Gennaio 23rd, 2021 Riccardo Fucile
GOVERNO AL LAVORO PER EVITARE DI ANDARE SOTTO GIOVEDI’ SULLA RELAZIONE GIUSTIZIA DI BONAFEDE
Un “segnale politico” sulla prescrizione e un decreto sulla giustizia civile: ecco il sentiero, ancora da costruire, per sminare l’ultimo scoglio sulla navigazione di Giuseppe Conte. L’appuntamento con il voto parlamentare sulla relazione del Guardasigilli Alfonso Bonafede è lo spauracchio dei giallorossi mentre l’operazione “responsabili” non decolla. Mercoledì pomeriggio alla Camera, mentre al Senato potrebbe slittare a giovedì – deciderà la capigruppo – ma non oltre.
Un margine molto ristretto per trasformare la prospettiva di una sfida all’Ok Corral in “occasione di dialogo trovando una soluzione politica”, come spiega uno dei “pontieri” in prima linea.
Il tema della giustizia è dirimente per allargare (o far saltare) la maggioranza, Bonafede è l’uomo simbolo di un irrigidimento della prescrizione indigesto a renziani, centristi e forzisti. Cioè proprio quelli che servono per tenere in sella il premier.
L’allarme è alto e parte dal Nazareno: “Serve un segnale politico forte, un’iniziativa del governo e del ministro sennò si va a sbattere”.
Walter Verini avvisa: “Si apra una fase nuova, investimenti e riforme per tempi ragionevoli dei processi, sei anni per quelli civili. Spero in segnali dalle forze politiche responsabili”. Una mediazione in grado di “convincere” ad astenersi se non Renzi almeno una parte dei suoi parlamentari.
Conquistando Sandra Lonardo e qualche altro garantista incerto. Ore frenetiche di telefonate e di ipotesi sul tavolo. A via Arenula lavorano su un testo farcito di numeri e tutto proiettato sul 2021: con il Recovery Fund ci saranno 2,7 miliardi per oltre 20mila assunzioni.
Poi c’è il versante riforme: la prospettiva di un decreto per accelerare sulla giustizia civile (che va piano alla Camera, il primo febbraio scade il termine per gli emendamenti in Commissione) con dentro giudici onorari e modifiche della disciplina concursuale per le imprese, temi cari a Iv e Forza Italia. “Sarebbe assurdo buttare le riforme con l’acqua sporca” argomentano i grillini.
Il Pd chiede di più: vuole un segnale proprio sulla prescrizione. Non basterà omettere qualsiasi riferimento al tema, dato che l’amministrazione della giustizia nel 2020 non ha avuto profili relativi ad essa. Servirà un “ammorbidimento”. L
e modalità sono ancora al vaglio. Magari quella commissione di verifica ad hoc sugli effetti della riforma chiesta dagli uomini di Renzi.
O addirittura un “congelamento” delle nuove regole fino alla riforma complessiva del procedimento penale, che abbreviando radicalmente i tempi cambierebbe il sistema spuntando le accuse di giustizialismo. Sullo sfondo, il doppio binario tra assolti e condannati in primo grado, che però non piace a tutti.
Trattative complesse. Mentre lo scenario tutto intorno resta bloccato. L’operazione “responsabili” è in stallo, ed è difficile che da Forza Italia qualcuno possa staccarsi per “promuovere” l’operato di un ministro della giustizia considerato “ultra-giustizialista”.
Già la centrista Binetti ha avvisato: “Voteremo no, a maggior ragione dopo la vicenda Cesa, poi la storia cambia”.
Mentre il Nazareno continua a stoppare le pulsioni di un’ala Dem che vorrebbe “evitare di morire contiana”. Ma da Zingaretti a Orlando fino a Franceschini si ripete che l’attuale premier è “un punto di equilibrio” e dopo di lui ci sono solo le elezioni.
