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CASA DI MONTECARLO, LA RICHIESTA DEI PM: “INCHIESTA DA ARCHIVIARE, NON C’E’ REATO”

Ottobre 26th, 2010 Riccardo Fucile

LA PROCURA DI ROMA HA CHIESTO L’ARCHIVIAZIONE DELL’INCHIESTA SU PRESUNTE IRREGOLARITA’ LEGATE ALLA VENDITA DEL’EX IMMOBILE EREDITATO DA AN: “INSUSSISTENZA DI AZIONI FRAUDOLENTE”

«Nessuna truffa»: i pm di Roma che si sono occupati dell’inchiesta sulla casa di Montecarlo hanno chiesto l’archivazione del procedimento penale.
Il procuratore della Repubblica di Roma, Giovanni Ferrara, e l’aggiunto Pierfilippo Laviani hanno accertato l’insussitenza di azioni fraudolente in merito alla vendita di un appartamento di proprietà  di Alleanza Nazionale a una società  offshore, per cui erano indagati sia il presidente della Camera, Gianfranco Fini, sia l’ex tesoriere di An Francesco Pontone.
Lo riferiscono fonti giudiziarie.
Adesso sarà  il gip a decidere nelle prossime settimane se archiviare o meno l’inchiesta.
I pm, ascoltati testimoni e studiate le carte giunte dal Principato di Monaco, ritengono che non ci sia stata alcuna frode nella vendita della casa, precedentemente donata all’ex partito di Fini da una sostenitrice, la nobildonna Anna Maria Colleoni.
L’appartamento in questione è occupato attualmente da Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Fini, Elisabetta Tulliani.
La notizia che Fini e Pontone fossero stati iscritti sul registro degli indagati non era mai stata diffusa in precedenza.
L’inchiesta era nata dalla denuncia di alcuni esponenti del partito La Destra di Francesco Storace, nella quale si chiedeva di accertare se l’immobile ereditato dalla contessa Annamaria Colleoni fosse stato oggetto di una svendita.
«Qualsivoglia doglianza sulla vendita a prezzo inferiore – sostengono i pm – non compete al giudice penale ed è eventualmente azionabile nella competente sede civile».
Il valore dell’immobile, secondo quanto comunicato dal Principato di Monaco, era triplicato al momento dell’alienazione rispetto a quello dichiarato a Fini successori, 273mila euro.
«Tale valutazione – si spiega – della Chambre Immobiliere Monegasque, è stata però effettuata in astratto, senza tener conto delle condizioni concrete del bene, descritto dai testi come fatiscente».
«Sono contento e soddisfatto – commenta il senatore di Futuro e libertà , Pontone – in questo modo è stato dimostrato che si tratta di un’azione sballata presa contro il presidente della Camera, Gianfranco Fini, e contro il sottoscritto».
Il vicepresidente dei deputati di Futuro e Libertà , Benedetto Della Vedova, esulta invece sul proprio profilo di Facebook: «E andiamo avanti!»

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FIAT: LA COLPA NON E’ DEGLI OPERAI, MA DI CHI LI COMANDA

Ottobre 26th, 2010 Riccardo Fucile

A MELFI, A DISTANZA DI 500 METRI, VI SONO GLI STABILIMENTI SIA DELLA FIAT CHE DELLA BARILLA: COME MAI, A PARITA’ DI AUTOMAZIONE, NEL PRIMO IL TASSO DI ASSENTEISMO E’ DEL 28% , NEL SECONDO APPENA DEL 4% ? .. CONTA ANCHE LA DIREZIONE DEL PERSONALE, IL CONSENSO E LA FIDELIZZAZIONE DEGLI OPERAI…CONTA LA CULTURA SOCIALE, LA FORMAZIONE PROFESSIONALE… ALLA FINE OGNUNO HA IL SINDACATO CHE SI MERITA

