Gennaio 9th, 2021 Riccardo Fucile
I DATI DI NOTO SONDAGGI: DA QUANDO RENZI MINACCIA LA CRISI HA PERSO CONSENSI ANCHE TRA I SUOI ELETTORI… UN PARTITO DI CONTE VALE IL 10% E PESCA TRA ASTENUTI ED ELETTORI DI FORZA ITALIA
“Il 78% degli italiani, indipendentemente dal partito votato e dall’appartenenza politica, pensa non sia il momento per aprire una crisi di governo“. Non solo.
“Il 58% di chi sa che c’è una crisi pensa sia solo una fastidiosa manovra di palazzo che non influirà affatto sulla vita degli italiani, la percepisce come un gioco di poltrone e di potere”.
Parole di Antonio Noto che racconta l’ultima rilevazione dell’osservatorio sull’opinione pubblica di Noto Sondaggi. Se dall’estero la crisi al buio innescata da Renzi appare una follia irresponsabile, anche gli italiani sembrano pensarla così, che brigare per mandare a casa l’esecutivo in piena pandemia non sia affatto una buona idea.
LA CRISI, QUESTA “SCONOSCIUTA”
“Partiamo dal presupposto che solo il 15% degli italiani segue la politica in maniera assidua e sa quali sono i fatti politici di attualità . Solo il 10% degli italiani è a conoscenza del fatto che ci potrebbe essere a breve una crisi di governo. Quindi, al di là del giudizio che esprimono sulla possibilità che ci sia o meno, si può dire che nella realtà questa crisi è praticamente sconosciuta agli italiani”.
C’è dunque un livello di percezione molto basso. Ma anche di adesione.
“Il dato poi — spiega Noto numeri alla mano — è che il 78% degli italiani, indipendentemente dal partito votato e dall’appartenenza politica dice che non è il momento per fare una crisi di governo. Solo il 15% segue le cose della politica, ma anche sondando questo zoccolo duro si capisce benissimo cosa stia succedendo”.
E allora, che cosa sta succedendo? “Che la crisi che riempie i giornali, fa tremare i palazzi e interroga i nostri partner europei in realtà è ignota ai più, e pure disconosciuta da quelli che la seguono, per i quali aprirla al buio in piena emergenza sanitaria non solo è poco comprensibile o irresponsabile, ma per il 58% assume anche la connotazione fortemente negativa da manovra di Palazzo”. Una bocciatura trasversale, per altro.
ANCHE I RENZIANI BOCCIANO RENZ
“Il giudizio negativo è trasversale, prescinde dal credo politico tanto che toglie consenso a Renzi anche tra chi lo votava”. Da che ha ingaggiato il braccio di ferro con il governo e con Conte, la fiducia nel leader di Italia Viva è scesa di due punti. “Renzi non ha mai avuto livelli alti: prima viaggiava intorno al 16%, ma da che ha innescato lo strappo con successivo logoramento è calata al 14%”.
Secondo le rilevazioni di Noto Sondaggi la rottura con Conte, viceversa, non ha danneggiato il premier. “La fiducia verso Conte è in decremento stabile: Conte oggi è al 38%, teniamo presente che in primavera era intorno al 49%”. Per Noto il decremento non ha a che fare con gli equilibri del governo ma con la gestione della crisi economica e sanitaria. “Non c’è stato un decremento significativo in queste settimane, che invece c’è stato su Renzi ed è ben visibile”.
“FASTIDIO NEI CITTADINI-ELETTORI
Che non fosse il momento di aprire una crisi lo pensano perfino gli elettori del centrodestra, l’area politica che in teoria avrebbe il massimo vantaggio dal voto. “Neppure i suoi leader gridano al voto al voto — sottolinea Noto — Tutto l’elettorato di riferimento sa che con questa crisi il centrodestra non potrà governare. La mia opinione a questo punto è che pochi lo sanno, nessuno ci crede. Quindi che qualsiasi governo esca fuori, che sia un Conte Ter o il governo con altro candidato premier, questo passaggio sarà vissuto come fastidioso dagli italiani cui in questo momento fa fatica anche solo pensarlo”.
