di lui si parla come ministro dell’Agricoltura, “un interim che non voglio tenere a lungo”, ha detto Conte mettendolo sul banco delle offerte, in una strana corsa a due con Riccardo Nencini, erede di quella tradizione “socialista” alla quale il premier ha aperto, mettendola in un calderone con “europeisti, popolari e liberali”.
“Sono le solite fake news sul totonomine”, si schernisce l’interessato, che però ci fa un pensierino. Dunque lei lo esclude? “Io sono al servizio dello Stato”.
Bisognerà dare due o tre ministeri alle nuove formazioni, se decidono di appoggiarci, si ragiona a Palazzo Chigi. Nella maggioranza sono già partiti conti da Cencelli: uno alla Camera, due al Senato, che sono più determinanti.
I riflettori sono puntati a Montecitorio su Bruno Tabacci, orchestratore di una pattuglia che ha raccolto parecchi ex grillini consentendo alla maggioranza di muoversi con più tranquillità .
Federico D’Incà batte senza sosta la galassia di ex, cercando di riportare più fuoriusciti possibili all’interno di una maggioranza che al momento non è più tale. Ma è al mondo cattolico che si guarda, nonostante il niet arrivato dall’ufficio politico dell’Udc. “Paola Binetti potrebbe votare con noi”, dice un uomo che sta tenendo i conti a Palazzo Madama. Poi tra il faceto e il serio aggiunge: “Che possa fare il ministro della Famiglia è fuori discussione. Magari un sottosegretariato in un altro ministero però…”. Maggioranza e governo stanno tentando di muovere tutte le leve azionabili. La Comunità di Sant’Egidio ha dovuto addirittura diramare un comunicato ufficiale per smentire di essere tra i navigator dei “costruttori”, “ma io un paio di esponenti loro in questi giorni li ho sentiti”, conferma un senatore che oscilla nelle caselle degli indecisi. È indubbio che in quella galassia il più attivo di tutti sia Vincenzo Spadafora, ministro dello Sport che Oltretevere annovera un bagaglio importante di relazioni e contatti.
Se De Bonis e Nencini sono blanditi con boatos di ministeri messi in giro un po’ ad arte e un po’ no, tra i ministrabili al Senato rimane pur sempre un esponente proveniente dal mondo del centrodestra non sovranista.
“Ci sarà una sorpresa”, ammicca De Bonis, e forse allude alle voci che vedrebbero un paio di senatori di Forza Italia pronti al coup de theatre.
A Palazzo Madama vengono marcati stretti i senatori Minuto, Stabile e Masini, considerati più a rischio, ma il pressing continua serrato anche sul gruppo di Italia viva: “Se se ne smarcassero due o tre – ragiona un ministro – non sarebbe solo importante per i numeri, ma anche come segnale politico”.
“Le telefonate sono incessanti, sono davvero esausta”, si sfoga Donatella Vono, renziana data in bilico ma che continua a smentire, con un pressing che coinvolge anche i colleghi Parente, Carboni, Grimani e Comincini.
Se Conte aprirà la squadra di governo ai nuovi arrivi, si aprirà una partita più ampia. Movimento 5 stelle e Pd continuano a spingere per una Conte-ter: incassata la maggioranza e condotte in porto le trattative di allargamento, la formula prevederebbe una salita al Colle con la lista di nuovi ministri in tasca, una crisi lampo di massimo 48/72 ore, un reincarico e un nuovo voto di fiducia.
Ipotesi che Conte continua a voler scongiurare, ma sulla quale convergono gran parte dei dirigenti dei partiti di maggioranza, un iter che viene richiesto anche da parte dei responsabili (leggere alla voce Tabacci).
Il totoministri si spreca. I nomi che circolano con più insistenza sono quelli dei due capigruppo Dem, Graziano Delrio e Andrea Marcucci, che assumerebbero rispettivamente Infrastrutture e Lavoro, con Andrea Orlando di cui si parla quale sottosegretario alla presidenza del Consiglio (ipotesi che vede Conte scettico) o al Viminale al posto di Luciana Lamorgese, che potrebbe traslocare ai Servizi segreti, per i quali si fa il nome anche di Gennaro Vecchione, oggi a capo del Dis.
I 5 stelle vedrebbero l’ingresso in squadra di Giancarlo Cancelleri o Francesco D’Uva al ministero per il Sud, di Stefano Buffagni ai Trasporti scorporati dalle Infrastrutture e di Carla Ruocco, che potrebbe sostituire Paola Pisano all’Innovazione.
