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BERLUSCONI RECUPERA LA FIDANZATA MA NON IL PASSAPORTO

Luglio 24th, 2014 Riccardo Fucile

LA PASCALE RICOMPARE DI NUOVO AL SUO FIANCO   A CENA A ROMA, MA IL TAR NON RESTITUISCE IL PASSAPORTO A BERLUSCONI: RESTA IL DIVIETO DI ESPATRIO

Roma, ore 22 di ieri sera.
In uno dei ristoranti del centro più frequentati dai parlamentari, Francesca Pascale e Silvio Berlusconi stanno cenando in compagnia dei forzisti della cerchia ristretta e di alcuni amici.
Con loro ci sono Maria Rosaria Rossi, il consigliere politico Giovanni Toti, i deputati Mariastella Gelmini e Melania Rizzoli, i senatori Maria Rizzotti e Andrea Mandelli.
L’atmosfera è distesa e c’è voglia di festeggiare, anche perchè si tratta della prima uscita pubblica dell’ex Cavaliere dopo l’assoluzione nel processo Ruby.
Infatti è la prima volta che se ne vede il volto, visto che finora le uniche immagini dell’ex premier assolto erano quelle che ne avevano hanno immortalato la mano destra fuori dal finestrino della macchina, pochi minuti dopo la sentenza, all’uscita della Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone.
A un certo punto, poco prima del dolce, qualcuno tira fuori l’indiscrezione lanciata due giorni fa durante la trasmissione radiofonica La Zanzara, secondo cui – a seguito di un litigio con Berlusconi avvenuto a inizio settimana – la Pascale avrebbe abbandonato la villa di Arcore.
«È vero sono scappata di casa…», risponde lei simulando un tono serio. Poi però, sorridendo, aggiunge: «Ma questo è successo dieci anni fa, non lunedì».
Acquisita la smentita della Pascale ai rumors sulla crisi con Berlusconi, la pattuglia berlusconiana ha consumato il dolce e poco prima delle undici, orario in cui l’ex premier ha l’obbligo di rientrare a Palazzo Grazioli, la compagnia s’è sciolta.
In attesa di capire se il rientro della Pascale sia solo di immagine o di sostanza.
Un’altra notizia poco positiva per l’ex premier arriva dal Tar del Lazio: dopo l’assoluzione nell’appello del processo Ruby, Berlusconi non fa il bis.
Resta in vigore il divieto d’espatrio deciso nei suoi confronti legato alla sentenza Mediaset.
Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso dei legali dell’ex premier per poter riavere il passaporto.
In sostanza, viene spiegato nella sentenza, “non è la semplice condanna penale che automaticamente legittima la restrizione, bensì una condanna penale non ancora espiata; e la ragione della limitazione non è collegata alla gravità  del reato accertato (quando la pena è stata scontata) ma alla necessità  per lo Stato di rendere effettiva e agevolmente eseguibile la condanna penale”.
E così sfuma il progetto dell’ex Cavaliere di un ritorno sulla scena internazionale con la partecipazione ai vertici Ppe.

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CRESCITA ZERO, EXPORT -4,3%, CONSUMI -0,7%: I DATI BOCCIANO RENZI

Luglio 24th, 2014 Riccardo Fucile

CANTONE DENUNCIA: “IL FRENO ALLA CRESCITA SI CHIAMA CORRUZIONE, LE MAZZETTE ALLONTANANO GLI INVESTITORI ESTERI”… MA IL GOVERNO HA BLOCCATO LE NORME AD HOC