Mantra, quello delle urne, ribadito oggi anche dai Cinquestelle e da Silvio Berlusconi. Una drammatizzazione per stanare i “dormienti”, certo, ma anche un’opzione non escludibile: “Il centrodestra unito è appena salito al Quirinale per chiedere le elezioni. Mattarella ha preso nota. Se Conte salta, non potrà non tenerne conto” ragiona un deputato.
Ecco perchè l’obiettivo minimo, ora, è superare il passaggio di Bonafede a Palazzo Madama per poi ricominciare ad allargare la maggioranza.
Si punta a un via libera grazie all’incrocio di assenze e astensioni, purchè si eviti di urtare suscettibilità . Al “cantiere” partecipano, oltre a Bonafede in prima persona, il sottesegretario Dem Andrea Giorgis, Federico Conte di Leu, il presidente grillino della commissione Giustizia Mario Perantoni, il Dem Verini, che da tesoriere continua a dare una mano su questi temi.
Il ministro in aula snocciolerà quello che l’Italia rischia di perdere: 2,7 miliardi di euro dall’Europa, 2,3 dei quali da usare per oltre 20mila assunzioni (16mila addetti all’ufficio per il processo, 2mila magistrati aggregati per abbattere l’arretrato, 100 magistrati onorari ausiliari per il contenzioso tributario, 4mila personale tecnico tra informatici, architetti, ingegneri statistici) più 450 milioni per l’edilizia giudiziaria.
Ma il problema, si sa, è politico. “Se anche dicesse solo: buonasera, vi consegno la relazione scritta, le relative risoluzioni andrebbero comunque al voto” ragiona un Dem. Ecco allora il doppio possibile affondo: la spinta ad accorciare (finalmente) i processi civili, cioè la principale richiesta fatta da Bruxelles per avere accesso ai soldi del Recovery. E il “segnale politico” sulla prescrizione. La riforma del processo penale si muove, in parallelo, al Senato. Ma qui intervenire per decreto provocherebbe obiezioni di costituzionalità e — probabilmente — i i rilievi del Colle.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: governo | Commenta »
Gennaio 23rd, 2021 Riccardo Fucile
NONOSTANTE I DOCUMENTI LI INCHIODINO, FONTANA E LA MORATTI NON AMMETTONO DI AVER CAUSATO UN DANNO DI 600 MILIONI AI LOMBARDI… E LA RETTIFICA LA CHIAMANO “INTEGRAZIONE”
La mesta storia della Lombardia alle prese con la pandemia è “finita” con l’unico epilogo possibile: la Lombardia ha fatto ricorso contro se stessa.
Sì, perchè pare ormai certo che se la regione governata da Attilio Fontana è stata zona rossa dal 17 gennaio non perchè l’indice rt fosse quello di Manaus, ma perchè in Lombardia hanno fatto male i calcoli.
Insomma, si sono sbagliati. Avrebbero, in pratica, continuato a conteggiare come positivi quelli che dopo tre settimane potevano ritenersi guariti anche senza tampone di controllo.
Ovviamente, la vicenda ha risvolti meravigliosi, perchè preceduta dal ricorso al Tar di Fontana con tanto di dichiarazioni vittimistiche quali “Questa è una punizione, i lombardi sono stati bravi!”.
I lombardi sono stati bravi scolaretti, certo, mentre la Regione non sapeva neppure fare i conti giusti. Quando arriva la risposta del ministero della Salute che fa notare gentilmente a Fontana “avete sbagliato i numeri”, Fontana e la Moratti saltano sulla sedia. “Ma come vi permettete, sappiamo tutte le tabelline fino a quella del sette!”.
Insomma, dicono che non hanno sbagliato proprio un bel niente. A quel punto, Roberto Speranza, uno che ha la faccia di quello che s’è incazzato l’ultima volta quando gli si è macchiato con la Coca Cola il vestito della prima comunione, si incazza.