Una girandola di ipotesi che rimangono appese al filo della totale incertezza: “Bisogna avere la capacità di alzare il telefono e mettersi intorno a un tavolo”, ha ripetuto ancora oggi Ettore Rosato. Quella porta non è del tutto chiusa, ma per passarci serve tornare al punto di inizio. Cosa che Conte non ha alcuna intenzione di fare.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 18th, 2021 Riccardo Fucile
ORMAI SI FANNO DUE RIUNIONI AL GIORNO PER CERCARE DI CONTROLLARE I SENATORI, HANNO PAURA CHE QUALCUNO SCAPPI… ANCHE PER LA VOTAZIONE AL SENATO SI TEMONO DEFEZIONI
La paura corre sul filo dei numeri.
Due vertici quotidiani con l’obiettivo primario di mostrare ranghi compatti e un sassolino che fa saltare l’ingranaggio.
A sera fatta, alla seconda chiama, Renata Polverini vota la fiducia a Giuseppe Conte. “Irresponsaabile votare con pandemia e crisi — dice l’ex governatrice del Lazio in quota PdL, oggi deputata azzurra — Mortificata l’area moderata e liberale. Lascio Forza Italia”. Un annuncio a freddo, sebbene il suo malessere fosse noto da tempo – non aveva partecipato al voto sulla riforma del Mes, in dissenso dalla linea — che scuote il gruppo e fa infuriare i vertici, tenuti all’oscuro.
Effetti immediati al Senato, dove domani mattina Conte si presenterà alle 9,30. E dove si fa sul serio, perchè i giallorossi rischiano.
La capogruppo Anna Maria Bernini riunisce in fretta il gruppo, “catechizza” i suoi per l’ennesima volta, ribadisce che la posizione di Silvio Berlusconi è chiara, mette l’accento sul fatto che i sondaggi li premiano
Ammonisce a evitare mosse azzardate perchè non è il momento per fughe in avanti. Nessuna obiezione, ma le dita restano incrociate.
Lo spauracchio dei “responsabili” o “costruttori” o “volonterosi” è tornato con forza. C’è anche un piccolo giallo intorno a Maurizio Lupi: fa una convinta dichiarazione di voto per il No, poi risulta assente anche alla seconda chiama. Si giustifica con “motivi logistici”: era andato a mangiare un panino, in attesa del vertice del centrodestra.
Ma sospetti e diffidenze, in questa situazione, sono radicati: “E’ una vecchia volpe, difficile credere a un errore. Ha voluto mandare un segnale…”.
L’azzurro Andrea Causin smentisce i rumors che lo danno per sensibile alle sirene di Conte. Idem fanno i senatori campani Domenico De Siano e Luigi Cesaro. Ognuno scruta il vicino di scranno.
Il timore di sorprese dell’ultimo istante agita la ”notte prima degli esami”. Alla Camera la capogruppo Mariastella Gelmini si è lamentata: “Renata non aveva detto nulla nè a me nè al presidente”. Neppure durante la riunione mattutina.
In realtà , la Polverini era stata negli ultimi giorni evasiva e silenziosa: segno che la distanza dal partito cresceva. Adesso potrebbe entrare nel Centro Democratico di Bruno Tabacci, o diventare la referente di un movimento “contiano” alla Camera. Si vedrà da mercoledì, quando comincerà — in un modo o nell’altro – il secondo tempo di questa partita.
Salvini mastica amaro: “Abbiamo i senatori Ikea, chi cambia idea ogni quarto d’ora non è responsabile, è complice”. Il centrodestra chiude la serata con un breve vertice. Si aspettavano a Montecitorio 314 voti per Conte, ne sono arrivati sette in più.
Le previsioni dell’opposizione per domani vedono 157 Sì.
A meno che la notte porti consiglio a qualcuno.
(da “Huffingtonpost)
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Gennaio 18th, 2021 Riccardo Fucile
LEGA 22,3%, PD 20,1%, FDI 16,5%, M5S 15,8%, FORZA ITALIA 6,4% (+0,5%), AZIONE 4,3% (+0,2%), LEU 4% (+0,2%), ITALIA VIVA 2,7% (-0,2%), +EUROPA 2,2%, VERDI 2%
La crisi di governo ‘chiama’ stabilità nell’elettorato.
Secondo l’ultima rilevazione di Swg per La7 nella settimana che ha aperto l’impasse dell’esecutivo sale il gradimento delle forze che non si sono sfilate dalla maggioranza e di Forza Italia, il partito moderato del centrodestra.
Stando al sondaggio, nella settimana tra l’11 e il 18 gennaio, il Movimento 5 Stelle ha guadagnato 1,1 punti percentuali assestandosi al 15,8.
L’avanzata non è isolata tra le forze che sostengono il governo Conte 2, in bilico per l’uscita di Italia Viva. Anche il Partito Democratico infatti guadagna lo 0,7 e torna al 20,1% avvicinandosi alla Lega.