Tutta colpa della corruzione.
Il ristagno economico dell’Italia, che secondo il rapporto diffuso dal Centro studi di Confindustria quest’anno vedrà  il Pil rimanere al palo, dipende da processi decisionali pesantemente influenzati da mazzette e scambi di favori.
La tesi non è nuova, ma stavolta l’analisi arriva proprio mentre la bassissima crescita e il calo delle esportazioni sono al centro delle preoccupazioni del governo Renzi, impegnato a tentare di evitare in extremis una maxi-manovra d’autunno da oltre 20 miliardi di euro.
E in calce c’è anche la firma del capo dell’Autorità  anticorruzione Raffaele Cantone, accanto a quella di Brunello Rosa, analista della società  di ricerca Roubini Global Economics.
L’articolo pubblicato martedì da EconoMonitor, blog di informazione economica e finanziaria del gruppo fondato dall’economista-star Nouriel Roubini, non fa sconti.
A corredarlo c’è una tabella che mostra chiaramente, attraverso alcuni indici sintetici, come l’Italia sia zavorrata da istituzioni inefficienti e da una burocrazia che rende il Paese inospitale per gli investitori stranieri e non solo.
Per ogni voce, dalla “protezione della proprietà  intellettuale” alla “facilità  di ottenere permessi a costruire”, Roma ottiene voti decisamente inferiori rispetto alla media dell’Eurozona e tanto più rispetto alla virtuosa Germania.
Ma a spiccare in negativo sono l’indicatore “crimine organizzato” e la “percezione della corruzione”, stimata dalla classifica di Transparency International che vede l’Italia al 69esimo posto su 177 Paesi.
E secondo gli autori sono proprio queste piaghe a spiegare il basso potenziale di crescita della Penisola.
I canali attraverso i quali la corruzione frena il Pil sono almeno tre, scrivono Rosa e Cantone.
Innanzitutto il disincentivo agli investimenti esteri, perchè nel Paese della cupola Expo e dello scandalo Mose l’imprenditore straniero non solo deve far fronte al labirinto della burocrazia italica ma teme anche che “l’unica soluzione per velocizzare i processi decisionali sia offrire tangenti“.
Poi la distorsione della concorrenza in favore dei “furbi” e dei disonesti.
Che mette ai margini le imprese sane e non disposte a accettare compromessi, scoraggiandole dal partecipare alle gare pubbliche e in alcuni casi inducendole addirittura a investire e operare all’estero.
Infine, la spinta alla fuga dei cervelli. Perchè un contesto del genere “costituisce un formidabile incentivo all’emigrazione di coloro che intendono basare il loro successo professionale solo su capacità  e impegno, su meriti e titoli acquisiti”. E perdere cervelli vuol dire perdere valore aggiunto regalandolo a un altro Paese.
Ancora spuntate le armi dell’Autorita’.
La descrizione del fenomeno si chiude con un tentativo di soluzione. Che passa, ovviamente, per il finora tormentato rafforzamento dell’Autorità  guidata da Cantone, investita del controllo sui contratti pubblici di appalto di servizi e forniture.
Anche se il magistrato, pur rivendicando che “alcuni risultati sono già  stati raggiunti, ad esempio sul piano del rispetto delle regole della trasparenza”, non esprime particolare ottimismo.
Anzi, ricorda come l’”assenza di un meccanismo sanzionatorio efficace a stimolare il rispetto delle regole indicate” resti “il limite della nostra attività  di vigilanza”, perchè “il decreto legge di giugno ha previsto nuove sanzioni, ma forse esse non basteranno”.
Per il Centro studi Confindustria nel 2014 Pil “piatto”. E l’export si sgonfia
Non resta che sperare che bastino. Perchè, nel frattempo, il Centro studi di Confindustria informa che la prospettiva più probabile per l’economia italiana nel 2014 è una “dinamica piatta“.
Tradotto: non faremo alcun progresso, nemmeno il +0,2% stimato a fine giugno che già  aveva molto inquietato il governo.
Una nuova doccia fredda che arriva poco dopo il dato monstre dell’Eurostat sul nuovo record del rapporto debito/Pil (135,6%) e l’allarme dell’Istat sulle esportazioni dell’Italia verso i Paesi extra-Ue, l’ultimo salvagente contro la crisi: in giugno sono scese del 4,3% rispetto a maggio.
“Il calo più consistente da novembre 2013″, secondo l’associazione delle Camere di commercio all’estero.
Se non bastasse frenano pure i consumi, come testimonia la battuta d’arresto del commercio al dettaglio che a maggio è sceso dello 0,7% rispetto ad aprile.
Una tegola dietro l’altra proprio mentre il ministro Pier Carlo Padoan sta cercando, con i tecnici di via XX Settembre, di risolvere il puzzle della legge di Stabilità  da presentare in autunno. In ballo ci sono circa 25 miliardi.
Bruxelles continua a mettere i bastoni tra le ruote e non concede nulla a Renzi sul fronte dell’agognata flessibilità .
Così, stando ai rumors, per trovare le coperture si sta valutando anche un contributo di solidarietà  sulle pensioni più alte, quelle oltre i 3.500 euro.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL “LIBERTARIO” PD VUOLE LA TAGLIOLA, LA SEDICENTE DESTRA E’ COMPLICE DELLA DITTATURA DEL PATACCARO

Luglio 24th, 2014 Riccardo Fucile

SOSPESI I LAVORI IN SENATO, CONVOCATA D’URGENZA LA CAPIGRUPPO…I SENATORI DELLE OPPOSIZIONI CONTINUANO A FARE LEGITTIMAMENTE OSTRUZIONISMO ALLA LEGGE TRUFFA DEL MEGALOMANE