PRIMA DEL LAVORO, LA SALUTE
La conferma arriva dai dati sulle priorità del Paese, dove si misura l’allineamento delle opzioni della politica rispetto alle necessità dei cittadini-elettori. “Perchè è indubbio, dai dati, che gli italiani in questo momento abbiano a cuore soprattutto l’emergenza sanitaria: lo pensa il 66% degli italiani. Prima del Covid, quando facevamo questa domanda, le prime indicazioni erano il lavoro, l’economia e il Fisco, poi la sicurezza.
Il problema sanitario non rientrava neppure tra i primi 10. Adesso ha superato l’indicazione del problema del lavoro che viene dopo, al 59-60%. Poi vengono l’economia, il Fisco e tutti gli altri. C’è un’enorme differenza tra l’indicazione del problema sanitario rispetto a tutti gli altri problemi storici dell’Italia e questo non è cambiato affatto nelle ultime settimane, anzi”.
IL PARTITO DI CONTE? VALE IL 10% (MA PUO’ SALIRE)
Conte, dunque, quanto vale? “Lo quotiamo attorno al 10%. Ha avuto un decremento ma va contestualizzato perchè è forse il soggetto dal potenziale più interessante in questa fase”. Noto Sondaggi lo monitora da che se ne parla, cioè dall’avvio del governo giallo-rosso. “A primavera, con la prima ondata, il consenso verso un partito cucito attorno al premier era intorno al 15%. Adesso la fiducia in Conte si è ridotta in maniera non marginale ma stabile, cioè non in conseguenza di vicende specifiche ma del logoramento che la lunga crisi ha portato”. Tanto che, per altro verso, proprio il “partito di Conte” potrebbe cambiare significativamente lo scenario.
“Un eventuale suo partito prende voti non solo da Pd e M5S, anzi da loro ne prende pochi, prende molto da un elettorato che nelle ultime elezioni non è andato a votare, da elettori volatili non fidelizzati. E prende anche in maniera significativa da Forza Italia”. Quindi è anche il partito suscettibile di crescere di più, tanto che “il saldo potrebbe essere positivo con un partito di Conte, nel senso che la coalizione potrebbe valere di più della sommatoria tra Pd e M5S”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 9th, 2021 Riccardo Fucile
RENZI NON RITIRA I MINISTRI E “ASPETTA RISPOSTE”… CONTE TEME LA CRISI PILOTATA E OFFRE “PERCORSI” SUL RECOVERY
Neanche le crisi sono più quelle di una volta, quando ogni giorno passato era un giorno guadagnato per far evolvere la situazione, in un senso o nell’altro.
È la crisi dei giorni perduti, che ripete se stessa consumando scadenze annunciate come decisive, ma che decisive non sono.
La prossima è il consiglio dei ministri, previsto per martedì prossimo. Perchè il Tesoro aveva bisogno di un giorno in più per mettere le cifre, i renziani di un giorno in più per leggere. E nessuno, all’interno del governo, si stupirebbe se venisse chiesto un supplemento di tempo per approfondire la “bozza” da portare poi all’“interlocuzione” del Parlamento, per poi stendere la versione definitiva.
E se il clima racconta di un logoramento dei rapporti come se l’avventura fosse conclusa, gli atti politici raccontano una sorta di equilibrio del terrore.
Perchè Conte sa che il modo per sterilizzare Renzi c’è. Ed è la mossa che il leader di Italia Viva vuole ma, al tempo stesso teme: “Se proponesse il Conte ter — ha confidato ai suoi — come farei a dire di no? Glielo avevo proposto io per primo”.
Sarebbe in fondo un successo politico nel Palazzo, un po’ meno agli occhi dell’opinione pubblica che, a torto o a ragione, direbbe che tutto questo casino è stato fatto solo per le poltrone.
Però Conte questa mossa non la fa, nel timore che, una volta dimessosi, “quello mi silura”. E allora torna al mai sopito “piano a”: l’idea dello show down in Aula, la conta sul Recovery, per andare avanti con chi ci sta e, se non ci sono i numeri, precipitare a elezioni anticipate nel ruolo di leader.