I dem hanno rosicchiato 1,5 punti al partito di Matteo Salvini, in calo dello 0,9% e ora al 22,3 secondo Swg.
Il calo leghista non è isolato tra i sovranisti. Anche Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni arretra pesantemente, passando dal 17,2 al al 16,5 per cento.
Nel centrodestra l’unica forza che guadagna nell’ultima settimana è Forza Italia, in ascesa di mezzo punto percentuale: dal 5,9 al 6,4%.
Nell’area di centro cresce anche Azione, che guadagna lo 0,2% e sale al 4,3 quasi doppiando Italia Viva.
Lo strappo di Renzi penalizza Iv, in calo dal 2,9 al 2,7.
Stesso scostamento, ma positivo, per Sinistra Italiana-Mdp Articolo 1, data al 4%. Stabile +Europa al 2,2 (+0,1), mentre arretrano i Verdi, passati dal 2,4 al 2 per cento.
(da agenzie)
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Gennaio 18th, 2021 Riccardo Fucile
VACCINARE I RICCHI, AI POVERI DEL SUD SI BUTTA QUALCHE VACCINO SE AVANZA, COME AI CANI RANDAGI… ELETTORI SOVRANISTI DEL SUD, CONTINUATE A FARVI PRENDERE PER IL CULO
La neo-assessora al Welfare della Regione Lombardia, Letizia Moratti, ha chiesto a Domenico Arcuri di distribuire i vaccini anti-Covid in base al contributo che le regioni danno al Pil nazionale.
In altre parole: più vaccini ai lombardi perchè più ricchi. In una lettera inviata al commissario per l’emergenza Coronavirus, l’ex sindaca di Milano — che pochi giorni fa ha preso il posto di Giulio Gallera ed è stata designata anche come vice presidente della giunta — ha elencato dei nuovi parametri chiedendo che vengano integrati tra quelli già esistenti. E tra mobilità , densità abitativa e zone più colpite dal virus, ecco che è spuntato anche il contributo fornito al prodotto interno lordo.
Insomma, le aree più produttive del Paese dovrebbe avere una via privilegiata. Una mossa condivisa da Attilio Fontana: “La vicepresidente Moratti sulla distribuzione dei vaccini ha chiesto una serie di integrazioni che mi sembrano estremamente coerenti e logiche e ascolteremo cosa ne pensa Arcuri”, ha spiegato il presidente della Regione in conferenza stampa.
I parametri richiesti da Moratti sono filtrati al termine di un incontro tra i capigruppo del consiglio regionale della Lombardia e la neo-assessora. “Questo merita una discussione immediata in Consiglio: i criteri elencati al momento ci sembrano discutibili se non discriminatori”, ha subito commentato Massimo De Rosa, capogruppo M5S al Pirellone.
Per il Pd si tratta di una “indicibile proposta”, come la definisce il capogruppo in commissione Bilancio a Montecitorio, Ubaldo Pagano: “In questo concetto si sostanzia tutta la politica della Lega, che non ha mai smesso di essere Lega-Nord, e di certa destra connivente: prima il Nord, prima il PIL, anche a scapito della salute, dell’uguaglianza, dell’unità nazionale”, scrive il deputato.
“Mai così palesemente era stato trasmesso il messaggio politico che è la vera cifra di questa destra. La proposta della Moratti lascia sgomenti — aggiunge Pagano — È questa la classe politica che si propone di governare il nostro Paese? Sono loro a dover ricucire i divari tra territori di Serie A e territori di Serie B? Sono loro i patrioti, i protettori della nazione? Forse sì, ma a una sola condizione: che la Nazione si fermi al confine col Po”.
(da agenzie)
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Gennaio 18th, 2021 Riccardo Fucile
POI INCITA: “NON PAGATE LE MULTE”… OTTIMO ESEMPIO DI ILLEGALITA’ SOVRANISTA
Continua ad andare a cena fuori, violando le norme del Dpcm, e invita a non pagare le multe. E alla fine una l’ha presa anche lui.
Il deputato della Lega Gianluca Vinci è stato beccato in un ristorante che ha aderito alla campagna #IoApro che, in barba alle chiusure anti-Covid disposte dal governo, ha deciso di far accomodare i clienti ai tavoli.
Il leghista è stato multato sabato sera mentre mangiava comodamente seduto al ristobar Le Favole di Reggio Emilia insieme alla sua fidanzata Giorgia Manghi, esponente locale di Fratelli d’Italia. Insieme a loro sono stati multati altri 11 tra gestori e clienti, sorpresi ai tavoli dai carabinieri.
