Gennaio 4th, 2021 Riccardo Fucile
L’OSTACOLO AL CONTE TER E’ IL PREMIER IN PERSONA, CHE NON SI FIDA DI RENZI E NON INTENDE DIMETTERSI
L’ostacolo al “Conte ter” è Conte in persona, perchè, a torto o ragione, il presidente del Consiglio non si fida di quella che ai bei tempi della Prima Repubblica si sarebbe chiamata “crisi pilotata”.
Ovvero: i partiti raggiungono un accordo politico, il premier sale al Colle, si dimette, ma ha già , come si era soliti dire, una lista dei ministri in tasca. E dunque riceve il reincarico, si procede col giuramento, e si riparte.
Premessa doverosa dell’innocente cronista, costretto a raccontare questa crisi strisciante con una terminologia d’antan, è la richiesta di indulgenza verso il lettore. Con l’aggiunta però che anche questo, in piena pandemia, è il segno dei tempi.
Procediamo allora in questo film della crisi, che ancora non ha un atto fondativo (c’è ancora un Governo in carica sia pur con una tensione attorno). E che, come sempre, suscita la curiosità sulla scena finale anche se, in verità , la proiezione è ancora al minuto dieci del primo tempo.
La puntata di oggi racconta che c’è, non potrebbe essere altrimenti, un tentativo di incanalare la discussione per sbrogliare la matassa, affidato alla buona volontà del Pd, in particolare di Goffredo Bettini, particolarmente ascoltato al Nazareno e a palazzo Chigi. Il quale ha suggerito a Renzi, in tempi ragionevolmente brevi (più o meno un giorno), di consegnare un documento attorno a cui discutere le richieste programmatiche e le ipotesi di riassetto per arrivare al “rilancio dell’azione di governo con Conte”.
L’idea cioè è di arrivare a una cornice programmatica — più fondi agli investimenti sul Recovery, utilizzo parziale del Mes, delega ai servizi — per poi discutere gli assetti della squadra di governo. Assetti che il Pd più di tanto non vorrebbe stravolgere. Al Nazareno l’idea di un “rafforzamento” prevede l’ingresso del vicesegretario del Pd Andrea Orlando, la cui presenza aumenterebbe il tasso di “politicità ” del governo.
È un modo, al tempo stesso, per verificare se Renzi accetta lo schema o se, in fondo in fondo mira al bersaglio grosso (il premier) e tentare un passo in avanti.
A sua volta, il leader di Italia Viva ha fatto capire che prima di sedersi al tavolo vuole sapere come è apparecchiato, dove è fissato il perimetro della discussione, a partire dai Servizi, dove non accetterebbe senza discussione la nomina di Gennaro Vecchione, attuale direttore generale del Dis, capitolo delicato perchè, per legge, la nomina spetta al premier.
E così su tutti gli altri capitoli: il vicepremier ci sarà ? E sarà unico, visto che Conte va conteggiato in quota Cinque stelle, oppure viene considerato super partes?
Messa così, tra carteggi e documenti, si potrebbe andare avanti all’infinito, e in verità nessuno sembra avere tanta fretta.
Innanzitutto il premier, che non fa una “mossa”. Per accelerare i tempi, in fondo, basterebbe chiudere tutti dentro a palazzo Chigi, litigare, discutere, ordinare panini e caffè finchè non si arriva a un punto fermo, sia esso un accordo, sia esso una rottura, per poi illustrare l’esito del tutto in una bella conferenza stampa con domande e risposte, e non agli spifferi da reality sussurrati ai cronisti.
Invece le modalità di questa crisi sono abbastanza fantasiose. Nel Palazzo è un florilegio di ipotesi e di smentite di ipotesi, tra ambizioni personali, auspici, disegni di improvvisati Machiavelli per cui, a un certo punto della giornata, fonti vicine a Di Maio fanno sapere che il ministro non ha alcuna intenzione di spostarsi dagli Esteri (vivaddio uno a cui piace quello che fa), confermando però involontariamente che c’è una chiacchiera sui posti.
Insomma, è partito il valzer del Conte ter senza che nessuno abbia dichiarato aperte le danze. E non è un dettaglio di poco conto, anzi è il punto.
Perchè il premier si è detto, a parole e in privato, disponibile a discutere di tutto, anche un rimpasto ma senza dimettersi, nel terrore che, una volta salito al Colle, Renzi possa porre il veto per un suo reincarico e, a quel punto, inizia un nuovo film.
Posizione piuttosto ardita: le dimissioni plurime e coordinate di un non precisato numero di ministri non si sono mai viste neanche nel Pcus su ordine del comitato centrale.
Cioè, per fare un esempio: Azzolina, che si è battuta per la riapertura della scuola il 7, si dovrebbe dimettere e non perchè la riapertura non ha funzionato, ma perchè serve la casella l’8 gennaio. Oppure, se non serve resta in sella anche se, dopo due settimane, si constata che la riapertura è stata un disastro.
Senza girarci tanto attorno, questo arzigogolo senza politica significa che Conte non vuole l’operazione ter perchè non si fida.
E non ha rinunciato all’idea di uno showdown in Aula, atto fondativo di una presunta campagna elettorale che i suoi brillanti comunicatori dicono essere già pronta, con una buona dose di ottimismo.