Il pallottoliere di palazzo Chigi indica che a palazzo Madama ci sarebbero 156 voti, dunque per andare avanti sulla carta ne basterebbero una manciata per andare avanti.
Scenario suggestivo per la sua curva di supporter, ma non per tutti. Sono stati proprio alcuni dei ministri pentastellati a lui più vicini, come Alfonso Bonafede a riferirgli che i gruppi sono piuttosto agitati.
Nel corso di una riunione della delegazione di governo, in parecchi tra sottosegretari e viceministri hanno spiegato che “noi siamo con Conte, ma per salvargli la faccia non possiamo rischiare la pelle col voto anticipato e quindi va evitata la conta in Aula”.
È un ragionamento di sopravvivenza che porta alla stessa conclusione cui è arrivato il Pd, dove c’è pure una forte articolazione interna, tra i ministri più contiani di Conte e capigruppo molto meno folgorati sulla via di Damasco di questo governo, a costo di arrivare alle elezioni: “In queste ore — sussurra un big del Nazareno — stiamo provando a farlo ragionare, un conto è andare in Parlamento per una informativa, un conto è andarci per un voto”
Perchè le crisi non sono più quelle di una volta, ma chi ancora ha una grammatica istituzionale, usa lo stesso alfabeto di una volta. E se qualcuno chiama il Quirinale per avere qualche delucidazione informale, si sentirà rispondere che se ne sono viste tante, ma per esperienza è difficile per chi cade in Aula poi ottenere un reincarico.
E a quel punto il rischio di una crisi al buio è concreto. Buio non è diradato dall’eventualità di un governo raccogliticcio con i responsabili, dalla durata incerta e dalla stabilità discutibile. È stato Franceschini, uno che ha una certa esperienza di vita parlamentare, a spiegare: “Così non si va da nessuna parte, avremmo problemi di numeri nelle commissioni parlamentari”.
E se qualcuno sta provando a “far ragionare Conte”, Goffredo Bettini “sta provando a far ragionare Renzi”, da cui ha ricevuto un elenco piuttosto esigente di richieste su un nuovo programma e un nuovo governo, giudicate piuttosto esose.
Però è un fatto che nemmeno Renzi compie ancora l’ultimo passo. La ministra Teresa Bellanova ha invitato il premier a prendere atto che l’esperienza è finita, ma ancora non ha preso atto delle sue dimissioni, le più minacciate della storia.
Nell’attesa, è cambiato il paradigma, dal “siamo pronti a dimetterci” ad “aspettiamo risposte da Conte”, “faccia un gesto, si muova”, sia pur detto con maggiore foga.
Parliamoci chiaro: se è finita, ti dimetti, e finchè non ti dimetti non è finita. E infatti non è finita, perchè il percorso prospettato dal premier consente a tutti di aspettare risposte, in questa situazione di surplace rispetto alla quale l’indimenticabile Antonio Maspes era un principiante.
Soprattutto adesso che la realtà , con la sua drammatizzazione oggettiva, sta entrando come il deus ex machina della tragedia greca, più forte della paralisi di questi attori.
La vera notizia è che mercoledì Speranza annuncerà in Parlamento le restrizioni per venticinque milioni di italiani, col numero di morti che si avvicina a quota 80mila, provvedimento su cui sono tutti d’accordo, senza tante domande e tante risposte.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 9th, 2021 Riccardo Fucile
L’UDIENZA RINVIATA AL 20 MARZO DOPO ACQUISIZIONE DI ALTRI DOCUMENTI… LA DIFESA SI ARRAMPICA SUGLI SPECCHI
“Sono orgoglioso di quello che ho fatto”, così insiste Matteo Salvini all’uscita dell’udienza preliminare a suo carico a Palermo.
Un’udienza conclusasi con il rinvio al 20 marzo e che vede il leader della Lega accusato di sequestro di persona e di rifiuto d’atti d’ufficio per la vicenda che riguarda lo sbarco negato per venti giorni nell’agosto del 2019 alla Open Arms. L’avvocata e senatrice del Carroccio Giulia Bongiorno, che difende l’ex ministro, ha chiesto l’acquisizione di una copiosa quantità di documenti, tra cui il diario di bordo e le mail.
