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PATACCA LEGGE ELETTORALE, ORA SI ACCORGONO CHE LA SOGLIA DEL 35% E’ INCOSTITUZIONALE

Gennaio 28th, 2014 Riccardo Fucile

BERLUSCONI PER ORA NON CEDE: IL TIMORE DI UNA SCONFITTA SICURA COL DOPPIO TURNO

Adesso l’insofferenza è al livello di guardia, perchè “quello che ci hanno chiesto è irricevibile”. E i “patti vanno rispettati”. La frase, ripetuta più volte da Silvio Berlusconi, in queste ore rivela una tensione crescente verso il Quirinale, ma anche verso Matteo Renzi.
Anche se per ora non si può dire, anzi va detto il contrario, perchè è l’unica sponda nella trattativa.
Ma qualcosa si è inceppato perchè — è il ragionamento del Cavaliere — “avevamo chiuso sulla soglia al 35 e ora ci viene chiesto il 38”. Qualcuno “non è stato ai patti”. E allora bisogna fare un passo indietro per capire i punti fermi in queste ore frenetiche e confuse.
A quando cioè Denis Verdini esce, sul far della sera, dall’incontro con Matteo Renzi. E riferisce al Grande Capo che il Quirinale chiede che la soglia per accedere al premio di maggioranza sia alzata al 38 per cento invece che al 35 come da intesa originaria tra Renzi e Berlusconi. Altrimenti “è incostituzionale”.
Il che significa che basta un ricorso alla Corte costituzionale dopo le elezioni e l’Italicum fa la fine del Porcellum.
Il messaggio, recapitato dal Quirinale che gli umori della Corte li conosce — per i berlusconiani li “determina” — fa venire un brivido lungo la schiena al Cavaliere.
Che, di fatto, congela la trattativa. In parte correggendo Denis Verdini che con Renzi si era mostrato possibilista sull’accoglimento del 38 per cento, a patto che le soglie sui piccoli restino ferme.
È da Arcore che parte il contrordine in serata: “Dichiarate che l’accordo sul 38 non c’è”. Perchè Berlusconi non solo non è convinto, ma col passare delle ore si sente in “trappola”.
Alessandra Ghisleri, la sua ascoltata sondaggista, gli spiega che quella soglia significa ballottaggio sicuro. E il ballottaggio è un rischio elevato: “I grillini — è il ragionamento del Cavaliere con la Ghisleri — al secondo turno votano il candidato di sinistra. Lì c’è un bacino elettorale più sensibile alle sirene della sinistra. In più è difficile portare tutti i nostri a votare al secondo turno”.
Detta in modo semplice. Per come si è messa, la proposta è inaccettabile.
E inizia a serpeggiare un certo nervosismo anche verso Matteo che ha accolto la richiesta senza fare muro difendendo il patto siglato, quello della “profonda sintonia”. Epperò se il “sì” è difficile, il “no” è pericoloso. Ecco la trappola.
Perchè è l’intera operazione “Padre della Patria” ad essere in discussione.
Riacquisita la patente di presentabilità  col Renzusconi, il Cav, se l’accordo saltasse, è consapevole di tornare nel ghetto del Condannato, a settanta giorni dall’udienza sui servizi sociali.
E sarebbero più difficili quei tentativi che ha chiesto ai suoi nei confronti del Quirinale per valutare se ci sono le condizioni per riaprire i discorsi sul un atto di clemenza.
Per questo tutto lo stato maggiore di Forza Italia dichiara che “va blindata l’intesa Berlusconi-Renzi, anche se al momento l’intesa Berlusconi-Renzi non c’è sul punto più difficile. E anche se la tensione col Quirinale è quella della grandi occasioni. Il Cavaliere però non vuole far saltare il tavolo proprio per non compromettere l’operazione “Padre della Patria”.
Si tratta, a oltranza. I precedenti dicono che l’ex premier decide all’ultimo minuto utile. Non prima.

(da “Huffingtonpost“)

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FORZA ITALIA: TOTI PARLA DA LEADER PER LA PRIMA VOLTA E GIA’ LA DIRIGENZA LO SCONFESSA

Gennaio 28th, 2014 Riccardo Fucile

“GOVERNO DI SCOPO CON RENZI PER FARE LA LEGGE ELETTORALE”, MA ROMANI LO GELA: “NON E’ ALL’ORDINE DLE GIORNO”

