Destra di Popolo.net

MEGLIO IL PARERE DI SOFRI O DELLA MAMBRO CHE DEI TANTI IMBECILLI CHE HANNO RESE LE CARCERI INVIVIBILI

Giugno 23rd, 2015 Riccardo Fucile

TANTO SCANDALO PER NULLA: SE PROMUOVI GLI “STATI GENERALI DELL’ESECUZIONE PENALE” E’ NORMALE CHE UNA CONSULTAZIONE PUBBLICA COINVOLGA ANCHE EX DETENUTI

Il 19 maggio il ministro Orlando ha lanciato gli Stati generali dell’esecuzione penale. Gli Stati generali sono una consultazione pubblica, un tavolo a cui sono chiamati tutti gli esperti, sotto ogni punto di vista, di un settore.
Si legge che “gli Stati generali puntano a raccogliere il contributo di idee e proposte, in questo caso, di avvocati, magistrati, docenti universitari, operatori penitenziari e sanitari, assistenti sociali, volontari, garanti delle persone detenute, rappresentati della cultura e dell’associazionismo civile in prospettiva di un cambiamento profondo del sistema di esecuzione della pena”.
In linea di principio, sempre che non rappresenti la solita inutile passerella, non vedo cosa ci sia da obiettare sull’iniziativa in sè.
Sono stati nominati   9 coordinatori per i 18 tavoli tematici.
1 — ‘Spazio della pena: architettura e carcere’ — Luca Zevi, architetto
2 — ‘Vita detentiva. Responsabilizzazione, circuiti e sicurezza’ — Marcello Bortolato, magistrato presso l’ufficio di Sorveglianza di Padova
3- ‘Donne e carcere’ — Tamar Pitch, Università  degli studi di Perugia
4 — ‘Minorità  sociale, vulnerabilità , dipendenze’ — Grazia Zuffa, Comitato Nazionale per la Bioetica
5 — ‘Minorenni autori di reato’ — Marco Rossi Doria, insegnante
6 — ‘Mondo degli affetti e territorializzazione della pena’- Rita Bernardini, ex deputata 7- ‘Stranieri ed esecuzione penale’ — Paolo Borgna, Procuratore Aggiunto di Torino
8 — ‘Lavoro e formazione’ — Stefano Visonà , capo Ufficio legislativo del ministero del Lavoro
9 — ‘Istruzione, cultura e sport’ — Adriano Sofri, scrittore.
Dov’e’ il problema?
Se l’obiettivo è aprire un dibattito costruttivo sulla riforma del sistema carcerario ci sta bene anche chi ha avuto una esperienza da detenuto, se ha espiato la pena ovviamente.
Che si chiamino Adriano Sofri o Francesca Mambro, poco importa, tanto per chiarire.
Visto la pletora di imbecilli che da decenni il problema non l’ha risolto, a comiciare dal sovraffollamento e dalle condizioni di vita, e che ci hanno visto condannare persino dalla Corte di Giustizia europea, che problema c’è ad ascoltare anche i consigli di ex detenuti?
E se sono ex detenuti è chiaro che hanno commesso un reato, non vengono certo dalle suore Immacolatine.
Strillare serve a poco quando sarebbe utile ragionare.
Ma è uno sport che non paga elettoralmente: l’Italia è piena di benpensanti che pensano che la galera non li riguardi.
Fino a che non tocca a loro.

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TOTI VUOLE INVADERE LA LIBIA ANCHE DA SOLO: LA LIGURIA HA TROVATO IL TUO VATE

Giugno 23rd, 2015 Riccardo Fucile

IN AUDIZIONE AL SENATO IL GABIBBO BIANCO SI METTE GLI INFRADITO: “QUALCUNO DEVE METTERE I PIEDI SULLA SABBIA LIBICA”