Documenti che dovranno essere tradotti e per questo il prossimo 14 gennaio verrà nominato dal tribunale di Palermo un traduttore. Bongiorno ha anche chiesto l’acquisizione della testimonianza a Catania dell’ex ministro Danilo Toninelli. I difensori delle parti civili si sono invece riservati di chiedere le esclusioni dei documenti non pertinenti e fino a 5 giorni prima potranno presentare controdeduzioni rispetto alle prove presentate dalla difesa.
Sono stati infatti in tutto 18 le parti civili presentatesi oggi in aula bunker, e sono state tutte accolte dal giudice, Lorenzo Jannelli. Si tratta di 7 migranti, di associazioni come Arci, AccoglieRete, Legambiente, Giuristi democratici, Ciss, Opena Arms, Mediterranea Saving Humans, Cittadinanza attiva, e il capitano della nave, Reig Creuss.
E si annuncia infuocata la battaglia legale nei confronti dell’ex capo del Viminale. Alta la tensione all’uscita dell’udienza tra il leader della Lega e i difensori di parte civile. Ad infuocare gli animi anche la mascherina di Salvini, contestato da uno dei difensori che assisteva alla conferenza stampa successiva.
L’ex capo del Viminale è arrivato in aula alle 9.20 con una mascherina Ffp2 senza immagini, costretto dalle regole del tribunale di Palermo, come lui stesso ha spiegato, ma a fine udienza si è presentato ai giornalisti indossando la mascherina con l’immagine del giudice Paolo Borsellino, la stessa che ieri aveva indossato in Via D’Amelio e che aveva suscitato la reazione indignata del fratello del giudice ucciso dalla mafia, che lo aveva definito “sciacallo”.
L’ex capo del Viminale è accusato di sequestro di persona e di rifiuto di atti d’ufficio. È la prima tappa processuale dopo la decisione del tribunale dei Ministri che ha disposto il processo, dopo che lo scorso luglio il Parlamento ha votato a favore dell’autorizzazione a procedere del Parlamento.
I fatti riguardano i 147 migranti salvati in mare aperto dalla Ong spagnola Open Arms nell’agosto del 2019. È la seconda volta in meno di un mese che l’ex ministro degli Interni si reca in Sicilia per rispondere di sequestro di persona. La scorsa volta, il 12 dicembre, era stato a Catania per il caso Gregoretti. Ma mentre la procura di Catania aveva chiesto il non luogo a procedere, il capo della procura Francesco Lo Voi, l’aggiunto Marzia Sabella e il sostituto Geri Ferrara hanno chiesto il rinvio a giudizio. Di fronte al tribunale palermitano, poi, il leader del Carroccio risponde di due accuse: oltre che di sequestro di persona infatti è accusato di rifiuto di atti d’ufficio.
La difesa dell’ex vice premier di fronte al tribunale di Catania, sostenuta dall’avvocata Giulia Bongiorno, ha puntato sulla collegialità delle decisioni prese da Salvini, allora sostenute da tutto la compagine di governo, secondo quanto sostenuto dalla difesa.
In questo caso però agli atti risulta anche una nota del premier Giuseppe Conte del 14 agosto del 2019, quando scrisse al leader della Lega invitandolo “ad adottare con urgenza i necessari provvedimenti per assicurare assistenza e tutela ai minori presenti sull’imbarcazione”.
“Stiam parlando di una nave spagnola autorizzata per avere a bordo 19 persone e che ne ha raccolte 162 — ha sottolineato invece Salvini — Una nave che disse no allo sbarco a Malta, che disse no a un porto spagnolo”
Accuse quelle di Salvini alle quali ha ribattuto l’avvocato dell’armatore, Arturo Angelini: “Lo sbarco a Malta non è stato mai possibile, il comandante deve tenere conto della sicurezza della nave e su questo c’è un amplissima documentazione, La Spagna era impossibile”
(da agenzie)
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Gennaio 9th, 2021 Riccardo Fucile
SCOPPIA LA RIVOLTA SUL WEB… MA SE CONTA IL CERVELLO CHE CI FA UNO COME TALE FIGUCCIA IN REGIONE?