Il deputato del Carroccio poco prima aveva pubblicato un selfie su Facebook: “Terza cena fuori, solidarietà agli imprenditori”. Seguito poi da un altro post della compagna, con una foto che la ritrae mentre sorseggia da bicchiere e sullo sfondo i militari impegnati a redigere i verbali.
“Un Matusalem 12 anni alla salute delle forze dell’ordine costrette da questo governo illegittimo a multare gli onesti cittadini”, ha scritto Manghi. Non solo: rispondendo al commento di un utente che chiedeva come potersi tutelare in caso di multe, Vinci ha risposto di “non pagare” e “contestarle”.
I post hanno scatenato polemiche di esponenti politici locali che hanno condannato la condotta di Vinci. “Chi rappresenta le istituzioni, specialmente in un momento di pandemia globale ed emergenza sanitaria conclamata, è tenuto per primo a dare l’esempio, a rispettare le leggi vigenti”, hanno sottolineato invece i pentastellati Maria Edera Spadoni e Davide Zanichelli accusando Vinci di “mancare” delle “basi del vivere civile e del rispetto delle leggi”.
Il deputato domenica sera è tornata a cena, stavolta a Maranello, nel Modenese.
La Lega ha cavalcato l’iniziativa degli imprenditori, scaricati anche dalle associazioni di categoria.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 18th, 2021 Riccardo Fucile
NIENTE RINVIO, IL PROCESSO VA AVANTI
Era già successo il 10 dicembre scorso.
Il Tribunale di Torino ha respinto la questione di legittimo impedimento sollevata dalla difesa di Matteo Salvini per l’udienza di oggi del processo in cui il leader della Lega è imputato di vilipendio alla magistratura.
L’ex ministro dell’Interno aveva criticato duramente il giudice che il 2 febbraio 2016 aveva rinviato a giudizio alcuni consiglieri ed ex consiglieri regionali tra cui Edoardo Rixi (poi condannato in primo grado nel maggio del 2019).
Pochi giorni dopo, il 14 febbraio, nel corso di un incontro a Collegno (Torino) l’allora europarlamentare Salvini aveva detto: “Se so che qualcuno nella Lega sbaglia sono il primo a prenderlo a calci nel culo e a sbatterlo fuori. Ma Rixi è un fratello e lo difenderò fino all’ultimo da quella schifezza che è la magistratura italiana”.
Poi aveva sfumato l’insulto, utilizzando un concetto ripetuto anche negli ultimi giorni: “Ci sono tanti giudici che fanno benissimo il loro lavoro. Penso a chi è in prima linea contro mafia, camorra e ‘ndrangheta. Purtroppo è anche vero che ci sono giudici che lavorano molto di meno, che fanno politica, che indagano a senso unico e che rilasciano in 24 ore pericolosi delinquenti. Finchè la magistratura italiana non farà pulizia e chiarezza al suo interno, l’Italia non sarà mai un paese normale”.
Parole che il giorno dopo avevano spinto la Procura di Torino ad aprire un fascicolo per vilipendio all’organo giudiziario affidando gli accertamenti, alla Digos della questura di Milano. Successivamente il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, aveva firmato l’autorizzazione a procedere per lui e altri.
L’avvocato Claudia Eccher aveva motivato la questione con il fatto che Salvini, da lei definito “capo del centrodestra”, era impossibilitato a partecipare da impegni legati all’attuale situazione politica.
Il giudice Roberto Ruscello ha deciso diversamente e ha disposto la prosecuzione dell’udienza, che è ripresa con la testimonianza di Alessandro Canelli, sindaco di Novara. La difesa, dopo aver ribadito che Salvini intendeva essere presente al processo e farsi interrogare, ha osservato che il segretario dela Lega è impegnato ai “tavoli” in cui vengono esaminati gli sviluppi della situazione politica, in particolare le comunicazioni del premier Conte.
Motivazioni che il giudice Ruscello non ha considerato sufficienti. Il magistrato ha fatto presente che l’impedimento di un parlamentare è legato alla impossibilità di partecipare al dibattito in aula e di esercitare il diritto di voto, e ha osservato che il Presidente del Consiglio ha parlato alla Camera dei Deputati mentre Salvini è un componente del Senato.
