Gennaio 10th, 2021 Riccardo Fucile
GOOGLE, APPLE E AMAZON HANNO RIMOSSO PARLER DAI LORO SERVER PER “ISTIGAZIONE ALLA VIOLENZA”
Il leader della Lega Matteo Salvini ha annunciato la sua adesione a Parler, la piattaforma alternativa dei trumpiani che, dopo il bando del presidente Donald Trump da Twitter, non credono più nei social media tradizionali.
E così, dopo i tragici eventi di Capitol Hill dal capo del Carroccio arriva un nuovo segnale provocatorio con l’iscrizione a quella che si candida ad essere la piattaforma social del sovranismo internazionale. Eppure solo pochi giorni fa Salvini aveva finalmente ammesso la vittoria di Biden, sentenziando: “In democrazia chi vince ha sempre ragione”.
Di fatto il primo esito concreto della cancellazione dell’account Twitter di Trump è stato la corsa di adesioni a Parler, un piccolo e fino a pochi mesi fa semisconosciuto social fotocopia di Twitter, lanciato nel 2018 e deputato a dare voce al radicalismo americano e non solo.
Parler è diventato fin da prima delle elezioni Usa la voce dei trumpisti duri e puri che i social netowrk del mainstream cominciavano a segnalare o censurare. Trump non è un utente della piattaforma. Il senatore repubblicano del Texas, Ted Cruz, vanta 4,9 milioni di follower, mentre il conduttore di Fox News, Sean Hannity, ne ha circa sette milioni.
Proprio di oggi è la notizia che dopo Google anche Apple e Amazon hanno deciso di rimuovere Parler dai loro server.
Se l’app degli ultra-conservatori non troverà un nuovo server di web hosting entro stasera, scomparirà dalla rete, riferisce la Bbc, aggiungendo che Amazon ha trovato 98 post di incoraggiamento alla violenza.
Apple ha sospeso Parler dal suo app store “fino a quando la rete continuerà a diffondere post che incitano alla violenza”. In precedenza, Google aveva annunciato di aver rimosso Parler con le stesse motivazioni.
(da agenzie)
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Gennaio 10th, 2021 Riccardo Fucile
“I PROUD BOYS DI OGGI SONO I NAZISTI DI IERI, A CHI PENSA DI ROVESCIARE LA DEMOCRAZIA IN AMERICA DICO: “NON VINCERETE MAI”
“Da immigrato in questo Paese, vorrei dire due parole ai miei concittadini americani e a tutto il mondo su quello che è successo in questi giorni”.
Si apre così il videomessaggio di Arnold Schwarzenegger, diffuso sui suoi canali social, con cui accusa Donald Trump di “aver cercato un colpo di Stato ingannando le persone con le sue bugie”.
Per l’ex governatore della California, l’attacco a Capitol Hill ha minato i principi su cui si fonda la democrazia degli Stati Uniti e ha paragonato il movimento di estrema destra dei Proud Boys ai nazisti.
“So che c’è una paura diffusa in questo Paese. E dobbiamo stare attenti alle conseguenze dell’egoismo e del cinismo — ha detto — perchè tutto inizia con bugie e intolleranza”.
Poi il riferimento al presidente uscente: “È un fallito, verrà ricordato come il peggiore della storia. La cosa positiva è che presto sarà irrilevante come un vecchio tweet”.
Infine, le parole rivolte a Joe Biden: “Presidente Biden, se lei avrà successo, tutto il Paese lo avrà . Siamo con lei, oggi, domani, sempre, dalla parte di chi difende la nostra Costituzione da chi la minaccia”.
“Il peggior presidente di sempre”.
Arnold Schwarzenegger, attore ed ex governatore repubblicano della California, non usa mezzi termini con Donald Trump e paragona i fatti di Capitol Hill alla Notte dei cristalli del 1938, in epoca nazista.
