Gennaio 12th, 2021 Riccardo Fucile
L’OPERAZIONE SALVA-CONTE NON DECOLLA, ALMENO UFFICIALMENTE… MASTELLA: “I RESPONSABILI SONO PIU’ DI QUANTO SI CREDA, MANCA UN REGISTA”
L’ultima mano di poker della partita tra Conte e Renzi — quella in cui ognuno va a vedere il bluff dell’altro — fa carta straccia delle mediazioni finora in campo e relega gli altri a bordo partita. Dove, però, l’opposizione riesce a sentire l’odore del sangue.
Forza Italia esclude qualsiasi ipotesi di sostegno a governi a trazione giallorossa. L’esistenza di un “lodo Bettini” viene smentito con forza sia dal portavoce Giorgio Mulè che dalle capogruppo Bernini e Gelmini.
Mentre i vari e presunti “responsabili” – contattati nei giorni scorsi anche da sfiniti mediatori Dem — si sfilano apparentemente uno dopo l’altro.
Eppure, sottotraccia il “corteggiamento” per trovare i numeri che verrebbero a mancare in Senato prosegue e dissipare i sospetti — puntati sul gruppo misto: centristi, totiani, ex grillini, più una pattuglia di azzurri — è arduo.
I contatti tra Gianni Letta e Goffredo Bettini non sono riusciti finora a convincere Silvio Berlusconi a benedire l’operazione. L’orologio della crisi, però, potrebbe essere puntato un po’ più avanti: sul percorso parlamentare del Recovery Fund, dove i consensi sono ben più ampi e intorno a cui Renato Brunetta aveva già invitato a valutare “se esiste una nuova maggioranza”.
Un’occasione d’oro per chi volesse mostrarsi appunto responsabile di fronte al Paese, al Quirinale e all’Europa.
Clemente Mastella, sindaco di Benevento, annuncia: “A crisi chiusa farò un’iniziativa per strutturare i parlamentari responsabili, un soggetto di centro che guarda a sinistra”.
Poi precisa ad HuffPost: “Sarà un nuovo partito presente nel Mezzogiorno. Se fossi stato in Parlamento mi sarei mosso lì, invece lo faccio sul territorio, in modo autonomo. E’ irresponsabile votare con il virus, le scuole chiuse, i ristoratori in affanno”.
Spiega l’ex Guardasigilli (che tra i parlamentari, oltre alla moglie Sandra Lonardo, è in buoni rapporti con Daniela Cardinale): ”I “responsabili” sono più di quanti si creda, ma sono bloccati dal timore di essere usati, considerati eroi un giorno e vili un altro. Renzi li vede come fumo negli occhi perchè non gli consentono di affondare la spada, ma serve un’iniziativa politica”. Un regista. Che, al momento, latita.
“Non ci sono i numeri per forzature in Parlamento” è infatti l’avviso di giornata recapitato al premier, mentre i Cinquestelle in sequenza sprangano la porta a un nuovo esecutivo con Italia Viva.
Non si fanno avanti volontari (anche se diversi sono indicati come “dormienti”), di sicuro latitano copertura e benedizione: Silvio Berlusconi non ha dato via libera a nessuna “operazione politica nell’interesse del Paese”.
Gli abboccamenti sono rimasti in sospeso. Matteo Salvini continua a battere sul governo di centrodestra o sulle urne, ma avvisa: “Qualsiasi cosa è meglio di un governo che litiga”.
Nessuno crede alle urne
Nel centrodestra i messaggini sono tutti dello stesso tenore: “Vediamo come si evolve il teatrino”. Meloni lo dice in chiaro aggiungendo “Ora basta”. Eppure oggi, per la prima volta, c’è la sensazione che la maionese sia impazzita. Che, come dice Zingaretti, si stia rotolando su un piano inclinato. Verso dove? “Valutiamo tutte le opzioni — fanno sapere dalla Lega — Urne difficili ma sarebbero la soluzione migliore”.