«A questo punto le Regioni, ma non solo, chiedono al governo quali siano le politiche complessive che intende porre in atto per arginare i flussi degli arrivi nel nostro Paese»: lo ha detto in commissione Schengen il governatore della Liguria, Giovanni Toti.
«Il rischio che si corre è quello di frenare l’acqua con la forchetta. Invece – ha spiegato ancora il governatore – servono da parte dell’esecutivo interventi mirati, soprattutto sulla Libia, con la quale bisogna capire se si possano o meno fare degli accordi, ipotesi che io non credo sia percorribile».
Toti ha poi spiegato che a suo giudizio «l’Ue e l’Onu non stanno rispondendo alle richieste avanzate dall’Italia, fa male dirlo perchè avremmo voluto più solidarietà  da Bruxelles e una maggiore attività  sui territori africani da parte delle Nazioni Unite.
«Personalmente sono favorevole a un intervento in Libia, anche da soli nel senso dell’Italia, perchè qualcuno gli scarponi sulla sabbia deve pur metterli», ha aggiunto il governatore della Liguria.
«La parola “hub” resta per la maggior parte delle regioni un auspicio senza nessun radicamento di realtà », ha poi aggiunto Toti, a proposito dell’accoglienza, mentre dopo gli ultimi sbarchi è assai probabile che la Liguria, malgrado la contrarietà  del governatore, debba ospitare nuovi arrivi.
E ancora sulle parole del cardinale Bagnasco: «Al cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, chiedo un’analisi più ampia e non focalizzata sulle sole politiche di accoglienza delle Regioni» ha detto Toti. «Ci vorrebbe una maggiore prudenza, anche se il cardinale Bagnasco – ha affermato Toti – fa decisamente il suo mestiere.
Siamo d’accordo: ci vorrebbe maggiore prudenza prima di sparare certe corbellerie.
E anche sul fatto che Bagnasco fa il suo “mestiere”, altri putroppo non sono capaci di fare il loro.

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DUE DEBOLEZZE PER FARE UNA FORZA O UNA FARSA? LA CENA BERLUSCONI-SALVINI

Giugno 23rd, 2015 Riccardo Fucile

SILVIO PROMETTE: “FARO’ SOLO IL REGISTA” E DIMOSTRA A SALVINI CHE DA SOLO NON VA DA NESSUNA PARTE… MA ANCHE INSIEME ARRIVANO SOLO AL 28%

La notizia è che stavolta Silvio Berlusconi si è messo a fare sul serio con Matteo Salvini.
Tanto che prima della cena ad Arcore col leader leghista ha passato diverse ore, con carta e penna, a segnare numeri, flussi elettorali estrapolati dai report dell’infallibile Alessandra Ghisleri. Con l’obiettivo di arrivare preparato all’appuntamento e dimostrare, all’atteso ospite a villa San Martino, con la forza dei numeri (e non
Detta in modo semplice, la Lega è al 14, Forza Italia poco sotto e il Pd in discesa al 32.
Vuoi mettere a fare la somma?
A destra ci sarebbe una forza che parte dal 28, a sinistra una al 32, insomma suona come una partita giocabile.
E poi il Sud, dove — dati alla mano — l’ex premier è in grado di dimostrare che il promettente Matteo da solo ha poche chance.
E vi lascio immaginare quanti dati di esperienza, ricordi, aneddoti sulle tante campagne elettorali sa elencare il vecchio leone per spiegare che le elezioni, in Italia, si vincono al Sud.
È sulla base di queste premesse che la cena assume la caratteristiche del più classico dei work in progress.
Perchè se è certamente prematuro parlare di “patto”, non è affatto prematuro dire che, forse per la prima volta, i due giocano con la maglietta dello stesso colore. Che è quello dell’opposizione a Renzi.
Non è un caso che, proprio in vista del corteggiamento al Matteo leghista, il Cavaliere la sua promessa l’ha messa nero su bianco, nell’intervista a Sallusti: mai più Nazareno e soccorso sulle riforme. Anche su fisco ed Europa ha indossato i panni dell’oppositore duro al governo
E se è vero che, per ora, Salvini frena sull’ipotesi del contenitore più ampio (e della lista unica), più di una fonte leghista conferma che non ha alcuna intenzione di chiudersi nell’isolamento, sia pur in una posizione di forza, rinunciando a quel dialogo con Forza Italia che gli ha consentito di conquistare il Nord alle scorse amministrative e che potrebbe consentirlo il prossimo anno quando si vota a Torino e Milano.
E di nuovo, nel dialogo con Salvini, che Berlusconi ha insistito parecchio su un punto, e pareva molto convinto.
Sul fatto cioè che stavolta è consapevole che non può essere, allo stesso tempo, allenatore, regista e goleador della squadra.
È disposto a ritagliarsi il ruolo di regista (o padre nobile) senza imporre che il sistema ruoti attorno a lui.
Non è la prima volta che lo dice, ma stavolta tutto lascia intendere che è così. Tanto che non ha alcuna intenzione di fare quel famoso giro per le cento province italiane per costruire il partito annunciato in campagna elettorale.
Meglio una vacanza ad Antigua, l’unica villa che non ha mai abitato nella frenesia degli ultimi anni. Se ci mette piede significa che davvero ha intenzione di fare solo il padre nobile.
E con la Lega il dialogo continua.
Avanti con i cosiddetti incontri su temi e programmi, nelle prossime settimane.