Da soli quattro giorni Giovanni Toti è diventato ufficialmente consigliere politico di Forza Italia.
Ma se finora l’ex direttore di Tg4 e Studio Aperto si era limitato ad apparire a fianco del Cavaliere sul balcone di villa Paradiso, oggi si concede per la prima volta in qualità  di consigliere politico e, in un’intervista a Il Corriere della Sera, spiega i suoi piani per il governo e con il piglio del leader incaricato dice: “Prima si va al voto e meglio è, perchè questo governo non è in grado di dare risposte al Paese. La soluzione migliore sarebbe un governo di scopo per fare la legge elettorale: si vota e chi vince imposta e fa le riforme, a partire da quella del lavoro. Abbiamo fatto un governo con un esponente del Pd una volta, non sarebbe un problema una formula di questo tipo, se l’obiettivo è chiaro”.
Un’ipotesi subito bocciata dal capogruppo al Senato di Forza Italia Paolo Romani: “Governo di scopo? Non è all’ordine del giorno”.
In risposta alle polemiche che lo vogliono contrapposto alla vecchia guardia, da Denis Verdini a Raffaele Fitto passando per Daniela Santanchè, Toti dice di non sentirsi calato dall’alto: “Io cooptato? Questo è un partito in cui i ruoli sono stati sempre scelti da Berlusconi — osserva Toti — Non me ne frega niente degli incarichi, di fare il segretario o il coordinatore unico: mi interessa esserci quando Berlusconi chiede di far entrare aria fresca in un partito che, con un allargamento a persone nuove senza alcuna rottamazione, deve competere con il Pd, che il suo cammino di rinnovamento lo sta facendo a grandi passi”.
Non manca la stoccata agli “infedeli” del Nuovo centrodestra: “Hanno sbagliato moltissimo: umanamente, rompendo con Berlusconi in un momento drammatico; politicamente, perchè hanno indebolito la posizione dei moderati nel governo; strategicamente, visto che con l’accordo Renzi-Berlusconi si va verso un inevitabile e forte bipolarismo”, dichiara Toti che però lascia la porta aperta a un possibile ricongiungimento — se guardo ai sondaggi vedo che il centrodestra vince solo se è unito. E se penso a Berlusconi, lo penso come il federatore dei moderati italiani. L’obiettivo è vincere. Bisognerà  ritrovare un dialogo con tutte le anime del centrodestra, Ncd ma anche Fratelli d’Italia e Lega nord”.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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PREMIO DI MAGGIORANZA AL 38%? SILVIO S’INFURIA E BLOCCA TUTTO

Gennaio 28th, 2014 Riccardo Fucile

“COSI’ SI VA AL BALLOTTAGGIO E I GRILLINI VOTANO MATTEO”… RAMOSCELLO D’ULIVO PER ALFANO: POTREBBERO RICOMPARIRE LE CANDIDATURE IN PIU’ COLLEGI

L’ottimismo viene talvolta sbandierato dai politici solo per darsi coraggio.
Chi chiedeva al segretario di spremere qualcosa in più dall’accordo stipulato dieci giorni addietro con Berlusconi, deve prendere atto che il Renzi ha portato a casa alcuni risultati.
Non tutti quelli che la minoranza del partito gli aveva annotato sul foglietto della spesa: sulle preferenze, ad esempio, permane il «vade retro» del Cavaliere, il quale è ossessionato dall’idea di scegliersi a uno a uno i propri rappresentanti parlamentari, come se ciò lo mettesse al riparo da «tradimenti» e scissioni…
I collegi plurinominali dell’«Italicum» sono il punto massimo dove Forza Italia è in grado di spingersi; e le malelingue da quella parte sostengono che, nel suo colloquio con Verdini, Renzi stesso non abbia insistito più di tanto per tornare alle preferenze, in quanto lui pure ha un problema di classe dirigente da rimodellare, perchè quella attuale scelta da Bersani non gli somiglia affatto
Allo stesso modo, il sindaco-segretario non è riuscito a tirar giù la soglia di accesso per il «partitini», dal 5 al 4 per cento. Ma pure qui aleggia il dubbio che Renzi non sia poi così in ansia per i destini di La Russa o di Alfano, o dello stesso Vendola.
Se verranno «asfaltati», pazienza.
Viceversa l’uomo s’è battuto come un leone su quanto più gli conviene. Per esempio, è riuscito a ottenere da Verdini l’innalzamento della soglia oltre la quale scatterebbe il premio di maggioranza. Dal 35 salirà  al 37-38 per cento.
Ciò significa, in concreto, che sarà  un po’ più difficile vincere al primo turno, e alle prossime elezioni quasi certamente assisteremo al ballottaggio tra i due schieramenti più votati con in palio il bottino pieno.
Qui sta il vantaggio per Renzi. Berlusconi, che l’ha capito al volo, ieri sera quasi smoccolava: «Nella scelta tra il sottoscritto e Matteo, gli elettori grillini sceglieranno certamente lui. E io ci resterò gabbato…».
Ancora più crudo Minzolini, forzista di punta: «Il nostro masochismo», ha twittato, «è proverbiale». Di qui il fiume di precisazioni da Arcore, «mai autorizzato il 38%».
Però Berlusconi sa benissimo che non si può fare diversamente per le riserve quirinalizie e soprattutto della Corte costituzionale.
La quale ha fatto sapere per vie brevi che troverebbe eccessivo un premio da 18 punti, tale da sospingere al 53 per cento chi si è fermato al 35.
Il «bonus» più alto in Europa ce l’ha la Grecia, dove il premio non supera il 15. «Regoliamoci come loro», pare sia stato l’input del Colle dove hanno sede tanto Napolitano quanto la Consulta. Berlusconi punta i piedi ma se vuole l’accordo, il Cavaliere dovrà  abbozzare.
Ancora: Renzi ha virtualmente ottenuto che sia il governo, non il Parlamento, a perimetrare i collegi.
E ha offerto come ramoscello di ulivo ad Alfano la chance di introdurre le candidature multiple (non previste del testobase della riforma), che gli permetterebbero di presentarsi in tre collegi anzichè uno soltanto, dopodichè se un leader non venisse eletto dovrebbe prendersela con se stesso e nessun altro.
Permangono le riserve del ministro Quagliariello, ma il vice-premier pare restio a mettersi di traverso.
Ed è vero che l’incontro notturno coi deputati Pd è stato per Renzi un match pugilistico; però Cuperlo, che nella minoranza conserva voce in capitolo, si è raccomandato coi suoi di non infilare troppi bastoni tra le ruote, e soprattutto di non azzardarsi a reclamare il voto segreto sulla riforma: scatterebbe immediatamente l’accusa di complottare nell’ombra
Insomma: il mare del dissenso si va prosciugando sebbene la riforma, per dirla con il renziano Nardella, «debba ancora superare la prova dell’Aula», e un letterario Brunetta evochi nientemeno che i flutti «increspati e procellosi» dove il Pequod dava la caccia a Moby-Dick…