Sentimento, la sfiducia, ampiamente contraccambiato da Renzi che, se verrà confermato il Consiglio dei ministri di giovedì, toglierà a sua volta la fiducia a Conte, intesa come ritiro dei ministri, e a quel punto inizia la danza vera.
Sintetizzando: il Pd e i Cinque stelle fanno capire che non c’è un’ipotesi alternativa a Conte; per il leader di Italia Viva se Conte non accetta lo schema che prevede le sue dimissioni, una volta ritirati i ministri alle consultazioni il nome dell’attuale premier non sarà più sul tavolo.
La sua convinzione è che, a quel punto, ciò che è oggi è coperto, come disponibilità a trovare una soluzione parlamentare, verrà allo scoperto, perchè a votare non ci vuole andare nessuno.
In fondo, la parola “elezioni” non la nomina più nessuno. Sempre rispolverando i classici della Prima Repubblica, da quel momento la crisi è al buio. Anzi, forse lo è già .
(da “Huffingtonpost”)
argomento: governo | Commenta »
Gennaio 4th, 2021 Riccardo Fucile
“CONTE HA CONQUISTATO IL RISPETTO DEI MODERATI, PROPRIO DOVE ITALIA VIVA VUOLE POSIZIONARSI”
Una bella analisi politica da democristiano di razza che ci vede lungo: ”Conte, da capo del governo, ha fatto un miracolo: è stato espresso dal partito dell’anti-politica, del populismo programmatico, poi con i toni, con il linguaggio, è riuscito a guadagnare il rispetto anche del mondo moderato. Questo evidentemente preoccupa Renzi, perchè lui è uscito dal Pd per edificare una forza uguale a quella di Macron, nelle sue intenzioni. Una sorta di Dc che non sta nè a destra nè a sinistra, ma prende i voti da entrambi. Questo è il sogno di Renzi”.
Lo ha detto il vice capogruppo di Fi alla Camera e presidente della Fondazione Dc, Gianfranco Rotondi, a ”L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus.
“Noi possiamo prendercela con Renzi perchè mette sotto i tacchi gli interessi del Paese e può trascinarci in una crisi, però che lui abbia un disegno e che Conte si metta di traverso a questo disegno mi pare evidente. Ai tempi della Dc Conte e Renzi si sarebbero messi d’accordo, Moro e Fanfani si detestavano forse più di Conte e Renzi però convivevano e proseguivano il miracolo economico di De Gasperi, questa è la missione degli statisti e dei grandi leader politici. Sono sicuro che Berlusconi questo coraggio lo avrebbe. Manca la continuità della presenza di Berlusconi, la pandemia lo ha costretto ad alcune cautele che non sono state sufficienti ad evitargli il covid. Berlusconi è tonico, lucido e più che mai interessato ai destini del Paese.
“Purtroppo Fi è legata ad un rapporto anche fisico con lui, il fatto che non sia presente rallenta quei miracoli berlusconiani che prima si facevano in una settimana, ora dovremo aspettare qualche mese. Qualcuno aveva detto che io stessi organizzando i responsabili, chi lo ha fatto è stato Denis Verdini ma la sua iniziativa non ebbe molto successo, quindi l’ultimo dei miei pensieri è quello di appoggiare governi di cui non faccio parte. La cosa certa è che con Conte Forza Italia dovrebbe ragionare. Alcuni in FI sono cresciuti cantando ‘Menomale che Silvio c’è’, adesso sono in fila per due da Salvini che gli darà un calcio nel sedere”, ha concluso Rotondi.
(da Globalist)
argomento: denuncia | Commenta »
Gennaio 4th, 2021 Riccardo Fucile
TRE PARTITI E TRE STRATEGIE DIVERSE
In attesa di capire se davvero l’”avvocato del popolo” stia cedendo, e fino a che punto, e se l’ex premier si accontenterà dei trofei offertigli, il centrodestra tira il freno a mano.
Sta alla finestra, con gli occhi puntati sulla Vetrata del Quirinale.
Le offerte di disponibilità e collaborazione sfumano. Le ipotesi di maggioranze allargate nell’interesse nazionale, o anche di appoggi esterni, evaporano.
Matteo Salvini, che in privato con parlamentari e governatori definisce “non realistica” l’ipotesi delle urne, in pubblico batte invece sul refrain senza chiaroscuri: “Se la strada maestra per il voto si rivelasse impraticabile, siamo per un governo di centrodestra che cercherebbe i voti in Parlamento”.
Mentre Giorgia Meloni non scarta dalla linea dura che ha imboccato, prima degli alleati: la sua mozione di sfiducia contro Conte
Estremamente cauto Silvio Berlusconi che, dopo i colloqui tra Gianni Letta e gli ambasciatori del Pd, ha “frenato” i suoi.
“Nessun appoggio a questo governo, anche se ci saremo per sostenere i provvedimenti che servono al Paese” è il succo del suo ragionamento per l’immediato.
Nell’ennesima lettera, stavolta al “Giornale”, non si è sbilanciato: “Pronti a collaborare a patto di discutere su piano vaccini e Recovery Fund. Siamo in sintonia con Mattarella a Capodanno, ci vuole un’unità sostanziale del Paese, al di là dei ruoli di maggioranza e opposizione al governo Conte che non sono in discussione”.