Il “second best” su cui il centrodestra comincia a ingolosirsi è un governo elettorale. Una compagine con il compito di combattere la pandemia, gestire il Recovery Fund (che dopo l’auspicata approvazione in consiglio dei ministri avrà bisogno di un iter parlamentare: la partita è appena iniziata) e portare l’Italia al voto. Entro giugno, prima del semestre bianco. Ma quest’ultima parte è tutta da vedere: “Si può nascere governi elettorali ed evolversi in qualcos’altro — ridacchia un deputato azzurro — E al limite, il semestre bianco congela il voto, non il cambio di premier o di squadra”.
Aggiunge un Dem di prima linea: “Un governo di scopo a Salvini potrebbe convenire: si accredita come interlocutore responsabile in Europa senza dover digerire, almeno in questa fase, un governissimo”.
Giovanni Toti, dopo aver protetto i suoi da sospetti di “stampellare” Conte, chiarisce: “L’unico caso in cui potremmo dare una mano, sarebbe un nuovo esecutivo he accogliesse molte delle istanze del centrodestra, che avesse una compagine e una maggioranza assolutamente diverse dalle attuali. Un governo di salute pubblica, di unita’ nazionale, del presidente”. In questa crisi dai contorni oscuri l’unica cosa su cui nessuno scommette sono proprio le urne.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 12th, 2021 Riccardo Fucile
ENTRO DOMANI SI DECIDE TUTTO
A questo punto il dado è tratto, in questa crisi che si consuma prima ancora che si manifesti apertamente. A chi, ansioso di sapere cosa succede, quando scatterà l’ora X, il dopo, insomma il che succede, Renzi ha risposto: “Ormai è questione di ore. Il Conte ter lo ha cancellato Conte. È evidente che a palazzo Chigi ha prevalso la linea Travaglio Casalino. Auguri”.
Le ore sono quelle che passeranno di qui alla fine del consiglio dei ministri sul Recovery previsto per questa sera quando si dimetteranno le ministre di Italia Viva. Gesto che potrebbe essere compiuto nella mattinata di domani se l’ultimo conclave di questo governo dovesse terminare a un’ora che sfida la resistenza fisica, nell’ambito di una partita che va oltre il merito. Riferiscono le stesse fonti: “Non è deciso se voteremo sì oppure no al Recovery, ma la crisi si aprirà ”.
Insomma, il problema più del merito, e nel merito di concessioni ad Italia Viva ne sono state fatte parecchie, è il racconto.
Infatti nella sua e-news Renzi ammette che “ci stanno dando ragione”, ma al tempo stesso rilancia sul Mes. Ci sarebbero cioè i margini per votare sì, ma anche quelli per dire che le richieste accolte non bastano, segno che, come dice un ministro del Pd, “il vaso si è rotto”.
Ecco, almeno per ora, ogni ipotesi di una trattativa che porti a una crisi pilotata è saltata. Da una parte (Renzi), la responsabilità è attribuita al premier, reo di aver concesso poco politicamente e indisponibile e ragionare di un ter che, “quello sì, ci avrebbe messo in difficoltà ” perchè a quel punto, di fronte a sostanziose concessioni, “sarebbe stato difficile dire di no”.
Dall’altra, gli emissari del Pd raccontano di richieste particolarmente esose, perchè la richiesta sarebbe stata, nel nuovo esecutivo, addirittura una “discontinuità al Mef” e un veto su Alfonso Bonafede e Nunzia Catalfo, richieste “fatte apposta per far saltare tutto”. Per la serie: non gli basta scegliere i suoi, ma vuole mettere bocca anche su quelli degli altri partiti.
A dare l’idea del clima, le parole consegnate a Zingaretti da uno sconsolato Goffredo Bettini, colui che più generosamente si è speso per una ricomposizione del quadro: “A questo punto, non si capisce più quello che Renzi vuole”.
E se, sempre ai piani alti del Nazareno, si confida su un ultimo tentativo in atto verso Forza Italia, l’ipotesi è tuttavia è registrata con un certo scetticismo anche al Colle dove, come si dice in questi casi, si segue con una certa preoccupazione la vicenda.