Ugo Magri
(da “La Stampa”)

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RENZI, ULTIMATUM AL PARTITO: “DATEMI UN MANDATO A TRATTARE O SALTA TUTTO E LA COLPA SARA’ VOSTRA”

Gennaio 28th, 2014 Riccardo Fucile

E LA RIUNIONE SI CHIUDE CON UN ARMISTIZIO

Lo scontro è duro e quello che si raggiunge, dopo di due ore drammatiche di assemblea nel gruppo Pd, è al massimo una tregua armata.
Renzi arriva alla sala Berlinguer alle nove di sera e pretende che i “suoi” deputati obbediscano alla disciplina imposta dal Nazareno e aiutino il segretario a chiudere l’accordo con Berlusconi. «Il punto – esordisce Renzi – ormai non è tanto il merito ma la trattativa politica. Se non ho dietro tutto il Pd non riesco a spostare niente. Dovete ritirare tutti gli emendamenti che avete presentato sulla legge elettorale. E mi dovete dire subito, stasera, un sì o un no».
La richiesta fa rumoreggiare la sala, la minoranza si scalda.
Ma il segretario non ha ancora finito: «È chiaro che, se non accettate questa richiesta, salta l’accordo con Berlusconi e io non potrò tacere di chi sarà  stata la responsabilità . Tutto resterà  come prima e sarà  stata vostra la colpa di aver fatto saltare la legislatura».
E ancora: «Non mi venite a dire che tutto si può risolvere in aula con un accordo parlamentare, sapete bene che non è così. Io vi ho portato l’accordo politico sulle riforme e sul doppio turno, più in là  non si può andare. Se non ritirate gli emendamenti non sarò più responsabile del gioco».
Le minacce non restano senza risposta.
Parte all’attacco il centravanti di sfondamento, Alfredo D’Attorre: «Caro Matteo, la devi smettere con questi aut aut. Nessuno qui dentro ha paura di andare a votare. Il rapporto tra noi deve essere di collaborazione. Gli ultimatum non fanno bene nè a te nè al partito».
Renzi prova a smussare: «Nessun ultimatum, ma vi chiedo di lasciarmi trattare ancora con Berlusconi avendo dietro tutto il Pd».
Dopo i cannoneggiamenti iniziali è Gianni Cuperlo, leader della minoranza, ad accettare il compromesso.
«Noi manteniamo le nostre riserve sul merito e sul metodo – osserva l’ex sfidante di Renzi alle primarie – ma aderiamo alla richiesta del segretario di ritirare i nostri emendamenti ». Un gesto di buona volontà , motivato anche dal timore di essere additati come i colpevoli del fallimento della riforma. Incontrando i deputati di minoranza nel pomeriggio, Cuperlo li aveva infatti messi in guardia: «Attenzione a non farci strumentalizzare, non dobbiamo passare per quelli che vogliono far saltare tutto».
La riunione prosegue. Interviene il piemontese Andrea Giorgis, professore di diritto costituzionale, per intimare al segretario di trattare ancora e ancora: «Noi li ritiriamo ma solo per strappare di più a Berlusconi. Altrimenti in aula sarà  un inferno».
Una minaccia implicita di cercare assi trasversali con gli altri partiti – da Sel a Ncd, da Scelta Civica alla Lega – interessati a introdurre le preferenze, abbassare le soglie di sbarramento, alzare l’asticella per accedere al premio di maggioranza.
Ma la cosa che sta più a cuore a tutti i democratici anti-Renzi è che, dalla trattativa, esca fuori una norma di salvaguardia che dia la certezza di evitare il voto anticipato in primavera.
Quale potrebbe essere? «O Forza Italia accetta che a ridisegnare i collegi sia il governo – spiega un deputato della minoranza – oppure limitiamo la riforma alla Camera dei deputati, costringendo così Berlusconi ad eliminare il Senato con legge costituzionale».
In entrambi i casi sarebbe scongiurato un voto a maggio.
La riunione si chiude quindi con un armistizio. In cambio di un ritiro «tecnico» degli emendamenti, Renzi proseguirà  oggi la trattativa con Berlusconi e Verdini (si vedranno forse nel pomeriggio). In particolare su tre punti.
Aumentare dal 35 al 38 per cento la soglia per ottenere il premio di maggioranza, ottenere le primarie per legge, lasciare al Viminale il compito di comporre la mappa dei collegi (ci vogliono almeno due mesi).
Dunque l’intesa tra Renzi e Berlusconi torna di nuovo in bilico. Anche perchè sul premio di maggioranza tutti confermano che sia entrato in campo un giocatore pesante: il capo dello Stato. Napolitano, riferiscono gli uomini al centro della trattativa, sarebbe molto perplesso su quel 35%, ritenendo la soglia di accesso al premio troppo bassa. «
Solo la Grecia ha un premio di maggioranza al 15% – sarebbe stata l’osservazione di Napolitano – e noi la supereremmo con il 18%.
In pratica il premio di maggioranza equivarrebbe alla metà  dei voti presi dal partito vincente. È troppo».
Analoga bocciatura arriverebbe, in via informale e preventiva, anche da molti giudici della Corte costituzionale sondati dai partiti. Così, un po’ per il pressing del Colle, un po’ per paura di un blitz parlamentare, alla fine anche Berlusconi si starebbe convincendo a mollare qualcosa sul premio di maggioranza. Magari senza arrivare al 38%, fermandosi appena prima.
Che il vento spinga il Cavaliere da quella parte lo ammettono a malincuore gli stessi falchi forzisti. Non a caso, con un tweet serale, Augusto Minzolini cercava ancora di scongiurare un esito ritenuto dai più inevitabile: «La soglia del premio al 38% come vuole Napolitano sarebbe un azzardo per il centrodestra: doppio turno di fatto, con voti grillini decisivi. Ma il masochismo del centrodestra non ha limiti».