Sospesi i lavori in Aula al Senato mentre è in corso la votazione degli emendamenti sul ddl costituzionale sulle riforme e convocata d’urgenza la capigruppo.
Il presidente Piero Grasso ha accolto la richiesta di sospensione presentata in Aula dal presidente dei deputati del Pd Luigi Zanda.
Lo ha annunciato la presidente di turno Valeria Fedeli rispondendo proprio alla richiesta di Zanda, appena intervenuto. «Il presidente Grasso chiede di sospendere i lavori e convoca immediatamente la capigruppo», ha detto la senatrice democratica. Zanda nel suo intervento era stato molto critico sulla lentezza delle votazioni sugli emendamenti: «Debbo constatare anche questa mattina l’andamento dei lavori dell’Aula – ha detto in Aula – Siamo qui da un’ora e mezza e sono stati votati cinque emendamenti. Ieri abbiamo fatto appello perchè venissero ridotti gli emendamenti. Molti di questi possono essere riassunti e trattati senza dilungarci in successive discussioni».
«Vorrei chiederle di riferire al presidente Grasso la richiesta di convocare ancora una capigruppo perchè vorrei in quella sede politica ripetere l’appello a che i gruppi prendano atto della situazione che si sta creando e assieme si possa riflettere su quale sia la strategia possibile per dare al dibattito lo spazio che serva ma anche a renderlo conclusivo», aveva concluso Zanda.
La decisione del Pd di non usare la «ghigliottina», quindi di non contingentare i tempi, non esclude che poi la prossima settimana si adotti una decisione che vada in direzione opposta: tutto dipenderà , secondo quanto si apprende, dal governo.
E dopo la sospensione dei lavori di stamane su Facebook si scatenavano i commenti dei reppresentanti del Movimento 5 Stelle a partire da Maurizio Santangelo che scrive«Nuova riunione di capigruppo richiesta da Zanda (Pd). C’è aria di ghigliottina”
Interviene anche Vincenzo D’Anna, di Gal che si scaglia contro la «minaccia» di dimezzare i tempi di discussione: «Aleggia la parola ghigliottina, il discorso è “attenti a voi che tagliamo i tempi perchè state dando fastidio”. Ma noi non desisteremo, perchè noi non stiamo difendendo i nostri augusti deretani ma un principio abbastanza marginale, che si chiama diritto del popolo italiano a scegliersi i parlamentari. Non stiamo discutendo delle prebende. Andate di fretta perchè la tempistica presuppone le elezioni anticipate – ha proseguito il senatore di Gal rivolgendosi alla maggioranza – Voi state facendo peggio della legge Acerbo, volete il potere con il 25% dei voti.”
Intanto era già  stato respinto il primo emendamento messo in votazione, i senatori delle opposizioni continuano a fare ostruzionismo utilizzando ogni appiglio offerto dal regolamento.
Oltre alle dichiarazioni di voto su ogni emendamento (10 minuti a testa), molti 5 stelle intervengono in dissenso o per chiedere chiarimenti sulla richiesta della votazione elettronica o su altro.
Se l’ostruzionismo dovesse continuare, il primo via libera al testo delle riforme potrebbe arrivare a settembre e l’approvazione definitiva a metà  2015.
Corradino Mineo, senatore “dissidente” del Pd, ha la soluzione per sbloccare l’impasse: “Basterebbe che il governo accettasse due sole modifiche – continua – la prima per sancire l’elezione popolare diretta dei 95 senatori, invece di delegarla alle alchimie dei consigli regionali. La seconda per ridurre il numero dei deputati, che oggi sono 630”.

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IL PATTO RENZI-BERLUSCONI ESISTE, È SCRITTO E FIRMATO: MA E’ TOP SECRET