L’ultimo tentativo, attraverso Gianni Letta, è quello di un soccorso azzurro in qualche modo “autorizzato” dal Cavaliere, che potrebbe chiudere un occhio se qualcuno dei suoi votasse per la stabilità , consentendo a Conte di andare avanti.
E di lusinghe ai senatori dell’Udc a cui, in queste ore, sono stati offerti posti di governo in cambio di un sostegno.
Chi ha consuetudine col Quirinale ravvisa tutta la fragilità di un’operazione che magari consente di sopravvivere, un po’ meno di governare con una maggioranza ballerina e senza numeri nelle commissioni.
Però la politica è fatta dagli uomini, con le loro paure, le ambizioni, i rovelli. Conte si gioca tutto, è complicato che rinunci all’Aula, dopo che gli è stato spiegato di essere il pilastro imprescindibile, l’unico punto possibile di caduta e pure il punto di riferimento dei progressisti europei.
Anche Renzi, che si è spinto troppo avanti per innescare una retromarcia senza perdere la faccia. Nessuno può tornare indietro.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 12th, 2021 Riccardo Fucile
TWITTER NON HA MAI CENSURATO LIBERO, HA AGITO PER PROTEGGERE IL SUO ACCOUNT… LA MELONI PUO’ FINIRE DI STRACCIARSI LE VESTI PER QUELLO CHE NON E’ MAI ACCADUTO
La “limitazione” di Libero è durata poco, nel pomeriggio su Twitter è tornato pienamente visibile per la gioia degli amanti di bufale.
«Twitter ci ha tolto la voce per 12 ore. Quelle 12 ore di silenzio imposte a Donald Trump prima di procedere alla rimozione coatta del presidente degli Usa dal social dei cinguettii», aveva scritto Libero questa mattina in merito alla limitazione temporanea dell’account. Limitazione che, secondo le ipotesi di Alex Orlowski — esperto di marketing politico e social media intelligence -, sarebbe da attribuire non alla censura ma al fatto che gli accessi agli account social del quotidiano — precisamente a Facebook e Twitter — sarebbero disponibili nel darkweb.
Alex Orlowski ci ha spiegato che quanto accaduto all’account Twitter di Libero Quotidiano ha ben poco a che vedere con la censura.
«Non c’è nulla di certo sulle ragioni per le quali l’account sia stato limitato, considerato che Twitter non ha ancora dato spiegazioni», afferma Orlowski «ma molto probabilmente, considerato che il sito di Libero è stato hackato nel 2017, ci sono stati dei tentativi di accesso sospetti e da questo deriva la limitazione».
Quei dati rubati a Libero nel 2017 — compresi password e dati sensibili di 130 mila utenti — «li ho trovati nel dark web, li ho controllati e ho immediatamente avvisato la redazione del giornale, che ancora non mi ha richiamato».
Twitter avrebbe quindi limitato l’account di Libero per una serie di accessi sospetti, come è accaduto anche a Orlowski stesso: «Una volta mi è accaduta una cosa simile con la mia agenzia digitale: abbiamo provato a fare una serie di accessi tramite API e ci hanno limitato per l’attività sospetta. Visti i dati che sono riuscito a reperire nel dark web, dati la cui decrittazione richiede una mezz’ora e capacità informatiche di base».
L’esperto informatico ha chiarito anche che la limitazione potrebbe essere frutto della «mancanza di doppia autenticazione: basterebbe anche solo che un giornalista si sia collegato da un paese e un giornalista da un altro».
Spiegato in soldoni e senza addentrarsi in tematiche difficili da comprendere per chi non è esperto di informatica, «è probabile che i dati che giravano sul dark web dal 2017 siano stati decrittati e ricostruiti, trovando così gli API Token necessari per accedere — tramite l’utilizzo di un software esterno — agli account social di Libero».
Il rischio che corre la redazione è quello che «chi riesce ad avere accesso possa pubblicare liberamente su Twitter e su Facebook».