Francesco Bei
(da “La Repubblica“)

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CASA AL COLOSSEO, SCAJOLA ASSOLTO ANCHE SE GLIEL’HA PAGATA ANEMONE

Gennaio 28th, 2014 Riccardo Fucile

REGALO CONFERMATO, PRESCRIZIONE AL COSTRUTTORE, MA IL REATO NON C’È

Il fatto sussiste, la casa di 200 metri quadri in via Fagutale c’è ed è costata 1,7 milioni, ma non costituisce reato averla ricevuta in dono da un privato, in tutto o in parte. Quando il giudice monocratico Eleonora Santolini ha pronunciato la sentenza, al sollievo si è subito unito lo stupore, nessuno si aspettava una decisione tanto assolutoria nei confronti dell’ex ministro Scajola, proprietario a sua insaputa e “politicamente ucciso” dalla storiaccia dell’appartamento con vista Colosseo. Politicamente ucciso e ora resuscitato da una sentenza che gli restituisce appieno, contro ogni previsione, onore e credibilità .
Nella confusione è quasi passato inosservato che il costruttore Diego Anemone, l’asso pigliatutto negli appalti del G8 in tandem con Angelo Balducci, protagonista di vari altri processi che lo vedono in veste di corruttore se la sia cavata con un proscioglimento per prescrizione.
Cosa non ha funzionato questa volta?
I fatti messi uno in fila all’altro, sono quelli che conosciamo, assolutamente surreali. Però sono passati oltre 7 anni da quel dannato rogito, dove si presentò l’architetto Angelo Zampolini, per conto di Anemone, e tirò fuori assegni per un ammontare di 1,1 milioni di euro a completamento dei soli 690 mila euro versati dall’ex ministro. Va aggiunto che Anemone contribuì anche alla ristrutturazione dell’alloggio nei due anni successivi, periodo che non rientra nella prescrizione, ma non è stato preso in esame.
E c’è un altro interrogativo: come mai, essendo entrambi imputati del reato di finanziamento illecito ai partiti, uno è stato assolto nel merito e l’altro soltanto prescritto?
La spiegazione di Perroni si limita a Scajola: “Il giudice poteva non entrare nel merito del processo, in caso di prescrizione non lo fa quasi mai, se lo ha fatto è perchè emersa la sua totale estraneità  alle accuse”.
Non altrettanto, si deduce, è accaduto per Anemone.
“Di questa maledetta casa non voglio più nemmeno sentir parlare dopo tre anni e nove mesi di sofferenza”, insorge lo Scajola riabilitato, ma il telefonino squilla in continuazione e tra i primi a chiamare è Silvio Berlusconi.
Quasi un invito a rientrare in politica, in quella Forza Italia anch’essa resuscitata cui Scajola apparteneva. “Sono commosso non lo nego, ho sempre detto la verità ”, dice al suo Presidente.
È il ritorno alla vita pubblica da quel maggio 2010 quando uscì dal Viminale senza aver neppure ricevuto l’avviso di garanzia, come tiene a precisare.
La conferma viene dalla valanga di attestazioni di solidarietà  di esponenti della sua area, sia pure al momento divisi, da Brunetta a Gasparri, dalla Carfagna alla Gelmini. È tutto un coro.
La casa? Acqua passata, anche se i pm Ilaria Calò e Roberto Felici che avevano chiesto tre anni e 2 milioni di multa, potrebbero decidere di fare ricorso.
La vicenda, surreale nella sua rappresentazione, è intricata anche sotto il profilo giudiziario.
Forse non ha pagato la scelta di contestare soltanto il reato di finanziamento illecito, il più politico dei reati, e non quello di corruzione, ma il tallone d’Achille è sempre stato nella mancata prova di una contropartita, di un do ut des tra Anemone e Scajola. Sembra di capire che il giudice ha valutato l’assenza di dolo da parte dell’ex ministro oppure, semplicemente, gli ha creduto: lui non lo sapeva: “Qualcuno voleva mettermi alla prova”, disse.
Di sicuro gli ha giovato non aver mai cambiato versione: lui la casa l’ha pagata al valore di mercato (quello indicato dal catasto), ovvero circa 700 mila euro.
Smentito dalle sorelle Papa, che lo hanno indicato presente al compromesso e dunque a conoscenza del prezzo reale, è stato invece confermato che fosse momentaneamente assente quando Zampolini tirò fuori gli assegni.
La prova regina non c’era e alla fine il giudice ha creduto al ministro che comprò la casa “a sua insaputa”.
La frase ha segnato un’epoca, ma ieri Scajola ha provato a smentirla: “Non ho detto a mia insaputa ma che non potevo dire ciò che non sapevo e se c’era qualcosa che non sapevo non la potevo dire”.
Ineffabile.

