Aprile 17th, 2015 Riccardo Fucile
RENZI AVEVA APERTO ALLA TRATTATIVA CON LA MINORANZA PD, MA I SUOI NEGANO CHE SI POSSA INTERVENIRE SULLA RIFORMA
Renziani spiazzati da Matteo Renzi.
Il presidente del Consiglio in un’intervista a Repubblica apre alla possibilità di una mediazione sul “Senato elettivo“.
La minoranza Pd prende tempo, ma i primi a smentire sono i più vicini al leader Pd.
“La composizione del Senato prevista dal ddl Boschi”, ha detto il vicecapogruppo alla Camera Ettore Rosato, “è frutto di una grande mediazione che ha prodotto questo modello di Senato e questo modello di Senato è stato approvato sia dalla Camera che dal Senato in misura uguale quindi non più modificabile”.
La questione è politica, ma soprattutto tecnica: il ddl Boschi è un disegno di legge di riforma costituzionale che ha già avuto due approvazioni e che nelle ultime due letture non può essere più modificato. Quindi il rischio è che si debba ricominciare da zero.
Perplessa anche la vicepresidente della Camera Marina Sereni. “Non credo proprio”, ha detto, “che ci siano spazi per ‘ripartire da zero’ sulla composizione del Senato, come qualcuno auspica. A me sembra invece utile, e possibile, vedere come rendere più chiara possibile la ripartizione delle funzioni tra i due rami del Parlamento e semmai cominciare a discutere sulla legge elettorale per il Senato ancora da scrivere”.
“La discussione nel Pd, prima negli organismi di partito e poi nel gruppo parlamentare, è stata fatta e si è conclusa -aggiunge- con una votazione dalla quale nessuno può prescindere. La proposta del segretario è chiara: approvare la legge elettorale nel testo uscito dal Senato e semmai ragionare su altri passaggi per rispondere ad alcune preoccupazioni emerse dal dibattito”.
Chi aspetta la prossima mossa è la minoranza Pd.
L’apertura di Renzi, riferita da Repubblica, “va presa con le molle”, fanno sapere i bersaniani, sia sul merito sia per ciò che riguarda l’eventuale percorso del cambiamento del testo delle riforme che nei punti essenziali ha già ricevuto la doppia lettura conforme. Inoltre, osservano, non è chiaro quale modello di Senato elettivo ha in mente il premier-segretario: il Senato delle garanzie o ancora un Senato delle Regioni seppur modificato?
Comunque, sottolineano i bersaniani, visto che Renzi è il segretario del Pd oltre che premier, la sua apertura viene “presa sul serio” in attesa che, al suo ritorno da Washington “scopra le carte” e “faccia bene capire le sue intenzioni”.
Civati intanto respinge ogni ipotesi di scambio con l’approvazione della legge elettorale: “Abbiamo scoperto”, scrive sul blog, “che il Senato non elettivo era solo una fissazione di Vasco Errani. A che scopo? Il solito: uno scambio. Votatemi una legge elettorale su cui avete molti dubbi e avrete il Senato elettivo. Al di là delle gravi perplessità che suscita qualunque scambio di questo tipo, tantopiù in materia istituzionale, la proposta è interessante per un aspetto: si può ridiscutere la riforma costituzionale. La mia posizione sull’Italicum però non cambia: non lo voterò”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 17th, 2015 Riccardo Fucile
“FORSE HA SCELTO LA SINISTRA PER QUESTO”… I RETROSCENA RACCONTATI NEL SUO NUOVO LIBRO
Una mappa del potere nell’Italia di Matteo Renzi, tutto quello che “è così ma non si può dire”. Luigi
Bisgnani, il faccendiere della politica, svela numerosi retroscena nel nuovo libro scritto con Paolo Madron, ‘I potenti al tempo di Renzi’, edito da Chiarelettere.
“Sono i due Mattei, Renzi e Salvini, ad essere oggi i protagonisti”, spiega Bisignani intervistato da Enrico Cisnetto per Roma Incontra.
Si racconta la nascita del ‘giglio magico’, l’ascesa di un gruppo di amici di Renzi al potere.
“La fotografia — racconta il faccendiere — è di un uomo solo comando, circondato da un gruppo di fedelissimi che vanno dalla Boschi a Lotti e che sembrano i protagonisti di ‘Amici miei’”.