Nel video pubblicato su Twitter, che ha raccolto milioni di visualizzazioni e ricondivisioni in poche ore, Schwarzenegger ha raccontato della propria infanzia in Austria, dove è nato nel 1947 e cresciuto con il duro ricordo di quella notte, durante la quale furono commesse violenze contro gli ebrei da parte dei nazisti, “gli equivalenti dei Proud Boys” di oggi.
“Mercoledì”, ha detto, ”è stata la notte dei cristalli degli Stati Uniti e la folla non solo ha frantumato le finistre del Campidoglio, ma ha infranto le idee che davamo per scontate” andando a calpestare “i principi stessi su cui era fondato il nostro Paese”.
L’attore si è rivolto agli americani avvertendoli che devono fare attenzione “alle conseguenze del cinismo e dell’egoismo”.
“Dobbiamo cercare di guarire insieme dal dramma che si è svolto qualche giorno fa”, conclude nel suo videomessaggio, “e dobbiamo mettere la democrazia al primo posto. Non come repubblicani o democratici ma come americani”. Dopo l’augurio a Joe Biden per “un grande successo”, Schwarzenegger lancia un monito a chi ” pensava di poter ribaltare la costituzione: non vincerete mai”.
(da agenzie)
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Gennaio 10th, 2021 Riccardo Fucile
UN AMMINISTRATORE DELEGATO, AVVOCATI, EX BROKER E PROFESSORI UNIVERSITARI… E’ LA RIVOLTA DELLE ELITES CONTRO IL POPOLO
Può essere rassicurante pensare che ad aver preso d’assalto il Campidoglio il 6 gennaio c’erano soltanto personaggi come lo sciamano Jake Angeli (che di nome fa Jacob Chansley) e altri seguaci della setta QAnon, ma in realtà non è così.
Lo dimostra la storia di Brad Rukstales, Ceo di una compagnia di marketing, Cogensia, di Chicago, tra le persone arrestate negli ultimi giorni.
Uno dei volti più “rispettabili” dell’insurrezione, un esempio vivente dell’eterogeneità del trumpismo, che serve anche da monito rispetto a spiegazioni che tendono ad archiviare i fatti dell’altro giorno — in cui sono morte cinque persone, tra cui un ufficiale di polizia — come la rivolta del popolo contro le èlite.
Il pentimento di Brad
Come la maggior parte dei rivoltosi, Ruckstales, uomo d’affari di mezza età , era andato a Washington dall’Illinois per partecipare alla manifestazione promossa da Trump per contestare la certificazione del voto delle presidenziali. Come ha dichiarato in un’intervista a CBS Chicago, non aveva previsto che la protesta sarebbe presto degenerata, diventando violenta.
La trasferta a Washington era il compimento di un percorso di fede che lo aveva portato a donare oltre 30 mila dollari a cause repubblicane nel corso dell’ultimo anno, di cui circa 12 mila dollari direttamente a Trump.
Una volta finito il comizio del presidente, però Rukstales si sarebbe diretto al Campidoglio, con il resto della bolgia. Oggi su Twitter parla di «errore di valutazione» e si difende dicendo di aver semplicemente «seguito centinaia di altre persone passando per le porte aperte del Campidoglio», un particolare significativo dato gli interrogativi che esistono rispetto alla condotta della polizia quel giorno.
Insomma, si è lasciato “trascinare dagli eventi”. A differenza di altri reduci dell’insurrezione dell’Epifania, che non si mostrano per nulla pentiti e in alcuni casi sono passati a pianificarne altri, Rukstales dice di «condannare la violenza e la distruzione che ha avuto luogo a Washington».
Non solo lo sciamano Jake
È significativo anche il fatto che Rukstales sia stato rilasciato poco dopo essere stato arrestato, riuscendo a tornare a casa a Inverness, un sobborgo di Chicago, la sera stessa, tanto che è stato intervistato fuori da casa sua da un giornalista di una emittente locale. La società di cui è Ceo non è stata altrettanto clemente: Rukstales adesso si trova in congedo forzato e la società ha preso le distanze in un comunicato su LinkedIn.