Per il resto, il Cavaliere si riserva di vedere cosa accade. Con un occhio, sullo sfondo, alle evoluzioni della vicenda Mediaset-Vivendi. Rassicurato che — per il momento — l’operazione “caccia grossa ai responsabili” non ha dato i risultati sperati dai “governisti”. Il gruppo al Senato non perde pezzi, e anche quello alla Camera — nido di parecchie “colombe” – sta tenendo.
E’ vero, come da celebre battuta di Clemente Mastella (tornato, da Benevento, ad aggirarsi tra i palazzi romani) che “i responsabili sono come i viet-cong e li vedi soltanto all’ultimo momento”, ma tra i caveat del Quirinale e il rischio boomerang al momento l’opzione è scesa di quota.
E’ chiaro che i distinguo tra i tre leader del centrodestra restano. Nonostante lo scetticismo, Berlusconi sa che difficilmente potrebbe resistere oltre un certo limite alle “sirene istituzionali” di un governo di unità nazionale.
A cui — secondo calcoli Dem — quasi un terzo dei parlamentari azzurri sarebbe sensibile.
Per il momento, la palla è nel campo giallorosso. Con il Quirinale che, oltre a “seguire la situazione con attenzione” non pare entusiasta di un estenuante contorcimento della classe politica — in pandemia ancora galoppante – intorno a incarichi, ministeri, bandierine e assegnazioni. Si vedrà .
Intanto, se il redde rationem si consumasse, quali sarebbero le scelte di Conte: a destra, più di uno sottolinea che gli converrebbe “chiamare” le urne piuttosto che rischiare una sfiducia al Senato che metterebbe la parola fine a ogni ambizione politica.
E poi, tra gli scenari futuri, un’altra differenza è netta: “Un conto è avere Draghi a Palazzo Chigi — ragiona un big forzista — Un altro è un governo elettorale Cartabia o Severino, destinato a portare l’Italia al voto prima dell’estate”.
E poi c’è l’ultima variabile, dal punto di vista dei parlamentari in bilico: “Tutti sanno che sarà molto difficile votare tra la campagna vaccinale, il Recovery Fund, la fine del blocco dei licenziamenti. Nessuno però vuole passare per venduto: non sono più i tempi di Razzi e Scilipoti. Perchè la situazione si sblocchi deve nascere una forza politica nuova”.
E si torna al duello tra Renzi e Conte.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: governo | Commenta »
Gennaio 4th, 2021 Riccardo Fucile
“APRI E CHIUDI” QUANDO BISOGNAVA ESSERE SEVERI… “IL NUMERO DEI CONTAGI CALCOLATO COI RETEST PER TENERE LA PERCENTUALE BASSA”.. “TRACCIAMENTO INESISTENTE, POLITICI REGIONALI CHE STANNO ANCORA AL LORO POSTO DOPO IL DISASTRO COMBINATO”
«È il 2021, ma è come e peggio del 2020» si è sfogato su Facebook il professore alla Temple University di Filadelfia. Tra indicazioni contraddittorie alla popolazione, scuole e tracciamento non garantiti in sicurezza e menzogne sul reale problema dei vaccini, l’elenco delle cose che non vanno anche nel 2021 è lungo
Chi governa questo Paese non ha imparato niente.
L’attacco sulla gestione della pandemia arriva da Enrico Bucci, biologo e professore alla Temple University di Filadelfia, da mesi punto di riferimento per la lettura e interpretazione dei dati Covid in Italia e nel mondo. In un duro post su Facebook, Bucci ha elencato tutto quello che non ha funzionato, uno sfogo che arriva a inizio 2021 e che accompagna la presentazione di un dato ancora allarmante. La percentuale dei casi positivi sul totale di persone testate non sta soltanto aumentando in modo progressivo da settembre 2020, ma nel gennaio 2021 ha subìto un picco vertiginoso.
“È il 2021, ma è come e peggio del 2020 e smettiamola di imbrogliarci con la percentuale di tamponi positivi, che comprendendo anche i retest di chi è in quarantena non ha alcun significato. Gli Italiani meritano di meglio che divieti, chiacchiere e bugie.”
Un attacco chiaro al governo quello dello scienziato, che ha poi spiegato quanto, anche in questo primo mese del nuovo anno, si stia verificando una mancata chiarezza verso la popolazione su fattori determinanti.
«La trappola» dell’apri e chiudi
«Abbiamo un governo che disquisisce di cosa e come chiudere, bilanciando di qua e di là » ha continuato, «mentre mancano le indicazioni chiare e stabili per i cittadini, cui si danno indicazioni contraddittorie, con misure che li incoraggino a spendere, ma insieme con l’indicazione di rimanere il più possibile a casa: una vera trappola cognitiva, che non provoca altro che una sensazione di “tana libera tutti”».
Il riferimento di Bucci è a quanto successo nelle ultime settimane, con il tira e molla delle restrizioni natalizie e il piano cashback di incentivo alla spesa nei negozi. Ma non solo.