«La relazione dell’Istituto superiore di Sanità è chiarissima. La Regione Lombardia, avendo trasmesso dati errati, ha successivamente rettificato i dati propedeutici al calcolo del Rt e questo ha consentito una nuova classificazione» ha detto. «Senza l’ammissione di questo sbaglio non sarebbe stato possibile riportare la Lombardia in zona arancione» ha continuato Speranza, «questa è la semplice verità . Il resto sono polemiche senza senso che non fanno bene a nessuno. Soprattutto a chi le fa».
Allora Fontana, non potendo più scaricare gli errori su Gallera e se prova a farlo con la Moratti si ritrova a fare l’oss in una rsa, dice che non si tratta di rettifiche, ma di “aggiornamenti”.
In pratica hanno aggiornato il ministero sul fatto che avevano mandato i numeri sbagliati.
Dunque, quelli che pensavano di dare la precedenza dei vaccini alle regioni più produttive, probabilmente avrebbero sbagliato i conti del pil e l’Abruzzo sarebbe stato vaccinato prima della Lombardia.
Li avevamo criticati senza valutarlo. Fatto sta che se questa ricostruzione sarà confermata definitivamente, il problema per la Lega è serio: il partito sostenitore dell’#ioapro grazie soprattutto all’endorsement di Matteo Salvini, il partito dalla parte degli imprenditori vittime dei dpcm del governo, ha danneggiato gli imprenditori per via di un errore gravissimo e grossolano.
Un errore dovuto proprio all’incapacità in Lombardia di monitorare i contagi e i cittadini che sono rimasti (contagiati) a casa per le quarantene. Le conseguenze dell’incapacità ormai endemica della regione e di Ats nel vigilare sui singoli, ha portato non solo ai disastri della prima ondata che sono costati morti e contagi, ma anche a un danno economico difficilmente quantificabile in questa seconda ondata.
Una settimana di zona rossa in più nel periodo dei saldi sarebbe infatti costata 600 milioni di euro ai negozianti. Che ora dovrebbero prendersela proprio con chi chiedeva al governo di aprire, mentre era colpevole della chiusura. Con chi voleva tutelarli mentre li danneggiava. Con chi faceva ricorso al Tar mentre in realtà faceva ricorso a se stesso.
(da TPI)
argomento: denuncia | Commenta »
Gennaio 23rd, 2021 Riccardo Fucile
LO POLIZIA LO IDENTIFICA: E’ UN PROFESSORE UNIVERSITARIO DI ROMA: QUESTO SAREBBE UN EDUCATORE?
Aboubakar Soumahoro, sindacalista noto per le battaglie contro il caporalato e lo sfruttamento dei braccianti, ha raccontato di essere stato avvicinato da un uomo che, senza un apparente motivo, lo ha insultato per il colore della sua pelle. Il sindacalista ha spiegato che si trovava allo sportello del bancomat quando all’improvviso ha sentito «una presenza molto vicina da dietro che gli fischiava nell’orecchio e diceva “Ue, ue, hai finito?». Aveva un atteggiamento «aggressivo» — precisa Soumahoro — che è diventato ancora più feroce quando Aboubakar gli ha chiesto di indossare la mascherina visto che ne era sprovvisto.
È a quel punto che quell’uomo di mezza età «senza mascherina», infastidito dal fatto che il sindacalista lo avesse invitato ad allontanarsi, si è lasciato andare a una frase razzista: «Senti animale, fai presto che qui abbiamo da fare».
In un secondo momento l’uomo è stato identificato dai carabinieri: si tratterebbe di «un professore universitario di Roma». Sarebbe stato lui l’autore di questa «aggressione verbale, assolutamente ingiustificata ed evidentemente razzista». Un fatto che non può passare inosservato e sul quale il sindacalista intende andare fino in fondo.