Non è la sola ad aver agito in modo simile. Mentre le forze di polizia cercavano di identificare e rintracciare i “patrioti” — alcuni dei quali, incautamente, si erano auto-incriminati postando selfie e video di vario genere sui social media — partiva la caccia agli impiegati “deplorevoli” da parte di aziende americane.
È il caso di Navistar, un’azienda di marketing in Maryland, che ha licenziato un suo dipendente fotografato al Campidoglio con addosso il badge aziendale.
Come racconta la Cnn, lo stesso vale anche per Libby Andrews, 56 anni, ormai ex-broker di una società immobiliare (che le ha comunicato il licenziamento via email), e per Paul Davis, avvocato, in precedenza impiegato presso la compagnia assicurativa Goosehead Insurance, che ha celebrato il divorzio tanto di Tweet.
Persino un ex rappresentante dello Stato della Pennsylvania, Rick Saccone, ed ex professore universitario presso il Saint Vincent College, si è dimesso dopo aver pubblicato sulla propria pagina Facebook immagini di sè fuori dal Campidoglio.
Ruckstales è stato arrestato per aver effettuato un ingresso illegale all’interno del Campidoglio, ma ci sono almeno 13 casi di persone che sono state accusate di crimini federali — tra cui Cleveland Grover Meredith Jr, che si era presentato al Campidoglio con un fucile d’assalto e con l’intenzione di «bucare la testa con un proiettile» alla speaker della Camera dem, Nancy Pelosi.
Milizie, estremisti, cospirazionisti — ma anche “persone comuni”, o «everyday americans» come scrive il New York Times.
Non dovrebbe sorprendere visto che alle scorse elezioni Trump ha ottenuto circa 74 milioni di voti. Benchè il numero di cittadini americani con un livello di istruzione medio basso che votano dem è diminuito negli scorsi anni, come rivela una ricerca del Pew Research Center circa il 30% degli elettori di Trump ha un titolo universitario.
È anche per questo che la decisione da parte di una serie di aziende e di amministratori delegati di scaricare il presidente nei giorni dopo l’assalto al Campidoglio è stata ritenuta una notizia dal conservatore Wall Street Journal.
Il mondo del business scarica Trump.
(da Open)
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Gennaio 10th, 2021 Riccardo Fucile
PER IL 56% DEVE ESSERE RIMOSSO DALL’INCARICO PRIMA DELLA FINE DEL SUO MANDATO
Il 56% degli americani ritiene che Donald Trump dovrebbe essere rimosso dall’incarico prima della fine del suo mandato.
E’ quanto emerge da un sondaggio Abc-Ipsos, secondo il quale il 43% degli interpellati è contrario alla rimozione prima del tempo del presidente.
Il 67% è convinto che Trump abbia tutta o parte della responsabilità degli scontri in Congresso, mentre un 15% ritiene che non abbia nessun colpa.
Sono percentuali pesanti che, a distanza di due giorni dall’assalto terroristico al Campidoglio, cominciano a delinerare che due terzi dell’elettorato repubblicano ha preso le distanze da Trump.
(da agenzie)
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Gennaio 10th, 2021 Riccardo Fucile
DIMMI CON CHI VAI E TI DIRO’ CHI SEI: CON CHE CORAGGIO LA MORATTI HA ACCETTATO DI ESSERE COMPAGNA DI MERENDE DI UNA SOGGETTA DEL GENERE?
Per la sanità lombarda è uscito di scena Giulio Gallera, ma le polemiche non mancano per la nomina ad assessore per le politiche sociali, famiglia e disabilità ad Alessandra Locatelli, divenuta nota per aver svegliato i clochard alle 5 di mattina con le idropulitrici a Como.
Per non farsi mancare nulla, c’è stata la nomina di Alessandra Locatelli come nuova assessora della Lombardia.