«Su scuole e tracciamento nessuna sicurezza»
Lo scienziato nel suo lungo post tocca il tema delle scuole, fondamentale ora per la ripartenza dell’istruzione. «Non abbiamo nessuno che metta in sicurezza le scuole prima di aprirle: mascherine ai banchi non se ne parla, se non le chirurgiche e spesso nemmeno quelle in barba alla legge», dice ribadendo il dèjà —vu con gli altri periodi di riapertura e sottolineando quanto ancora non sia stato ripristinato un «indispensabile sistema di tracciamento e isolamento rapido»
«Non ci sono abbastanza tamponi e loro giocano ai colori regionali»
Secondo il professore, nulla delle problematiche più evidenti del 2020 nella gestione della lotta al virus sembra cambiato anche nel nuovo anno dunque, con alcune perfino peggiorate.
Una fra tutte i tamponi molecolari: «Non ne abbiamo abbastanza, li stiamo diminuendo sempre di più, invece di aumentarli. E non si pensa altro che a cercare di mettere al denominatore pure i test rapidi, così da poter aggiustare i numeri che sono utilizzati per il gioco dei colori regionali»
«Mentono sul vero problema dei vaccini»
Un gioco, una realtà presa troppo alla leggera quella dipinta da Bucci, che nell’analisi della situazione, non ha mancato di nominare il tema centrale dei vaccini.
«Non abbiamo un sistema per erogare rapidamente tutte le dosi di vaccino a nostra disposizione» ha sottolineato, «nemmeno quelle (insufficienti) che ci arriveranno e intanto chi ci governa (Non solo in Italia) fa finta che il problema stia nelle forniture, quando i congelatori sono ormai troppo pieni rispetto a quel che dovrebbero».
Il problema dei ritardi nei piani vaccinali di molti Paesi del mondo starebbe, secondo Bucci, nella capacità logistica di diffusione e distribuzione piuttosto che nel numero di dosi disponibili.
Il che spiegherebbe la bassissima percentuale di vaccinazione in alcune regioni d’Italia come la Lombardia o in Paesi esteri come la Francia.
«Abbiamo regioni come la Lombardia, che dopo due ondate in cui sono state colpite durissimamente, hanno ancora al vertice politici che, per giustificarsi del fatto che la maggior parte dei vaccini è nei congelatori, non trova di meglio che richiamarsi alle ferie dei medici».
Il duro attacco continua stavolta ancora più mirato dal professore, che non manca però anche di ribadire quanto in generale ci sia una mancanza di risorse e nuovo personale sanitario.
«Come se, al solito, il peggio fosse alle spalle e non davanti a noi». Uno scenario che non incoraggia quello presentato da Bucci, soprattutto per quella curva di casi positivi su test eseguiti che continua a incrementarsi. «Siamo a gennaio non del 2020 ma del 2021» ricorda con amara ironia lo scienziato, « e la classe dirigente è ancora del tutto refrattaria ad imparare».
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Gennaio 4th, 2021 Riccardo Fucile
“BISOGNA UTILIZZARE ESERCITO E FARMACIE PER INOCULARE LE DOSI”
La vaccinazione contro il Covid in Lombardia procede a dir poco a rilento, mentre montano le polemiche. Persino la Lega ha preso le distanze dall’assessore Giulio Gallera dopo le sue ultime dichiarazioni sui ritardi (“non faccio rientrare il personale medico in servizio per un vaccino nei giorni di festa”). TPI ha chiesto un parere sulla situazione
Presidente Giuseppe Benedetto, la situazione dei vaccini in Lombardia sta facendo molto discutere. Al di là delle diverse posizioni politiche, i numeri giustificano questa preoccupazione?
I dati sono in continuo aggiornamento sul portale istituito dal Governo, per cui cambieranno mentre ne parliamo. Ragionando sui dati di ieri sera, la Lombardia è sicuramente indietro sia come numeri assoluti, che in rapporto alla sua popolazione. Per questo motivo mi è sembrata molto fuori luogo la dichiarazione dell’assessore alla Sanità , che abbiamo commentato con un tweet. Ma come si fa a dire che per un vaccino non si fa rientrare il personale dalle ferie? È veramente una cosa incredibile: in una situazione come questa i vaccini vanno fatti h24, sabato e domenica compresi! Ci rendiamo conto che è l’unico modo per fermare questa strage? Il numero di morti giorno per giorno è impressionante. Parliamoci chiaro: non essendoci altri mezzi, dobbiamo concentrare tutti gli sforzi sul vaccino.
Come lei sa, la Fondazione non si occupa degli equilibri politici, che è una questione che spetta ai partiti. Però rileviamo i dati su una battaglia che è soprattutto di tipo culturale, in nome della trasparenza e della conoscenza, fedeli al motto “conoscere per deliberare”: il cittadino, per farsi un’idea su quello che sta succedendo, deve avere accesso ai dati. Per questo abbiamo chiesto che venissero pubblicati e va riconosciuto al Governo di aver fatto ciò che doveva sul punto. Adesso che i dati ci sono, possiamo commentarli: a noi paiono veramente molto preoccupanti.
Spieghiamo il perchè?