«Ho chiesto di procedere nelle sedi competenti perchè ogni atto di intolleranza xenofoba e razzista deve essere perseguito senza eccezioni. Questa violenza è sintomo di un razzismo pandemico della società e dell’incattivimento sociale che viviamo tutti in questi ultimi tempi ma che non deve essere perpetuamente e impunitamente replicato», ha concluso il sindacalista.
(da Open)
argomento: Razzismo | Commenta »
Gennaio 23rd, 2021 Riccardo Fucile
CHI SI SMARCA DAI SOVRANISTI DIVENTA BERSAGLIO DELL’ODIO
Vittima di pesanti insulti sui social Renata Polverini ha detto basta. E ha deciso di sporgere denuncia.
Lo annuncia lei stessa sul suo profilo Facebook : “Stamattina dopo la mia corsa mattutina e preso il caffè vi auguro una buona giornata. Vorrei anche comunicarvi che, dopo una settimana in cui ho letto solo alcuni degli insulti che ho ricevuto, ho deciso di recarmi presso il posto di polizia della Camera dei deputati per sporgere denuncia rispetto ai contenuti che nulla hanno a che fare con la critica politica. Tra i commenti oltre a minacce di morte o percosse fisiche sono stata appellata con parole inaccettabili come Puttana, Troia, Zoccola, Prostituta, Ladra ecc… E chi più ne ha più ne metta”.
“Molti- continua – li ho cancellati perchè erano talmente violenti che ho ritenuto di non farli leggere alle persone che accedevano ai miei profili. Come avete avuto modo di verificare, i miei profili sono tutti aperti mentre ho constatato che molti di coloro che infangano o non hanno la foto e quindi si nascondono o hanno i profili privati e quindi non si può accedere. Ma del resto che cosa ti puoi aspettare?”, conclude la deputata.
Polverini la scorsa settimana a Montecitorio ha votato a sorpresa la fiducia al governo Conte. Per questo è stata espulsa da Forza Italia e proprio ieri ha formalizzato il suo passaggio a Centro democratico, la formazione di Bruno Tabacci.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Gennaio 23rd, 2021 Riccardo Fucile
I SISTEMI SANITARI PIU’ SANI: EMILIA-ROMAGNA, VENETO, UMBRIA
Oltre 1,6 milioni di famiglie italiane hanno rinunciato a curarsi per motivi economici. È quanto comunica l’Istituto Demoskopika, gruppo italiano per le ricerche di opinione e di mercato.
Nel 2019 sono stati 314mila i “viaggi della speranza” dal Sud che hanno generato bilanci in rosso per oltre 1,2 miliardi di euro. Il record spetta a Calabria e Sicilia. I sistemi sanitari più “in salute” del paese sono invece quelli di Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige.
Questi dati emergono dall’IPS 2020, l’Indice di Performance Sanitaria realizzato, per il quarto anno consecutivo, dall’Istituto Demoskopika sulla base di otto indicatori: soddisfazione sui servizi sanitari, mobilità attiva, mobilità passiva, risultato d’esercizio, disagio economico delle famiglie, spese legali per liti da contenzioso e da sentenze sfavorevoli, democrazia sanitaria e speranza di vita (qui il rapporto completo)
La classifica di “IPS 2020”
La gara per le posizioni migliori quali sistemi sanitari più “sani” d’Italia si gioca anche quest’anno, come per le tre edizioni precedenti, interamente nel Centro-nord.
A guidare la classifica dell’Indice di performance sanitaria dell’Istituto Demoskopika per il 2020, in particolare, l’Emilia-Romagna che, con un punteggio pari a 107,7 conquista la vetta spodestando il Trentino-Alto Adige (107,6 punti).
Segue il Veneto (105,6 punti) che mantiene la stessa posizione del 2019 nel medagliere dei sistemi più performanti del paese. Subito dopo, tra i migliori sistemi sanitari locali, Umbria (105,5 punti), Lombardia (104,9 punti) e Marche (104,8 punti).