Le parole di Sergio Marchionne, amministratore delegato Fiat, rilasciate alla trasmissione di Fazio, hanno determinato un diluvio di dichiarazioni, tra critiche e applausi.
L’uscita secondo cui la la Fiat “farebbe meglio senza l’Italia” vale il concetto opposto, ovvero che “l’Italia starebbe meglio senza la Fiat”, visto quanto è costata allo Stato mantenerla nei decenni con le casse integrazione all’infinito.
Ma cerchiamo di andare sui dati certi.
Nel 2006, Marchionne prevedeva un utile aziendale Fiat per il 2010 di 5 miliardi, invece si è fermato a 2 miliardi.
C’è la crisi dell’auto ovviamente che ha inciso, ma allora qualcuno ci spieghi perchè la Volkswagen è passata dall’utile di 2 miliardi del 2006 ai 6 miliardi di quest’anno.
Oppure ci illustri come mai la Renault, nei primi 9 mesi del 2010, ha aumentano le vendite in Europa del 10%, mentre la Fiat le ha viste calare del 12,3%.
Questione di mangement forse? O di modelli nuovi che non sono stati prodotti?
O forse è più facile investire negli Usa, quando si ha il sostegno di Obama, o magari in Serbia dove il governo regala 10.000 euro alla Fiat per ogni assunto, oltre a 250 milioni di euro cash per il 33% della Fiat Automobili Serbija ?
La Fiat ormai ragiona da multinazionale che si sposta laddove può contare sul sostegno pubblico e poi critica le maestranze italiane?
Allora ci spieghi una cosa.
A Melfi, ad appena 500 metri di distanza, ci sono due fabbriche, la Fiat e la Barilla, con processi di produzione entrambi completamente automatizzati. Come mai allora alla Fiat di Melfi il tasso di assenteismo è pari al 28%, mentre alla Barilla di Melfi oscilla tra il 3% e il 4% ?
Forse perchè il clima di consenso e la fidelizzazione degli operai è diverso, le direzioni del personale sono diverse, la cultura dell’operaio e dei capi turno è diversa.
In Fiat manca l’inter-relazione tra gerachia aziendale e una specifica cultura sociale.
Fiat ha un altissimo tasso di conflittualità , non fa formazione agli operai, ma solo ai manager.
Ne deriva po che ognuno abbia il sindacato che si merita perchè ciò è una conseguenza dell’azione del management aziendale.
In Fiat vige il concetto: tu operaio prendi poco e fai pure l’assenteista, tanto poi lo Stato ripiana i buchi.
Ecco perchè l’ideologismo sindacale da un lato e l’incuria padronale dall’altro hanno finito per generare dei mostri.
E lo Stato ci ha messo del suo abbandonando l’aggiornamento degli istituti professionalim caratterizzati da laboratori obsoleri.
Se almeno tutti ci evitassero la loro morale a posteriori…

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L’OFFENSIVA FINIANA METTE IN EVIDENZA I PROBLEMI DEL CAVALIERE

Ottobre 26th, 2010 Riccardo Fucile

FUTURO E LIBERTA’ NON ESCLUDE ELEZIONI: SI DELINEA LA STRATEGIA CONTRO IL VOTO ANTICIPATO…FINI SFIDA BERLUSCONI: “MI E’ TORNATA LA PASSIONE POLITICA DEI VENT’ANNI”… IL CORSIVO E L’ANALISI DI MASSIMO FRANCO SUL “CORRIERE DELLA SERA”