Basta un semplice calcolo. Per l’immunità di gregge si deve vaccinare almeno il 70% degli italiani, come dicono sia gli scienziati che il Governo. Facciamo conto che basti solo il 50%, circa 30 milioni di persone, quindi ci servono 60 milioni di dosi, perchè come noto ogni persona va inoculata due volte. Per farlo entro i dieci mesi inizialmente ipotizzati dal Governo, ci vorrebbero 200.000 vaccinazioni al giorno da qui fino al 30 ottobre. Ebbene, a oggi non arriviamo a 200.000 nemmeno in una settimana piena! E questi ritardi poi andranno smaltiti, aumentando ulteriormente il numero delle inoculazioni quotidiane. Di fronte a numeri del genere, come fa l’assessore di una Regione importante come la Lombardia a dire che non richiama dalle ferie gli operatori per fare i vaccini? Questo è veramente incomprensibile!
Gallera ha però detto che la campagna vaccinale comincia oggi (4 gennaio), con un ritmo giornaliero di 10.000 vaccinazioni: non è anche questo difficile da capire, visto che il Lombardia ci sono circa dieci milioni di abitanti? Stando ai numeri, ci vorrebbero oltre cinque anni per fare due inoculazioni a testa.
Certo, ma guardi che questo è un dato nazionale. Non comprendiamo come mai il Governo non abbia avocato a sè la gestione dei vaccini, come invece ha giustamente fatto sulla gestione della pandemia. Come è successo in altri Paesi, tipo Israele e Germania, ci si poteva rivolgere all’esercito. Questa è l’emergenza più grave che si sia verificata nell’arco della nostra vita e probabilmente anche degli ultimi secoli: e allora che cosa stiamo a guardare? Il problema delle ferie? Mi sembra veramente una cosa incredibile, ma ripeto che non voglio polemizzare con l’assessore al Welfare della Lombardia: il tema è di carattere nazionale e, se mi consente, anche europeo.
Se anche noi dessimo le dosi adeguate, ma la Francia no, il problema non si risolve, come facilmente comprensibile. L’Europa ha fatto benissimo a coordinare il tutto, con la partenza delle vaccinazioni nello stesso giorno, ma se in Francia le vaccinazioni sono solo poche centinaia perchè i No Vax hanno un peso rilevante, allora abbiamo un problema da risolvere: da questa situazione o ne usciamo tutti assieme o non ne usciamo affatto.
A proposito di No Vax e scetticismo sulla scienza, proprio oggi Fondazione Luigi Einaudi comincia una collaborazione con il Prof. Roberto Burioni: ce ne parla?
Gli chiederemo di commentare periodicamente questi dati dal suo punto di vista di scienziato, mentre come vede io li analizzo da un punto di vista sociale. Non lo farà quotidianamente, in quanto credo che da oggi anche lui sia impegnato con le vaccinazioni al San Raffaele, ma con una certa regolarità . Sempre da oggi diamo il via a un’altra iniziativa per noi decisiva: chiediamo al Governo di coinvolgere i privati (e in particolare le farmacie) nella inoculazione del vaccino. Nelle farmacie già si fanno i tamponi e impiegando lo stesso tempo si può fare anche il vaccino.
L’altro tema sul quale interverremo è la gratuità : vogliamo il vaccino gratis e per tutti, ma nel contempo dobbiamo anche permettere a chi volesse comprarlo di poterlo fare. Non è vero che così si tolgono dosi alla distribuzione gratuita: anzi, per ogni vaccino acquistato, lo Stato risparmia e ne può fare altri quattro per chi non può permetterselo. Questo servirebbe anche ad accelerare il consumo di vaccini che vanno conservati a condizioni molto stringenti per non diventare inefficaci, il che sarebbe un vero e proprio crimine.
Prima ancora dell’approvvigionamento di nuove dosi, bisogna preoccuparsi del sistema di conservazione e distribuzione delle dosi che abbiamo. Se invece siamo qui a discutere delle ferie del personale e del fatto che non siamo organizzati per inoculare le dosi, con che credibilità possiamo chiedere all’Europa altri vaccini?
In Lombardia la questione dei vaccini contro il Covid-19 si è intrecciata con quella riguardante il vaccini antinfluenzali: com’è la situazione nel resto d’Italia?
Ah, ormai di questo problema non ne parliamo nemmeno più… Ci siamo arresi. Un mese e mezzo fa abbiamo scritto una lettera al Governo per avere un riscontro sul piano vaccinale, visto che appunto i vaccini per l’influenza ancora non c’erano. Come ricorderà , qualche giorno dopo il ministro della Sanità è andato a riferire in Parlamento e ha detto che era tutto a posto, spiegando le modalità di distribuzione del vaccino per il Covid-19. I problemi su quello per l’influenza ci avevano allarmato e purtroppo siamo stati facili profeti, come si vede in questi giorni.
(da TPI)
argomento: denuncia | Commenta »
Gennaio 4th, 2021 Riccardo Fucile
ERA STATO COSTRETTO ALLE DIMISSIONI DOPO L’ARRESTO E NON RICANDIDATO: I SOVRANISTI RINGRAZIANO
Assolto dall’accusa di corruzione e abuso d’ufficio perchè “il fatto non sussiste”.
Per l’ex governatore dem della Calabria Mario Oliverio finisce il processo “Lande desolate”, che ha scoperchiato anomalie e forzature in una serie di appalti e lavori negli anni scorsi realizzati fra Cosenza, Lorica e Scalea e finiti in mano a ditte vicine ai clan.