Rita Di Giovacchino
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA PASCALE BLOCCA IL RIENTRO DI NUNZIA IN FORZA ITALIA: “A ME I TRADITORI DISGUSTANO”

Gennaio 28th, 2014 Riccardo Fucile

“HA VOLTATO LE SPALLE A SILVIO NEL MOMENTO PIU’ DELICATO”

È come se Francesca Pascale avvertisse sulle spalle tutto il peso dell’ortodossia berlusconiana. Per farla rispettare, chiusa nel fortino di Arcore, è pronta a opporsi a clamorosi ritorni: «De Girolamo — ragiona a voce alta — ha voltato le spalle a Berlusconi nel momento più difficile. Che segnale sarebbe se lei tornasse nel partito, soprattutto per quelli che sono rimasti in Forza Italia? La verità  è che io, se penso a chi ha tradito, provo totale disgusto».
Assieme all’amica senatrice Maria Rosaria Rossi, la fidanzata accompagna e consiglia l’ex premier. Pesano parecchio, alla corte di Arcore.
Filtrano i contatti di Berlusconi con il mondo esterno, dettano la linea. Questa: «De Girolamo e gli altri ministri del Nuovo centrodestra hanno tradito chi li ha inventati politicamente. È come tradire il padre. Non erano nessuno. E, d’altra parte, neanche oggi lo sono».
Francesca e Nunzia non hanno mai legato davvero. Cresciute entrambe in Campania, berlusconiane cristalline, hanno vantato a lungo fedeltà  e devozione al Fondatore.
Fino al momento dello strappo, spartiacque di una storia: «Non si tratta solo di una questione politica — è l’opinione della compagna del Cavaliere — ma anche umana. Hanno abbandonato Berlusconi nel passaggio politicamente più complicato».
Anche oggi Francesca accompagnerà  Berlusconi a Roma. Rientreranno nella Capitale, dopo un lunedì speso assieme ai vertici delle aziende e ai figli Marina e Piersilvio.
Lei, intanto, continua a mettere in guardia il leader azzurro. E a sussurrargli: «Hanno cercato di prendere in giro il Presidente per troppo tempo, l’obiettivo era quello di non fare cadere il governo. E questo perchè, altrimenti, sarebbero caduti loro ».
Quando si infuria, poi, Pascale è ancora più dura: «Non gli è mai interessato nulla dell’Italia. Quei giovani ministri sono il tipo peggiore di giovani, quelli che non fanno bene a questo Paese».
La porta, insomma, sembra sbarrata. Non solo per Nunzia, almeno ad ascoltare i ragionamenti informali della fidanzata del premier: «Per carità , Alfano è un bravo ragazzo. Ma se Berlusconi non avesse alzato la manina, chi mai l’avrebbe eletto segretario?Io, comunque, non l’ho mai sentito davvero come il mio segretario ».
Lui, il Cavaliere, non sembra ancora aver preso una decisione. Giorni fa ha ricevuto una missiva vergata personalmente da De Girolamo. Intensa, politicamente e umanamente.
Ci ha pensato su, perchè la tentazione di dare una lezione ad Alfano — strappandogli un ex ministro — è forte. Ma il segnale, tra gli uomini di san Lorenzo in Lucina, sarebbe devastante.
Come spiega in queste ore la senatrice Rossi: «Sul territorio braccia spalancate ai quadri del Ncd. Quanto ai vertici, se si fanno delle scelte si portano avanti. Se uno va via e chiude la porta, poi quella porta resta chiusa».
Eppure, qualche indizio a favore di un clamoroso colpo di scena va comunque messo agli atti. A nessuno è sfuggito, venerdì scorso a Montecitorio, il pranzo tra l’ex ministro dell’Agricoltura e due berlusconiane doc come Gabriella Giammanco e Annagrazia Calabria.
È stata l’ex ministra a organizzare l’incontro, in nome di un’antica amicizia. Soprattutto con Giammanco, che però resta parecchio cauta: «Nunzia è mia amica, ma va detto che è in una posizione scomoda e ha fatto una scelta discutibile. Alla fine deciderà  Berlusconi».
Un tweet firmato Stefania Prestigiacomo, poi, ha riaperto i giochi: «De Girolamo ha la mia stima e la esorto a tornare da noi. Meritava ben altra difesa da parte di Alfano e Letta. Due pesi e due misure ».
Senza contare il legame solido che lega Nunzia a Jole Santelli, un’altra rimasta in FI e membro di diritto del cerchio magico frantumato dalla scissione nel Pdl.
Tra gli altri azzurri, però, si respira aria pesante. Il Mattinale, emanazione del Brunetta pensiero, si schiera: «Non siamo l’ambulanza che raccoglie i feriti del governo. Ncd in frantumi». E Renata Polverini: «Nulla contro Nunzia, ma non ci si comporta così. Non è giusto, soprattutto per chi è rimasto ».
Si vedrà . Di certo la politica ha delle regole. E, come va ripetendo Pascale, queste regole non vanno sfidate: «Io avrei già  difficoltà  a vedere un’alleanza con il Nuovo centrodestra, figurarsi se qualcuno volesse addirittura tornare nel partito. Alfano e gli altri di Ncd non riesco più neanche a salutarli… ».
La strada, per De Girolamo, resta tutta in salita

Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)

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“DE GIROLAMO TRA GLI INDAGATI NELO SCANDALO ASL”: I PM ACCELERANO

Gennaio 28th, 2014 Riccardo Fucile

IPOTESI DI ABUSO E TURBATIVA D’ASTA PER LE RIUNIONI DEL “DIRETTORIO” CON IL DG DELL’ASL… IN ARRIVO DODICI AVVISI DI GARANZIA

«Sviluppi giudiziari imminenti », soffiano le voci di Benevento. Ma una certezza intanto c’è: il cerchio delle indagini si è stretto.
Secondo indiscrezioni figurano tra gli indagati l’ex ministro Nunzia De Girolamo e i dirigenti suoi fedelissimi, tra cui l’attuale direttore generale della Asl, Michele Rossi.
Almeno quattro filoni. Dodici, almeno, le persone inquisite.
Il pool della Procura che si occupa della Sanitopoli beneventana punta sui molteplici aspetti di una spy story che sembra consumata in una vera e propria “faida”, tra gruppi di potere, a colpi di registrazioni incrociate.
Tutto comincia quando un dirigente dell’Asl, inquisito per truffa e peculato, Felice Pisapia, nel settembre del 2013 consegna alla Procura i file audio di lunghe conversazioni in cui la De Girolamo, Rossi, lo stesso Pisapia e altri discutono di «ogni aspetto della gestione» della Sanità  sul territorio, a cominciare dalla gara d’appalto da 12 milioni per il 118.
Ora, attraverso interrogatori serrati, ricerca di documentazione e forse altre azioni in arrivo, i pm Giovanni Tartaglia Polcini, Nicoletta Giammarino e Flavia Felaco stanno stringendo sui capitoli più scottanti: la presunta turbativa sugli appalti; le transazioni milionarie e le domiciliazioni fasulle autorizzate con milioni di denaro pubblico, a favore di avvocati amici; e soprattutto le gesta di quel «direttorio», guidato dalla De Girolamo, che avrebbe ispirato a criteri di interesse personale o di ricerca di consenso elettorale, le scelte della Asl, come già  paventava il gip Flavio Cusani nell’ordinanza del 27 dicembre.
Da fonti qualificate, ecco l’indiscrezione: l’attuale dg, Rossi, il manager che in privato si inchinava all’allora deputata Pdl («Nunzia io non resterei un secondo di più alla Asl, se non per te e con te, perchè la nomina l’ho chiesta a te, tu me l’hai data…») è indagato con le ipotesi di abuso e turbativa d’asta.
Il suo nome porta direttamente all’ipotesi di concorso per l’ex ministro De Girolamo, e dei suoi fedelissimi.
L’iscrizione nel registro degli indagati, per la De Girolamo, risalirebbe già  a tempo addietro, ma coperto da segreto.
Un dato che non contrasta con le affermazioni di Angelo Leone, legale dell’ex ministro: «Smentisco. Non ci sono state comunicazioni della Procura. Non abbiamo ricevuto nè un avviso di garanzia, nè un invito a comparire».
Si può essere infatti indagati e non avvertiti dalla Procura. Una fonte autorevole sottolinea: «Le dimissioni? Una scelta avvenuta anche in ragione dell’incedere dell’inchiesta».
L’istruttoria ha imboccato una svolta. Lo segnalano due elementi.
Da un lato, crolla il muro dell’omertà : alcuni testi, compresi dirigenti della Asl, si presentano in Procura. E c’è un altro fenomeno insolito: alcuni studi professionali si sono presentati per restituire all’Asl ingenti somme, frutto di «errati calcoli» o di transazioni sbagliate.
Dopodomani, infine, torna davanti ai pm l’indagato-accusatore Pisapia.
Non è escluso che decida di vuotare il sacco.