Poi c’è il leader della Lega Nord e la sua apertura al mondo gay.
“Salvini — dice Bisignani — ha rottamato non solo il federalismo, ma anche il celudurismo bossiano della Lega”.
Nel libro si narrano poi “le trattative segrete per il Quirinale, con il patto del Nazareno stracciato da Silvio Berlusconi e non da Renzi, perchè l’ex Cavaliere puntava all’elezione di Casini al Colle“.
Per Bisignani i possibile successori del leader decadente in casa Forza Italia sono la figlia Marina o il giornalista Paolo Del Debbio, “uomo della primissima ora”.
Per quanto riguarda il premier, Bisignani e Madron rivelano diverse abitudini quotidiane: l’ossessione di Twitter durante i voli di Stato e una passione per l’abbronzatura, tale da richiedere una lampada apposita per palazzo Chigi.
Bisignani si sofferma anche su un retroscena che risale all’incontro ad Arcore tra l’allora sindaco di Firenze e Berlusconi: “Renzi disse che non avrebbe fatto il leader del centrodestra, perchè non sarebbe stato mai il numero uno con Berlusconi. Forse ha scelto la sinistra per questo”.
E sulla nomina di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica aggiunge:” L’ha scelto lui, è un suo nome, ma da buon democristiano gli darà filo da torcere. Ha già impedito un decreto sulla Rai e si opporrà alla continua decretazione d’urgenza”
Irene Buscemi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 17th, 2015 Riccardo Fucile
IL SUO SLOGAN E’ “LA LIGURIA VA VELOCE”: DOVE VADA, MEGLIO NON CHIEDERSELO
In fondo Raffaella Paita non ha rubato.
Questo, in sostanza, dicono molti pezzi grossi del Partito democratico: è indagata “solo” per omicidio e disastro colposi, mica per corruzione.
Vero, ma visto che si è candidata per governare una Regione devastata dalle alluvioni, una terra che ti si sgretola sotto i piedi, ti viene una domanda paradossale: scusate, ma non sarebbe meglio un vecchio marpione di partito che sappia almeno affrontare una pioggia?
L’accusa che i magistrati rivolgono a Paita — non saper affrontare l’emergenza — non è la più grave possibile in Liguria?
Soprattutto per chi era assessore alla difesa del suolo in carica?
Ma c’è di più. Paita si candida senza vantare un curriculum particolare.Nè civile, nè sociale, nè professionale.
Anzi, come ha scoperto il Fatto Quotidiano, è stata assunta senza mai lavorare un giorno così si è anche beccata i contributi.
È il prototipo della giovane politica di professione stile renziano.
Perchè votarla allora? “Per la sua esperienza amministrativa”, sostiene il Pd.
Ecco, l’inchiesta della Procura di Genova (pur con la presunzione di innocenza) mette in dubbio l’unico elemento che reggerebbe la candidatura di Paita: la capacità di amministrare.
Perchè allora votarla? Resta, messa a nudo, la vera ragione: è la prescelta del capo, Claudio Burlando.
Paita è la garante dei suoi patti di potere, la continuatrice del disegno politico che ha portato la Liguria al collasso: maglia nera nel nord Italia per disoccupazione (14%), cementificazione, infiltrazioni mafiose, con le grandi fabbriche che chiudono quotidianamente.
Certo, non è accusata di aver rubato. Ma il centrosinistra ligure non si è fatto mancare niente: quasi metà del Consiglio regionale è coinvolto nell’i nchiesta sulle spese pazze, compresi capogruppo e tesoriere Pd in Regione.
Non solo: due vicepresidenti della Giunta regionale, di cui fa parte Paita, sono finiti in manette per l’inchiesta. Senza che la candidata aprisse bocca.
“La Liguria va veloce”, è lo slogan di Paita. Dove vada, meglio non chiederselo.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 17th, 2015 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO DS, DIMESSOSI NEL 2007, DENUNCIA I TROPPI SILENZI DELLA SINISTRA
“Per me è dolorosissimo quando viene fuori il nome di una coop in un’inchiesta. Succede sempre più
spesso: Tav di Firenze, Expo, Mose, Mafia Capitale, Ischia. Non posso più sentir parlare di mele marce. È marcita una parte del sistema italiano delle imprese, di cui le coop, non tutte ma molte delle più importanti, ormai fanno parte a pieno titolo, dopo aver perso i loro caratteri distintivi”.