Al termine del giudizio con rito abbreviato, celebrato subito dopo l’udienza preliminare fissata per tutti gli indagati dell’inchiesta, il giudice ha disposto l’assoluzione per Oliverio “perchè il fatto non sussiste”.
Prosciolti dall’accusa anche la deputata Pd Enza Bruno Bossio e il marito, l’ex consigliere regionale Nicola Adamo, che in caso di rinvio a giudizio avrebbero optato per il rito ordinario.
Per i magistrati della procura di Catanzaro, che per l’ex governatore avevano chiesto una condanna a 4 anni e 8 mesi, in quel clima inquinato l’allora governatore, insieme ad Adamo e Bruno Bossio, avrebbe cercato di sgambettare il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto.
In cambio di un maxi-finanziamento per opere non necessarie, Oliverio – questa era la contestazione della procura – aveva chiesto e ottenuto dalla ditta incaricata della realizzazione di pazza Bilotti, opera simbolo dell’amministrazione Occhiuto, un rallentamento dei lavori.
“Accuse infamanti” le aveva definite subito Oliverio l’allora presidente di Regione Calabria, destinatario di un provvedimento di obbligo di dimora emesso dal giudice e per questo “esiliato” per mesi nella sua San Giovanni in Fiore.
“La mia vita e il mio impegno politico e istituzionale sono stati sempre improntati al massimo di trasparenza, di concreta lotta alla criminalità , di onestà e rispettosa gestione della cosa pubblica” aveva rivendicato.
A “liberarlo” la sentenza con cui la Cassazione ha bocciato quella decisione, in precedenza confermata dal tribunale del Riesame, senza però riuscire a invertire la parabola discendente del politico.
L’inchiesta “Lande desolate” è diventata infatti la goccia che ha fatto definitivamente traboccare il vaso delle tensioni fra il governatore dem, poco apprezzato in ambienti romani e i vertici del Pd, in quei mesi impegnati a definire gli assetti in vista delle imminenti regionali.
Ad una sua ricandidatura, da Roma è arrivato un secco “no” e nè dichiarazioni al vetriolo, nè proteste – arrivate fin sotto il Nazareno con un sit-in di fedelissimi dell’allora governatore- hanno convinto il Pd a tornare sui propri passi.
A distanza di un anno e ad assoluzione incassata, Oliverio è soddisfatto – sottolinea uno dei suoi legali, Enzo Belvedere – “anche se gli è rimasta l’amarezza di aver subito quest’onta durante il suo incarico di governatore. L’amarezza non si cancella così facilmente, sapendo di essere una persona perbene. Per oltre 40 anni ha fatto politica senza avere mai avuto alcun problema con nessuna Procura, si è ritrovato ad avere una misura cautelare e non essere ricandidato solo per questo problema giudiziario”.
In realtà , fra Oliverio e i vertici del partito romano il problema è sempre stato più politico che giudiziario.
(da agenzie)
argomento: Giustizia | Commenta »
Gennaio 4th, 2021 Riccardo Fucile
IL SINDACO DEL COMUNE VESUVIANO: “ATTO DI GRANDE GENEROSITA’ E SENSIBILITA’ CHE MI RENDE ORGOGLIOSO”
Sembra avviarsi verso un lieto fine la storia di Gianni, il rider napoletano picchiato e rapinato del suo motorino mentre faceva le consegne.
Una macelleria e braciera di Ottaviano, nella provincia di Napoli, si è detta pronta ad assumerlo. Ne ha dato notizia il sindaco stesso del comune vesuviano, Luca Capasso, che ha spiegato di aver parlato con l’azienda che si occupa di macelleria e braceria di proprietà dell’imprenditore Luciano Bifulco.
“Quello di Bifulco è un marchio rinomato, noto per la professionalità e la serietà “, ha spiegato il sindaco Capasso, “e sono disponibili a dare un lavoro a Gianni, il rider vittima della rapina, che ha espresso il desiderio di tornare a fare il macellaio. Ci troviamo di fronte”, ha aggiunto ancora Capasso, “ad un atto di grande generosità e sensibilità , che da sindaco mi rende orgoglioso. Appena ho telefonato a Luciano ho trovato subito porte aperte”.
Disponibilità ribadita anche dallo stesso Bifulco: “Siamo pronti ad assumere Gianni e anche altri: cerchiamo professionisti del settore della macelleria e della gastronomia. Saremmo contenti di poter esaudire il suo desiderio, di dargli un’opportunità di lavoro dopo il brutto periodo che ha trascorso”.
La vicenda aveva scosso i più: le immagini della brutale aggressione del rider, riprese da un residente con un telefonino, avevano immortalato l’intera scena. I sei che lo accerchiano, lo picchiano a calci e pugni, quindi lo trascinano per terra e gli rubano il motorino prima di dileguarsi.
Stamattina, la prima buona notizia con il fermo di alcuni sospetti (tutti tra i 15 e i 20 anni) ed il recupero del motorino. Quindi, nel pomeriggio, l’offerta di lavoro da Ottaviano, che potrebbe essere il lieto fine definitivo per una vicenda che ha scosso tutti.