Luglio 24th, 2014 Riccardo Fucile

SONO TRE I PUNTI DELL’INTESA: SENATO, ITALICUM E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

Il patto del Nazareno è un testo scritto segreto e custodito gelosamente dai due contraenti e firmatari: Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, lo Spregiudicato e il Pregiudicato.
A rivelarlo è un berlusconiano di altissimo rango che rivela: “Esiste un testo scritto, ne sono certissimo, non certo, ed è stato firmato e controfirmato”.
Da sei mesi, da quel fatale incontro di sabato pomeriggio al Nazareno, era il 18 gennaio, circola la voce, ai limiti della leggenda, su un documento sottoscritto dal segreterio del Pd, allora non ancora premier, e Berlusconi.
Adesso però che le riforme concordate da Pd e Forza Italia prendono corpo con l’abolizione del Senato e l’avvento di una “democrazia autoritaria”, da più ambienti (non solo azzurri) arrivano conferme su conferme sull’esistenza di un testo scritto.
Un vero file riservato, con le firme di Renzi e Berlusconi, e che costituisce, questo il paradosso osceno, la pietra angolare su cui poggia l’edificio della nuova Repubblica. Possibile mai che la più importante riforma costituzionale dal 1948 in poi abbia le sue radici in un patto segreto e non trasparente?
L’uscita del “Mattinale”     e le smentite dei renziani
Renzi e Berlusconi si videro al Nazareno in un sabato romano di gennaio. Era il 18 e il premier Enrico Letta fu costretto a telefonare allo zio Gianni per avere informazioni sul colloquio nella sede nazionale del Pd.
Gianni Letta, infatti, fu il testimone di parte berlusconiana del patto. Con Renzi, c’era Lorenzo Guerini . I due rimasero poi da soli per sette minuti.
Cosa si dissero, cosa firmarono? In un primo momento le veline ufficiali fecero riferimento esclusivamente a un patto su riforme costituzionali e legge elettorale (l’Italicum) e i renziani negarono di aver affrontato la questione giustizia.
A distanza di sei mesi, ieri il Mattinale di Renato Brunetta e Renato Farina, a proposito dell’arresto di Galan, ha ricordato a Renzi che invece la riforma della giustizia è il terzo punto del patto del Nazareno.
C’è o non c’è la giustizia, quindi? In realtà , il primo a svelare l’aspetto “giudiziario” dell’accordo è stato lo stesso B. in un’assemblea dei gruppi parlamentari: “Dobbiamo votare l’abolizione del Senato perchè nel patto c’è anche l’impegno a riformare insieme la giustizia”.
Matteo Renzi ha sempre schivato, infastidito, domande precise sul patto del Nazareno. E anche quando i due si rivisti a inizio luglio, stavolta a Palazzo Chigi, il premier ha mandato avanti il solito Guerini a parlare della “tenuta del patto”.
Con loro, nel secondo incontro, anche Denis Verdini, lo sherpa toscano di B. sotto processo per il fallimento della sua banca, un crac da 100 milioni di euro.
I rapporti del leader del Pd con Berlusconi e con lo stesso Verdini rappresentano il lato più nascosto del fulgido renzismo.
Per quale motivo? E perchè non si rende pubblico quel testo firmato a gennaio?
In un accordo politico può accadere di sottoscrivere un documento scritto: perchè allora non divulgarlo come garanzia di massima trasparenza alle riforme?
La segretezza del patto del Nazareno è il macigno più vistoso sul “percorso riformatore” che il premier ostenta a tutte le ore del giorno.
Uno dei primi a denunciare questo scandalo è stato il giurista Stefano Rodotà : “Matteo Renzi ha detto di aver tolto tutte le forme di segreto, ma perchè allora non inizia con il togliere anche il segreto sul patto del Nazareno che è incompatibile con la politica?”.
Anche nel Pd, l’argomento genera dubbi tormentati. Felice Casson, senatore cosiddetto “frondista”, ha avuto il coraggio di ammetterlo pochi giorni fa: “In un partito che si dice democratico bisogna che si dica tutto. Svelare i contenuti di questo patto sarebbe un fatto di trasparenza”.
Quando la battaglia del Senato entrerà  ancora più nel vivo chissà  se quel testo custodito “in cassaforte”, come raccontano, sia da Renzi sia da Berlusconi non salti davvero fuori.
Chissà .

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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NEL PARTITO DI ALFANO 15 PARLAMENTARI PENSANO AL RITORNO IN FORZA ITALIA

Luglio 24th, 2014 Riccardo Fucile

ATTESA PER L’ASSEMBLEA DI SABATO: SE VINCESSE LA LINEA DELL’ALA GOVERNATIVA DEL PARTITO E NON SI ARRIVASSE A UNA NUOVA FEDERAZIONE DEL CENTRODESTRA MOLTI TENTATI A LASCIARE

