Aprile 9th, 2015 Riccardo Fucile
LA STANGATA INCOMBE: LE CLAUSOLE DI SALVAGUARDIA SONO ANCORA IN VIGORE
Nella presentazione del Documento di economia e finanza il premier Matteo Renzi ha fatto due
promesse impegnative: niente tagli e niente nuove tasse.
Ora che, oltre al comunicato stampa di Palazzo Chigi, si possono consultare i documenti che verranno approvati nel Consiglio dei ministri di venerdì è tutto più chiaro.
Partiamo dalle tasse.
Nel Programma di Stabilità che il ministero del Tesoro manderà a Bruxelles, nell’ambito del negoziato con la Commissione europea che porterà alla legge di Stabilità in autunno, si legge che le entrate continueranno a crescere nei prossimi anni: “In termini netti aumentano di 6,6 miliardi nel 2016, 13,2 miliardi nel 2017, 17 miliardi nel 2018 e 19,3 miliardi nel 2019”.
Dal prossimo anno, infatti, scattano le clausole di salvaguardia previste “dal — la Legge di Stabilità 2015” (cioè dal governo Renzi a fine 2014) che valgono “12,8 miliardi nel 2016, 19,2 miliardi nel 2017 e circa 22 miliardi a decorrere dal 2018”.
Cioè un ulteriore aumento delle aliquote Iva —fino a 3,5 punti in più nel 2018 —e delle accise sulla benzina.
Eppure Renzi ha detto in conferenza stampa che “le clausole di salvaguardia le abbiamo totalmente eliminate”. Ma non è vero.
Soltanto l’incremento fiscale previsto per il 2015 è stato evitato. E con una copertura assai dubbia: il calo del costo del debito grazie alla bonaccia sui mercati, il miglioramento delle stime di crescita e tagli di spesa pari allo 0,6 per cento del Pil (circa 8 miliardi) che ancora non si sono materializzati.
Il totale delle entrate in rapporto al Pil è previsto al 48 per cento nel 2015, cresce al 48,5 nel 2016 e poi inizia a diminuire in modo quasi impercettibile fino al 47,9 del 2019.
La pressione fiscale, che misura il peso delle tasse sulla ricchezza prodotta in un anno, continua a salire: dal 43,5 del 2015 al 44,1di 2017 e 2018, poi 44 nel 2019.
Il governo spiega però che, considerando l’effetto del bonus 80 euro (che dal punto di vista contabile sono un aumento di spesa e non una riduzione di tasse) ci sono 10 miliardi di imposte in meno e quindi la pressione fiscale “vera” nel 2015 è 42,9 per cento.
E veniamo ai tagli.
L’unico modo per evitare le clausole di salvaguardia è tagliare la spesa in modo da ottenere un risparmio pari al mancato gettito aggiuntivo.
Si legge nel documento che “per gli enti locali proseguirà il processo di efficientamento già avviato nella legge di Stabilità 2015 attraverso l’utilizzo di costi e fabbisogni standard per assegnare le risorse centrali alle singole amministrazioni e la pubblicazione dei dati di performance e dei costi”.
Lo scopo è recuperare, già dal 2016, lo 0,6 per cento del Pil con la revisione della spesa, cioè oltre 9 miliardi di euro.
Quindi altri tagli che, è la promessa, colpiranno soprattutto gli sprechi nelle singole aziende municipalizzate e sanitarie locali, ma visto che il governo centrale non ha modo di intervenire a quel livello di dettaglio l’arma definitiva sarà comunque quella dei tagli lineari.
Nel Pnr, il Programma nazionale di riforme che dettaglia gli interventi da sottoporre a Bruxelles viene spiegato nel dettaglio: “Dopo gli importanti risultati ottenuti nel 2014, il governo prevede di realizzare ulteriori risparmi e rimuovere la restante parte delle clausole di salvaguardia con interventi anche di riduzione delle spese e delle agevolazioni fiscali per almeno 10 miliardi nel 2016 e 5 miliardi nel 2017”.
È chiaro che ridurre le agevolazioni fiscali per qualcuno significa che quel contribuente pagherà più tasse. È matematico.
Le proteste dei sindaci riguardano soprattutto tagli già decisi in passato che stanno iniziando a produrre i loro effetti adesso e il contenzioso su 625 milioni di euro che il governo dovrebbe versare per tappare il buco aperto ai tempi dell’abolizione dell’Imu prima casa.
Proprio quella vicenda allarma gli amministratori: nel Pnr si preannuncia la “semplificazione delle imposte locali” dal prossimo anno.
Tra le novità , questa: durante il 2015 sarà applicata la delega fiscale per superare il criterio della spesa storica nell’assegnazione delle risorse (i Comuni hanno trasferimenti in base a quanto hanno speso in passato) per passare a un calcolo su quanto servirebbe loro davvero se fossero efficienti.