«Vorrei fare il mio mestiere, quello che ho fatto per 27 anni», aveva detto Gianni, il rider picchiato a Napoli. E così Luciano Bifulco ha pensato di offrigli un lavoro, già da domani, proprio come macellaio
«Siamo nel Medioevo? Quelle immagini fanno male. Per un motorino non si può fare tutto questo, è un fatto gravissimo. E mi dispiace che un mio collega, un macellaio, non abbia trovato lavoro in questi anni. Così ho pensato di offrirgli io un’occupazione».
A parlare è Luciano Bifulco, 36 anni, proprietario dell’omonima macelleria e braceria di Ottaviano (Napoli), che ha deciso di offrire un posto di lavoro come macellaio a Gianni, il rider di 52 anni, sposato e con due figli a carico, che la scorsa notte è stato picchiato da sei ragazzi che volevano rubargli lo scooter.
«Gianni, ti siamo vicini. Sei un professionista e già da domani mattina puoi venire da noi», ha detto Luciano Bifulco a spiegando che, nonostante la crisi, la sua azienda sta riuscendo ad andare avanti, seppur tra mille difficoltà . Oltre alla macelleria, il 36enne ha anche una braceria e una gastronomia: a causa del Covid si è dovuto reinventare «con uno shop online e con le consegne a domicilio».
Adesso cerca macellai con esperienza e, chiaramente, avere Gianni tra loro — sostiene — sarebbe «un onore».
Quel video, in cui si vede il pestaggio contro Gianni, «danneggia Napoli che fa una brutta figura anche a livello nazionale»
(da agenzie)
argomento: radici e valori | Commenta »
Gennaio 4th, 2021 Riccardo Fucile
IN GEORGIA DOMANI SI VOTA, I SONDAGGI DANNO I DUE CANDIDATI DEMOCRATICI IN VANTAGGIO DI DUE PUNTI… TRUMP INSULTA ANCHE I REPUBBLICANI CHE NON APPOGGIANO IL SUO DELIRIO
“Georgia, oh Georgia, no peace I find” cantava Ray Charles in una delle sue canzoni più celebri. Non trova pace neanche Donald Trump al pensiero della Georgia, che gli è sfuggita alle presidenziali del 3 novembre per un pugno di voti (meno di 12 mila voti) e ora è chiamata a decidere in due ballottaggi gli equilibri del Congresso e quindi, di fatto, le speranze di successo dell’agenda Biden nel prossimo biennio.
Se i democratici si aggiudicheranno entrambe le sfide elettorali conquisteranno la maggioranza al Senato, se invece prevarranno i repubblicani anche solo per uno dei seggi, manterranno il controllo dell’aula, rendendo quindi vita difficile a ogni proposta di riforma di Joe Biden.
Sono stati investiti 500 milioni di dollari (fonte AdImpact) in spot elettorali per la contesa, un’enormità .
Sulla carta i senatori uscenti, repubblicani, sono favoriti — hanno vinto di un soffio il primo turno, senza però raggiungere il 50% – ma i sondaggi più recenti (fonte FiveThirtyEight) dicono che Jon Ossoff, rampante democratico capace di raccogliere la cifra esorbitante di 100 milioni di dollari in campagna elettorale, è avanti di quasi 2 punti sul repubblicano David Perdue, mentre il reverendo, democratico e attivista per i diritti civili Raphael Warnock è in vantaggio di oltre 2 punti sulla senatrice repubblicana Kelly Loeffler.
Nella media dei sondaggi pubblicati, però, la situazione è un testa a testa, il classico “too close to call” che fa prevedere un’altra lunga attesa per conoscere il verdetto finale.
Anche in questo caso potrebbe risultare decisivo il voto per corrispondenza, vera e propria terra di conquista dem, con oltre 3 milioni di cittadini del Peach State che hanno optato per questa soluzione entro il 31 dicembre.
I sondaggisti sono al lavoro anche per capire l’impatto che potrà avere lo scoop del Washington Post che ha pubblicato la lunga telefonata con cui Donald Trump lavora ai fianchi il segretario di stato della Georgia, il repubblicano Brad Raffensperger, per ottenere un ricalcolo dei voti capace di ribaltare la sua sconfitta. “Voglio solo trovare 11.780 voti, uno in più di quelli che abbiamo, perchè abbiamo vinto lo Stato” sono le parole del presidente, che ha denunciato frodi nella consultazione del 3 novembre e rinnova l’accusa anche per i ballottaggi.
Joe Biden sceglie di non commentare, ma ci pensa la vice Kamala Harris a definire quello di Trump “un insolente, sfrontato abuso di potere”. Dichiarazioni “da impeachment. Probabilmente illegale.
È un colpo di Stato” titola un editoriale del Washington Post; mentre esperti contattati dal New York Times convergono sulla violazione delle leggi federali, che proibiscono interferenze nelle elezioni. Questioni che hanno sostanza, ma rischiano di non centrare a pieno il problema.
Trump ha già superato quella soglia da tempo, ha dichiarato guerra all’impalcatura istituzionale degli Stati Uniti, visto che la sua resistenza politica si traduce in una transizione disordinata, in una scarsa collaborazione con l’amministrazione entrante di Joe Biden e quindi con la stessa capacità del nuovo presidente di arrivare preparato alla Casa Bianca in un clima post-elettorale rasserenato.