Quando il 31 dicembre hanno sentito in tv lo sproloquio di un deputato siciliano che minimizzava l’assenza di assessori donne nella giunta regionale di Nello Musumeci, dieci amiche di vecchia data si sono attaccate al telefono per chiedersi a vicenda se avevano sentito bene.
Sconcertate perchè in effetti al neo leghista Vincenzo Figuccia la frase era scappata di bocca e di senno: «Ciò che conta non è ciò che gli assessori hanno in mezzo alle gambe, ma ciò che hanno in mezzo alle orecchie…».
Nella grigia nottata di Capodanno anche questo botto rischiava di passare inosservato, quasi potesse essere considerato linguaggio comune e normale.
Ma le «magnifiche dieci» hanno cominciato a chattare moltiplicando sui social uno sdegno adesso tradotto in migliaia di like, 1.600 adesioni e, oggi, in una pubblica assemblea.
In digitale, come vuole il tempo che viviamo. Ma con un appello che richiama il leit motiv del Maggio francese. Nel Sessantotto si diceva Ce n’est qu’un dèbut…. E adesso nel 2021 «le siciliane», come già si fanno chiamare, agitano l’hashtag: «Non è che l’inizio…». Trasformando la rivendicazione in un atto d’accusa: «Per la politica non esisto».
Dall’architetta alla pensionata
Il grido di battaglia, già esteso a 6 mila firme raccolte dalla Cgil, è partito da una insegnante d’arte come l’architetta Mila Spicola, da operatrici sociali impegnate in quartieri difficili come lo Zen, Mariangela Di Gangi e Alessandra Notarbartolo, da una progettista, Maria Pia Erice, da una musicista come Serena Ganci che compone per Emma Dante. Ma hanno risposto a valanga semplici casalinghe, una maestra in pensione di 81 anni, una quarantenne che si qualifica «label manager«, una specializzanda in medicina. Con gioia delle promotrici.
Compresa una ragazza di colore nata a Palermo, Aissetou Jaiteh, sarta disoccupata con genitori arrivati dal Gambia, emigrata a Berlino in cerca di lavoro, decisa a tornare nella «sua« Sicilia. Sempre in contatto con le sue amiche, compresa Lucia Lauro, una montagna di riccioli, un futuro offerto ai ragazzi del carcere minorile con la cooperativa dei dolcetti venduti online, «Cotti in fragranza», poi arruolati come camerieri nella trattoria di fronte alla Cattedrale, «Al fresco».
La doppia preferenza che non c’è
Ecco la Sicilia viva che contesta lo sproloquio e rivendica un ruolo, come scrivono negli appelli che volano sui social: «Qui non esiste ancora doppia preferenza di genere». Non a caso dei 70 deputati all’Ars appena 14 sono donne. Tema sul quale riflette lo stesso Musumeci chiedendo almeno alle forze politiche della sua maggioranza di centro destra di indicare volti femminili per la giunta. Partita aperta.
Questione antica anche se in passato da Raffaele Lombardo e Rosario Crocetta le donne assessore non mancavano. Anzi, il predecessore di Musumeci arrivò a 6 donne in giunta su 12 assessori. Poi le quote rosa sono state dimenticate, come sottolinea Mila Spicola concentrandosi su un problema più generale: «Il vero dramma è che otto donne su dieci qui non lavorano e che la pandemia ha ingrandito i problemi della donna fra scuole chiuse, assenza di asili nido, mancanza di assistenza agli anziani, un welfare mai realizzato, violenze domestiche…».
L’assemblea online «per cominciare”
Una somma di sfoghi emerge dai post raccolti da Mariangela Di Ganci e Alessandra Notarbartolo decise come Lucia Lauro a tradurre lo sdegno in proposta: «Che ce ne facciamo di tutta questa bellezza se non la trasformiamo in qualcosa di duraturo?». Quesito che riecheggerà domani online, mentre già serpeggia il dubbio di una ricerca di approdo politico per «Le Siciliane». Smentito dalle interessate perchè non sarebbe questo il siculo replay delle «Sardine»: «Vogliamo solo fare sentire la nostra voce, guadagnando visibilità per le scelte civiche e ottenendo quel che spetta alle donne».