(da agenzie)
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Gennaio 18th, 2021 Riccardo Fucile
BIDEN AVRA’ UN GIUBBOTTO ANTIPROIETTILE, SI TEME ATTENTATO… L’FBI STA SETACCIANDO I CURRICULUM DEI SOLDATI PRESENTI ALL’INAUGURAZIONE… A COSA PORTA DARE SPAZIO AI CRIMINALI SOVRANISTI
“Ti ricordi dell’attentato a Sadat?”. La voce del mio amico, un dirigente del partito democratico assai esperto di Italia, suona al telefono da Washington tesa, incerta. La capitale americana, alla vigilia del giuramento del nuovo presidente democratico, Joe Biden, il 20 gennaio, mercoledì, è in stato d’assedio, 25.000 uomini e donne della National Guard, in assetto da guerra, con blindati, jeep, elicotteri, posti di blocco, barriere in cemento armato vigilano perchè i terroristi che hanno devastato il Congresso il giorno dell’Epifania restino lontani.
Ieri era stata annunciata la Marcia delle Milizie, manifestazioni nei vari parlamenti statali, per protestare contro l’elezione di Biden e della sua vice, Kamala (pronuncia Kohmala) Harris, e in solidarietà con il presidente uscente Donald Trump. Benchè mascherati, con in spalla i mitra militari M 16, elmetto e giubbotti antiproiettile in Kevlar, i miliziani non hanno però raggiunto l’ambita quota di un milione, agognata dagli organizzatori, e si son visti in poche città , sparuti gruppi di untorelli, più da selfie al bar che da colpo di stato.
Eppure, il mio amico, nella città che mai, dall’11 settembre di venti anni fa, quando Al Qaeda colpì il Pentagono, quartiere generale militare degli Stati Uniti, ha visto stazioni della metropolitana sbarrate, militari controllare i passanti, “Documenti?”, auto perquisite in ingresso o uscita, ponti chiusi, non si sente rassicurato dallo schieramento di forze, una frazione sarebbe bastata a mandare a gambe levate i teppisti che cacciavano il vicepresidente Pence e la Speaker della Camera per linciarli o prenderli in ostaggio. Perchè Sadat dunque? Dopotutto, fin qui, le truppe hanno solo arrestato Guy Berry, ventiduenne della Virginia, trovato al 200 di Massachusetts Avenue NE con cinturone, fondina, pistola Glock 22, tre caricatori e altre munizioni, oltre a una paziente psichiatrica che si crede poliziotta e un tipo, con armi nel bagaglio, che dichiara di essere una guardia giurata ed è stato rilasciato.
In realtà ricordo benissimo l’attentato a Sadat, 6 ottobre 1981, facevo il caporedattore al Manifesto, era una parata militare cui presiedeva il presidente egiziano Anwar Sadat, odiato dai fondamentalisti per aver firmato la pace con Israele, vincendo quindi il Premio Nobel col premier israeliano Begin. La sfilata doveva rincuorare i falchi nazionalisti, celebrando la riconquista di parte del Sinai, perso nella Guerra dei 6 giorni del 1967, durante la guerra del Kippur 1973. Per precauzione, Sadat sapeva di essere nel mirino della jihad fondamentalista allora in fieri, le truppe erano armate solo a salve, e le misure di sicurezza imponenti. Nulla però potè impedire a una pattuglia di militari egiziani in divisa, non terroristi infiltrati ma soldati, guidati dal tenente Khalid Islambouli, di fermare il camion giusto sotto la tribuna d’onore, e, quando Sadat si alza in piedi credendo di ricevere un saluto, trarre fuori dall’elmetto le granate nascoste, lanciarle contro il presidente. Quando solo una esplode, Islambouli apre il fuoco, con i suoi complici, con i mitra Ak47 russi. Sadat era protetto da quattro file di guardie del corpo, inutile, cadono con lui, o muoiono per le ferite, in dieci, generali, diplomatici stranieri, il vescovo copto e restano feriti in 28, tra cui il futuro presidente Hosni Mubarak
Ecco cosa teme il mio amico, non un raid dei Proud Boys, dei Wolverines o della Nazione Ariana, gruppi paramilitari fedeli a Trump. Nè lo angosciano le trame di QAnon, setta segreta che ha partecipato all’assalto al Parlamento, in combutta con un paio di deputate estremiste, lasciando sul campo la militante Rosanne Boyland. La sua paura, diffusa nell’Fbi, è che poliziotti o soldati traditori, affiliati ai gruppi eversivi, riescano a superare le barriere protettive intorno al presidente per ucciderlo, lanciando da lontano una bomba a mano o raggiungendolo con fucili da sniper, i tiratori scelti, tipo il Mark 22 appena adottato dalle forze speciali, tiro accurato fino a un chilometro e mezzo distanza, calcio pieghevole, facile da trasportare e nascondere.
Biden indosserà , sotto la giacca un corpetto antiproiettile, ma una sparatoria durante il giuramento, in diretta mondiale, oltre all’incolumità del presidente metterebbe a rischio la dignità stessa della grande potenza.
