Luglio 5th, 2010 Riccardo Fucile
AVEVANO MINACCIATO DI ARRIVARE AL VOTO SULLA MOZIONE DI SFIDUCIA A BRANCHER PER METTERE ALLE CORDE I FINIANI, MA ALLA FINE HANNO IMMOLATO IL CAPRETTO…VALEVA LA PENA NOMINARE MINISTRO UN INQUISITO CHE ORA HA SCELTO IL RITO ABBREVIATO?
La resa di Aldo Brancher è arrivata in una dichiarazione spontanea resa in aula al processo sul tentativo di scalata ad Antonveneta, che lo vede imputato, insieme alla moglie, per appropriazione indebita e ricettazione in relazione a somme pari a circa 1 milione di euro, ricevute da Giampiero Fiorani durante il tentativo di scalata all’Antonveneta.
Al processo sulla scalata all’Antonveneta, Aldo Brancher e la moglie Luana Maniezzo sono imputati per 420mila euro di appropriazione indebita, incassati tra il dicembre e il novembre del 2003 grazie a plusvalenze su azioni Tim e Autostrade che, stando all’accusa, vennero manovrate dai vertici della Popolare di Lodi per favorire la coppia.
Altri 600mila euro, per cui è stata contestata la ricettazione, erano divisi in diversi versamenti: i primi 100mila consegnati in contanti da Donato Patrini, collaboratore di Gianpiero Fiorani, presso l’autogrill di San Donato milanese nel 2001; una seconda tranche di 100mila euro in contanti consegnata nel 2004 a Lodi nell’ufficio di Fiorani; altri 100mila ricevuti a Roma nel gennaio del 2005 dopo la bocciatura del decreto sul risparmio presso l’ufficio di Brancher, al ministero del Welfare; infine, altri 200mila euro consegnati ancora nell’ufficio di Fiorani a Lodi, nel marzo dello stesso anno.
Nella dichiarazione spontanea, Brancher ha spiegato i motivi per i quali ha voluto rinunciare al legittimo impedimento “affinchè finiscano strumentalizzazioni e speculazioni” e al giudice Gatto ha “anticipato la mia decisione di dimettermi da ministro”.
Brancher stamane ha anche chiesto di essere giudicato con rito abbreviato, celebrato a porte chiuse, senza testimoni e solo su prove documentali, prassi che dà diritto a uno sconto di un terzo della pena. Continua »
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Luglio 5th, 2010 Riccardo Fucile
DALLE PENSIONI ALLA PEDOFILIA, DAL CONDONO AL TFR, DAGLI SCATTI ALLA PREVIDENZA, DA BRANCHER ALLE TREDICESIME: IL GOVERNO SEMPRE COSTRETTO A RIMANGIARSI L’ANNUNCIO… “GHE PENSI MI”: A FAR BRUTTE FIGURE?
L’ultimo esempio è stata quella norma che avrebbe dovuto tagliare una parte delle tredicesime dei lavoratori del comparto sicurezza, dalle forze dell’ordine alle forze armate: inserita dal governo nella finanziaria, con relativo emendamento del relatore Azzolini, ha suscitato una tale insurrezione bipartisan e una tale giustificata furibonda reazione dei sindacati di polizia, che Berlusconi è dovuto correre in Tv ad annunciare la retromarcia sul provvedimento.
Per la prima volta i nodi del settore sicurezza sono venuti al pettine, con un attacco durissimo delle forze dell’ordine a Maroni accusato di “disinteresse e lontananza”.
Patetico il tentativo successivo della Lega di rivendicare il merito dell’annullamento dei tagli alla tredicesima, dopo essere stati proprio loro i padrini con Tremonti della iniqua proposta: è finito il bluff del “partito di lotta e di governo”.
Ma ormai il governo “dei refusi” ci ha abituati a questa strategia: si fa andare avanti un singolo parlamentare con un emendamento che prevede un taglio: se nessuno se ne accorge, il colpo è fatto.