Parliamo della stessa Alessandra Locatelli che, da assessora alle politiche sociali del comune di Como, pensò di risolvere il problema dei clochard così: svegliandoli con le idropulitrici alle 5 del mattino, mentre dormivano per strada.
Non fornendo loro assistenza o aiuto, non collaborando con le tante associazioni di volontariato, ma togliendo loro persino il gradino, il giaciglio, l’angolo, la panchina.
E come dimenticarsi di quando, nel 2018, chiese agli amministratori della Lega di rimuovere da tutti gli uffici pubblici la foto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella?
Che bella compagnia ha accettato la Moratti.
(da agenzie)
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Gennaio 10th, 2021 Riccardo Fucile
PASSI ESILARANTI: “AMICO DI TRUMP IO? NO, SEMMAI CONTE”…. “LA LOMBARDIA E’ UN MODELLO PER LA SANITA'”
Covid creato in laboratorio, Trump è amico di Conte, essere o non essere di destra. Matteo Salvini a Mezz’ora in più, condotto da Lucia Annunziata, è un frullatore, per citare una definizione di Corrado Augias.
Tra i passaggi più interessanti dell’intervista andata in onda su Rai 3 c’è l’assoluta certezza, manifestata dal leader della Lega, che il Covid-19 provenga da un laboratorio di Wuhan: “Se in Cina avessero evitato di fare fottutissimi esperimenti che hanno contagiato il resto del mondo, parleremmo d’altro — attacca Salvini — È agli atti che sia uscito da un laboratorio di Wuhan”. E poi, mentre la giornalista gli ripete che non ci sono prove di questa teoria, lui ripete: “Da dove è partito il virus? Da Marte? No, dalla Cina”.
E ancora: “Non dico che l’abbiano fatto apposta, ma è partito dalla Cina e per almeno 4 mesi hanno mentito”.
Trump ha perso le elezioni americane, lo ammette anche Salvini, dopo aver sostenuto il tycoon con tanto di mascherina personalizzata. “Le immagini di questa settimana rischiano di mettere in discussione tutto l’operato”, ha detto il leader della Lega rispetto alla violenza di Washington. Poi ha virato sul tema della chiusura degli account social di Trump: “Mi domando dove stiamo andando, chi decide cosa si può dire o non dire, certa sinistra si sente superiore agli altri e decide chi può fare una cosa e chi no”.
Uno dei “più grandi amici di Trump è il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, ricorderete forza Giuseppi”, ha attaccato Salvini. “Sarà Biden a confrontarsi con me se tornerò al Governo”.
Sulla sua identità politica arriva il rilancio: “Io non mi sento di destra, sono categorie vecchie — ha spiegato — Ci sono scelte diverse, io non ritengo che Renzi sia di sinistra, nè Zingaretti. Superiamo queste distinzioni, io sono liberale e conservatore: per la libertà “.
Sul rimpasto nella giunta della Regione Lombardia, che l’ha visto protagonista in determinate scelte, Salvini ha specificato che “l’assessore è di Forza Italia”, riferendosi a Gallera, “ma non ci sono meriti e demeriti” La Lombardia è la Regione italiana “dove ogni anno vengono più malati dalle altre a farsi curare, il modello sanitario pubblico e privato lombardo funziona”. Nessuna colpa nella gestione dell’emergenza Covid in Lombardia, secondo Salvini “se ti arrivano mille malati insieme neanche se sei Gesù bambino riesci a ricoverarli tutti”.
Che non fosse di “destra” comunque già lo sapevamo, lui rappresenta solo quella componente di “destra economica e reazionaria” a cui piace evadere e aspettare i condoni, quelli xenofobi che vivono di egoismi e cinismo sulla pelle dei deboli
(da Fanpage)
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Gennaio 10th, 2021 Riccardo Fucile
“UN ESECUTIVO DIMISSIONARIO PUO’ SVOLGERE SOLO L’ORDINARIA AMMINISTRAZIONE, NON CHIEDERE SCOSTAMENTI DI BILANCIO”
Può un governo dimissionario approvare uno scostamento di bilancio da 20 miliardi, praticamente una Manovra finanziaria?