Fabio Mussi ha 67 anni e fa parte del coordinamento nazionale di Sel, anche se rivendica come principale attività attuale quella di nonno.
Ha iniziato a fare politica quasi cinquant’anni fa come fratello siamese di Massimo D’Alema a Pisa, poi ha guidato la sinistra dei Ds fino all’uscita dal partito nel 2007 (mentre era ministro) per non confluire nel nascente Pd.
È tra i pochi politici italiani a non aver mai avuto una sua fondazione.
Voi comunisti nati nell’immediato dopoguerra siete cresciuti con l’epopea della Legacoop. Che cosa provate di fronte a questa degenerazione?
Non so che cosa succede nel Pd, noi in Sel ne stiamo discutendo molto. Io ogni volta che sento queste notizie mi arrabbio e mi chiedo: come è potuto accadere? Come siamo arrivati fin qui?
Veniamo da lontano e siamo andati un po’ troppo lontani?
Sicuramente le coop vengono da lontano. Per me è un dolore anche molto personale. Legacoop nasce di fatto a Piombino nel ’44, subito dopo il passaggio del fronte di guerra, nel quartiere operaio dove sono nato. Alcune donne, tra cui Silvia, la nonna di mia moglie, si organizzano per fare la spesa insieme sfuggendo al mercato nero. È nata così la coop La Proletaria, oggi Unicoop Tirreno. Da lì il fenomeno si è esteso a tutta l’Italia del centro-nord. Mio zio Bruno Mussi era dirigente della Proletaria. Poi prese una pensione da operaio.
Gli attuali manager delle coop sono andati un po’ troppo lontani?
Hanno fatto torto a se stessi e alla Costituzione italiana. Legga l’articolo 45: ‘La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazioneprivata’, e ‘ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità ‘. Bisogna tornare lì, con un’opera di verità e un intervento coraggioso. Altrimenti non hanno senso i vantaggi, anche fiscali, previsti per le coop dalla legge.
Per ora gli opportuni controlli li fa la magistratura.
Lo scandalo è che sia la magistratura a dover scoperchiare questi pentoloni. Ma la politica dov’è?
Magari sa tutto ma non dice niente.
È una storia antica. Le faccio l’esempio del Mose. Nel 2006 mi opposi nel governo Prodi al rifinanziamento. Dicevo: dovevano farlo in dieci anni e ne sono passati 20, hanno già speso il triplo del previsto e chiedono altri soldi. Vogliamo andare a vedere che sta succedendo prima di darglieli?
Che cosa le risposero?
Che non c’era nessuna inchiesta. Solita storia. Se non interviene la magistratura va tutto bene perchè ‘non c’è niente di illegale’. Quando arrivano gli arresti si lamentano perchè la magistratura invade il campo. Me lo ricordo il governatore Galan nel cosiddetto Comitatone del Mose, comandava tutti a bacchetta. Adesso ha patteggiato.
Torniamo alle coop. Manutencoop, poche centinaia di soci, 18 mila dipendenti. È ancora una cooperativa?
Molte sono diventate aziende come le altre, perdendo l’originario carattere mutualistico e solidaristico. Socialista, se mi si consente. Si sono integrate nel capitalismo di relazione, refrattario alla concorrenza, che coltiva relazioni particolari con la politica. È peggio del ’92, quando il sistema corruttivo era governato dai partiti, adesso è una pandemia anarchica. Ognuno si arrangia come può per arraffare.
Le coop si arrangiano con relazioni particolari a sinistra?
No, il rapporto simbiotico lo avevano con il Pci ed è finito con il Pci, più di vent’anni fa. Adesso si vedono rapporti con tutti, destra e sinistra. E il problema della sinistra è con tutte le imprese, non solo con le coop.
Lei dieci anni fa attaccò i vertici Ds sulla vicenda Unipol-Bnl, nell’estate delle scalate bancarie.
Fu una dura battaglia. Era un momento cruciale dello sviluppo del capitalismo finanziario. Anzichè riformare le banche si faceva il tifo per questa o quella scalata, come nel caso dell’iniziativa dell’amico Consorte. Chi aveva un punto di vista critico è stato preso per estremista, chi si è adattato alla realtà si è autoproclamato riformista.
