Aprile 14th, 2014 Riccardo Fucile
TRA LE DUE ANIME DEL CENTRODESTRA, UN DISFACIMENTO PERSINO DEI RAPPORTI UMANI
Nel centrodestra in rovina – le macerie politiche, i fondatori braccati dalla magistratura – sono
adesso i giorni di un doloroso e spettacolare disfacimento di rapporti umani.
Il compiacimento istituzionale di Angelino Alfano alla cattura di Marcello Dell’Utri, ha eccitato rancori fin lì trattenuti.
Altero Matteoli ieri parlava di «cattivo gusto» per il «modo trionfalistico» con cui il ministro dell’Interno aveva annunciato la conclusione della latitanza.
Il presidente dei senatori, Paolo Romani, ha aggiunto che «una persona con un po’ di coraggio si sarebbe risparmiata quella vanteria».
Non sono nemmeno toni di fiamma, ma di scoramento da fine impero, a parte il ringhio di Mariastella Gelimini per la quale Angelino si è «coperto di vergogna».
Un clangore di spade che accompagna il passaggio di Paolo Bonaiuti da Forza Italia al Nuovo centrodestra, passaggio che propone vent’anni di flashback, le centinaia di foto del Grande Portavoce chino e sorridente su Silvio Berlusconi, le centinaia di note da lui stese in nome del capo.
E il flashback del rottamato che si vede recapitare a casa dalla sede forzista gli scatoloni con dentro due decenni di lavoro.
«Una decisione difficile, sofferta, anche a lungo rinviata», ha detto ieri Bonaiuti, che i velenosi pettegolezzi d’area indicano come l’ultima vittima del cerchio magico.
Anzi, la penultima: vedremo perchè. Dentro questi venti mortiferi ha velocemente perduto i lampi e il garbo da ragazzo anche Giovanni Toti, molto aspro con Bonaiuti: «Mi sembra di essere su Scherzi a parte».
Eppure Bonaiuti non aveva impegnato una sola sillaba contro l’ex direttore, al contrario di Claudio Scajola che in un’intervista al Corriere della Sera l’ha sprezzantemente scostato: «Quel Toti l’ho visto solo alla tv».
Vecchi sodali di Berlusconi increduli di essere messi da parte, e qualche volta cercano riparo in formazioni attigue e già accusate di tradimento; giovani reggenti che mettono in piedi una disperata guardia pretoriana; relazioni pluridecennali che evaporano dentro fuochi di cinismo raggelante anche per chi è abituato alle impietose regole della politica.
Mara Carfagna ha annunciato di non candidarsi alle Europee perchè «la nostra gente non ci perdonerebbe altri scontri, liti e contrapposizioni».
Significa – pare di capire – un atto di cortesia a Raffaele Fitto, la cui candidatura sarebbe di conseguenza stata avvilita. Sono uno che dice sempre a Berlusconi quello che pensa, dice in giro Fitto, e per questo non mi ha mai amato.
Si diceva che Bonaiuti è la penultima vittima del cerchio magico.
L’ultima è Sandro Bondi. Anche se nel suo caso il termine “vittima” è impreciso: già da tempo nauseato, e al riparo nelle campagne piemontesi, qualche giorno fa Bondi ha spedito una lettera di dimissioni da amministratore nazionale di Forza Italia; lui sostiene si tratti di una questione tecnica, poichè il ruolo richiede capacità manageriali di cui dice di essere privo; ma gli amici sostengono che non sopporti più le trincee scavate attorno a palazzo Grazioli e l’addio di Marinella, la storica segretaria di Berlusconi cui era molto legato, non ha certo contribuito a sollevargli il morale.
Le ipotesi di riavvicinamento fra FI e Ncd, fondate su segnali evidenti, sono oggi disastrosamente indebolite dall’incrudelire delle faide.
Infatti Gaetano Quagliariello e Beatrice Lorenzin (sbrigativa nel definire il caso Dell’Utri un capitolo come tanti nella storia del centrodestra) hanno piuttosto invitato i senza terra di Forza Italia al trasloco verso Alfano.
Cioè verso un partito che rappresenta, ha replicato la Gelmini, «un futuro vuoto, un presente precario, e un passato rinnegato».
Su che basare una riconciliazione se ieri, intanto che Berlusconi attende una decisione sul suo destino di condannato e Dell’Utri un trasferimento in galera, Renato Schifani ha ritenuto tempistico augurarsi la fine della «contrapposizione tra politica e giustizia: il confronto va ricondotto nei termini del rispetto reciproco»?