La Georgia è l’ultima vera battaglia di Donald Trump. Le date per le altre incursioni sono fissate: il 6 gennaio, la sessione congiunta del Congresso sull’esito elettorale, con la faida della “sporca dozzina” trumpiana – i 12 senatori guidati da Ted Cruz, a cui si potrebbe affiancare una più nutrita schiera di deputati – che può però al massimo produrre un lunghissimo ostruzionismo.
Le truppe tenteranno il blitz al Congresso, mentre fuori da Capitol Hill si riunirà la “march for Trump”, una manifestazione popolare che il presidente uscente spera sia imponente
Altra data chiave,il 20 gennaio, giuramento di Joe Biden, quando il presidente uscente può solo provare a rovinare la festa al suo successore.
I media si scervellano su cosa passi nella testa del tycoon e si avventurano in previsioni alquanto fantasiose (se non si parlasse di Trump): dall’annuncio concomitante di una ricandidatura nel 2024 fino alle barricate alla Casa Bianca. Certo nessuno si immagina i signori Donald e Melania accompagnare Joe e Jill nella West Wing per un passaggio di consegne, tra sorrisi e pacche sulle spalle.
La resistenza irriducibile di Trump sta passando come un carroarmato sulle rovine del partito repubblicano, già ridotto ai minimi termini da quattro anni di dominio trumpiano. Sui media si parla di “guerra” dentro il Gop: d’altro canto appare complesso conciliare le posizioni incendiarie di Ted Cruz – che prova a ergersi a guida del trumpismo – con il rigore di Mitch McConnell, solitamente inflessibile, eppure pronto a riconoscere la vittoria di Biden. Come lui molti altri nel Gop hanno riconosciuto il successo di Joe. Persone a cui Donald Trump rivolge uno dei suoi ultimi tweet al veleno: ”Il Surrender Caucus all’interno del Partito Repubblicano, cadrà nell’infamia”, scrive contro i repubblicani moderati.
Per Trump, saranno considerati alla stregua di “deboli e inefficaci ‘guardiani’ della nostra Nazione, volonterosi di accettare la certificazioni di numeri fraudolenti alle presidenziali!”.
Per chi, comprensibilmente, mal tollera le metafore belliche, o le considera esagerate, occorre considerare che, sempre sulle colonne del Washington Post, tutti i 10 ex capi del Pentagono, compresi i due nominati e poi rimossi da Trump, Jim Mattis e Mark Esper, lanciano un messaggio al presidente uscente per dire che il tempo per contestare i risultati elettorali è passato e non c’è alcun ruolo delle forze armate nel tentativo di cambiarli. Sono tutti i segretari alla Difesa in blocco. “Gli sforzi per coinvolgere le forze armate statunitensi nella risoluzione delle controversie elettorali ci porterebbe in un territorio pericoloso, illegale e incostituzionale”.
In questo clima, Trump dovrebbe sapere che proprio in Georgia, nella battaglia di Columbus, si consumarono le residue velleità dei confederati nella guerra civile americana. Era l’aprile del 1865, un mese prima della fine dei combattimenti, due mesi prima della fine del conflitto.
Quando l’esito è scritto, nella maggior parte dei casi la soluzione più logica è arrendersi. Anche perchè il Paese ha bisogno di un’amministrazione in carica, soprattutto per contrastare una pandemia che ha causato un morto ogni 33 secondi la scorsa settimana.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: denuncia | Commenta »
Gennaio 4th, 2021 Riccardo Fucile
LOS ANGELES EPICENTRO DELLA PANDEMIA: “LA SITUAZIONE E’ DISPERATA”… NEGLI USA 2.500 MORTI DI MEDIA AL GIORNO
Gli Stati Uniti hanno avuto una media di un decesso legato al Covid-19 ogni 33 secondi la settimana scorsa.
E’ quanto riporta la Cnn, che ha analizzato i dati della Johns Hopkins University. Ci sono state 18.462 morti dal 28 dicembre al 3 gennaio, con una media di oltre 2.600 decessi al giorno. Dicembre è stato il mese con più vittime negli Stati Uniti: 77.572 in totale, con una media di oltre 2.500 al giorno.
L’area più devastata dal virus è quella di Los Angeles, travolta dall’ondata post natalizia con una media di oltre 16 mila casi al giorno nell’ultima settimana. Gli ospedali sono al collasso e le vittime del Covid-19 stanno aumentando a un ritmo così allarmante che le bare non sono sufficienti.
Un’impresa di pompe funebri della città ha persino affittato un camion-frigo di 15 metri per ospitare le salme in attesa di trovare una soluzione. “Siamo in crisi e la situazione è disperata”, ha detto Magda Maldonado che gestisce la Continental Funeral Homes.
Oltre alle bare mancano i pini, il legno più economico per realizzarle. La California è diventata l’epicentro della pandemia nelle ultime settimane con oltre 24.000 decessi.
Il noto anchor della Cnn, Larry King, 87 anni, sta combattendo il virus da oltre una settimana allo Cedars Sinai Medical Center di Los Angeles. Sabato il Paese ha registrato oltre 277 mila contagi, superando ormai i 20 milioni di casi, mentre i morti sono oltre 350 mila, registra la Johns Hopkins University.
E altri 115 mila americani potrebbero morire di Covid nel prossimo mese, secondo alcune proiezioni.
(da agenzie)
argomento: emergenza | Commenta »