L’esecutivo avrà i numeri in parlamento — e la legittimazione giuridica — per intervenire con forza sul debito pubblico e garantire gli indennizzi alle attività penalizzate dal Coronavirus?
Sono domande che trovano risposte (anche) nella Carta Costituzionale e che non potranno essere escluse dalla trattativa tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi, ai ferri corti su una serie di dossier, dall’impiego delle risorse del Next Generation EU alla delega ai servizi segreti che il presidente del Consiglio si è attribuito.
La crisi è dietro l’angolo, e nello stallo che può portare alla formazione di un nuovo esecutivo o allo scioglimento delle Camere, il governo rischia di dover rinunciare ad alcune misure chiave per contrastare l’emergenza economica.
Il primo degli effetti dell’impasse politica rischia di essere la mancata approvazione del cosiddetto «decreto Ristori 5». Rifusi bar e ristoranti con il decreto Natale, l’esecutivo sta elaborando misure per risarcire le categorie rimaste escluse da quel provvedimento, fra cui i gestori degli impianti sciistici e i lavoratori autonomi.
Senza l’approvazione di quei 20 miliardi, traballano le agevolazioni fiscali, la rottamazione quater delle cartelle esattoriali e l’anno bianco contributivo. Anche il bonus di mille euro per le partite Iva potrebbe evaporare se Conte e Renzi non dovessero trovare la quadra per far proseguire questa esperienza di governo.
La questione costituzionale
Venti miliardi vuol dire che «siamo davanti a un pezzo di bilancio, a tutti gli effetti: non credo che, se fossimo dimissionari, potremmo chiedere al Parlamento uno scostamento di bilancio per farvi fronte», dichiara un ministro del Pd a la Repubblica.
Ma è anche la Costituzione a porre dei paletti alla libertà di manovra a un esecutivo in procinto di lasciare Palazzo Chigi. «Un governo dimissionario è chiamato a svolgere l’ordinaria amministrazione — sottolinea Beniamino Caravita, vicepresidente dei costituzionalisti italiani -. A quest’ambito sfugge uno scostamento di bilancio, equiparabile a un atto che, anche in funzione delle scelte fatte, esplica un indirizzo politico».
E i fondi del Next Generation EU?
E seppure Conte dovesse forzare le maglie della Costituzione e chiedere il voto ai parlamentari per utilizzare i 20 miliardi del nuovo decreto, non è detto che otterrebbe la maggioranza assoluta da entrambe le Camere.
Una soluzione più agevole, in caso di dimissioni del governo, dovrebbe trovarsi per i 196 miliardi del Next Generation EU. In quel caso, potrebbe essere il parlamento stesso a far proprio il Piano nazionale di ripresa e resilienza, integrandolo e modificandolo, legittimando poi con una delega un primo ministro che lo presenterà a Bruxelles.
Chi decide le azioni di contrasto al Covid?
Un governo dimissionario con un presidente del Consiglio dai poteri fortemente limitati potrebbe comunque rispondere alle esigenze che la crisi sanitaria impone. «Su questo possiamo stare tranquilli — spiega Caravita a la Repubblica — Nell’ordinaria amministrazione, davanti a un’emergenza, non può non rientrare ciò che serve al Paese. Inimmaginabile un vuoto di potere. La controprova l’abbiamo con l’articolo 77 della Costituzione, che consente a un governo dimissionario di emanare decreti leggi e chiama addirittura le Camere già sciolte a riunirsi entro 5 giorni per approvarlo. Sì, anche se Conte dovesse dimettersi potrebbe firmare i Dpcm e il ministro Speranza i decreti che istituiscono le zone gialle, arancioni o rosse».