Già da quest’anno, il 20 per cento dei trasferimenti sarà assegnato in base a fabbisogni standard (i costi minimi per le prestazioni) e capacità fiscale (quante tasse può pagare il territorio).
I sindaci che non riescono o non possono diventare efficienti abbastanza in fretta dovranno scegliere se alzare le tasse locali o tagliare i servizi.
Stefano Feltri
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 9th, 2015 Riccardo Fucile
L’INTESA PER UNA LISTA COMUNE IN PUGLIA DURA MENO DI 24 ORE… ORA BERLUSCONI RISCHIA IL TRACOLLO AL SUD
Lo strappo, quello definitivo, si consuma a Bari. Ma è destinato a produrre effetti immediati a Roma.
Tra Raffaele Fitto e Forza Italia il cammino comune finisce qui.
La scissione (con parlamentari al seguito) appare adesso a un passo. E accade tutto nel giorno in cui Berlusconi sembra tendere una mano e accettare la ricandidatura degli uomini dell’ex governatore nelle liste pugliesi.
Invece salta tutto: il candidato Francesco Schittulli in serata chiude la partita, in una nota annuncia per domani il lancio della sua candidatura al fianco di Fitto, Ncd e Fratelli d’Italia e dice addio a Forza Italia («Non ha dato la disponibilità a presentare una lista competitiva»).
Ma il rischio per il partito ora è il tracollo nel Mezzogiono e non solo.
A questo punto, l’uscita dell’eurodeputato dal partito con la sua trentina di parlamentari torna assai probabile e perfino imminente.
Senatori forzisti, campani questa volta, finiscono nel frattempo quasi alle mani a Palazzo Madama (protagonisti De Siano, Falanga e D’Anna) tra chi difende l’uscente Caldoro e chi si azzarda a sponsorizzare il pd Vincenzo De Luca.
E ancora, il “veterano” Antonio Martino si scaglia contro il ricambio («Ci sono giovani imbecilli») e contro Mariarosaria Rossi («Si copre di ridicolo»), mentre la giovane Silvia Sardone (avversata dalla vecchia guardia) sogna la candidatura a sindaco di Milano.
Di fronte a questo scenario, Silvio Berlusconi, sempre più sconfortato e demoralizzato, preferisce tenere le distanze.
Resterà tutta la settimana a Villa Certosa. «Sono stanco di questa pantomima, non si rendono conto che così ci fanno solo perdere e Fitto vuole solo farmi la guerra e prendersi il partito, ma io Forza Italia la rifondo, la rilancio e le ridò un volto nuovo dopo il voto», ripete ai suoi.
Eppure, a mezzogiorno, la nota del commissario berlusconiano in Puglia, Luigi Vitali, sembrava aprire a un compromesso: «Per favorire l’unità del centrodestra in Puglia, Fi conferma la disponibilità a ricandidare l’intero gruppo regionale».
Vorrebbe dire garantire ai sette consiglieri uscenti vicini a Fitto la presenza in lista. Ma giusto a loro.
L’eurodeputato piomba a Roma, riunisce i parlamentari mentre coordina a distanza i suoi in regione: «È un bluff».
La bocciatura dell’offerta è immediata. «Non ci bastano i sette uscenti, abbiamo almeno altri dieci, quindici amministratori locali in gamba e capaci di grandi consensi, io li voglio tutti in lista», ha spiegato ai deputati pugliesi e non.
E ancora: «Non può essere la Rossi o un suo delegato a depositare a fine aprile la lista, al più una figura di garanzia o addirittura due».
Il sospetto, tradotto, è che la plenipotenziaria per le liste Mariarosaria Rossi o chi per lei possa depositarla in Puglia ma epurata, nottetempo, dei candidati di Fitto.
«Quelle condizioni sono per noi inaccettabili, è un banale pretesto, la verità è che Fitto avrebbe rotto in ogni caso», si consola la tesoriera commentando con i collaboratori lo strappo ormai consumato.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Aprile 9th, 2015 Riccardo Fucile
ORLANDO: “BISOGNA CAPIRE SE CI SONO STATE FALLE”: I LIVELLI DI PROTEZIONE NON ESISTONO NEANCHE A PALAZZO DI GIUSTIZIA, FIGURIAMOCI ALTROVE
Scoppia il caso sui livelli di sicurezza a Palazzo di Giustizia. 
Gli inquirenti stanno cercando di capire come Claudio Girardello sia riuscito a entrare in tribunale armato di pistola senza essere bloccato dai controlli con i metal detector.
Una delle altre ipotesi è quella che uno dei metal detector di Palazzo di Giustizia fosse guasto
E’ quanto riferisce una persona che si era recata in Tribunale per lavoro. Secondo questa persona si tratterebbe dell’ingresso laterale di via Carlo Freguglia.