Ogni militare Usa giura fedeltà alla Costituzione e, da sempre, i soldati si son tenuti fuori dalla politica. Il generale MacArthur, durante la guerra di Corea, ebbe smanie di carriera politica sull’onda della fama conquistata nella Seconda guerra mondiale, ma il presidente Truman lo smobilitò senza esitare e i suoi colleghi non aprirono bocca. Perfino durante la Guerra Civile, 1861-1865, quando i cadetti dell’Accademia militare dovettero giurare fedeltà alla Costituzione, o secedere con gli stati del Sud, la scelta fu ben ordinata, su 278 allievi 86 venivano dagli stati schiavisti, e in 65 scelsero le dimissioni per combattere con la bandiera Stelle e Sbarre. E il legame fra i diplomati a West Point, sulle opposte trincee, rimase così formidabile, che il generale nordista Grant, futuro presidente, durante la feroce battaglia di Petersburg poteva mandare un messaggio di auguri al colonnello sudista Pickett, suo compagno in Accademia, per la nascita del figlioletto o addirittura lodare, al sanguinoso scontro di Fredericksburg, l’artiglieria ostile del suo compagno di studi Pelham.
È possibile che questa tradizione di onore e disciplina svanisca, nell’odio settario della politica americana XXI secolo? Il mio vecchio amico non è il solo a temerlo. Nella teppa che ha invaso il parlamento sono stati riconosciuti, arrestati, incriminati ex poliziotti, soldati, veterani, vigili del fuoco, la donna uccisa mentre saltava oltre le barricate della sicurezza, Ashli Babbitt, militante di QAnon a San Diego, California, aveva servito per 14 anni tra Aviazione e Guardia Nazionale, compresi periodi al fronte in Iraq Afghanistan, dove venne decorata.
Al contrario di quanto ritengono, erroneamente, vari osservatori italiani, innesco principale della rivolta di destra non è l’economia, la gran parte dei militanti, come i rivoltosi di Capitol Hill, sono borghesi del ceto medio o benestanti, ma la cultura, l’identità . Proprio come i jihadisti che uccisero Sadat, e i loro emuli fino a oggi, non rivendicano contro un sistema di classi che li opprime, ma rimpiangono una perduta stagione di potere e egemonia. La chimera della destra è un’America bianca, virile, potente, dove le razze hanno un posto assegnato, come le donne, le armi sono icona di forza, gli alleati vassalli feudali. Mito mai davvero realizzato, questo manifesto è, proprio come per i fondamentalisti islamici e i populisti estremisti in Europa, un rifiuto del presente, con la sua frenetica innovazione e sforzo di uguaglianza, a petto di un passato smarrito.
Da tempo, dunque, questa malinconica revanche anima l’infiltrazione dei terroristi di destra e degli estremisti nazionalisti nelle forze armate, preoccupando lo Stato Maggiore Usa. La rivista Foreign Affairs, organo del rispettato Council on Foreign Relations, anticipava, già prima dell’attacco al Campidoglio, come la crescente sinergia fra miliziani armati e corpi militari sia un pericolo per la democrazia americana. Nel loro rapporto per Foreign Affairs, Aila Matanock, docente all’Università di Berkeley, e Paul Staniland, dell’Università di Chicago, osservano come la “retorica del presidente [Trump] abbia dato legittimità alle azioni degli estremisti. Dicendo ai Proud Boys di “restare pronti”e non denunciando la marcia di Unite the Right nel 2017 a Charlottesville, Trump ha coltivato una ambiguità favorevole alla presenza dei gruppi della destra nazionalista nel dibattito corrente”.
La rete tv Cbs si occupa, in una sua inchiesta, del tenente della Guardia Costiera Christopher Hasson, veterano dei Marine e della Guardia Nazionale – il corpo che presidia Washington in queste ore – arrestato nel febbraio del ’19 per aver assemblato un arsenale illegale di armi, militando nella destra nazionalista e preparando attentati sul modello delle stragi di Anders Breivik, che nel 2011 uccise 77 persone, per lo più ragazzi, in Norvegia, o Brenton Tarrant, il terrorista che ha assassinato 50 innocenti in due moschee in Nuova Zelanda nel 2019.