S i nota un crescendo di aggressività  nella minoranza finiana; ed una reazione difensiva, quasi intimorita da parte del Pdl.
La riforma della giustizia ed il «lodo Alfano» si stanno rivelando fronti di oggettiva debolezza per Silvio Berlusconi.
E Gianfranco Fini non fa nulla per non sottolinearlo.
Il fatto che ieri, proprio da Milano, abbia avvertito che sulla giustizia si potrebbe aprire la crisi di governo, conferma una situazione patologicamente sull’orlo della rottura.
Ma soprattutto dice che il presidente della Camera sembra deciso a sfidare Berlusconi, nella convinzione di avere di fronte un leader in difficoltà : tanto più dopo l’altolà  arrivato da Giorgio Napolitano.
È come se il conflitto con Palazzo Chigi gli avesse restituito energia e grinta; e reso il ruolo di terza carica dello Stato un orpello residuale.
«Mi è tornata la passione politica dei vent’anni», ha detto ieri a Milano.
Il «no» di Fini alla possibilità  di reiterare la legge che dovrebbe fare da scudo al presidente del Consiglio nei processi è netto.
«Non siamo disponibili a garantire la persona, è la funzione che va tutelata», ripete.
E la cautela del Guardasigilli, Angelino Alfano, per il quale la reiterabilità  non sarebbe «vitale», conferma l’inquietudine di Palazzo Chigi.
Berlusconi sa di potersi ritrovare costretto a trattare anche al ribasso.
E comunque si rifiuta di reagire a quella che considera una strategia di provocazioni.
Qualche finiano piccona il «lodo» costituzionale in quanto tale, nella convinzione che il presidente del Consiglio non possa nè voglia una crisi.
Ma più la situazione va avanti, più i margini si assottigliano.
Il Fli parla di un governo per cambiare la legge elettorale. E, pur rimanendo nel centrodestra, lascia che alcuni dei suoi esponenti disegnino scenari di «terzo polo» con l’Udc di Pier Ferdinando Casini; ed evochi un’alleanza contro il voto anticipato.
Fini ritiene che un mancato accordo sulla giustizia non potrebbe essere usato come «pretesto» al premier per tornare alle urne.
Il messaggio è trasparente: il Fli non avallerà  quello che Casini chiama «autoribaltone» della maggioranza; e dunque non darà  il via libera alle elezioni.
Il progetto, sempre più trasparente, è quello di scaricare sul premier e la Lega l’eventuale fine della legislatura; e di fare di tutto per scongiurare le elezioni con l’attuale sistema.
Pur di evitare una nuova vittoria dell’«asse del nord», sarebbe lecito allearsi con tutti: anche con il centrosinistra.
Per quanto ci si sforzi di esorcizzare la «sindrome siciliana», dove un Pdl lacerato al suo interno è stato mandato all’opposizione da un’alleanza fra Mpa, Fli e Pd, quell’anomalia pesa.
Ed ingigantisce le ombre sulla tenuta del governo nazionale; e sulle capacità  del premier di amalgamare gli interessi di Nord e Sud.
È il sintomo di una situazione locale fuori controllo; e la metafora di sviluppi imprevedibili.
Prudente, la Lega finge di credere al traguardo del 2013.
Ma si prepara al peggio.
E l’assenza fisica di Berlusconi ed il suo silenzio alimentano la sensazione di un vuoto di potere ormai troppo vistoso.

Massimo Franco
(da “il Corriere della Sera“)

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FINI: “LA COESIONE NAZIONALE E’ UN BENE PREZIOSO: NON ABBANDONIAMO LA GENTE DI TERZIGNO”

Ottobre 26th, 2010 Riccardo Fucile

“UN DOLORE VEDERE IL TRICOLORE BRUCIATO, NESSUNO DEVE SENTIRSI LASCIATO SOLO DALLE ISTITUZIONI”…”SENTIRSI NAZIONE E’ UN PLEBISCITO CHE SI RINNOVA OGNI GIORNO, OCCORRE UNA CONCRETA VICINANZA AGLI ITALIANI, ALLE LORO ANSIE E AI LORO TIMORI”…”L’UNITA’ NAZIONALE E’ UN BENE INTANGIBILE”