Impegno da discutere partendo dalla frase di Figuccia, a sua volta convinto di essere stato male interpretato: «Una polemichetta radical chic che rivela un’ipocrisia generalizzata…». Ma vorrebbero andare ben oltre le promoter della ribellione: «La vera volgarità è il clima di normalità con cui è stata accolta quella frase. Quasi nessun politico è insorto e ha stigmatizzato. Uomini e donne. Il dramma è questa normalità . Lui, Figuccia, sparirà dalla scena come la prima comparsa di un film, il problema è quello che c’è dietro. Ed ora partiamo dall’assemblea. Siciliane è solo l’inizio».
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 9th, 2021 Riccardo Fucile
A PARTE L’ISTIGAZIONE ALLA VIOLENZA, NON E’ VERO CHE NELLE AULE SI DEBBA FARE SCUOLA CON LE FINESTRE APERTE, DEVONO SOLO ESSERE PERIODICAMENTE AREATE PER IL RICAMBIO D’ARIA
Andrea Sacripanti, consigliere comunale della Lega a Orvieto, ha scritto su Facebook un post per incitare, sull’esempio di quanto successo al Congresso degli Stati Uniti, ad assaltare il ministero dell’Istruzione perchè a scuola gli alunni sono costretti a seguire le lezioni con le finestre aperte:
“Terminata l’indignazione per quanto accaduto in America, ricordate sempre che i vostri figli a gennaio sono costretti a seguire le lezioni a scuola con le finestre aperte! Io occuperei e assaltarei il ministero dell’istruzione… Ma siamo in Italia!”, ha scritto sul proprio profilo Facebook Andrea Sacripanti, in un post
Il consigliere comunale leghista umbro dopo che è scoppiata la polemica sulla sua frase si dice frainteso sul significato del suo intervento e sull’intento di occupare il ministero di viale Trastevere.
“In riferimento all’incitamento alla violenza – replica Sacripanti – respingo ogni accusa in quanto, a parte il fatto che esistono occupazioni pacifiche, il post voleva soltanto evidenziare come in Italia ormai vi sia un forte sentimento di rassegnazione che ci costringe ad accettare di tutto senza alcun tipo di reazione”.
Peccato che avesse scritto “occupare pacificamente” ma assaltare.
Piccolo inciso: il ministero della Pubblica Istruzione nelle faq sulla scuola spiega che non è vero che bisogna lasciare sempre le finestre aperte nelle classi ma che bisogna assicurare l’areazione delle classi con periodici e frequenti ricambi d’aria a causa dell’emergenza coronavirus
(da agenzie)
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Gennaio 9th, 2021 Riccardo Fucile
SI FA UNA FOTO IN COLBACCO E MAGLIONE USA COME IL TERRORISTA ARRESTATO A CAPITOL HILL: E’ ASSESSORE A PERUGIA
Imbacuccata con colbacco e maglione a stelle e strisce gioca a fare lo sciamano Jake e si schiera dalla parte del Trump “scomunicato” dai social.
L’assessore a Sport e Commercio del Comune di Perugia, Clara Pastorelli (Fratelli d’Italia), in un selfie pubblicato sul proprio profilo Facebook mima davanti allo specchio il capopopolo che con lancia e corna da bisonte ha guidato l’assalto al Campidoglio di Washington, in un’azione sciagurata, che si è conclusa con cinque morti.
“Forza sempre e comunque Stati Uniti d’America. Spesso ciò che sembra reale non lo è. Fb bannerà pure me?”, ha scritto l’assessore della giunta Romizi nella story pro, poi non più visibile sui social.
La storia social è stata poi riproposta dal capogruppo del Pd comunale, Sarah Bistocchi, che ha attaccato l’esponente dell’esecutivo: “Spesso ciò che sembra reale non lo è. Anche io vorrei che non lo fosse. Assessore al Comune di Perugia di Fratelli d’Italia”.