“Sta per saltare il Ncd. L’assoluzione di Berlusconi ha accelerato questo processo”. Transatlantico di Montecitorio, metà  pomeriggio: mentre il ministro dell’Interno, nonchè leader di Ncd, allontana qualsiasi faccia a faccia con il leader di Forza Italia – “non è previsto alcun incontro” — un parlamentare che gravita nel centrodestra sussurra queste parole.
Il dado è ormai tratto. Cinque, dieci, forse addirittura quindici deputati, se ‘Angelino’ non sposasse la proposta di Nunzia De Girolamo di “costruire la coalizione dei prossimi venti anni senza quote in stile Pdl”, sarebbero pronti a lasciare il Ncd e a tornare fra le braccia di Silvio Berlusconi.
Questa volta lo strappo, o come dice qualcuno “il ritorno in patria”, si consumerà  in primis nella Camera e poi, in un secondo momento, si rifletterà  a Palazzo Madama.
Nel partito di Angelino Alfano, che annovera 28 deputati e 32 senatori, volano gli stracci. Le distanze appaiono invalicabili.
La cosiddetta ala “renziana” — quella costituita da Fabrizio Cicchitto, Gaetano Quagliariello, Beatrice Lorenzin, Renato Schifani – è sul piede di guerra.
Non ne vuol sapere di tornare all’ovile, e prova a resistere rispetto al richiamo del padre. Come? Sabato all’assemblea nazionale del Ncd, che si terrà  a Roma, i ‘renziani’ si giocheranno le ultime fishes.
Gaetano Quagliariello attende, infatti, di essere eletto coordinatore nazionale da quella platea, non più su nomina personale del ministro dell’Interno.
Un’elezione che di fatto farebbe virare la compagine alfaniana verso il centrosinistra, segnando Ncd come l’ala destra di Matteo Renzi.
Il sogno proibito di Quagliariello, però, porta Alfano a frenare sulla federazione di centrodestra perchè — rilancia nel pomeriggio il Guardasigilli — “prima di ogni ragionamento vogliamo vedere come si comporta Fi sulla legge elettorale”.
Un modo come un altro per non scoprire le carte, e, soprattutto, per cercare di tenere unito il gruppo in vista dell’assemblea di sabato che, come detto, si preannuncia infuocata. D’altronde Alfano, che ai fedelissimi avrebbe riferito di essere “più sulla linea Lorenzin-Quagliariello”, non sarebbe affatto intenzionato a lasciare il dicastero perchè ritiene che accelerare il processo di riunificazione provocherebbe delle scosse telluriche al governo. Del resto i rapporti con il premier Renzi sono sempre più difficili dentro al governo.
Da un lato perchè il ministro dell’Interno soffre il protagonismo del premier.
Dall’altro lato perchè lo preoccupa il canale preferenziale fra l’emissario di Arcore, Denis Verdini, e il presidente del Consiglio.
Elementi che si aggiungono ai malumori interni al Ncd, e che di fatto allontanano qualsiasi discussione sulla costituente del centrodestra.
Costituente di cui si starebbe occupando direttamente anche Mario Mauro.
L’ex ministro della Difesa del governo di Enrico Letta avrebbe incontrato segretamente un paio di volte l’ex Cavaliere.
Il quale gli avrebbe chiesto di saggiare gli animi dei cattolici-moderati sparpagliati fra centrodestra e centrosinistra con l’obiettivo di portarli all’interno della nuova federazione di centrodestra.
L’inquilino di Arcore stima Mauro e desidera averlo in prima linea per la ripartenza dei moderati anche per le ottime entrature dell’ex ministro all’interno del Ppe, dove Berlusconi non gode di grande stima.
Tuttavia, al momento appare tutto congelato. “Non c’è fretta”, ribatte il responsabile degli Enti Locali di Ncd, il siciliano Dore Misuraca.
Perchè la ricostruzione del centrodestra dovrà  passare dai dissidi interni al Ncd. E, soprattutto, da un faccia a faccia fra il padre nobile di Forza Italia e il suo ex pupillo.
Un incontro rimandato a data da destinarsi.
Forse ad agosto, forse addirittura dopo l’approvazione della legge elettorale.
L’Italicum che “Berlusconi ha disegnato su misura con Renzi per annullare il Ncd”, lamentano parlamentari di fede alfaniana.