E in questi dieci anni c’è stata un’accelerazione?
Impressionante. Il Pd va al governo con il suo leader e cancella lo Statuto dei lavoratori, costato un secolo di lotte. Attraverso questi fatti si legge ilsenso vero della trasformazione del capitalismo. Dopo la crisi del ’29 il capitalismo americano si è riformato con Roosevelt e Keynes. Cito tre azioni: la separazione tra banche commerciali e banche d’affari, un’aliquota fiscale del 90 per cento sui redditi più alti, un piano di investimenti statali per sostenere la domanda interna.
La crisi di oggi non è meno profonda.
Appunto. Ma se proponi la ricetta di Roosevelt ti danno del comunista. La grande crisi degli ultimi sette anni ci ha sorpreso senza più una sinistra capace in Europa di una proposta alternativa. Da quando sono iniziate globalizzazione e finanziarizzazione targate Reagan e Thatcher è avvenuto un cedimento strutturale della sinistra. Una forma di adattamento, una rinuncia progressiva a ogni forma di cultura critica di cui potrei raccontare le tappe una per una. Parole d’ordine come mercato, concorrenza, flessibilità , delocalizzazione sono state accettate all’interno di una lingua comune che vale per tutti i partiti.
E il grande leader D’Alema è diventato imprenditore vinicolo.
Mi turba di più Tony Blair che fa il consulente per tutti i peggiori dittatori. Anzi, ho visto che D’Alema, dopo la pubblicazione delle intercettazioni, non indagato, denuncia offese e minacce: mi dispiace molto e sono solidale con lui. No, il problema non è il vino, semmai le Fondazioni: sono state tra i vettori della distruzione dei partiti. Il fatto che le operino come lobby è un sottoproblema, quello principale è il sistema di relazioni personali che supera partiti, ridotti a gusci vuoti e comitati elettorali. Ed è anche per questo che non arrivano mai a capire per primi qualcosa, come le ho detto. Vede che tutto si collega?
Giorgio Meletti
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 17th, 2015 Riccardo Fucile
PD 36,9%, M5S 20%, LEGA 13,3, FORZA ITALIA 12,9%, SEL 4,5%, FDI 3,7%, NCD+UDC 3,7%
I primi 14 mesi del governo Renzi? Deludenti.
Secondo un sondaggio di Ixè per Agorà , il 64 per cento degli intervistati pensa che l’esecutivo stia facendo peggio del previsto.
Anche tra gli elettori de Pd prevale la quota di chi si aspettava di più dal premier (52 per cento). La fiducia nel primo ministro cala di due punti e passa dal 38 per cento al 36 per cento.
Nelle preferenze di voto si registra una frenata del Pd. 
Il partito di Renzi in una settimana passa dal 37,6 per cento al 36,9 per cento, perdendo così lo 0,7 per cento.
Il Movimento 5 Stelle, invece, guadagna un punto, toccando quota 20 per cento. La Lega Nord è al 13,3 per cento (-0,2) e Forza Italia al 12,9 per cento (-0,2).
L’affluenza alle urne si attesta al 57,7 per cento.
Per il 57 per cento degli italiani il dibattito politico intorno all’Italicum “è superfluo perchè le priorità del Paese sono altre”.
Il 38 per cento, invece, pensa che la discussione sulla legge elettorale sia fondamentale per il bene dell’Italia.
A proposito dei problemi dentro Forza Italia, per il 39 per cento degli elettori del partito di Silvio Berlusconi le divisioni interne al partito sono una prova di democrazia.
Più negativo il punto di vista del 31 per cento degli elettori azzurri, secondo cui sono invece il segnale che il partito non ha futuro.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 17th, 2015 Riccardo Fucile
IL PREMIER IN CRISI NEI SONDAGGI RICAMBIA IDEA: “IL SENATO PUO’ TORNARE ELETTIVO”
“Cambiare la riforma costituzionale? Tornare al Senato elettivo? Per me si può fare. Fu Errani, ossia un uomo di Pier Luigi, a dire no. A me va benissimo. Non credo sia un punto fondamentale. L’importante è che si abbandoni il bicameralismo paritario”. Dopo la spaccatura sull’Italicum, il premier Matteo Renzi gioca la carta della trattativa sulla riforma costituzionale.