Si è poi appellata alla “chiaramente non compresa, ironia” l’assessore Pastorelli in un successivo post su Facebook, precisando di non essere “trumpiana” e di non essersi travestita da Jake Angeli, ma “da zarina”, rimanendo comunque critica sui rischi dei “giganti del web, che oscurando e cancellando il profilo di un presidente di una nazione si sostituiscono con protervia e arroganza alla magistratura e/o alle istituzioni a ciò deputate, così calpestando, nel caso di specie, la più risalente costituzione del mondo”.
Peccato che siano state proprio “le istituzioni a ciò deputate” a conteggiare i voti negli Usa, decretando senza ombra di dubbio, la sconfitta del suo amato Trump.
Se ne faccia una ragione, anche senza imitare un terrorista.
(da agenzie)
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Gennaio 9th, 2021 Riccardo Fucile
IL RETROSCENA: “TRUMP AVEVA IMMAGINATO UN PERCORSO PER RIMANERE IN CARICA”
L’altra testimonianza sul fatto che è un pericoloso squilibrato: il presidente uscente americano Donald Trump “voleva il caos in televisione” mercoledì scorso ed era “confuso sul motivo per cui le altre persone della sua squadra non erano così eccitate come era lui vedendo la folla dei suoi sostenitori mentre spingevano la polizia al Campidoglio cercando di entrare nell’edificio”.
Lo ha detto oggi il senatore repubblicano Ben Sasse del Nebraska, citando conversazioni con alti funzionari della Casa Bianca, parlando in un programma radiofonico.
Intervistato dal giornalista, Hugh Hewitt, Sasse ha anche detto che Trump stava parlando di “un percorso per il quale sarebbe rimasto in carica dopo il 20 gennaio”.
Sull’impeachment, Sasse ha segnalato che stava seriamente valutando se votare per rimuovere il presidente dall’incarico, ma che “ci sono molte domande su cui dobbiamo andare a fondo”, citando in particolare i ritardi con il dispiegamento della Guardia Nazionale.
(da agenzie)
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Gennaio 9th, 2021 Riccardo Fucile
“VOGLIO QUEL NOME”… “HANNO INFANGATO GLI IDEALI AMERICANI”
“Voglio questo nome”, lo scrittore Don Winslow mette una taglia, prima di 10 mila e poi la alza a 20 mila dollari, per chi individua il poliziotto di Capitol Hill che si è fatto i selfie con gli assalitori.
Winslow, re del poliziesco americano contemporaneo, è l’autore, tra gli altri, dei libri “L’inverno di Frankie” e “Il potere del cane”, in un’intervista proprio a The Independent in vista delle elezioni presidenziali del 2020 (che si sono concluse con Joe Biden eletto presidente), aveva dichiarato: “Questi sono tempi straordinari – la nostra democrazia è minacciata più che in qualsiasi momento dalla Guerra Civile . O riprenderemo a cercare di essere all’altezza dei nostri ideali democratici o andremo più a fondo”.
Il seguitissimo scrittore americano in questi giorni su Twitter sta conducendo una vera e propria battaglia sull’assalto a Capitol Hill e il ruolo di Trump (“Vi rendete conto di che figura fa l’America se non mettiamo sotto accusa Donald Trump dopo quello che è successo?” scrive), con tweet e video.
(da agenzie)
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Gennaio 9th, 2021 Riccardo Fucile
17.000 SEGNALAZIONI UTILI PER IDENTIFICARE I TERRORISTI, 90 ARRESTATI, SI CERCA CHI HA PIAZZATO ORDIGNI ESPLOSIVI… C’ERANO DIVERSI AGENTI DI POLIZIA TRA I TERRORISTI, ALCUNI GIA’ FERMATI
L’Fbi ha ricevuto dai cittadini 17 mila segnalazioni utili per individuare i manifestanti che hanno violato mercoledì Capitol Hill, devastando le sale del Congresso.
Sui bus di Washington Dc hanno appeso decine di foto segnaletiche. Una ricompensa di 50 mila dollari è stata messa a disposizione dall’Fbi a chi aiuterà a individuare quelli che avevano piazzato ordigni esposlivi nelle sedi del partito Democratico e Repubblicano.