Un’altra spiegazione potrebbe essere quella che l’uomo possa essere passato insieme al suo legale dalla parte d’ingresso riservata agli avvocati e a cui si accede mostrando il tesserino dell’ordine forense.
Il mondo politico per una volta pare concorde: “È inconcepibile che uno possa entrare in Tribunale con un’arma, che una persona qualunque riesca ad entrare con una pistola.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha annunciato il suo arrivo a Milano per essere vicino la personale della giustizia ha commentato a caldo: “Non ci sono mai arrivate segnalazioni su un deficit nelle strutture di sicurezza. Bisogna capire se ci sono state delle falle”.
L’ipotesi di un metal detector rotto in via Manara è confermata anche da alcuni dipendenti. “Mi sembra che il metal detector all’ingresso di via Manara sia rotto da qualche tempo, e per questo è stato impedito l’accesso al pubblico come avviene sempre nel caso di guasti”: lo ha spiegato un avvocato, Emanuele Perego, che si trovava a Palazzo di Giustizia quando è avvenuta la sparatoria in relazione ad una testimonianza che parlava di un metal detector rotto all’ingresso di via Freguglia.
“Secondo me l’uomo potrebbe essere entrato esibendo un tesserino da avvocato falso – ha spiegato l’avvocato – perchè di solito i controlli agli accessi sono rigorosi. Gli avvocati possono entrare esibendo il tesserino – ha proseguito – mentre gli imputati e in generale il pubblico, devono passare sotto il metal detector”.
L’avvocato ha denunciato quindi “la mancanza di un piano di evacuazione” nel caso di situazioni di emergenza.
“Siamo rimasti in balia di noi stessi all’interno della struttura – ha raccontato – in una situazione di confusione totale, senza nessuno che ci dicesse cosa fare”.
L’avvocato ha spiegato di avere visto delle persone fuggire e, quindi di essere salito al settimo piano dell’edificio. “Mi sono chiuso in una stanza – ha concluso – e sono uscito solo quando gli agenti della Digos hanno detto che l’attentatore era stato arrestato”.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 9th, 2015 Riccardo Fucile
STRAGE TRIBUNALE DI MILANO, CHI E’ CLAUDIO GIARDIELLO
Ben vestito, distinto, 57 anni, di Benevento, residente in Brianza.
Si presenta così il signor Claudio Giardiello al Tribunale di Milano.
Lui, che aveva diverse società ma negli ultimi tempi si trovava in gravissime difficoltà finanziarie, sfociate in diverse cause giudiziarie, era lì per l’udienza legata al fallimento per bancarotta dell’agenzia immobiliare Magenta srl, di cui è socio di maggioranza.
Poi, secondo le prime ricostruzioni, quando uno dei legali rinuncia alla sua difesa, impazzisce ed apre il fuoco.
Sono i primi dettagli che emergono dall’inquietante strage avvenuta questa mattina, intorno alle 11, al secondo piano del Tribunale di Milano.
“È una persona che si presentava molto bene, dopo di che aveva tratti di aggressività inquietante, scatti d’ira, elementi paranoici, per cui abbiamo concluso il rapporto”.
Ha dichiarato lo stesso avvocato Valerio Maraniello, fuori dal palazzo di giustizia, descrivendo Claudio Giardiello, per il quale insieme a Lorenzo Alberto Claris Appiani, una delle due vittime di oggi, ha seguito alcune pratiche in sede civile.
“Ho lavorato con lui fino a 2 o 3 anni fa. Insieme a Claris Appiani stavamo gestendo una transazione relativa alla sua società e i rapporti non erano chiari. Era paranoico, convinto sempre che qualcuno volesse fregarlo, invece di affidarsi a professionisti”. “Conosco molto bene il collega morto – ha detto il legale -: bravissimo, giovane, un amico di famiglia”.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 9th, 2015 Riccardo Fucile
SOSPESO IL COMITATO PER LA SICUREZZA IN CORSO…IL MINISTRO ORLANDO IN VIAGGIO PER MILANO
«Conoscevo personalmente il giudice Ciampi, che si possa morire così, mentre si sta svolgendo il
proprio lavoro, è assurdo», è il commento degl giudice Gherardo Colombo secondo cui un episodio del genere è rivelatore «di un clima che c’è oggi contro la magistratura, Non dico che vi sia un collegamento, me ne guardo bene, ma certamente questa continua sottovalutazione del ruolo, di svalutazione dei magistrati, contribuisce a creare un clima. Quanto è successo è terribile».
Colombo si è detto «molto sorpreso» dal fatto che si sia potuto portare un’arma all’interno del Palazzo di Giustizia.
«È veramente qualcosa che non riesco a spiegarmi. Sia l’entrata per il pubblico, sia quella per avvocati e magistrati sono controllate in modo rigoroso. Non so proprio spiegarmi come possa essere stata introdotto una pistola all’interno del Palazzo».