Orlowski ha anche specificato che tra i dati hackerati nel 2017 «ci sono anche le mail dei giornalisti di Libero crittate con un basso livello (MD5)», aggiungendo che farà «un esposto al Garante per la privacy perchè i dati di quei 130 mila utenti di Libero sono visibili e il quotidiano, già nel 2017, avrebbe dovuto avvertirli di cambiare le loro password, considerato che la maggior parte delle persone utilizza — per accedere ai quotidiani — le stesse password che usa per altri servizi».
(da “Giornalettismo”)
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Gennaio 12th, 2021 Riccardo Fucile
PERCHE’ NON SI E’ INTERVENUTI? CHI HA DATO L’ORDINE DI PERMETTERE L’ASSALTO TERRORISTICO? UNA RETE DI CONNIVENZA CRIMINALE SOVRANISTA
A una settimana dai fatti del sei gennaio al Congresso, mentre si sta cercando di fare chiarezza sul ruolo della polizia, un documento consultato in esclusiva dal Washington Post rivela come l’ufficio dell’FBI della Virginia avesse redatto, un giorno prima dell’irruzione a Capitol Hill, un documento interno sui pericoli di un’escalation di violenze a Washington.
Il report di intelligence smentirebbe dunque le dichiarazioni fatte in precedenza dal Bureau secondo cui non c’era alcuna indicazione che qualche gruppo si stesse preparando per scatenare il caos.
Alcuni commenti online citati dal documento incitano chiaramente alla violenza. «State pronti a combattere. Il Congresso dovrà sentire i vetri infrangersi, le porte calciare, e sarà versato il sangue dei loro schiavi soldato del BLM (Black Lives matter, ndr) e dei Pantifa», si legge nel documento.
«Smettetela di chiamarla una marcia, una manifestazione, o una protesta. Andate là e preparatevi alla guerra. Avremo il nostro presidente o moriremo. Nient’altro ci permetterà di raggiungere il nostro obiettivo».
Il documento, redatto da un ufficio della Virginia, era stato subito trasmesso alla sede di Washington, il giorno prima dell’irruzione al Campidoglio, racconta la fonte al Washington Post.
Tuttavia, venerdì, Steven D’antuono, a capo dell’ufficio del Bureau della capitale, aveva detto ai giornalisti che «non c’era alcuna indicazione» di azioni pianificate per il giorno della marcia a sostegno di Donald Trump.
Per settimane, fa notare inoltre il Washington Post, i funzionari dell’FBI hanno scartato qualsiasi suggerimento relativo al fatto che la protesta dei sostenitori pro-Trump potesse essere una minaccia alla sicurezza.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2021 Riccardo Fucile
LAUREN BOEBERT DALL’INTERNO DEL CAMPIDOGLIO SEGNALAVA AI TERRORISTI GLI SPOSTAMENTI DEI SENATORI E DI NANCY PELOSI
C’è una storia sotto traccia che vale la pena di essere raccontata a margine degli eventi di Capitol Hill, dell’assalto al Congresso Usa e della politica nostrana.
Partiamo dall’inizio: il primo luglio 2020 il leader della Lega Matteo Salvini, che da sempre ha “lisciato” i più ferventi trumpiani, twitta un messaggio che spiazza i suoi elettori e che sfugge agli occhi dei cronisti.
Si congratula con una sconosciuta candidata al Congresso degli Stati Uniti, Lauren Boebert, che a novembre sarà poi eletta nel suo collegio in Colorado. Boebert ha appena sconfitto alle primarie del Partito repubblicano il deputato uscente Scott Tipton, che aveva l’appoggio ufficiale del presidente Trump.
Boebert era una candidata di posizioni talmente estreme che perfino i democratici avevano virato sul candidato repubblicano, pur di provare a non contribuire alla sua elezione.
Ha 33 anni, vive in Colorado ed è una fervente sostenitrice delle armi, oltre ad avere posizioni di sostegno nei confronti di QAnon, la strampalata teoria che sostiene l’esistenza di un complotto per sovvertire la presidenza di Trump e che da tempo ciancia di network di pedofilia e satanismo tra i potenti del mondo e di “poteri forti”.