All’assemblea Pd, dichiara in un colloquio con Repubblica, “è apparso chiaro a tutti che la minoranza la guida Bersani. E Pier Luigi ha aperto la trattativa. Ha aperto sul Senato, sull’articolo 2 della riforma”.
Renzi si dice “tranquillo” sull’Italicum. “I voti ci saranno in ogni caso”, anche con il voto segreto: “una parte di Forza Italia non si tirerà indietro”.
Sull’eventualità di porre la fiducia, “questo è un tema che ci porremo a fine aprile. Mi sembra più una questione procedurale che politica. Vedremo”.
Quanto a possibili provvedimenti nei confronti dei deputati che non seguiranno le indicazioni, “non lo abbiamo mai fatto. Nemmeno quando alcuni non hanno votato il Jobs act. Non prenderemo provvedimenti. Certo, se poi la legge non passa allora il discorso cambia. Eppure io non vedo rischi”.
Per il segretario del Pd “sono una quarantina quelli davvero pronti a fare le barricate. Ma la mia impressione – dice – è che i critici siano comunque divisi tra di loro. Ieri ho visto almeno quattro anime diverse dentro la minoranza. C’è Cuperlo che non so cosa farà ma i cuperliani alla fine voteranno la riforma. Poi c’è Speranza che si è immolato e alcuni dei suoi sono stati tra i più duri perchè hanno preso gli ordini da D’Alema. Anzi qualcuno a mezza bocca diceva: meglio se lascia. Quindi c’è un ‘corpaccione’ ampio che non ha alcuna voglia di andare alle elezioni e infine ci sono i bersaniani. E lì la cosa si fa interessante perchè c’è un elemento di novità : la minoranza la guida Bersani”, che “ha aperto la trattativa”.
Nel colloquio Renzi difende l’Italicum: “Il doppio turno senza l’apparentamento – evidenzia – ci permette di abbandonare per sempre quella specie di consociativismo veterodemocristiano che ci ha accompagnato anche negli ultimi anni”.
Intanto il premier è arrivato negli Stati Uniti dove incontrerà il presidente Barack Obama. Intervenendo alla Georgetown University, a Washington, Renzi ha detto: “Per troppo tempo l’Italia è stata come la bella addormentata nel bosco ma noi siamo qui per svegliarla, per dare un indirizzo al futuro”.
Il primo ministro ha aggiunto: “Non è possibile tornare indietro sulle riforme, sarebbe folle sciupare questa occasione”.
Citando Bob Kennedy (“Il futuro non è un dono ma una conquista”), il premier ha affermato che per troppo tempo in Italia “è stato come il meglio fosse già accaduto e potessimo vivere il presente solo sognando il nostro grande passato”.
Per dare un indirizzo al futuro invece, serve, ha precisato Renzi con un post su Facebook, serve “l’energia, l’impegno che abbiamo messo in quest’ultimo anno nelle riforme: la legge elettorale, l’architettura istituzionale, la P.A., il fisco, il Jobs Act, la giustizia, la lotta alla corruzione, la buona scuola, l’innovazione”.
A chi gli chiedeva quale fosse la posizione dell’Italia sul genocidio armeno, dopo il duro scontro tra Vaticano e Turchia a causa delle parole pronunciate dal Papa, Renzi ha risposto che la Turchia è “un grande Paese”, il processo di integrazione è “nelle mani” di Ankara, che “deve rispettare i valori e gli ideali che sono alla base della comunità europea”.
E ha continuato: “La posizione del governo italiano è chiara: il ministro degli Esteri Gentiloni l’ha ripetuta dopo le reazioni del governo turco alle parole del Papa. La reazione del presidente Erdogan è stata negativa è Gentiloni l’ha criticata”.
Dopo l’incontro con gli studenti alla Georgetown University, Renzi, ha partecipato al ricevimento a Villa Firenze, residenza dell’ ambasciatore italiano a Washington.
La cena è l’occasione per incontrare alcune delle persone più vicine a Hillary Clinton. Tra i presenti, John Podesta, capo della campagna elettorale della Clinton, già consigliere di Obama e chief of staff di Bill Clinton, Colin Powell e Madeleine Albright, ex segretari di Stato, Jason Furman, capo degli economisti della Casa Bianca, Lisa Monaco, il giudice costituzionalista Sam Alito, Victoria Nuland e Alec Ross.
(da “Huffingtonpost”)
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