Giuseppe Alberto Falci

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I DUBBI DI BERLUSCONI: “MATTEO ORA SBAGLIA, ANDRA’ PRESTO A SBATTERE”

Luglio 24th, 2014 Riccardo Fucile

L’EX PREMIER PREOCCUPATO DEL MURO CONTRO MURO AL SENATO… IN ALTO MARE LA RIUNIFICAZIONE DEL CENTRODESTRA… LITE NEL NCD

«Così Matteo va a sbattere, io lo avevo previsto». Esagerato definire Silvio Berlusconi preoccupato per l’esito della riforma al Senato, ma certo per tutto il giorno ha tenuto sotto controllo quanto accadeva, in contatto con Denis Verdini e Paolo Romani.
E in serata, incontrando vari parlamentari a Palazzo Grazioli, ha tirato le somme non prevedendo nulla di buono.
«Questa fretta di Renzi poteva essere evitata, io lo avevo suggerito», dice adesso l’ex premier, disponibile se servirà  a un nuovo faccia a faccia (e a tendere la mano d’aiuto) col presidente del Consiglio.
Il fatto è che, nonostante le rassicurazioni del capogruppo forzista Paolo Romani («Non faremo scherzetti»), anche la loro squadra a Palazzo Madama è in ebollizione.
Già  ieri in 14 hanno votato in dissenso sull’emendamento relativo all’abrogazione delle circoscrizioni estere.
Tira brutta aria insomma e le voci iniziate a circolare su un possibile tracollo con conseguente crisi e voto anticipato, magari in primavera, hanno mandato in fibrillazione anche loro. Berlusconi ostenta serenità . «Dopo la sentenza mi hanno detto che abbiamo recuperato ben due punti, siamo già  al 17,5 per cento, senza che io abbia detto o fatto nulla» si vantava in serata tra un incontro e l’altro con deputati e amici in vena di congratulazioni post assoluzione.
È la ragione per cui intende portare avanti la strategia dell’inabissamento, del silenzio, zero dichiarazioni e anche ieri ha rinunciato alla kermesse dei giovani di “Azzurra libertà ” alla sede del partito.
E siccome c’è un partito da ricompattare, i dissidenti da far rientrare, dopo tanti rinvii è in agenda questa mattina a Palazzo Grazioli il faccia a faccia con Raffaele Fitto.
Cocci da riattaccare prima insistere sulla federazione del centrodestra, dopo aver lanciato la pietra, ora si ferma e attende, predicando ai suoi calma e cautela. «Non c’è alcuna fretta, ci sono i tempi per aprire un ragionamento, ma per vincere dobbiamo tornare insieme» spiega l’eurodeputato e braccio destro Giovanni Toti
Il Nuovo centrodestra resta segnato dalla minoranza intenzionata a tenere più che aperto il dialogo con Berlusconi.
Angelino Alfano è convinto – come spiegava ieri sera ai “fondatori” riuniti in vista dell’assemblea di sabato – di tenere tutti nel nuovo contenitore.
L’annuncio proprio fra due giorni, la creazione di gruppi unitari tra Ncd, Udc, ex Scelta civica, Mario Mauro per dar vita a una formazione di un centinaio di parlamentari, in grado di trattare su basi più solide con Renzi.
Primo passo della “Costituente popolare”, nuovo logo che cancellerà  la parola destra.
Piace a Cicchitto, Schifani, Quagliariello, Sacconi, Lorenzin, insomma alla maggioranza, meno alla capogruppo Nunzia De Girolamo o a Barbara Saltamartini.
Due sere fa Alfano ha chiuso a fatica le ostilità  nella resa dei conti interna («La linea la detto io, chi non ci sta mi faccia sfiduciare»), tra attacchi di Quagliariello, Cicchitto, Vicari e altri a De Girolamo e Saltamartini, col ministro Maurizio
Lupi che mediava: «Se Renzi dialoga con Berlusconi, come facciamo noi a chiudere la porta? » Per ora è tregua, lascia intendere la De Girolamo: «Quello che avevo da dire l’ho detto. Sono nel Ncd e se ci sarà  altro lo dirò nelle sedi e negli appuntamenti di partito».
Se ne riparlerà  dunque sabato all’Eur.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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IL TESORO DI DELL’UTRI IN TRE CONTI BANCARI SCOPERTI IN LIBANO