(da “Huffingtonpost”)

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RENZI DÀ L’ORDINE “SALVATE CASTIGLIONE”: RESPINTA LA SFIDUCIA, 108 A 304

Giugno 23rd, 2015 Riccardo Fucile

DIRE CASTIGLIONE E’ COME DIRE ALFANO, RENZI SALVA LA POLTRONA E PERDE LA FACCIA

L’ordine parte da palazzo Chigi: salvare Castiglione. E, soprattutto, tenerla bassa. Senza tanto clamore, nell’era di Mafia Capitale.
Col Pd che cala a picco nei sondaggi.
Già : è avvolto da un alone di silenzio il salvataggio “democratico” del sottosegretario Castiglione, indagato per turbativa d’asta sull’appalto per la gestione del Cara di Mineo.
Un’inchiesta sulla quale ha pronunciato parole durissime lo stesso presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, che scrisse anche al ministro dell’Interno lo scorso 27 maggio senza ricevere risposta.
Sentite Ettore Rosato, neo capogruppo del Pd, come sul caso più imbarazzante prova, come si dice in gergo, a tenerla bassa: “La nostra linea è chiara ed è quella di sempre in questi casi, basta andarsi a rileggere la dichiarazione fatta ieri in aula dal rappresentante Pd. Quindi non c’è altro da aggiungere”.
Il capogruppo neanche nomina il nome “Castiglione”, o la parola “inchiesta”, per evitare che monti la polemica.
E fa riferimento alla dichiarazione che il deputato Marco Miccoli aveva fatto nel corso della discussione generale.
Questa: “Saranno i processi, che speriamo vengano celebrati presto, a stabilire le responsabilità . Per noi un avviso di garanzia è un atto dovuto, non è una condanna e come tale va trattato”.
Toni bassi, anche alla riunione del gruppo del Pd, convocato per una “informativa” sulla vicenda più che per una discussione.
Il sottosegretario Scalfarotto dà  parere contrario, perchè — spiegano al Pd — “in fondo è normale che il governo respinga le mozioni delle opposizioni”.
Dunque il Pd vota contro le mozioni che chiedono il ritiro delle deleghe al sottosegretario. Ce ne sono tre alla Camera. Quella di Sel, della Lega e dei Cinque stelle.
Tutte respinte: alla mozione dei grillini i si sono stati 108, i no 304 e 2 astenuti; la mozione di Sel è stata respinta con 92 sì e 303 no, quella della Lega con 86 si e 306 no.
Poche, pochissime le dichiarazioni. Neanche una parola da palazzo Chigi.
Vuoti i banchi del governo, come durante un noioso question time.
C’è un solo ministro: Angelino Alfano, arrivato ad assistere al salvataggio del suo braccio destro.
Parola d’ordine: minimizzare, evitare di enfatizzare il passaggio parlamentare.
Basta fare qualche domanda in Transatlantico, per capire l’aria. Alessia Rotta, renziana doc, sorride: “Vuole parlare del Veneto?”.
Poco più in là  Valentina Paris, giovane turca, a domanda (“salvate Castiglione?”) risponde con un sorriso.
Si capisce che il “garantismo” non c’entra nulla. In parecchi ricordano le parole, minacciose, che dal carcere Buzzi consegnò ai pm: “Mi ci dovete far pensare un attimo, perchè su Mineo casca il governo”.
E il primo a sapere che la posizione del sottosegretario è imbarazzante è Renzi.
Il quale sa bene che Cantone definì “illegittima” la gara. E sa che Cantone scrisse lo scorso 27 maggio al ministero dell’Interno.
E che ha annunciato il commissariamento di Mineo, nonostante gli attacchi dei Castiglione boys.
Anche Gennaro Migliore, circa un mese fa, dopo che era andato in Sicilia con la sua commissione per una verifica diretta, spiegò al premier che Castiglione aveva pesantissime responsabilità  sul Cara di Mineo.
Pochi giorni dopo sarebbe arrivata la seconda puntata di Mafia Capitale.
La verità  è che, in questa storia, le responsabilità  di Castiglione portano alla “copertura politica” della casella più delicata del governo, quella di Angelino Alfano: “Castiglione — ripetono i renziani — è Alfano. E se salta a quel punto salta Ncd, nel senso che si sfaldano i gruppi e il governo non ha più certezza dei numeri”.
È questo il grande scambio in nome della governabilità .
Tanto che, pure nella sinistra del Pd, prevale il silenzio. E il primato della ragion di governo sulla questione morale.
In pochi pronunciano parole nette.
Come Alfredo D’Attorre: “Io — dice all’HuffPost — non voto contro la mozione di sfiducia. Penso che il sottosegretario si sarebbe dovuto dimettere da tempo e penso che si sarebbe dovuto evitare di mettere il Parlamento e il gruppo del Pd in questa situazione”.
Il massimo del dissenso è l’uscita dall’Aula, di qualcuno della minoranza.