Altri 9 sistemi sanitari rientrano nella categoria delle regioni “influenzate”: Toscana (104,2 punti), Friuli-Venezia Giulia (104,0 punti), Lazio (103,7 punti), Piemonte (102,8 punti), Valle d’Aosta (100,8), Liguria (100,0), Sardegna (99,4), Abruzzo (98,1 punti) e, infine, Basilicata (97,9 punti).
Tutte del Sud, infine, le rimanenti regioni che contraddistinguono i sistemi etichettati come “malati” nella classifica di Demoskopika: Puglia (97,4 punti), Molise (97,1 punti), Sicilia (93,0 punti), Calabria (90,9 punti) e, fanalino di coda, il sistema sanitario della Campania con 88,6 punti.
“Regioni e Governo approfittino delle ingenti risorse finanziarie del dispositivo Next Generation EU della maggiore flessibilità della programmazione 2021-2027 per ridurre il disequilibrio dell’offerta sanitaria italiana”, è l’invito del presidente di Demoskopika, Raffaele Rio.
Il disagio economico
Nel 2019 oltre 1,6 milioni di famiglie italiane hanno dichiarato di non avere i soldi, in alcuni periodi dell’anno, per poter affrontare le spese necessarie per curarsi con un incremento dell’area del disagio pari al 2,3 per cento (oltre 36mila nuclei familiari in più) rispetto all’anno precedente.
A consolidare le prime posizioni del ranking di Demoskopika tutte le realtà del Mezzogiorno con oltre 923mila famiglie in condizioni di disagio a causa della mancata disponibilità economica per fronteggiare la cura di malattie, pari al 56,9 per cento del valore complessivo italiano.
A denunciare il fenomeno sono soprattutto le famiglie in Sicilia, con una quota del 13,5 per cento, quantificabile in oltre 271 mila nuclei familiari. Seguono la Calabria con una quota del 12,1 per cento pari a 98 mila famiglie, la Puglia (11,3 per cento, pari a 182mila nuclei familiari) e la Campania (11,2 per cento, 245mila famiglie.
All’estremo opposto della classifica ci sono Emilia-Romagna (1,9 per cento), Trentino-Alto Adige (2,2 per cento) e Friuli-Venezia Giulia (2,4 per cento), che ottengono il ranking migliore in questa graduatoria parziale dell’Indice di Performance Sanitaria di Demoskopika, con una quota media percentuale, per queste realtà , di poco più del 2 per cento di nuclei familiari in condizioni di disagio economico che ha coinvolto complessivamente oltre 61 mila nuclei familiari.
(da agenzie)
argomento: sanità | Commenta »
Gennaio 23rd, 2021 Riccardo Fucile
LE LINEE GUIDA DELLA COMMISSIONE NON PERMETTONO DI FARE QUELLO CHE SI VUOLE… I TIMORI DI MOODY
La Commissione europea aggiorna le linee guida per accedere ai fondi del Recovery e per l’Italia la strada verso i 209 miliardi Ue diventa ancora più ripida. Le nuove indicazioni valgono per tutti i paesi, ma in Europa a nessuno sfugge che sono perfettamente ritagliate sul “caso Italia”.
Non per niente Bruxelles insiste sulla necessità di indicare le riforme che accompagneranno gli investimenti finanziati dall’Unione.
Per Roma si tratta di ammodernamento della Pubblica amministrazione e della giustizia, ma anche di provvedimenti sulle pensioni e di misure per aumentare la competitività del Paese. Che intanto vive una giornata difficile sui mercati, con lo spread in salita e Moodys che lancia nuovi avvertimenti sul debito.
Dopo avere osservato in silenzio le difficoltà con le quali Roma ha lavorato al piano per accedere ai fondi del Next Generation Eu (209 miliardi su 750 complessivi), negli ultimi giorni la Commissione ha iniziato a farsi sentire, sottolineando che il Recovery italiano va “rafforzato” (Gentiloni) e che l’instabilità politica non deve distrarre dal suo completamento (Dombrovskis). Sale la tensione, visto che manca un mese all’appuntamento con la notifica formale del nostro piano.