Luglio 24th, 2014 Riccardo Fucile

UNO INTESTATO AL FIGLIO, GLI ALTRI DUE GESTITI IN PRIMA PERSONA DALL’EX SENATORE

I magistrati che indagano sulla trattativa mafia-Stato cercano adesso il tesoro di Marcello Dell’Utri.
Si comincia da tre conti bancari scoperti nelle scorse settimane dal centro operativo Dia di Palermo a Beirut, il buen retiro dove l’ex senatore Pdl cercava di evitare il carcere dopo la condanna per mafia.
Un deposito è risultato intestato al figlio Marco, aperto e chiuso all’inizio di febbraio nel giro di pochi giorni, gli altri due sarebbero stati gestiti direttamente da Dell’Utri.
I pubblici ministeri Di Matteo, Del Bene e Tartaglia stanno preparando una rogatoria da inviare in Libano, per conoscere l’ammontare dei conti e soprattutto la movimentazione.
Servivano per gestire una tranquilla latitanza all’estero o per far transitare in modo sicuro patrimoni ancora nascosti?
È questa la domanda attorno a cui ruota l’ultima indagine della procura di Palermo
Emilio Fede, nel racconto rubato dal suo personal trainer Gaetano Ferri, parlava di «settanta conti esteri, tutti che fanno riferimento a Dell’Utri».
Poi, però, interrogato dai magistrati ha fatto una brusca marcia indietro: «Se io ho parlato di questi settanta conti sono un pazzo, io non posso avere detto settanta conti esteri. Impossibile».
Secondo Fede, Ferri avrebbe manomesso la registrazione. Ma, il racconto dell’ex direttore del Tg4 è ricco di particolari su Dell’Utri e Berlusconi.
Quando il personal trainer dice “Quindi Berlusconi è costretto ad averlo questo onorevole”, Fede spiega: «Sì, per risparmiargli l’arresto… se riesce, capito… votare alla Camera, al Senato… per non farlo finire ancora dentro… per me devo dire è sempre stato di grande cortesia siciliana».
E poi chiosa: «Io ho conosciuto segreti di tutti e due, che se io… con i segreti che so… non me ne approfitto… ti giuro su quello che ho più caro al mondo». All’interrogatorio, i magistrati gli leggono la frase e Fede sbotta: «Non ho detto queste cose come le può dire un delinquente… Io non conosco segreti di Berlusconi, tranne quelli che conosco superficialmente… perchè non è che conosco dove Berlusconi ha i soldi, non è che conosco se li ha messi di qua o di là , idem di Dell’Utri…«.
Fede spiega di avere «simpatia umana» per Dell’Utri, «l’ho conosciuto in prossimità  della discesa in campo politica di Berlusconi, l’ho incrociato qualche volta alle cene ad Arcore».
Ed emerge chiaramente che la «simpatia umana» fra i due è nata in questi ultimi tempi, per una curiosa comunanza di destini: «Dell’Utri non è stato candidato, come non sono stato candidato io, e quindi è stato messo a rischio».
Fede racconta di essersi rivolto proprio a Dell’Utri «quando la mia vita in Mediaset si è complicata». Spiega: «Sono andato a chiedere che si facesse interprete della mia onestà , quando sentivo che qualcosa stava succedendo per eliminarmi dal Tg4… Probabilmente, la mia vicinanza a Berlusconi dava fastidio ad altri componenti di vertice».
Gli chiedono i pm: «E perchè si rivolge a Dell’Utri avendo lei ottimi rapporti, anche personali, con Berlusconi?».
Risposta: «Perchè i rapporti di Dell’Utri con Silvio Berlusconi erano più importanti di quelli che avevo io».
Il discorso torna al boss stalliere nella villa di Arcore. «So per certo che Berlusconi, tutte le volte… io ho assistito solo una volta… che Dell’Utri tornava da Palermo per il suo processo si informava di come stava la famiglia Mangano… Berlusconi aveva tutta l’intenzione di aiutare la famiglia di questo che è morto in carcere, secondo Berlusconi da eroe, perchè non ha voluto dire nulla contro di lui».
Oggi, Marcello dell’Utri sta scontando una condanna a sette anni nel carcere di Parma per concorso esterno in associazione mafiosa.
Ma il suo patrimonio è al sicuro, non si sa dove. Di sicuro, dieci giorni prima della sentenza della Cassazione, l’ex senatore un risultato positivo l’ha ottenuto: i giudici della Corte d’appello di Santo Domingo hanno dissequestrato i conti correnti intestati alla moglie e la mega villa di Casa de Campo acquistata con i soldi di Silvio Berlusconi.
Erano stati proprio i pm di Palermo ad arrivare fino a Santo Domingo: l’8 marzo di due anni fa, il giorno prima di un’altra sentenza della Cassazione, Berlusconi fece un bonifico di 15 milioni di euro su un conto intestato all’amico e alla moglie, Miranda Ratti.