(da “Huffingtonpost”)

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FESTA UNITA’ A MARANELLO, L’ANPI RINUNCIA AL BANCHETTO: “DAL PD LIMITI AI CONTENUTI”

Giugno 23rd, 2015 Riccardo Fucile

“CI HANNO DETTO CHE DOVEVAMO RISPETTARE LE LORO CONDIZIONI, METODI FASCISTI NON DA SINISTRA”…”ORMAI DI SINISTRA NEL PD NON C’E’ PIU NULLA”

“Il Pd? Da come si sono comportati ricordano più i fascisti, che la sinistra. Del resto non se ne trova traccia nel partito che ci governa oggi”.
E’ una spaccatura che ha già  sollevato più di una polemica quella tra l’Anpi di Maranello e il Partito democratico del Comune situato nella bassa Modenese, colpevole, secondo l’associazione, di aver tentato di imbavagliare la partecipazione dei partigiani d’Italia alla festa dell’Unità  in programma in città  tra il 9 e il 29 luglio. “Essere presenti alla manifestazione”, spiega Giordano Zini, presidente dell’associazione partigiani locale, “per noi è una consuetudine, eppure quando abbiamo fatto domanda per poter allestire un gazebo nell’ambito della kermesse del Pd, ci è stato detto che sì, potevamo farlo, ma solo a patto che accettassimo delle condizioni”.
La più gravosa delle quali dice chiaramente che “l’attività  dell’associazione non può avere contenuti discordanti rispetto alla politica locale e nazionale del Pd”.
Pena, “la sospensione — scrivono i democratici di Maranello — in qualunque momento, e senza preavviso, della concessione dello spazio dedicato all’associazione, qualora si verificasse una o più infrazione dei vincoli citati”.
Per il Pd, tuttavia, si è trattato di un errore di comunicazione.
“Francamente non capiamo come possa essere nata questa incomprensione — scrive in una nota il segretario del Circolo Pd di Maranello Marco Mililli — In passato, la Festa dell’Unità  ha sempre costruito una giornata in collaborazione con l’Anpi e la nostra disponibilità  è rimasta immutata. Quest’anno ci è stato chiesto uno spazio per ospitare un gazebo, piuttosto che dedicare una giornata all’impegno dei partigiani. L’Anpi ha deciso di inoltrare la richiesta in via formale con una lettera raccomandata e gli è stato risposto formalmente. Ma nella risposta era chiara la volontà  del Pd di ospitare il banchetto dell’associazione. Non c’è mai stato, da parte nostra, alcun dubbio in proposito nè alcuna volontà  censoria. Colgo l’occasione per rinnovare la totale disponibilità  del Partito democratico nei confronti dell’Associazione partigiani. Farò tutto quanto necessario perchè questa incomprensione venga chiarita definitivamente, tanto che ho già  chiesto un incontro con l’Anpi di Maranello per poterci finalmente spiegare. Noi li vogliamo alla nostra festa, come sempre”.
L’Anpi però per il momento rimane ferma sulle sue posizioni e pretende delle scuse. “In pratica”, sottolinea Zini, “ci vogliono imbavagliare, non siamo liberi di esprimere la nostra opinione. O chiniamo il capo davanti al Pd, o non siamo autorizzati ad allestire il gazebo. Un obbligo che ci ha lasciati tutti basiti, perchè ricorda più il fascismo, che la sinistra italiana”.
Così l’associazione dei partigiani di Maranello ha firmato di proprio pugno una lettera inviata al Pd locale: “Facendo seguito ai vincoli del Pd, il direttivo dell’Anpi ritiene rinunciare alla sua partecipazione”.
E continuano: “Mi sembra sconcertante che l’Anpi venga richiamata a non poter dire il proprio parere, è una limitazione a un diritto costituzionale, la libertà  di parola, per la quale tanti uomini, donne e bambini sono morti” attaccano i tesserati all’associazione di Maranello.
“Se lo ricorda, il Pd, quanti partigiani sono stati uccisi davanti ai propri famigliari per avere espresso in luogo pubblico la propria opinione, che fosse di vita quotidiana o politica, perchè quelle opinioni contrastavano il governo fascista del tempo? Noi a queste regole non ci stiamo”.
Al banchetto, ribadisce comunque l’associazione, che non comprende solo i figli di sangue della Resistenza ma anche i tesserati che si sono iscritti pur senza annoverare partigiani o staffette nell’album di famiglia, “non avremmo certo fatto propaganda politica — sottolinea Zini, che pure non è figlio di combattenti — e chi conosce l’Anpi lo sa bene. Ciò che facciamo come associazione è tramandare ciò che accadde in Italia ai tempi del nazifascismo affinchè non si verifichi di nuovo. Se il Pd pensa che io non debba sentirmi libero di rispondere a una domanda, a una curiosità , si sbaglia di grosso. La bocca è fatta per parlare, e non sono certo io l’unico a non riuscire più a trovare una traccia di sinistra nel partito che ci governa oggi”.
E secondo l’Anpi, quanto accaduto con il Pd di Maranello, nè è prova.
“Per quanto riguarda il presidente del Consiglio Matteo Renzi, credo che stia guardando nella direzione sbagliata, e che i democratici stiano commettendo molti errori. Ma il bavaglio che volevano imporci è un altro discorso ancora. Non ci aspettavamo un comportamento simile dal Partito Democratico”.