Conchita Sannino
(da “La Repubblica”)

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GHEDDAFI STUPRAVA MINORENNI, NELLE STANZE SEGRETE LA STORIA DEGLI ABUSI: ECCO IL CRIMINALE PERVERTITO A CUI ABBIAMO DEMANDATO L’AFFOGAMENTO DEI PROFUGHI IN CAMBIO DI 20 MILIARDI DI EURO

Gennaio 28th, 2014 Riccardo Fucile

RECLUTAVA GIOVANI UOMINI E DONNE NELLE SCUOLE, LI FACEVA TORTURARE E ABUSAVA DI LORO TRA VIAGRA, ALCOOL, ABORTI   E COCAINA… LA BBC MOSTRA IMMAGINI AGGHIACCIANTI

Violenze sessuali, alcool, viagra, cocaina. Con tanto di immagini e testimonianze dirette. Agghiaccianti.
A più di due anni dalla morte del colonnello libico Gheddafi un documentario della BBC4 mostra per la prima volta “le stanze segrete del sesso” nelle quali il leader di Tripoli violentava giovani uomini e donne, anche minorenni, che sceglieva andando in visita nelle scuole o nelle università .
“Centinaia, forse migliaia di adolescenti furono torturati, violentati e costretti a diventare schiavi sessuali” durante i 42 anni di regime di Gheddafi.
Molti, assicura il documentario del canale britannico che andrà  in onda il 3 febbraio, erano vergini quando vennero rapiti.
Prigionieri nelle stanze segrete dell’Università  di Tripoli o in vari palazzi del potere, per anni furono alla mercè del colonnello, dei suoi figli e degli affiliati al regime. Senza possibilità  alcuna di riscatto perchè chi riusciva a scappare o sopravviveva, il più delle volte era ripudiato dalla sua stessa famiglia: le violenze subite erano considerate un danno all’onore.
Come riferisce in esclusiva il quotidiano Daily Mail, in queste stanze le ragazze venivano costrette a guardare film porno per essere “educate” a quello che dopo veniva richiesto dal raìs.
Una delle camere mostrate dal documentario, in stile anni Settanta con annessa Jacuzzi, ha accanto anche una sorta di “suite ginecologica” completamente attrezzata, dove ragazzi e ragazze venivano controllati per verificare se avessero malattie sessualmente trasmissibili prima che Gheddafi potesse abusare di loro. E dove si praticavano perfino aborti, quando era necessario.
Il quotidiano britannico racconta il “modus operandi” del dittatore per scegliere le sue vittime. Le invitava ad eventi e sceglieva a piacere.
Dopo, i suoi uomini tornavano a sequestrarli. “Alcuni avevano solo 14 anni”, racconta al giornale online un insegnante di una scuola di Tripoli. “Semplicemente prendevano le ragazze che volevano. Non avevano coscienza, morale, pietà , anche se si trattava di una bambina”.
Una madre addirittura denuncia di come la sua famiglia si fosse messa alla ricerca della figlia scomparsa, per poi ritrovarla solo tre mesi dopo, morta, in un campo. E la paura ancora oggi è dilagante, tanto che molte famiglie hanno paura di parlare della questione apertamente, forse timorosi di ripercussioni nei loro confronti.
“Ad abusare delle ragazze per la prima volta era sempre il dittatore che poi le passava, come oggetti usati, a uno dei suoi figli o a qualche alto funzionario”, racconta la psicologa di Bengasi Seham Sergewa, che ha intervistato decine di vittime per il Tribunale Penale Internazionale.
Ma tra le perversioni di Gheddafi, raccontate dalla BBC e riportate sempre dal quotidiano inglese, c’è anche la sua ossessione di essere al centro del mirino dei nemici politici.
Come quando un chirurgo brasiliano venne condotto in segreto, nel cuore della notte, in un bunker di Tripoli per un’operazione di liposuzione alla pancia e un ritocco al viso, tutto senza anestesia generale, per paura di essere avvelenato.
Tra le testimonianze anche quella di “un’amazzone” del Raìs, che ammette di averlo adorato. Fin quando una mattina fu costretta, insieme alle altre donne della guardia, a presenziare e tifare durante una fucilazione di massa di 17 studenti, da parte degli uomini dell’esercito libico.
Altre voci terribili, infine, come quella di una ragazza violentata davanti al padre per punizione.
L’ultima follia poi fa riferimento alle presunte voci secondo le quali Gheddafi amasse far congelare i corpi degli uomini che aveva fatto uccidere, così da poterli esporre come trofeo.