Ecco perchè la Commissione mette per iscritto che i programmi nazionali “dovrebbero guardare alle raccomandazioni Ue 2019 e 2020”, ovvero alle riforme che l’Europa ci chiede da anni.
Il legame tra soldi e riforme è noto da luglio, ma ora Bruxelles lo ribadisce con chiarezza: i Paesi devono “fornire spiegazioni dettagliate su come verranno affrontate le misure proposte, in che modo le criticità verranno risolte”. Insomma, l’Unione non si accontenta della vaghezza dei documenti inviati da Roma.
Inoltre chi, come l’Italia, registra squilibri eccessivi, è invitato “a spiegare come i piani contribuiranno ad affrontarli”. Per Roma si tratta del debito pubblico: per Bruxelles deve essere affrontato aumentando la crescita attraverso un aumento della produttività e della competitività con le riforme, tra cui taglio della burocrazia, processi più rapidi, eliminazione di quota 100 e un miglior ambiente per le imprese.
La preoccupazione Ue si giustifica anche con il fatto che nelle prime bozze del piano italiano le riforme venivano riassunte, ora sono scomparse: assenti quelle che richiamano interventi sulla spesa pensionistica e lo spostamento delle tasse verso la rendita con l’aggiornamento dei valori catastali. Restano richiami solo su giustizia, concorrenza e mercato del lavoro.
Intanto il governo tenta una “riscrittura” del Recovery: ieri Conte ha visto i sindacati e ha garantito “tavoli” con i ministri ottenendo reazioni positive da Cgil-Cisl-Uil. Lunedì vedrà Confindustria.
Passaggi legittimi, che però stanno snervando istituzioni e partner Ue visto che l’Italia a luglio aveva promesso di attivarsi subito sul piano e dal 15 ottobre conosce i dettagli richiesti da Bruxelles. Non solo, se l’Italia non taglierà la burocrazia, è il timore della Ue, rischierà di non investire in tempo i 209 miliardi, perdendoli.
Ieri la differenza di rendimento tra Bund tedesco e Btp italiano, termometro della fiducia dei mercati, è salita di 8 punti. Lo spread ha raggiunto quota 124 nel pomeriggio, ai massimi da due mesi. Detonatore delle tensioni proprio i timori di Bruxelles e la sortita di giovedì della presidente Bce, Christine Lagarde, che ha chiesto ai partner Ue, Italia in testa, di non sprecare il Recovery.
Anche Moody’s, una delle maggiori agenzie di rating, scende in campo: in un report avverte che il governo “indebolito” e più “fragile” dopo la crisi, si troverà ad affrontare “sfide impressionanti” sul piano di politica economica e della pandemia. E aggiunge che “l’incapacità dell’Italia di trarre vantaggio dalle risorse del Next Generation Eu eserciterebbe con tutta probabilità pressioni al ribasso sul profilo di credito”.
Una velata minaccia di declassamento: rischiosa perchè Moody’s come Fitch (S&P è appena un po’ più in alto) sono ad un gradino dal livello “spazzatura”. Così l’Italia torna sotto osservazione per via di Recovery, debito e crisi politica. Un mix pericoloso.
(da agenzie)
argomento: Europa | Commenta »
Gennaio 23rd, 2021 Riccardo Fucile
LA SOGLIA MASSIMA DI IRRESPONSABILITA’ IN ITALIA L’ABBIAMO ABBONDANTEMENTE SUPERATA
Una delle parole più usate, e ovviamente abusate, in questi giorni, è “responsabilità ”. Tutti, o quasi, giudicano “irresponsabile” la mossa di Renzi, che invece si è definito addirittura un “patriota”. E “responsabili” sono detti coloro che dovrebbero far convergere sulla maggioranza i loro voti e non far cadere il governo.