Annalisa Dall’Oca
(da “il Fatto Quotidiano”)

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“IL FEMMINICIDIO E’ COLPA DELLE MOGLI”: CI MANCAVA IL NEOCATECUMENO ARGUELLO

Giugno 23rd, 2015 Riccardo Fucile

HA PARTECIPATO AL FAMILY DAY COME UNO DEI FONDATORI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE

Al Family Day del 20 giugno a Roma, a manifestare contro la cosiddetta “teoria del gender“ c’era anche uno dei fondatori del Cammino neocatecumenale, lo spagnolo Kiko Argà¼ello.
In un discorso durato più di dieci minuti, Argà¼ello ha dato la sua lettura del fenomeno del femminicidio, dando la colpa alle donne.
O meglio, alle mogli che smettendo di amare il marito lo metterebbero nelle condizioni di non vedere altra via d’uscita se non quella di uccidere i figli o la stessa moglie.
“Se la moglie lo abbandona e se ne va con un’altra donna“, spiega Argà¼ello dal palco, “quest’uomo può fare una scoperta inimmaginabile, perchè questa moglie gli toglie il fatto di essere amato, e quando si sperimenta il fatto di non essere amato allora è l’inferno. Quest’uomo sente una morte dentro, così profonda che il primo moto è quella di ucciderla e il secondo moto, poichè il dolore che sente è mistico e terribile, piomba in un buco nero eterno e allora pensa: “Come posso far capire a mia moglie il danno che mi ha fatto?”   Allora uccide i bambini. Perchè l’inferno esiste. I sociologi non sono cristiani e non conoscono l’antropologia cristiana, il problema è che non possiamo vivere senza essere amati prima dalla nostra famiglia, poi dagli amici a scuola, poi dalla fidanzata e infine da nostra moglie”

(da “il Fatto Quotidiano”)

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COTTARELLI: “RENZI DEVE TROVARE 10 MILIARDI DAI TAGLI NEL 2016 O AUMENTERANNO LE TASSE”

Giugno 23rd, 2015 Riccardo Fucile

L’EX COMMISSARIO ALLA SPENDING REWIEV NOMINATO DA ENRICO LETTA: “A PAROLE SONO TUTTI D’ACCORDO, QUANDO SI ENTRA NEL DETTAGLIO OGNUNO VEDE GLI SPRECHI SOLO IN CASA D’ALTRI”