Proprio in queste ore era infatti corso il comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza
Proprio in queste ore era in corso il comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, in vista di Expo, con il ministro dell’Interno Angelino Alfano, riunione poi sospesa a seguito della sparatoria in Tribunale.
Intanto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, segue la situazione del Tribunale di Milano tenendosi in contatto con i ministri dell’Interno, Angelino Alfano e della Giustizia, Andrea Orlando che si è subito mosso per raggiungere Milano.
«Non ci sono mai arrivate segnalazioni su un deficit nelle strutture di sicurezza. Bisogna capire se ci sono state delle falle» è stato il primo commento.
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Aprile 9th, 2015 Riccardo Fucile
CLAUDIO GIARDIELLO ERA IMPUTATO PER BANCAROTTA, HA UCCISO UN GIUDICE E UN AVVOCATO… ENTRATO ARMATO E RIUSCITO PURE A FUGGIRE IN UN PALAZZO DI GIUSTIZIA
Arrestato a Vimercate dopo una fuga di un’ora e mezza, dopo aver ucciso due persone e averne ferite altre dentro il Palazzo di giustizia di Milano.
Qui Claudio Giardiello – imputato per bancarotta fraudolenta – ha sparato dentro l’aula dove era in corso il processo per il crac Eutelia-Agile uccidendo una persona (l’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani) con un colpo al cuore e ferendone un’altra in maniera molto grave.
Poi l’uomo ha raggiunto l’ufficio di Fernando Ciampi, giudice fallimentare: qui ha di nuovo sparato e ha ucciso il magistrato.
Poi, dopo essere rimasto nascosto nel tribunale per più di un’ora, è fuggito in moto. Questa, almeno è un’indiscrezione che sta iniziando a circolare in questi momenti.
Oltre all’uditore (ucciso in aula) e al giudice (ucciso nel suo ufficio), i soccorsi – una volta che sono riusciti a entrare nel palazzo – hanno trovato il corpo di una terza persona: sul corpo non ci sarebbero segni di violenza, non è escudo – quindi – che si possa essere trattato di un malore dovuto al panico.
Il panico è scoppiato intorno alle 11 quando sono stati uditi 4 o 5 colpi di pistola. Dopo gli spari è iniziato il fuggi fuggi generale.
L’uomo che ha sparato, Claudio Giardiello, 57 anni, si è nascosto nei corridoi labirintici del tribunale, dove ha continuato a sparare.
Tutte le uscite sono state sbarrate. L’edificio è stato evacuato: centinaia di persone sono sulla strada davanti alle diverse uscite del tribunale.
“Ho sentito degli spari e ho visto un uomo con una gamba insanguinata, ho avuto paura e sono scappato”: lo ha raccontato un testimone, che si trovava nel palazzo di giustizia di Milano quando è avvenuta la sparatoria.
Diverse persone hanno sentito il rumore degli spari e sono fuggite dai corridoi e si sono dirette verso l’uscite dell’edificio.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 9th, 2015 Riccardo Fucile
UN IMPUTATO APRE IL FUOCO SU TESTIMONI E PUBBLICO… UNA DELLE VITTIME E’ IL GIUDICE FALLIMENTARE CIAMPI
Un uomo imputato per bancarotta ha sparato durante una udienza nel Tribunale di Milano e
secondo le prime informazioni “almeno due persone sono morte”: una di queste è il giudice fallimentare Fernando Ciampi. Due feriti in arresto cardiaco si trovano al Policlinico e al Fatebenefratelli.
Le forze dell’ordine stanno dando la caccia al responsabile della sparatoria che si trova ancora dentro il Palazzo di Giustizia.
Il fatto è avvenuto in un’aula del terzo piano.
A sparare a palazzo di Giustizia è stato Claudio Giardiello, imputato per bancarotta. Secondo quanto raccontano gli avvocati presenti in aula, l’uomo ha sparato dopo che il suo difensore ha rinunciato al mandato.
Ha sparato contro un testimone e poi contro altri due uomini seduti nelle panche riservate al pubblico, rimaste ferite.
Ci sarebbe “più di una vittima” nella sparatoria in Tribunale a Milano. Lo ha detto il presidente della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio.
I morti potrebbero essere due, entrambi testimoni al processo contro Giardiello.
Le forze dell’ordine hanno chiuso tutte le uscite del tribunale e sono alla ricerca dell’attentatore. Nell’aula al terzo piano dove è avvenuta la sparatoria sono entrati i soccorritori del 118.
Il tribunale è stato evacuato.
Centinaia di persone si trovano ora davanti all’edificio e molti si chiedono come sia possibile che un imputato sia riuscito a passare i metal detector con una pistola.
Le uscite sono bloccate.
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