I seguaci della teoria di QAnon sono considerati una vera e propria setta e l’Fbi li giudica una minaccia alla sicurezza nazionale. La deputata Lauren Boebert nei mesi scorsi è finita sui giornali perchè si è rifiutata di chiudere il suo ristorante durante le restrizioni imposte per la pandemia e perchè, nel suo ristorante, lei e le sue cameriere sfilano con armi sempre in bella mostra, invitando i proprio clienti a fare lo stesso.
Quando è stata eletta ha dichiarato a proposito di QAnon: “Spero che sia vero perchè significa solo che l’America sta diventando più forte, e la gente sta tornando ai valori conservatori. È qualcosa di motivante, che ti dà coraggio e mette insieme le persone più forti”.
Durante l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, Boebert ha compulsivamente twittato segnalando gli spostamenti dei senatori e della speaker della Camera Nancy Pelosi, suscitando un enorme sdegno nell’opinione pubblica americana e spingendo diversi politici dem e associazioni dei diritti civili a sottoscrivere una lettere in cui la si accusa di avere “incitato alla violenza”.
Una sorta di “talpa interna” dei manifestanti. “Oggi è il 1776”, aveva scritto durante gli scontri, inneggiando alla rivoluzione americana.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2021 Riccardo Fucile
“TRUMP E’ MALATO DI MENTE, NECESSITA DI UNA CAMICIA DI FORZA”
Il partito democratico ha presentato ufficialmente alla Camera l’articolo che richiede l’impeachment contro Donald Trump: la richiesta è quella di mettere il presidente uscente (per la seconda volta) in stato d’accusa per aver “incitato l’insurrezione” che ha portato all’assalto del Congresso mercoledì 6 gennaio.
E chi meglio di Carl Bernstein — giornalista premio Pulitzer del Washington Post che insieme a Bob Woodward fece dimettere Nixon per l’inchiesta del Watergate — può commentare questo momento storico?
“Il pericolo più grave — dice intervistato da La Stampa — per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti viene ora dal presidente. Trump è matto, e quindi va rimosso al più presto possibile dalla sua carica, per il bene del popolo americano e del resto della comunità internazionale. Poi, se volete, discuteremo dei social media e la libertà di espressione, ma questo non è nè il momento, nè il contesto. La questione è assolutamente mal posta. Il problema più urgente che abbiamo ora è salvare il paese da un pazzo, non interrogarci sul grado di libertà di espressione a cui avrebbe diritto”.
Il giornalista è netto nelle sue opinioni: “Donald Trump è matto. È evidente che non è più nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. In questo momento il pericolo più grave per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti è il presidente, e in realtà lo è già da molto tempo. La minaccia che pone la sua permanenza alla Casa Bianca deve avere la precedenza su tutto”.
Secondo Bernstein, più che l’impeachment (che sarebbe una procedura troppo lunga), “il vicepresidente Pence, insieme alla leadership repubblicana che finora è stata complice di Trump e completamente irresponsabile, dovrebbero fare una dichiarazione pubblica in sostegno dell’invocazione del Venticinquesimo emendamento, cioè quello che consente la rimozione dei presidenti incapacitati”.
“Bisogna mettere — continua il premio Pulitzer — addosso a Trump una camicia di forza costituzionale. Poi, come accaduto con Nixon, che non lasciò la Casa Bianca al termine della procedura di impeachment. I capi repubblicani andarono dal presidente per dirgli che era finita. Pretesero le dimissioni, e Nixon fu costretto a rassegnarle, perchè comprese che non aveva alternative. Ciò deve accadere adesso nel caso di Trump, che va disarmato”.