Cena con Carlo Cottarelli.
Ieri all’hotel Bristol di Roma a piazza Barberini, l’associazione Adam Smith ha organizzato un dibattito+ buffet (costo 65 euro) su ‘La lista della spesa’, il libro che fa un resoconto del lavoro dell’ex commissario alla Speding review nominato da Enrico Letta e liquidato da Matteo Renzi.
“Se non si trovano 10 miliardi di euro dalla Spending review per il 2016 per evitare che aumentino le tasse”.
I tagli alla spesa pubblica sono nero su bianco, sono sforbiciate impopolari ma che toccano tutti i settori, dalle spese militari ai cinque corpi di polizia, dal pubblico impiego alle partecipate più di 10mila, dai 34 mila centri di spesa, che dovranno essere dimensionati a 35, ai trasferimenti alle imprese, editoria, famiglie, pensioni d’invalidità .
La macchina burocratica italiana descritta da Cottarelli è un enorme fonte di spreco di denaro pubblico, con notevoli differenze tra Nord e Sud.
“Tutti sono d’accordo quando si parla in generale di tagli, poi si va nel dettaglio e ci si perde, ci vuole la volontà  politica, il fine è abbassare le tasse”

(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA MOSCHEA DI CATANIA CHE AIUTA GLI ITALIANI POVERI: UNA STORIA DI INTEGRAZIONE E CIVILTA’

Giugno 23rd, 2015 Riccardo Fucile

IL PIU’ GRANDE TEMPIO ISLAMICO DEL SUD ITALIA E’ UN RIFERIMENTO DI CUI BENEFICIANO PER L’80% FAMIGLIE ITALIANE… I MULSUMANI COLLABORANO ANCHE CON SANT’EGIDIO, CARITAS E FOCOLARI

Bangladesi, mauriziani, marocchini, egiziani, somali, senegalesi.
La moschea di piazza Cutelli, nel centro storico di Catania, è la più grande del Mezzogiorno e accoglie centinaia di fedeli.
Tanto che per il primo venerdì di Ramadan, il mese sacro del calendario islamico iniziato lo scorso 18 giugno, c’è chi è arrivato da Palermo, da Torino e chi, in fuga dal Medio Oriente, è qui solo di passaggio.
Rotto il digiuno e terminata la preghiera, a sedersi ai tavoli allestiti per la cena comunitaria sono però anche alcuni italiani.
La moschea della Misericordia e gli spazi del centro islamico sono infatti un riferimento per un quartiere popolato da molte famiglie indigenti, in gran parte italiane.
Un elemento di integrazione e interazione sostenuto da diverse associazioni catanesi e capace, grazie a un accordo con il Banco Alimentare di Sicilia, di offrire un aiuto continuativo a chi ha bisogno, anche oltre al periodo di Ramadan.
“Al di fuori delle cene per il mese sacro – spiega Abdelhafid Keith, imam della moschea e presidente della Comunità  Islamica di Sicilia – non possiamo offrire da mangiare, non avendo una cucina adeguata; abbiamo così deciso di muoverci in altro modo”.
L’idea si è concretizzata a ridosso del Natale 2013 ed è cresciuta rapidamente, diventando un servizio stabile a partire dall’estate 2014.
“Abbiamo stretto un accordo con il Banco alimentare – racconta orgoglioso Ismail Bouchnafa, direttore del Centro islamico annesso alla sala di preghiera – che ci consegna parte dei viveri raccolti durante la colletta alimentare nei supermercati: noi prepariamo i pacchi e, due volte al mese, li distribuiamo a chi ne fa richiesta”.
Si tratta di circa 300 famiglie, provenienti soprattutto dallo storico quartiere Civita, un lembo di case basse fra il porto e la via Vittorio Emanuele.
“In alcuni periodi siamo arrivati a supportare fino a 500 nuclei: vagliamo le richieste, teniamo un database di chi accede al servizio e inoltriamo poi le liste al Banco alimentare”.
Un aiuto fondamentale di cui beneficiano, nell’80 per cento dei casi, famiglie italiane, residenti da generazioni in uno dei quartieri più poveri della città .
Alla collaborazione con il Banco alimentare il Centro islamico affianca quelle con il Movimento dei Focolari, per un’attività  di dopo-scuola offerta a alunni italiani e stranieri, con la Comunità  di Sant’Egidio e con la Caritas Diocesana.
“Chi fa il digiuno non può mangiare alla mensa del Help Center Caritas – spiega Ismail Bouchnafa – perchè gli orari non sono compatibili, così la Caritas ci ha offerto parte della propria spesa alimentare, aiutandoci a dare un pasto ai musulmani più bisognosi, in uno spirito di condivisione e di ringraziamento per chi, come diverse associazioni di ispirazione cristiana, ha sempre aiutato i nostri confratelli”.
Un’ospitalità  reciproca che, secondo Abdelhafid Keith, deve essere “al centro della vita di ogni fedele e dell’esperienza del digiuno, che insegna a mettersi nei panni degli altri”.
“La nostra moschea – sottolinea l’imam – è nel cuore della città  e, dall’apertura nel 2012, è diventata un luogo di incontro e dialogo, patrimonio di tutti i catanesi”.
A confermarlo, seduti alle tavolate per la cena del Ramadan, sono alcuni anziani del quartiere, serviti dai volontari del Centro islamico.
Cercano, a gesti, di capirsi con dei giovani siriani, sbarcati da pochi giorni.
Per loro, come le per migliaia di connazionali che li hanno preceduti, la moschea di Catania continua a essere un punto d’appoggio nel lungo viaggio verso il nord Europa.