Uno dei possibili autori è stato ripreso da una telecamera di sicurezza: vestiva un giubbotto grigio, cappuccio alzato, mascherina, pantaloni scuri.
Nell’immagine diffusa sui media trascina una valigia, tipo trolley, forse quella che conteneva l’esplosivo scoperto dalla polizia.
Ma trovare Jacob Anthony Chansley, alias Jake Angeli, non è stato difficile: è l’uomo che ha fatto irruzione nel Congresso americano vestito con corna e pelliccia e ribattezzato “Lo Sciamano” e “Buffalo Bill”. Lui stesso aveva tentato di ammorbidire la propria posizione, chiamando l’Fbi per autodenunciarsi e dire che si era pentito. Non è bastato.
Agli arresti anche Adam Johnson, 36 anni, padre di cinque figli, abitanti a Parrish, Florida: è l’uomo che faceva ciao con la mano mentre si allontanava tenendo con il baccio destro il podio usato dalla Speaker della Camera, Nancy Pelosi.
L’Fbi lo ha arrestato e portato subito in prigione con le accuse di insurrezione, violazione e furto.
Nella foto segnaletica diffusa dall’agenzia federale, Johnson ha perso il sorriso che aveva reso la sua immagine virale, lui con il cappello di lana con scritto “Trump” e la mano sinistra rivolta verso l’obiettivo a salutare. È stato un giornale locale a individuarlo.
Anche trovare Richard Barnett, 60 anni, di Gravette, Arkansas, è stato semplice: l’uomo si era fatto fotografare con i piedi sul tavolo della scrivania di Nancy Pelosi. Poi, una volta fuori Capitol Hill, a petto nudo, Barnett veva mostrato sprezzante una busta intestata con il nome della leader democratica. “Ma ho lasciato un quarto di dollaro, perchè non sono un ladro”, aveva aggiunto. Anche lui, come Johnson, e altre undici persone, rischia l’incriminazione per reati federali che possono costare anche più di dieci anni di carcere.
La grande copertura di immagini dell’assedio a Capitol Hill, tra foto, video, dirette sui social, selfie postati su Facebook, sta facilitando il lavoro degli investigatori, che hanno arrestato una novantina di persone. Altre lo saranno nelle prossime ore.
Tra quelli che affronteranno gravi capi di imputazione c’è Derrick Evans, un neo eletto repubblicano al congresso della West Virginia, che su Facebook ha documentato la sua partecipazione alla manifestazione. Le immagini lo mostrano fuori dai palazzi di Capitol Hill.
Intanto stanno arrivando conferme all’ipotesi che tra i maniestanti ci fossero veterani, membri dell’esercito e poliziotti. Uno di quelli ritratti nelle foto, con elmetto e simboli militari, sarebbe stato individuato, sui social: sarebbe un colonnello pluridecorato e ritiratosi dall’esercito, che vive in Texas. Il dipartimento di polizia di Seattle ha sospeso due agenti che hanno partecipato all’assalto.
Natasha Bertrand, reporter di Msnbc, ha segnalato il post scritto su Facebook da un poliziotto di Washington, che segnalava come molti agenti fuori servizio fossero tra le persone che hanno fatto irruzione al Congresso.
Il ruolo di alcuni agenti, ripresi nei video mentre facilitano l’accesso dei manifestanti, viene valutato in queste ore.
Il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha rigettato, però, l’immagine da “repubblica delle banane” che l’assedio a Capitol Hill ha rilanciato sulle tv di tutto il mondo. “Il paragone – ha scritto su Twitter – dimostra la poca comprensione della differenza tra le repubbliche delle banane e la democrazia in America”
I diplomatici americani non la pensano allo stesso modo: circa cento rappresentanti del dipartimento di Stato hanno firmato un documento in cui chiedono a Pompeo di condannare il presidente Donald Trump per aver incitato l’attacco al Congresso. Il testo, diviso in quattro punti, è stato rivelato dal Washington Post, che è entrato in possesso di una copia. L’atteggiamento del capo della Casa Bianca viene definito “inaccettabile e incompatibile con le nostre leggi e i valori democratici”.
(da agenzie)
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