E’ uno Schifani che sogna «un arrivederci a un futuro incontro su posizioni paritarie e non di subalternità ».
Detto a chi è in ginocchio, ha persino un senso.
Mattia Feltri
(da “La Stampa”)
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Aprile 14th, 2014 Riccardo Fucile
“SONO ANDATO PER L’ULTIMA VOLTA AD ARCORE PER AFFETTO, VERGOGNOSO CHE QUALCUNO ABBIA SCRITTO CHE L’HO FATTO PER AVERE QUALCOSA”
La fine era scritta, ma, come in tutte le storie lunghe e vissute intensamente, arrivarci è stato duro, brutto e doloroso.
Paolo Bonaiuti – per 18 anni uomo della comunicazione, praticamente l’ombra di Silvio Berlusconi – lascia ufficialmente Forza Italia.
Lo fa con una breve nota all’Ansa nel primo pomeriggio, ma le decisioni erano prese, e i tre giorni passati a parlarsi, rinfacciarsi, riprovarci, arrabbiarsi tra lui e il leader azzurro non hanno nulla tolto e nulla aggiunto a un epilogo scontato, ma che lascia strascichi pesanti nel centrodestra.
E che acuisce lo scontro sempre più virulento tra Forza Italia e Nuovo Centrodestra. Perchè Bonaiuti, oggi, incontrerà ufficialmente Alfano per decidere quale ruolo andare a rivestire nel partito dei suoi ex e ora ritrovati colleghi – si parla di un coordinamento della comunicazione – e perchè il passaggio suscita l’ira dell’ex premier, che si sente tradito dopo «avergli dato tanto, tutto».
Bonaiuti se ne va con una «decisione difficile, sofferta, anche a lungo rinviata», ma «pienamente motivata e già da tempo da divergenze politiche e da incomprensioni personali che si sono approfondite nell’ultimo anno».
Se ne va facendo gli auguri a Berlusconi con «l’affetto dei 18 anni in cui ho lavorato ogni giorno al suo fianco».
Queste le parole messe nero su bianco, ma, quelle che sgorgano in una giornata che sembra non finire mai, sono calde: «Non c’è un momento che non tengo con me, mi porto dietro tutto, Je ne regrette rien , vorrei dire con la Piaf».
I momenti belli, quelli che i suoi avversari di oggi gli rinfacciano perchè «ha avuto tantissimo da Berlusconi, gloria e onori». E quelli degli ultimi mesi, scanditi da silenzi lunghissimi, da una distanza politica e umana siderale.
Ad accompagnare la fine ci sono dunque le asprezze, i piatti rotti, le recriminazioni. Berlusconi non parla, ma il suo umore è ben espresso dai fedelissimi: «Mi sembra di stare su Scherzi a parte, tutta questa storia ha del surreale e del grottesco», dice Giovanni Toti, ricordando quanto la vicinanza a Berlusconi sia stata essenziale a Bonaiuti per la sua carriera politica.
Concetto che rende chiaro perchè – dall’una e dall’altra parte – non poteva essere accolto l’appello estremo di Mara Carfagna a stare uniti, a non perdere «una risorsa» del partito come Bonaiuti.
Troppo tardi, tutto è avvenuto troppo tardi. Tardive le telefonate venerdì scorso di Berlusconi a Bonaiuti per convincerlo «ad aspettare martedì, ci vediamo e ne parliamo a voce quando vengo a Roma».
Tardivo l’invito ad Arcore, dove l’ex portavoce è andato «per affetto, era giusto lo facessi, e non certo per chiedere in cambio qualcosa».
Tardive le (poche) offerte che avrebbero giustificato un rientro e un passo indietro: una candidatura alle Europee in buona posizione, un ruolo non meglio specificato da «capo della formazione del partito», uno da ufficioso consigliere privato come lo è sempre stato Gianni Letta: «Te ne vai con Alfano? Mi fai questo sgarbo perchè ti è stata data una brutta stanza vicino ai bagni? Ti sembra un motivo, dopo tutto quello che ho fatto per te? Ma che roba è, Paolo!».
«Me ne vado perchè di questo partito non condivido più gestione, toni, parole d’ordine, modi, linea… E non ci sto a margine per uno strapuntino dopo che, per 18 anni, sono stato accanto a te sempre, in ogni decisione!».