Giacomo Zandonini
(da “Redattore sociale“)

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I DUE FORNI DI SILVIO CON I DUE MATTEI

Giugno 23rd, 2015 Riccardo Fucile

TRATTARE CON SALVINI, MA SENZA TAGLIARE I PONTI CON RENZI

Non c’è fretta.
Silvio Berlusconi tratta con Salvini (e oggi dovrebbe esserci un incontro pubblico, a favore di telecamere, tra i due), ma al momento la strada del riavvicinamento è ancora lunga.
Tal che l’ex-premier e il leader della nuova Lega “nazionale” uscito vincitore dalle elezioni amministrative ragionano sulla scadenza naturale della legislatura, nel 2018, per mettere all’attivo adesso tutto ciò che li avvicina, a cominciare dai sondaggi che danno di nuovo fortemente competitivo il centrodestra, e rinviare a dopo ciò che li divide.
Il primo ostacolo è la necessità  di arrivare a una lista unica, dato che l’Italicum questo prevede per il ballottaggio.
E ammesso che sia possibile trovare l’accordo, c’è da decidere chi la guiderebbe. Berlusconi si è innamorato della soluzione Brugnaro, dal nome dell’imprenditore che ha vinto a Venezia con l’appoggio del centrodestra.
Salvini sta costruendo la sua leadership tutta in funzione anti-Renzi, e difficilmente accetterebbe di fare un passo indietro a favore di un terzo.
Ma dietro queste difficoltà , non insormontabili – ed anzi più facilmente superabili nel caso in cui si dovesse tornare ad elezioni anticipate, data l’urgenza che lo scioglimento porta con sè -, ognuno tiene da parte una strategia di riserva.
Quella di Berlusconi è il secondo forno, aperto e temporaneamente chiuso, con Renzi. L’ex-Cav. ha rilasciato un’intervista al Giornale per dire che il patto del Nazareno è finito per sempre, e chi provasse a riavventurarsi in quella direzione (leggi: Verdini) si collocherebbe automaticamente fuori del partito.
È il suo modo di rassicurare Salvini, la base di una trattativa all’inizio.
Ma a parte questa garanzia ovvia, che ha portato il leader leghista a fare un discorso appena appena più moderato a Pontida, una specie di segnale di ricevuto per il suo nuovo-vecchio alleato, Berlusconi non ha preso alcun impegno per il caso, non improbabile, di un’emergenza che dovesse mettere in ulteriore difficoltà  il governo.
In un certo senso, anche il suo “no” alle riforme è più che altro un argine allo sfarinamento parlamentare del gruppo di Forza Italia, un modo di dire a Renzi che se ha nuove proposte da fare, e modifiche da proporre per le riforme, pur di approvarle, è all’ex-alleato Silvio, e non ad altri, che deve rivolgersi.
Quanto a Salvini, la sua è la posizione più comoda: se son rose, con l’ex-Cav., fioriranno.
Altrimenti correrà  da solo insieme alla Meloni: arrivare al ballottaggio con l’altro Matteo, per lui, sarebbe già  un gran risultato.

Marcello Sorgi
(da “La Stampa”)

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