Silvia Ragusa
(da “il Fatto Quotidiano”)

argomento: criminalità, denuncia, Libia | Commenta »

L’INTESA RENZI-VERDINI SULLA SOGLIA AL 38% DURA POCO: DA FORZA ITALIA RISPONDONO NO

Gennaio 28th, 2014 Riccardo Fucile

LA MINORANZA PD AVEVA RITIRATO TUTI GLI EMENDAMENTI TRANNE TRE PER AGEVOLARE UN’INTESA

Sulla legge elettorale la prima apertura di Forza Italia è durata il tempo di una smentita, mentre Renzi ottiene dai deputati Pd il ritiro degli emendamenti extra-accordo in Commissione e il partito di Berlusconi annuncia un emendamento con la clausola salva-Lega.
Oggi c’è stato a Roma un faccia a faccia tra Matteo Renzi e Denis Verdini il quale avrebbe dichiarato la disponibilità  di Forza Italia a discutere dell’innalzamento dal 35 al 38 per cento della soglia per accedere al premio di maggioranza. Verdini avrebbe invece ribadito il no all’ipotesi di portare dal 5 al 4% la soglia di sbarramento per i partiti piccoli.
La trattativa è aperta, dunque, ma si muove sul filo di equilibri molto precari.
Appena le agenzie di stampa hanno battuto la notizia dell’apertura sulla soglia del 38%, infatti, dai falchi del partito sono partite le smentite.
Prima Daniela Santanchè poi Renato Brunetta hanno definito tale possibilità  di modifica destituita di ogni fondamento e a ruota lo stesso Verdini ha diffuso una nota ‘chiarificatrice’: “In relazione ad alcune ricostruzioni giornalistiche, preciso che è destituita di fondamento ogni ipotesi di accordo diverso da quello stipulato fra il presidente Silvio Berlusconi e il segretario del Pd, Matteo Renzi. Sono quindi false – dichiara Verdini – le notizie circa una modifica al rialzo della soglia del 35% per assegnare già  al primo turno il premio di maggioranza”.
Non solo, Forza Italia annuncia un possibile slittamento dell’approdo in Aula della riforma, previsto per il 29 gennaio, attribuendone la responsabilità  ai “problemi del Pd”. La decisione dell’eventuale rinvio sarà  oggetto della conferenza dei capigruppo in programma domani
L’apertura invece era stata confermata da Renzi nell’incontro con i membri pd della commissione Affari costituzionali.
Anche sulla delega al governo per la definizione dei collegi, avrebbe spiegato Renzi, la trattativa con Forza Italia, che chiede resti materia parlamentare, sarebbe ancora aperta.
Quanto all’idea delle primarie per la scelta dei candidati parlamentari, subito bocciate da FI, Renzi avrebbe chiesto di mantenere l’emendamento, ma di trasformare la consultazione da obbligatoria a facoltativa per i partiti.
Alla luce di questo scenario, il segretario ha quindi chiesto e ottenuto dai commissari del Pd un ritiro ‘tecnico’ (che lascia aperta la porta a modifiche in Aula) di tutti gli altri emendamenti (32 su 35) relativi a proposte estranee all’accordo Renzi-Berlusconi.
La minoranza ha accettato perchè, spiega il bersaniano Alfredo D’Attore, “così si può andare avanti per migliorare la legge”, ma la decisione è stata “molto difficile” e il confronto molto teso.
“Il Pd deve presentarsi unito nelle trattative sulla legge elettorale”, ha spiegato il segretario. Il partito non può offrire agli altri partiti l’alibi delle sue spaccature, è stato il senso dell’intervento di Renzi, e solo mostrandosi unito si capirà  se sono gli altri a voler far saltare tutto e a non volere la legge elettorale.
Dunque “vi chiedo formalmente il ritiro degli emendamenti in commissione perchè altrimenti salta l’accordo”, ha chiarito. Una sorta di aut aut insomma che ha provocato reazioni anche piuttosto decise finchè Gianni Cuperlo ha preso la parola e ha dato il suo sofferto via libera alla linea del segretario.
Tutto ciò prima che arrivasse la smentita di Verdini a sparigliare nuovamente il gioco e a lasciare il leader del Pd nell’imbarazzo.
“E’ la posizione di Forza Italia, vedremo”, si è limitata a commentare poi Maria Elena Boschi, responsabile riforme Pd: “Noi confermiamo la nostra posizione su quel punto e manteniamo l’emendamento” (per alzare la soglia del 35%).

(da “La Repubblica”)

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