“L’immagine del tricolore bruciato nei giorni scorsi durante gli scontri a Terzigno, non può che costituire motivo di dolore e preoccupazione”.
Lo afferma il presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervenendo questa mattina a Montecitorio alla presentazione del volume ‘Garibaldi: due secoli di interpretazioni’.
“Occorre – ha aggiunto – un impegno corale e convinto affinchè nessuna comunità  locale, o ceto, o categoria possano sentirsi abbandonati, anche quando non lo sono, dalle istituzioni e della comunità  nazionale”.
Per la terza carica dello Stato, “è dovere delle Istituzioni – sottolinea – impegnarsi per rafforzare nel nostro popolo il senso di appartenenza a una ‘comunità  di destino, sentirsi nazione nel senso di Joseph Ernest Renan, in un plebiscito che si rinnova ogni giorno.
E’ un obiettivo che può e deve essere raggiunto – sostiene ancora Fini – non solo attraverso la memoria comune, ma anche e soprattutto attraverso la vicinanza effettiva alla vita concreta degli italiani, alle loro ansie, ai loro timori”.
Fini punta il discorso sulla coesione nazionale: “uno dei beni più preziosi e intangibili dell’Italia di oggi”.
Così nelle parole del presidente della Camera il mito di Garibaldi “coincide per molti aspetti con il mito stesso del Risorgimento, quel mito che siamo oggi chiamati, nell’imminenza del centocinquantenario, a rinnovare. Soprattutto nella coesione nazionale, che rappresenta uno dei beni più preziosi e intangibili dell’Italia di oggi”.
“Con l’odierna ricorrenza   – ha aggiunto riferendosi all’anniversario dell’incontro di Teano tra Giuseppe Garibaldi e re Vittorio Emanuele II – ci avviciniamo in modo significativo al grande appuntamento del 2011, centocinquantesimo anniversario dell’unità  della Patria. Questa giornata deve costituire un ulteriore richiamo alla necessità  di difendere e rilanciare il valore dell’unità  nazionale, è essenziale farlo nel momento in cui la coesione tra italiani di ogni ceto, di ogni appartenenza geografica, di ogni ispirazione politico-culturale si rivela decisiva per vincere le grandi sfide che riguardano il futuro del nostro Paese”.
L’anniversario per il presidente della Camera è “uno dei momenti simbolicamente più forti del processo di unificazione nazionale”.
“Il simbolo “dell’unificazione politica – dice la terza carica dello Stato – tra l’Italia meridionale, appena liberata da Garibaldi, e l’Italia centrosettentrionale”.
L’idea di presentare la figura di Garibaldi attraverso il racconto, la testimonianza e l’analisi dei suoi numerosi interpreti, come fa appunto il volume presentato oggi, è secondo Fini “di grande originalità “.
E anche “l’ulteriore dimostrazione – conclude – della centralità  della figura dell’eroe nella tradizione, nell’iconografia e nell’immaginario dell’Italia unita”.

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CORRUZIONE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: L’ITALIA SCENDE ANCORA, ORA SIAMO AL 67° POSTO

Ottobre 26th, 2010 Riccardo Fucile

PER TRANSPARENCY INTERNATIONAL, NELLA CLASSIFICA DEI PAESI ONESTI, NEL 2009 PERDIAMO ALTRE 4 POSIZIONI: SIAMO FINITI DIETRO RUANDA E SAMOA, STATI UNITI AL 22° POSTO… PER LA CORTE DEI CONTI, LA CORRUZIONE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE CI COSTA 50 MILIARDI DI EURO L’ANNO

Brutte notizie per il Bel Paese in tema corruzione.
Secondo la classifica stilata dall’ong Transparency International, elaborata analizzando 178 Paesi e presentata stamane, l’Italia scivola al 67esimo posto nell’indice sulla corruzione.
Il nostro Paese è arretrato di quattro posizioni rispetto al 2009 e di ben 12 sul 2008.
Il Corruption Perceptions Index (CPI) è considerato la misura più credibile al mondo per misurare la corruzione nel settore pubblico.
Oltre ai casi di corruzione in senso stretto, influiscono sul CPI tutte le questioni di malgoverno della cosa pubblica in senso lato che si manifestano nel Paese, in larghissima misura a livello locale.
Infatti, la sanità  (gestita dalle Regioni) appare il settore dove tale malgoverno più si manifesta.
E proprio il CPI registra che la credibilità  esterna dell’Italia riguardo la corruzione è in calo e che l’allarme sociale interno sul tema è in crescita.
I Paesi ottengono un punteggio da zero a 10 (con zero che indica livelli elevati di corruzione).
L’Italia è al 67esimo posto, con un punteggio di 3,9 peggiorato rispetto al 2009 (quando era al 63esimo posto, con punteggio di 4,3) e al 2008 (alla 55esima posizione, con 4,8).
Meglio di noi fanno il Ruanda e Samoa.
I Paesi più onesti sono quelli più pacifici: Danimarca e Nuova Zelanda.
In fondo alla classifica, Paesi devastati dalla guerra (Iraq, Afghanistan e Somalia) o governati da una giunta militare come la Birmania.
Gli Stati Uniti sono usciti dalla top 20 dei meno corrotti, collocandosi al 22esimo posto.
I dati corrispondono peraltro alle ripetute denunce ed analisi della Corte dei Conti che ha valutato in 50 miliardi di euro il costo annuale della corruzione nella Pubblica Amministrazione in Italia.