L’impressione è che si parli tanto di responsabilità perchè mai come in questo periodo ci sono tanti “irresponsabili” in giro.
Cosa è successo agli italiani? È definitivamente crollato il tessuto morale della nazione? Dovremmo “rieducarli”? Queste domande penso che un po’ tutti noi “riflessivi” ce le stiamo ponendo. Forse però c’è un errore nel fondo dei nostri ragionamenti, che è quello di legare, con qualche buona ragione ammetto, la responsabilità in senso stretto all’individuo.
D’altronde, l’etimologia della parola sta a indicare un “prendersi carico”, o “cura”, da parte di ognuno dell’altro e del “bene comune”. Quindi è un movimento individuale. Tanto che poi, in ambito giuridico, si parla di “imputabilità ”, che è appunto l’assegnare o togliere la responsabilità di un reato a un determinato individuo.
E, più in generale, si dice che si è responsabili se si riesce a “dar conto” delle proprie azioni (in inglese si usa il termine accountability), cioè giustificarle con argomenti (che sensatamente non dovrebbero essere meramente utilitaristici, come quelli di molti dei “responsabili” di questi giorni, nè astrusi)
Eppure, se tutto questo è vero, c’è un altro lato della questione che va considerato. Chi decostruisce esplicitamente il concetto di responsabilità , slegandolo sia da quello di individuo sia da quello di libertà a cui solitamente è legato, è stranamente proprio un filosofo di ispirazione liberale, e cioè Benedetto Croce.
Lo fa in uno dei suoi Frammenti di etica, quello appunto dedicato alla Responsabilità (il numero XXVIII), fra l’altro pubblicato proprio nel periodo in cui egli teorizzò il liberalismo. Ecco le parole di Croce: “non si è responsabili, ma si è fatti responsabili, e chi ci fa responsabili è la società ”.
Ovviamente questo non è affatto un “aprire le righe”, come il filosofo napoletano spiega compiutamente oltre. Nè, potremmo aggiungere noi, un deresponsabilizzante “è colpa della società ”, come argomentavano di fronte a certe cattivi comportamenti i sessantottini (Margareth Thatcher, da parte sua, arrivò a dire che la “società non esiste”).
Significa, più banalmente, tener conto del tessuto di relazioni entro cui ci muoviamo e che, se è “malato”, rende difficili anche le buone azioni. Facendo degli “eroi” persone che in altri contesti agirebbero per abitudine in un modo “corretto”, o che comunque sarebbero sanzionati moralmente e da tutti “esclusi” se non lo facessero.
Quanti italiani indisciplinati sono diventati più disciplinati degli indigeni quando sin son trasferiti all’estero, nei cosiddetti “paesi civili” (come si diceva e forse erano un tempo gli altri europei)?
E, viceversa, quanti stranieri, giunti sul suolo patrio, si sentono autorizzati a commettere ogni sorta di nefandezza, ad esempio vandalizzare le nostre opere d’arte, atti che mai compirebbero a casa loro?
È il “contesto ambientale”, che a volte fa la differenza. E quello che in certi Paesi e momenti sembra un atto disdicevole, in altri passa nell’indifferenza o nella rassegnazione del “così fan tutti”.
La soglia massima di irresponsabilità , a me sembra, in Italia l’abbiamo già abbondantemente superata.
Tanto che le parole non hanno più significato, e noi ormai, senza timor del ridicolo, chiamiamo responsabile anche chi palesemente sta seguendo solo il proprio personale tornaconto. Non sarebbe ora di lavorare un po’ sul contesto, e anche sulle parole?