«Non è vero che ti ho fatto fuori. Tu non venivi più alle ultime riunioni, ho pensato che volessi prenderti il tuo tempo, che fossi stanco».
«Ma se io sono stato in rianimazione in ospedale e tu non mi hai fatto neanche una visita…».
Si sono lasciati dopo tre ore a tu per tu, tra toni alti e tentativi. Sì e no. «Pensaci». «Vediamo». «Forse». «Ma».
Si sono lasciati sabato sera, sulla porta di Arcore, con Berlusconi che chiedeva di «rifletterci ancora una notte. Aspetta, non fare comunicati domenica. Me lo devi, ti chiedo solo questo».
E Bonaiuti aveva accettato, confortato anche da «tantissimi messaggi di amici», amici di sempre e colleghi come Verdini, che, per sms, lo invitava a «non fare il bischero».
Ma la mattina «certe ricostruzioni false di quello che ci siamo detti», l’attacco durissimo dei giornali berlusconiani, Giornale e Libero , con le accuse di tradimento, le parole di Romani e di Toti hanno reso ovvio quello che era apparso inevitabile fin dall’inizio: l’ufficializzazione dell’addio.
E si capisce quanta sia la rabbia oggi di Berlusconi, pur convinto che, alla fine, «anche questa roba si supererà e si dimenticherà in fretta».
Quanto dura sarà la battaglia. Quanto difficile il cammino. Quanto pesante il clima. Ma, se sono state vere le emozioni di 18 anni, veri devono essere anche il rancore e la delusione che lasciano.
Solo l’indifferenza renderebbe più sopportabile, anche se più amara, questa separazione.
Ma, in tempi così duri, l’indifferenza è un lusso che nessuno nel centrodestra si può permettere.
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 14th, 2014 Riccardo Fucile
IL MISTERO DEI VOLI DELL’EX SENATORE PER DUE VOLTE A BEIRUT IN POCHI GIORNI
Marcello Dell’Utri sarà questa mattina davanti al giudice di Beirut che dovrà convalidare il
fermo in hotel scattato quando da Palermo è stato notificato in Libano il mandato di cattura.
Per l’ex senatore, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, da domani dovrà decidere la Cassazione.
Ma si va verso un rinvio perchè uno degli avvocati del braccio destro di Berlusconi è ammalato.
Uno dei suoi avvocati è ricoverato in ospedale e l’udienza in Cassazione che domani dovrebbe decidere le sorti di Marcello Dell’Utri sembra destinata a saltare.
Così chiedono i difensori dell’ex senatore che hanno già presentato istanza di rinvio allegando la certificazione medica relativa al ricovero in ospedale dell’avvocato Massimo Krogh, il cassazionista che difende dell’Utri insieme al collega palermitano Giuseppe Di Peri.
Strategia dilatoria della difesa in attesa di poter concordare le prossime mosse con Dell’Utri, da sabato rinchiuso nella fortezza dei servizi di sicurezza di Beirut, o un casuale impedimento intervenuto proprio nelle ore in cui l’ex senatore veniva arrestato in Libano in un hotel a cinque stelle?
Certo, se accordato dalla Suprema Corte ( come sembra plausibile) il rinvio potrebbe condizionare le decisioni di Dell’Utri che questa mattina si ritroverà davanti al giudice di Beirut nell’udienza di convalida del fermo nel corso della quale potrebbe decidere di spiegare i motivi della sua presenza in Libano e, se volesse, anche chiedere di essere consegnato subito alla polizia italiana senza dar corso alle procedure per l’estradizione che comunque comincerebbero solo dopo la sentenza della Corte di cassazione.
E’ una partita dall’esito nient’affatto scontata quella che si giocherà davanti alla prima sezione penale presieduta da Maria Cristina Siotto.
Perchè i giudici dovranno valutare non la legittimità del reato di concorso esterno in associazione mafiosa (già riconosciuta) ma se le motivazioni della condanna di Dell’Utri hanno dato risposta soddisfacente al quesito per il quale il processo era stato annullato con rinvio, e cioè: nei quattro anni, dal 1978 al 1982, in cui Dell’Utri ha interrotto il suo rapporto professionale con Berlusconi andando a lavorare con il costruttore Alberto Rapisarda in che modo avrebbe continuato a fare da trait d’union tra Cosa nostra e Berlusconi?
Alessandra Ziniti
(da “La Repubblica”)
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