(da agenzie)
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Gennaio 10th, 2021 Riccardo Fucile
ANALIZZATI I DATI DI 1.700 PAZIENTI… IL PIU’ DIFFUSO: AFFATICAMENTO E DEBOLEZZA MUSCOLARE OLTRE A RIDOTTA FUNZIONE DEI POLMONI
Analizzando i dati di oltre 1.700 pazienti ricoverati in un ospedale di Wuhan durante la prima ondata della pandemia di COVID-19, un team di ricerca cinese ha dimostrato che a oltre 6 mesi di distanza dal superamento della fase acuta dell’infezione il 76 percento presentava ancora almeno un sintomo, legato alla cosiddetta “Long COVID”.
Tra i più comuni affaticamento e debolezza muscolare. Rilevata anche un ridotta funzionalità polmonare nei pazienti che avevano sperimentato una malattia grave.
In molti pazienti contagiati dal coronavirus SARS-CoV-2 il superamento della fase acuta dell’infezione (COVID-19) spesso non coincide con una guarigione vera e propria, ma con l’inizio di una lunga fase di recupero in cui sono ancora evidenti gli strascichi lasciati dall’invasione virale.
Gli scienziati hanno definito questa condizione con nome “Long COVID”, che in italiano è stata chiamata con diversi appellativi, come sindrome da COVID a lungo termine, postumi della COVID-19 o sindrome post-COVID-19. In parole semplici, si tratta di una serie di sintomi che permangono per mesi, il cui numero e l’intensità sono strettamente connessi con la gravità della malattia sperimentata.
I pazienti ricoverati in terapia intensiva, ad esempio, sono quelli che più spesso presentano le conseguenze più pesanti, in particolar modo a livello polmonare e respiratorio. Un nuovo studio ha dimostrato che oltre i tre quarti dei pazienti ricoverati in ospedale per COVID-19 presenta almeno un sintomo a sei mesi di distanza dalle dimissioni.
A condurre la ricerca un team di scienziati cinesi del Centro nazionale di ricerca clinica per le malattie respiratorie dell’Ospedale dell’Amicizia Cina-Giappone di Pechino, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Medicina dell’ospedale Jin Yin-tan di Wuhan, dell’Istituto di ricerca clinica dell’Università di Pechino, dell’Accademia Cinese delle Scienze, del Peking Union Medical College e di altri autorevoli centri di ricerca del dragone.
Gli scienziati, coordinati dal professor Bin Cao, medico presso il Dipartimento di medicina polmonare e di terapia intensiva del nosocomio di Pechino, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato lo stato di salute di oltre 1.700 pazienti ricoverati presso l’ospedale di Wuhan tra il 7 gennaio e il 29 maggio dello scorso anno, durante la prima ondata della pandemia.
I pazienti inclusi nell’indagine avevano un’età media di 57 anni e le visite di follow-up sono state effettuate tra il 16 giugno e il 3 settembre del 2020, per un tempo medio di follow-up di 186 giorni. I pazienti sono stati valutati attraverso questionari, esami di laboratori, analisi del sangue e altri test per verificare nel dettaglio lo stato di salute, la qualità della vita e il processo di recupero dopo l’infezione.
Dall’analisi dei dati è emerso che a sei mesi di distanza ben il 76 percento dei pazienti presentava ancora un sintomo legato alla COVID-19. I più diffusi e persistenti erano l’affaticamento e la debolezza muscolare, rilevati nel 63 percento dei pazienti, seguiti da disturbi del sonno (26 percento) e ansia o depressione, segnalate dal 23 percento. Dei 390 pazienti sottoposti a test di controllo supplementari, in 41 non sono riusciti a completare il test per la funzionalità polmonare, a causa della forte debilitazione.
Chi aveva avuto bisogno di ventilazione meccanica ed ossigenoterapia manifestava con maggiori probabilità una funzione polmonare ridotta, evidenziando anche alterazioni nelle scansioni polmonari, con la presenza di potenziali danni agli organi.