Se se scatena la protesta, è stata solo l’iniziativa di un povero cristo, il governo dice di non saperne nulla e prende le distanze.
Giochetti noti da Prima Repubblica.
Affidati in questo caso al senatore Azzollini, da Molfetta, Pdl, presidente della Commissione Bilancio.
Politico coerente soprattutto: trascorsi nel Pdup ( estrema sinistra), poi nei Verdi, quindi nel Ppi, espulso dal Pci-Pds nel 1992, approdato infine in Forza Italia.
Un altro rappresentante della Corte dei miracolati di cui si circonda il premier.
Negli ultimi mesi sono ormai più le retromarcie che il governo ha innestato che i passi in avanti: ne ricordiamo qualcuna.
Lo stop all’innalzamento dei 40 anni di contributi per andare in pensione con relativa correzione: “è un refuso”. Continua »
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Luglio 5th, 2010 Riccardo Fucile
DAI DISCORSI ANTI CASTA DI BOSSI DEL 1992 E DI MARONI DEL 1993 AL VOTO A FAVORE DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI, AI FIGLI SISTEMATI, ALLA LOTTIZZAZIONE DELLA RAI, AGLI SPRECHI NEGLI ENTI LOCALI…..OTTO ANNI AL GOVERNO, 3 MINISTRI, 59 DEPUTATI, 26 SENATORI, 9 PARLAMENTARI EUROPEI, 373 SINDACI E PRESIDENTI DI PROVINCIA, 2 PRESIDENTI DI REGIONE, CENTINAIA DI CONSIGLIERI COMUNALI PER SPARTIRSI SOLO I PRIVILEGI
“Eravamo quattro amici al bar, volevamo cambiare il mondo…”: è finita che il mondo ha cambiato loro.
Dopo i trascorsi giovanili nel Movimento studentesco, la mancata laurea in medicina e il diploma per corrispondenza della Scuola Radio Elettra per uno, la infatuazione per Democrazia proletaria e il recupero crediti alla Avon per l’altro, i destini federalisti di Bossi e Maroni e l’esigenza da loro propugnata di spazzare via i privilegi della Casta sono finiti tristemente nel ricercarli e goderseli.
Correva l’anno 1987 quando Umberto da Cassano Magnago entrava per la prima volta in Parlamento: sono trascorsi 23 anni, nella seconda parte dei quali la Lega ha passato al governo romano quasi 9 anni.
Ben ammanigliata al potere centralista, nelle stanze dei ministeri e dei Palazzi, delle fondazioni bancarie e nei consigli di amministrazione lottizzati.
Nell’anno corrente ecco una fotografia reale delle loro poltrone politiche: 3 ministri, 1 viceministro, 3 sottosegretari, 1 vicepresidente del Senato, 59 deputati, 26 senatori, 9 europarlamentari, 373 tra sindaci e presidenti di Provincia, 2 presidenti di Regione, una miriade di assessori, centinaia di consiglieri.
Eppure sentite queste parole di Bossi agli esordi: “Noi padani rifiutiamo di essere coinvolti nell’astuzia della palude romana, noi vogliamo il cambiamento”.
Cosa ha fatto la Lega per indebolire la Casta in questi anni?
E’ forse rimasta fuori da Tangentopoli?
Neanche quello, visto la condanna del segretario a 8 mesi di galera per aver percepito un finanziamento illecito sulle tangenti Enimont.
Per il federalismo poi ci sono più ministri che materia da trattare, hanno avallato anche la nomina a ministro per l’attuazione del federalismo di un amico loro che deve solo evitare un processo per appropriazione indebita.
Torniamo al 3 aprile 1992, aria di crisi della prima Repubblica, Bossi annuncia la “festa della Liberazione dai partiti”: oggi ci sono ancora e, nonostante un referendum per abolizione del finanziamento pubblico agli stessi, tutti continuano a prendere soldi pubblici, Lega compresa. Continua »
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