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Costume | Commenta »
Gennaio 23rd, 2021 Riccardo Fucile
“IL FESTIVAL BLINDATO NON SERVE A NULLA”… OTTIMA IDEA, SI FACCIA TRA UN ANNO, GLI ITALIANI HANNO ALTRO A CUI PENSARE
Non vuole spostare Sanremo in avanti, ad aprile o maggio. Piuttosto meglio non farlo: è questa l’opinione di Amadeus che in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera dice la sua sul festival più complicato di sempre. “O tutti uniti per marzo o nel 2022”, afferma il conduttore aggiungendo che “sarà un Sanremo in sicurezza, con figuranti e distanziamenti. Sul palco ci sarà anche Matilda De Angelis”.
L’idea è quella di avere un pubblico di figuranti.
“Pensiamo a figure contrattualizzate che sono parte integrante dello spettacolo nel rispetto del Dpcm. Con le giuste distanze possiamo arrivare a 380 persone in platea, mentre la galleria sarà ovviamente chiusa. Dobbiamo offrire al pubblico a casa e agli artisti che sono sul palco la possibilità di avere uno spettacolo vero”.
Amadeus dice di essere sempre stato chiaro: “O Sanremo si fa in sicurezza – perchè la salute viene al primo posto – oppure non si fa”. Ma posticiparlo è fuori discussione.
“Se lo posticipi a maggio non è Sanremo, ma il Festivalbar. E poi chi ci dice che a maggio avremo lasciato le mascherine e potremo abbracciarci tranquillamente? Se così fosse firmerei subito, ma a maggio probabilmente saremo più o meno nella stessa situazione. Quindi spostarlo per trovarsi con gli stessi problemi non avrebbe senso. Chiarisco una cosa: non vorrei che sembrasse che mi sono intestardito a fare Sanremo a tutti i costi. Lo deve volere la Rai, la discografia e la città di Sanremo. Lo dobbiamo volere tutti: o siamo compatti e lavoriamo per farlo al meglio oppure ci rivediamo nel 2022”.
“Tante persone che mi chiedono di fare un grande Festival perchè la musica è in fin di vita. Il Festival blindato non serve a niente, non è uno spettacolo televisivo, passerebbe alla storia per il Sanremo del Covid, per il Sanremo della desolazione. Intorno al Festival da 70anni a oggi è sempre stato costruito uno spettacolo. Se in una partita di calcio mi togli il pubblico, mi levi le porte, riduci a 8 i giocatori e il pallone sì ma sgonfio, forse è meglio rimandare la partita”.
(da agenzie)
argomento: Costume | Commenta »
Gennaio 23rd, 2021 Riccardo Fucile
HA CERCATO DI SOSTITUIRE IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA NEL TENTATIVO DI COSTRINGERE LE AUTORITA’ DELLA GEORGIA A RIBALTARE IL VOTO POPOLARE
Ha gridato ai più svariati scandali quando ha cercato lui per primo di organizzare il più grosso. Negli ultimi giorni della sua Presidenza, Donald Trump avrebbe tentato di sostituire il ministro della Giustizia ad interim Jeffrey A. Rosen (subentrato dopo le dimissioni di William Barr) per poter manovrare liberamente il ministero nel tentativo di costringere le autorità della Georgia a ribaltare a suo favore il risultato elettorale.
La lunga ricostruzione che si basa sulle testimonianze di quattro ex funzionari dell’Amministrazione Trump.
Nel suo piano, il presidente Usa uscente poteva contare sull’aiuto di un funzionario del dipartimento, Jeffrey Clark, che si era schierato al fianco di Trump nel sostenere le accuse di brogli elettorali lanciate dal presidente, al contrario di quanto fatto da Rosen.
Il piano di Trump, secondo la ricostruzione del Nyt, consisteva proprio nel sostituire Rosen con Clark. Il piano sarebbe fallito di fronte alla minaccia di dimissioni di massa dei vertici del ministero.
Le pressioni esercitate senza successo da Trump su Rosen, riporta il Nyt, avrebbero riguardato anche la nomina di una serie di procuratori speciali per indagare sui presunti brogli elettorali.
(da Globalist)
argomento: denuncia | Commenta »