I pazienti gravi hanno ottenuto anche i punteggi peggiori nel test del cammino di sei muniti. Numerosi pazienti che avevano una funzione renale nella norma durante il ricovero hanno sviluppato un deterioramento durante la convalescenza, inoltre è stato rilevato un crollo degli anticorpi neutralizzanti a sei mesi di distanza dal primo controllo, con una riduzione del 52,5 percento.
Ciò potrebbe suggerire un rischio di reinfezione, sebbene l’immunità sia legata anche ad altre cellule (ad esempio quelle B della memoria) e dunque non è ancora chiaro quanto tempo possa durare lo scudo immunitario.
“Poichè la COVID-19 è una malattia così nuova, stiamo solo iniziando a comprendere alcuni dei suoi effetti a lungo termine sui pazienti”, ha dichiarato il professor Bin Cao. “La nostra analisi indica che la maggior parte dei pazienti continua a convivere con almeno alcuni degli effetti del virus dopo aver lasciato l’ospedale, e ciò evidenzia la necessità di cure post-dimissione, in particolar modo per coloro che hanno sofferto di infezioni gravi. Il nostro lavoro sottolinea anche l’importanza di condurre studi di follow-up più lunghi in popolazioni più ampie al fine di comprendere l’intero spettro di effetti che la COVID-19 può avere sulle persone”, ha aggiunto lo scienziato.
“Purtroppo, ci sono pochi rapporti sul quadro clinico delle conseguenze della COVID-19. Lo studio di Huang e colleghi su The Lancet è quindi rilevante e tempestivo”, hanno dichiarato gli scienziati italiani Monica Cortinovis, Norberto Perico e Giuseppe Remuzzi, che hanno commentato la ricerca “6-month consequences of COVID-19 in patients discharged from hospital: a cohort study” pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica con un articolo ad hoc.
(da Fanpage)
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Gennaio 10th, 2021 Riccardo Fucile
LA RICERCA DEL POLITECNICO DI ZURIGO HA ESAMINATO 1,5 MILIARDI DI PICCOLI SPOSTAMENTI DELLA POPOLAZIONE SVIZZERA
Aver tenuto le scuole chiuse da marzo ha permesso di limitare considerevolmente la circolazione delle persone e di conseguenza anche i contagi: è quanto rivela un nuovo studio del Politecnico federale di Zurigo (ETHZ) — di cui danno notizia oggi Le Matin Dimanche e SonntagsZeitung — rilanciano il dibattito, sempre molto acceso, sull’opportunità di tenere le scuole svizzere chiuse per contenere l’epidemia
Gli autori della ricerca sono stati coordinati dal professor Stefan Feuerriegel, docente di informatica dell’ETHZ, e hanno esaminato 1,5 miliardi di piccoli spostamenti della popolazione svizzera tra il 10 febbraio e il 26 aprile.
Lo studio si è basato sui dati anonimizzati forniti dagli operatori telefonici elvetici e ha stabilito che la chiusura delle scuole a metà marzo ha portato a una riduzione della mobilità del 21,6% nel periodo preso in considerazione.
Insieme al divieto di riunioni con oltre 5 persone (-24,9%) e alla chiusura di ristoranti e bar (-22,3%) si tratta di una delle misure più efficaci per ridurre gli spostamenti, tra i principali fattori di propagazione del virus
“Con la chiusura delle scuole i genitori sono restati sempre più spesso a casa. Ciò ha influenzato la mobilità e il numero di infezioni”, ha spiegato Feuerriegel sulle colonne dei due settimanali.
I ricercatori hanno analizzato anche su quali tipi di trasporti abbia influito la chiusura delle scuole e dai loro risultati emerge per esempio una diminuzione importante (-35% circa) degli spostamenti in treno.
La mobilità stradale e autostradale è invece calata meno. Questi risultati coincidono con quelli emersi da uno studio effettuato su 41 Paesi e pubblicato a metà dicembre dall’Università di Oxford, nel Regno Unito, sulla prestigiosa rivista Science.
(da Fanpage)
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