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CAMERE PARALIZZATE, APPENA DIECI LEGGI IN UN ANNO, ALTRO CHE “GOVERNO DEL FARE”

Ottobre 26th, 2010 Riccardo Fucile

L’ATTIVITA’ PARLAMENTARE E’ RIDOTTA AL MINIMO: POCHI SOLDI, PRIORITA’ E TEMPI DETTATI DAL GOVERNO… DAL 1° GENNAIO APPENA 126 RIUNIONI ALLA CAMERA E 92 AL SENATO: ORMAI I DEPUTATI LAVORICCHIANO SOLO DUE GIORNI LA SETTIMANA, MA DA 117 GIORNI SI ATTENDE LA NOMINA DEL PRESIDENTE DELLA CONSOB

Alla Camera dicono che succede, qualche volta.
Succede quando arriva la Finanziaria, che adesso si chiama «legge di stabilità ».
Allora si ferma tutto, in religiosa attesa che la commissione Bilancio partorisca.
Ecco spiegato perchè almeno per tutta la prossima settimana le luci dell’Aula di Montecitorio resteranno spente.
Con il risultato che molti deputati, come ha sottolineato ieri sul “Messaggero” Marco Conti, potranno godersi un periodo di ferie supplementari.
Quella spiegazione «ufficiale», tuttavia, non spiega perchè da tempo, ormai, i parlamentari non si ammazzano di lavoro.
La verità  è che non c’è il becco di un quattrino.
Ma soprattutto che è il governo a dettare tempi, modi e priorità .
Eppure, nonostante le difficoltà  economiche, gli argomenti non mancherebbero.
La commissione Giustizia della Camera, per esempio, ha praticamente concluso l’esame di un provvedimento antiusura già  approvato dal Senato. Che però, senza apparenti motivazioni, procede lentissimo.
Come anche il disegno di legge anticorruzione, approvato dal Consiglio dei ministri otto mesi or sono, e ora parcheggiato nelle commissioni di Palazzo Madama. A motori spenti.
In questo caso però una ragione c’è.
Si deve assicurare una corsia preferenziale al Lodo Alfano.
Per rendersi conto dell’apatia nella quale sono immerse le Camere è sufficiente dare uno sguardo ai calendari.
Il Senato sarà  impegnato nella discussione di mozioni sulla politica agricola comune, poi di risoluzioni, interrogazioni e interpellanze.
Invece la Camera, quando la vacanzina sarà  finita, dovrà  fare i conti con le norme di «sostegno agli agrumeti caratteristici».
Senza contare il trasferimento della Consob da Roma a Milano, preteso dalla Lega.
Tutto questo, naturalmente, sempre che l’esecutivo non decida di sconvolgere il ruolino di marcia.
Ma nemmeno il governo «del fare» di Silvio Berlusconi, che pure ha appena ripromesso una raffica di riforme, sembra percorso da un frenetico attivismo. Per dirne una, è da 117 giorni che aspettiamo la nomina del presidente Consob.
Se non si riesce a fare quella, figuriamoci la riforma fiscale…
Cinque mesi sono passati da quando il presidente della Camera Gianfranco Fini sbottò pubblicamente («a meno che il governo non presenti qualche decreto c’è il rischio di una paralisi dell’attività  legislativa della Camera!»), scandalizzato per il fatto che il lavoro dei parlamentari era ormai limitato a due giorni la settimana, e nulla è cambiato.
Nei 298 giorni trascorsi dal primo gennaio l’assemblea di Montecitorio si è riunita 126 volte.
Quella di Palazzo Madama ancora meno: 92.
Il 18 ottobre la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato una legge approvata l’8 ottobre scorso, l’ultimo dei 74 provvedimenti entrati e usciti dal Parlamento quest’anno.
In quel numero sono compresi 18 decreti legge del governo e altri tre provvedimenti di routine, sempre di fonte governativa, come la legge comunitaria.
Poi ci sono le 17 leggi di conversione di altrettanti decreti.
Quindi 22 ratifiche di trattati internazionali: atti dovuti.
Ne restano dunque 14, fra cui ci sono però anche provvedimenti nati da disegni di legge governativi.
Delle dodici leggi «superstiti» fanno poi parte provvedimenti a uso e consumo dei partiti e della politica, come la legge sul legittimo impedimento che ha consentito al premier di non partecipare per motivi istituzionali ai processi che lo vedono imputato, o come la sanatoria delle liste elettorali per le Regionali. Ne restano dunque una decina.
Una pattuglia sparuta, nella quale, oltre a provvedimenti di indubbio spessore sociale, come le disposizioni a favore dei malati terminali, dei sordociechi, o degli alunni dislessici, troviamo per esempio una legge che consente di nominare un finanziere comandante delle Fiamme Gialle, una norma sul personale dell’agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie…
La carestia legislativa farà  senza dubbio contento il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, immortalato mentre inceneriva con un lanciafiamme migliaia di provvedimenti inutili.
Eppure anche nel suo partito, la Lega Nord, qualcuno ha masticato amaro. L’avvocato messinese Matteo Brigandì, fiero delle 199 cause vinte in difesa del suo leader Umberto Bossi, con coraggio leonino ha annunciato un giorno il gesto clamoroso: «Mi dimetto perchè non ha più alcun senso fare il parlamentare. Le Camere sono state svuotate di ogni loro funzione. Non hanno più alcun potere di iniziativa legislativa e sono state messe nella condizione di fare solo il notaio del governo».
È decaduto dall’incarico il 30 luglio 2010.
Giusto poche ore dopo essere stato eletto nel Csm dal Parlamento.
Per inciso, Brigandì era stato uno dei proponenti del legittimo impedimento.

Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera“)

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LA STORIA DELL’INCENERITORE DI ACERRA SEMPRE FERMO

Ottobre 26th, 2010 Riccardo Fucile

L’IMPIANTO SI BLOCCA PERCHE’ DOVREBBE BRUCIARE CDR E INVECE E’ ALIMENTATO CON SPAZZATURA NON TRATTATA… DAL 1999 AL 2009: 10 ANNI PER COSTRUIRLO, POCO PER ROVINARLO…ORA LA REGIONE DOVREBBE PAGARE 355 MILIONI PER RILEVARE UN IMPIANTO PER IL QUALE RIUSCIAMO A PAGARE 60.000 EURO AL GIORNO DI AFFITTO

Secondo Bertolaso l’inceneritore di Acerra “funziona e funzionerà  sempre meglio”, ma in realtà  ha sempre funzionato poco e male., visto che brucia immondizia “tal quale”, quando invece è stato progettato per il cosiddetto cdr, il combustibile da rifiuti trattati.
La storia dell’impianto è il simbolo dell’emergenza rifiuti in Campania, una storia che inizia nel 1999, quando l’appalto è assegnato alla Fibe, nonostante non ci sia ancora la disponibilità  dell’area su cui costruire l’impianto, riservandosi di individuarla suiccessivamente proprio ad Acerra.
Per l’acquisizione di quei suoli trascorrono ben 4 anni e poi, a rallentare ancora l’opera, ci si mettono i comitati locali che non lo vogliono.
Dopo un anno iniziano i lavori e in località  Pantano, appena si scava, si trova l’acqua.
Alltri mesi, altre proteste, altre varianti.
La Fibe è esposta con le banche che hanno finanziato l’impresa in virtù del cfr stoccato da contratto: nel 2006 interviene in suo soccorso il governatore Bassolino con una ordinanza che autorizza lo stoccaggio in ecoballe.
Se ne producono tra 5 e 8 milioni: sono ancora ammucchiate nel guglianese e ci vorranno 20 anni a smaltirle.
Per ora sono intoccabili perchè sono l’unica garanzia in mano alle banche.
Nel 2007 la magistratura indaga l’impresa per frode in appalto pubblico e le sequestra, in via cautelativa, 250 milioni di euro.
Nel frattempo l’inceneritore non va avanti e le ecoballe si accumulano.
Prodi autorizza l’uso del “tal quale” e si arriva all’emergenza 2008 con il piano delle nuove discariche.
L’inceneritore alla fine viene inaugurato il 26 marzo 2009: la prima linea entra in funzione, le altre due entro maggio.
Dovrebbe bruciare 250 tonn di rifiuti al giorno, ma funziona a singhiozzo: il sistema di espulsione delle scorie s’intasa e le linee si fermano perchè non reggono le temperature elevate necessarie a bruciare il “tal quale”.
Ora si aspetta che un ente pubblico (Regione o Protezione civile) acquisti l’impianto valutato dall’Enea 355 milioni, per il quale attualmente vengono versati alla Fipe la bellezza di 60.000 euro al giorno di affitto.