Poi, l’affondo finale: “La libertà di espressione non è data per scontata. Con questo atto, il capo della Casa Bianca ha dimostrato di essere il principale nemico della repubblica costituzionale che sono gli Stati Uniti, ponendosi in sostanza sullo stesso livello del presidente secessionista Jefferson Davis”.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2021 Riccardo Fucile
DEUTSCHE BANK, COCA COLA, MARRIOT E ALTRE AZIENDA VOLTANO LE SPALLE A TRUMP…. SIGNATURE BANK GLI CHIUDE DUE CONTI CORRENTI, DEUTSCHE BANK CHIEDE IL RIENTRO DI PRESTITI CONCESSI PER 300 MILIONI DI DOLLARI
Dopo essere stato bannato da Facebook e da Twitter, ora anche Deutsche Bank sarebbe pronta a chiudere con Donald Trump. Secondo un’indiscrezione arrivata da una fonte interna all’organizzazione e citata dal New York Times, la banca tedesca vorrebbe allontanarsi dal presidente americano.
Attualmente, la Deutsche Bank è una delle più importanti sostenitrici delle attività finanziare della Trump Organization visto che, ad oggi, sono più di 300 milioni i prestiti concessi — e non ancora restituiti — all’impero economico di Trump.
Già prima degli episodi di Capitol Hill, sempre secondo indiscrezioni circolate nei mesi scorsi, la società tedesca aveva preso in considerazione di rompere ogni rapporto di affari con Trump a causa del grave danno di immagine legato alla sua presidenza.
Ma, dopo l’assalto al Campidoglio, Deutsche Bank ha reso pubblica la sua posizione. Sul suo profilo Linkedin, la responsabile della società negli Stati Uniti, Christiana Riley, aveva subito condannato quanto accaduto:
“Ieri è stata una giornata buia per l’America e la nostra democrazia. La violenza — aveva scritto Riley — non ha posto nella nostra società e le scene a cui abbiamo assistito sono una vergogna per l’intera nazione. Siamo orgogliosi della nostra Costituzione e siamo al fianco di coloro che cercano di sostenerla per garantire che la volontà del popolo sia rispettata e che abbia luogo una transizione pacifica del potere.
Chiusi due conti correnti
Ma Deutsche Bank non è la sola. Anche Signature Bank, a lungo vicina alla Trump Organization e alla famiglia del presidente, ha annunciato che chiuderà due conti correnti in cui Trump aveva depositato circa 5,3 milioni di dollari.
La banca ha anche chiesto al presidente uscente di lasciare la Casa Bianca prima del 20 gennaio, giorno dell’insediamento di Joe Biden. «Crediamo che l’azione più appropriata per il presidente americano sia quella di presentare le sue dimissioni, un’azione che è nei migliori interessi della nostra Nazione e degli americani».
La banca ha anche aggiunto che non ha intenzione di sostenere futuri affari con membri del Congresso che abbiano votato per screditare il risultato dell’elezione. Una decisione presa anche dall’azienda Coca Cola e dalla catena di alberghi Marriott. Entrambe hanno annunciato la sospensione delle donazioni politiche a chi abbia supportato, all’interno del Congresso, le false rivendicazioni di Trump sul voto del 3 novembre.
La Federazione americana di golf si allontana da Trump
A voltare le spalle a Donald Trump è arrivato anche il mondo dello sport. L’allenatore dei New England Patriots, Bill Belichick, ha rimandato al mittente la medaglia presidenziale della libertà che voleva donargli Donald Trump.
Belichick, che aveva in passato parlato della sua amicizia con il presidente, aveva ricevuto l’offerta una settimana fa, prima dell’assalto a Capitol Hill, e ne era rimasto lusingato: «Quei tragici eventi mi hanno indotto a ripensarci», ha dichiarato.
Un annuncio che fa seguito a quello della federazione americana del golf, la Pga, che ha deciso di annullare il torneo in programma nel maggio del 2022 — uno dei quattro più importanti del circuito — nel club di Donald Trump a Bedminster, nel New Jersey.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2021 Riccardo Fucile
AGENTI FERITI, PICCHIATI, TRASCINATI PER LE SCALE, MINACCIATI DI MORTE DAI TERRORISTI
Dobbiamo ancora renderci conto delle proporzioni di ciò che è accaduto il 6 gennaio a Capitol Hill, e possiamo farcene un’idea sentendo i racconti e le testimonianze dei (pochi) agenti di guardia al Congresso che si sono dovuti confrontare con l’orda di folli aizzata da Trump.