Il tenente Hasson non è solo, per questo l’Fbi sta setacciando i curricula dei soldati mobilitati per l’inaugurazione di Biden, uno per uno, rileggendone i post sui social media, in cerca di minacce o complotti. Secondo la Cbs “l’estremismo alla Hasson deriva da molti fattori, il retroterra familiare, gli ideali, l’esperienza e la propria rete personale. L’esercito e il corpo dei Marine reclutano soprattutto nel Sud Est e nel Nord Ovest del paese, dove i gruppi di destra estrema sono radicati. E, fin dal 1998, il Dipartimento della Difesa ha notato come i leader dei gruppi di terroristi domestici incoraggino i loro militanti, uomini e donne, ad arruolarsi nelle forze armate, per ottenere accesso alle armi, training tattico e reclutare membri”. Tim McVeigh, condannato a morte per la strage di Oklahoma City nel 1995, 168 morti e 680 feriti, il maggiore atto di terrorismo Usa fino all’11 settembre 2001, era un veterano dell’esercito, tiratore scelto, registrato come repubblicano e iscritto alla NRA, la lobby delle armi.
Varie volte era stato redarguito per aver indossato magliette del Ku Klux Klan razzista in una base militare o avere litigato con commilitoni neri. Obiettivo della sua strage, la politica del New World Order del presidente repubblicano internazionalista George Bush padre, cui McVeigh opponeva una angusta visione nazionalista del paese.
Per questo il mio amico, come migliaia di suoi colleghi, legge e rilegge cv di militari, in queste ore livide.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 18th, 2021 Riccardo Fucile
L’ACCUSA E’ DI SCAMBIO ELETORALE POLITICO-MAFIOSO, 49 ARRESTI.. C’E’ ANCHE UN CONSIGLIERE COMUNALE DI FORZA ITALIA,,, PENSATE A QUESTO, INVECE CHE LAMENTARVI DELLA POLVERINI
Scambio elettorale politico-mafioso. Per questo è finito in manette anche il sindaco di Rosarno Giuseppe Idà , arrestato dai carabinieri che hanno eseguito 49 arresti nell’ambito dell’operazione “Faust” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.
Nei confronti di Idà , su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dell’aggiunto Gaetano Paci, il gip ha disposto gli arresti domiciliari perchè sarebbe stato appoggiato dalla cosca Pisano (detti “i diavoli) alle elezioni comunali del 2016 quando è stato eletto sindaco.
In particolare, nel capo di imputazione contestato al sindaco ex Udc poi passato a Forza Italia c’è scritto che, nel 2016, in qualità di candidato alla guida del Comune avrebbe chiesto a Carmine Pesce di procurargli voti.
Inoltre, Idà avrebbe accettato la promessa dei voti della cosca Pisano in cambio dell’assegnazione al consigliere Domenico Scriva — anche lui ai domiciliari con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso — dell’assessorato ai lavori pubblici o, comunque, l’attribuzione di un altro incarico di prestigio.
Ma non solo. Secondo gli inquirenti, infatti, lo scambio elettorale politico-mafioso riguarderebbe anche il mutamento della destinazione urbanistica di alcuni terreni di proprietà dei “diavoli” vicino allo svincolo autostradale di Rosarno e la riapertura del centro vaccinale in un immobile di pertinenza della famiglia Pisano. Tra le richieste fatte dalla cosca al sindaco, ci sarebbe pure l’assegnazione a suoi uomini di fiducia della carica di vicesindaco.
L’inchiesta, iniziata nel 2016 e conclusa nel 2020, è stata coordinata dal procuratore aggiunto Paci e dai pm Sabrina Fornaro e Adriana Sciglio. All’alba di lunedì il blitz è scattato a Rosarno, Polistena e Anoia. Ma anche nelle province di Messina, Vibo Valentia, Salerno, Matera, Brindisi, Taranto, Alessandria e Pavia. Con l’inchiesta “Faust”, la Procura contesta i reati di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico — mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione illegale di armi, tentato omicidio, usura e procurata inosservanza di pena.
Secondo gli investigatori, l’operazione “Faust” ha consentito di acclarare “la radicata e attuale operatività della cosca Pisano, conosciuti come i diavoli di Rosarno, nonchè, in un contesto che rivela cointeressenze di sodalizi operanti nel Mandamento Tirrenico, l’attuale pervasività dell’articolazione territoriale di ‘ndrangheta denominata società di Polistena, capeggiata storicamente da esponenti della famiglia Longo, ed anche della locale di ‘ndrangheta di Anoia”.
Sul fronte politico, le indagini della Dda hanno consentito di accertare l’appoggio elettorale fornito dalla cosca Pisano al candidato sindaco di Rosarno, Idà , e al consigliere comunale Scriva, poi risultati eletti e tuttora in carica. Per gli inquirenti, avrebbero accettato i voti della ‘ndrangheta in cambio della promessa di incarichi nell’organigramma comunale a uomini di fiducia della cosca.