L’inceneritore si è rivelato un affare, ma non certo per i cittadini campani.

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QUANDO IL “MEDICO” BOSSI INDOSSAVA IL CAMICE BIANCO SENZA ESSERE LAUREATO

Ottobre 26th, 2010 Riccardo Fucile

DICEVA ALLA MOGLIE CHE ANDAVA IN OSPEDALE, MA QUANDO LA CONSORTE SCOPRI’ CHE NON ERA VERO CHIESE LA SEPARAZIONE…TRE FESTE PER UNA TESI MAI DATA E LA MADRE IN ATTESA… UNA PROFESSIONE MEDICA DICHIARATA ANCHE SULLA TESSERA DEL PCI

Ebbene sì, prima della camicia verde, il senatur aveva anche indossato il camice bianco!
Mancherebbe solo il rosso (che peraltro deriva dalle sue prime scelte politiche) per formare quel tricolore “che si dovrebbe riporre nel cesso”, secondo le sue esternazioni.
Diciamo subito che Bossi non ha mai avuto accertate competenze mediche, i suoi studi non lo hanno mai condotto a una laurea.
Eppure… era riuscito a entrare in un ospedale, indossando il camice bianco.
Quella di Umberto Bossi è una vita da chiacchierone spericolato.
Era riuscito persino a ingannare la moglie, raccontandole che si era finalmente laureato in medicina, ma non era vero.
La mattina usciva notoriamente di casa sostenendo che andava in ospedale (lo dichiarerà  la prima moglie in un’intervista).
Quando però lei scoprì che raccontava balle lo mollò.
Sempre a causa di questa storia della presunta laurea, anche la mamma del senatur era stata gabbata dal figlio.
Un giorno Bossi volle accompagnare sua mamma all’Università  di Pavia, in occasione della presunta discussione della sua tesi, ma la genitrice – poverina – non ebbe modo di ascoltare la performance oratoria del figlio.
Perchè fu proprio Umbertino a non farla assistere (chissà  con quale scusa) alla presunta discussione della tesi.
Umberto organizzò poi ben tre feste di laurea, naturalmente per altrettante lauree inesistenti.
Nonostante tutto ciò, Umberto Bossi riuscì per due anni a frequentare un ospedale (la professione di medico risulta anche dalla scheda di iscrizione al PCI da lui debitamente compilata).
Dopo la sua militanza nel Movimento studentesco, Bossi aveva infatti preso la tessera del Pci.
In seguito tenterà  anche la via canora al festival delle “voci nuove” di Castrocaro, ma con scarso successo.
Alla fine ripiegherà  sulla tutela più che della salute, degli interessi suoi (e del sedicente popolo padagno).

(da “Informare Per Resistere”)

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