E ascoltando queste storie potremmo convincerci una volta e per tutte che chi, anche a casa nostra, si ostina a derubricare un tentato golpe a una ‘manifestazione’ (parola usata da Susanna Ceccardi, per dirne una) non dovrebbe avere posto nelle istituzioni democratiche.
Un agente è stato colpito con una mazza, un altro con un’asta con la bandiera americana attaccata. Un terzo è stato spinto con forza contro una statua e un quarto è stato colpito con una chiave inglese.
Poi ci sono un agente bloccato dalla folla tra due porte e quelli ai quali è stato spruzzato in volto uno spray usato per allontanare gli orsi.
Alcuni agenti sono anche stati trascinati giù dalle scale, calpestati dalla folla, presi a pugni. Il risultato sono caviglie e polsi gonfi, commozioni celebrali, contusioni a braccia e gambe, irritazioni ai polmoni.
“Ho parlato con agenti che hanno partecipato a due missioni in Iraq e mi hanno detto che è stato più spaventoso di quando erano in combattimento” ha detto il capo della polizia di Washington Robert Contee dopo aver parlato con un agente dimesso dall’ospedale dopo essere stato colpito e ferito con una pistola stordente.
“È ovviamente molto scosso, molto arrabbiato”, ha detto Contee citato dal Washington Post, aggiungendo che i rivoltosi hanno rubato oggetti all’ufficiale e, secondo lui, hanno cercato di prendere la sua arma.
I video che circolano su Internet sono drammatici, tra cui quello di un ufficiale delle forze di Washington che viene trascinato giù per le scale fuori dal Campidoglio e picchiato con mazze, una stampella e un palo con una bandiera americana attaccata.
L’ufficiale è stato salvato da colleghi con manganelli. Un altro filmato diffuso dalla Cnn mostra un agente bloccato tra due porte che urla di dolore mentre i rivoltosi cercano di tirargli su la maschera antigas. “Mi fa venire la nausea vedere quel video – ha detto Contee – Quell’ufficiale aveva paura per la sua vita”.
La polizia di Washington ha riferito che un agente resta ricoverato.
Erano 1.440 gli agenti della polizia del Campidoglio presenti nella sede del Congresso al momento dell’assalto e tra loro ci sono stati feriti. Ma il Washington Post spiega che la polizia di Capitol Hill non ha voluto fornire informazioni in merito, così come anche il sindacato della polizia del Campidoglio. Greggory Pemberton, presidente del sindacato di polizia di Washington, ha definito l’assalto come ”un incubo”, spiegando che un agente ha subito un infarto dopo essere stato colpito sei volte con una pistola stordente mentre un altro ha perso l’indice della mano destra dopo essere stato calpestato.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2021 Riccardo Fucile
SOSTENITRICE DI TRUMP, CONTRARIA AI VACCINI E ALLE MISURE DI LOCKDOWN
Tra gli assaltatori di Capitol Hill del 6 genanio era presente anche Simone Gold, unan nota attivista no-vax e sostenitrice dell’idrossiclorochina come cura contro il Covid.
Gold ha ammesso di essere entrata a Capitol Hill, ma ha dichiarato di non aver assistito a nessuna violenza.
Sostenitrice di Trump, ma al tempo stesso critica dei vaccini sostenuti dal governo, la Gold è diventata famosa quando ha manifestato in luglio davanti alla Corte Suprema contro le misure di lockdown. Donald Trump aveva rilanciato su Twitter il video della sua protesta, diffuso dal sito di estrema destra Breitbart.
Il 6 gennaio la Gold si trovava davanti al Congresso con altri attivisti del gruppo anti vax da lei fondato America’s Frontline doctors.
Licenziata dagli ospedali dove lavorava per le sue posizioni sul coronavirus, ha detto al Washington Post di rimpiangere di aver partecipato all’irruzione al Congresso, temendo che ciò distrarrà l’attenzione dalla sua campagna.
(da agenzie)
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