“Ci sono riferimenti ad altri politici che però non hanno trovato riscontri nelle indagini”. Il procuratore di Reggio Calabria Bombardieri durante la conferenza stampa non fa i nomi ma nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip viene citato spesso il presidente del Consiglio regionale Giovanni Arruzzolo, anche lui di Forza Italia. Non ci sono intercettazioni tra quest’ultimo, che non è indagato, e Francesco Pisano. Gli investigatori, però, sottolineato “l’anomala assenza di contatti diretti tra Pisano ed il consigliere regionale” e registrano quelli tra il boss e il fratello del politico, Francesco Arruzzolo.
“È un’indagine — spiega il procuratore Bombardieri — che prende le mosse dal collaboratore Lorenzo Bruzzese. I carabinieri hanno monitorato l’attuale operatività della cosca che spaziava non solo dal traffico di sostanze stupefacenti all’usura e all’estorsione. Ma anche alle ingerenze nell’attività amministrativa. La cosca si è occupata delle elezioni comunali svolte nel 2016 a Rosarno. Il boss Francesco Pisano si è posto come stratega delle elezioni. Nelle elezioni comunali abbiamo assistito all’ingerenza dei ‘diavoli’ nella predisposizione della lista, del simbolo della lista e addirittura del programma elettorale. In paese emergeva un collegamento chiaro tra i Pisano e il candidato sindaco. C’è una piena consapevolezza dell’appoggio criminale che veniva non solo accettato, ma nasce prima”.
“Non stiamo parlando di promesse generiche ma di promesse determinate”. Il procuratore aggiunto Paci non ha dubbi: “La prima uscita pubblica del candidato sindaco, poi eletto, è stata concordata prima con i referenti della cosca anche nei suoi dettagli grammaticali. C’è una compenetrazione strettissima del rapporto sin dalle origini”. Alcune intercettazioni sono imbarazzanti. “Perchè vorrei che tutti i rosarnesi siano orgogliosi giusto? È italiano? O fossero orgogliosi?”. Il candidato a sindaco Idà chiede lumi al boss sulla lingua italiana: “Fossero”.
Le voci sul rapporto tra il candidato a sindaco e la cosca Pisano si erano diffuse già durante la campagna elettorale quando, spiega il procuratore aggiunto, “emerge il tentativo del sindaco Idà di prendere le distanze dalla cosca. La sua preoccupazione era quella di smentire l’ondata di voci su questo rapporto con i Pisano”.
Presa di distanza che, secondo il magistrato, “non era stata gradita dalla famiglia mafiosa. Dopo l’arresto del latitante Marcello Pesce il sindaco aveva espresso il proprio compiacimento per l’operato delle forze dell’ordine e una posizione di sostegno all’opera di restaurazione del controllo di legalità . Dalle intercettazioni che sono state acquisite emergono delle reazioni negative che inducevano un esponente della cosca Pesce a rivelare quello che era stato l’atteggiamento accondiscendente dell’allora candidato sindaco verso il sostegno elettorale che gli veniva dalla cosca di ‘ndrangheta”. “Se inizio io su facebook — ha detto Carmine Pesce parlando con Francesco Pisano — a dire che lui è venuto a cercare anche i miei voti lo faccio cadere subito”.
“Appare evidente che nonostante Giuseppe Idà — scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare — cercasse in pubblico di non mostrarsi legato al Francesco Pisano e alla famiglia dei “Diavoli”, lo stesso, al pari di Domenico Scriva, abbia consapevolmente scelto di raggiungere l’accordo illecito, accettando che lo stesso Pisano avrebbe veicolato il consenso elettorale attraverso la forza, anche implicita, della propria caratura mafiosa”
(da “IL Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 18th, 2021 Riccardo Fucile
“IRRESPONSABILE UN RITORNO ALLE URNE, C’E’ GENTE CHE SOFFRE”… TAJANI: “NON CI AVEVA DETTO NULLA”… E CHE DOVEVA DIRVI? CHE SIETE DEI SERVI DEI RAZZISTI?
Subito dopo il voto, l’ex governatrice del Lazio ha annunciato il suo addio al partito di Silvio Berlusconi: “Lascio Forza Italia. Sulla fiducia non si può votare in dissenso dal gruppo. Non ho votato sì a un provvedimento, ho votato sì alla fiducia: come ho sempre fatto nella mia vita mi sono assunta una responsabilità . Non condivido la crisi ora, con la pandemia, le persone in difficoltà , i licenziamenti. Non possiamo continuare a dire che tutto non va bene, io mi assumo le mie responsabilità . Punto”, ha dichiarato Polverini giudicando “irresponsabile” un ritorno alle urne.
Una decisione che lascia di stucco l’intero partito, a cominciare dal vicepresidente Antonio Tajani: “Non ci aveva detto nulla, si è messa fuori da FI”, ha dichiarato.
(da agenzie)
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