Salvo Palazzolo
(da “La Repubblica“)

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I DUE CAIMANI: BERLUSCONI SI E’ SDOPPIATO

Luglio 24th, 2014 Riccardo Fucile

ORA E’ DIVENTATO “INTERLOCUTORE SIGNIFICATIVO” PER TUTTI I PALATI

Chi pensava di essersi liberato di Berlusconi — sono vent’anni, da quando Bossi rovesciò il suo primo governo, che ogni tanto qualcuno salta su a darlo per morto — sarà  sorpreso nell’apprendere che non solo B. è vivo e lotta insieme a noi, anzi a loro. Ma si è addirittura sdoppiato.
Da ieri non c’è più un solo Caimano: ce ne sono due. Date un’occhiata ai giornali e ai telegiornali, che parlano del suo ruolo centrale nella riforma del Senato nelle prime pagine e delle rivelazioni di Emilio Fede sulla sua mafiosità  nelle ultime, e dite se non è così.
Finora la stampa di regime si regolava dividendo B. in due: dalla cintola in su il politico, lo statista, insomma il padre costituente; dalla cintola in giù il pregiudicato, il plurimputato, l’amico dei mafiosi, il piduista, il puttaniere (dalla cintola in giù, appunto), insomma il padre prostituente.
Bastava aggiungere che “un conto sono i processi, un altro le riforme” e che “bisogna separare la giustizia dalla politica” e il gioco era fatto: a saperlo prima, Vito Ciancimino sarebbe diventato presidente della Repubblica, ma purtroppo per lui non ci aveva pensato, o forse era nato nell’epoca sbagliata.
Dall’altroieri però tutto è cambiato. E dal Berlusconi dimezzato siamo passati al Berlusconi raddoppiato.
Ora sono due soggetti a se stanti, che vivono vite parallele ma separate, sia pure con la stessa faccia, la stessa statura, lo stesso fard, la stessa asfaltatura, gli stessi tacchi, gli stessi soldi, la stessa fidanzata.
L’annuncio l’ha dato, con la dovuta solennità , Giorgio Napolitano comunicando ai giornalisti, al governo e al Parlamento che urge una bella “riforma della giustizia condivisa” con l’“interlocutore significativo”.
Tra i vari soprannomi che hanno accompagnato la carriera criminal-imprenditorial-politica di B., mancava giusto questo.
Sbaglia Emilio Fede a definirlo “soldi mafia mafia soldi”. E sbagliava il suo legale Niccolò Ghedini a immortalarlo come “utilizzatore finale” di mignotte.
Il termine giusto da usare è “interlocutore significativo”.
Che tra l’altro è un soprannome multiuso, evergreen, per tutte le stagioni, i gusti, i palati e anche gli stomaci: uno può essere interlocutore significativo di Mangano, ma pure di Ruby o della D’Addario, ma pure di Renzi e Napolitano.
La stampa, come in ogni regime che si rispetti, ha subito preso buona nota del super-monito presidenziale e ha prontamente obbedito.
Il più raffinato è il Corriere della Sera.
Pagina 1: “Spinta di Napolitano per le riforme”. Pagina 16, in basso a sinistra: “Fede intercettato: ‘Berlusconi, Dell’Utri sa e mangia’”.
Non una parola, nei titoli, sul concetto di “mafia” o di “Mangano”, altrimenti poi nei lettori sorge il sospetto che questo Berlusconi sia lo stesso che riforma il Senato e prossimamente la Giustizia.
Il Giornale: “Lo dice persino Napolitano: la riforma della giustizia va fatta. Il capo dello Stato plaude al Cavaliere per le frasi sulla ‘magistratura equilibrata e rigorosa’” (quella che l’ha assolto). Nemmeno una riga sulle parole di Fede, se no magari qualche lettore si domanda se questo Fede sia una toga rossa, un giornalista del Fatto, oppure quello del Tg4.
I tg, a parte Mentana su La7, sopiscono e troncano, ma soprattutto tengono a debita distanza il B. riformatore dal B. mafiatore.
Tutti poi insistono sulle frasi rubate a Fede dal suo personal trainer (conversazioni dove uno può benissimo straparlare o millantare) e sorvolano sull’interrogatorio di Fede dinanzi ai pm di Palermo (dove il giornalista, sotto giuramento, prim’ancora che gli vengano contestate le sue chiacchiere con l’allenatore, mette a verbale di aver visto e sentito B., già  in politica, raccomandare a Dell’Utri di aiutare economicamente Mangano e la sua famiglia.
Una testimonianza importantissima — ben più delle bobine — sul fatto che la trattativa Stato-mafia non s’è mai interrotta, neppure dopo l’ultimo e definitivo arresto di Mangano nel ’95 e nemmeno dopo la sua morte nel 2000.
Ecco: questo non si deve assolutamente sapere.
Se no poi, dopo lo sdoppiamento dei Berlusconi, tocca pure separare il papello dalla nuova Costituzione.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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