Destra di Popolo.net

“SFIDO IO I DUE MATTEO”: MARCHINI SI CANDIDA A LEADER NAZIONALE E PUNTA A PALAZZO CHIGI

Settembre 17th, 2015 Riccardo Fucile

“MEGLIO LE ELITE CHE UN UOMO SOLO AL COMANDO”

“È Il tempo del coraggio per candidarci all’unica e ultima leadership possibile per il nostro paese: rappresentare l’avanguardia nell’innovazione e sperimentazione sociale mondiale. Siamo gli unici a poterlo fare: cultura, antica tradizione democratica e destrutturazione dei tradizionali alvei politici. Qui da noi tutto nasce e muore con leggerezza, basta vedere le meteore politiche degli ultimi anni. È un limite ma anche una straordinaria opportunità  per la sperimentazione democratica. È evidente come questa sia oggi la grande domanda non soddisfatta che i popoli stanno ponendo alla politica”.
Alfio Marchini, in un lungo colloquio con “l’Espresso” mette da parte il suo ruolo di possibile candidato a sindaco della Capitale (“ma io penso a Roma. Serve un nuovo modello di governo della nostra comunità “) e ragiona su Renzi, il berlusconismo, gli outsider Donald Trump e James Corbyn, il futuro del centrodestra italiano.
Quasi un manifesto del neo-conservatorismo capace di occupare il vuoto politico e di rappresentare un’alternativa ai due Matteo, Renzi e Salvini.
“Il tema mi appassiona come elettore visto che oggi sarei tra coloro che diserterebbero le urne”, dice Marchini.
“Renzi è un frullato ideologico. Finora ha acchiappato gli italiani con gli 80 euro e loro, educatamente, lo hanno ringraziato nelle urne. Afferma tutto e il suo contrario. Come primo atto a Palazzo Chigi vende le auto blu su e-bay ricavando pochi spiccioli e i titoli dei tg. Oggi, voilà , ordina un nuovo aereo di stato spendendo più del budget nazionale per gli asili. In politica estera regna il “sì, ma”. La posizione di Renzi su Israele è stata poco coraggiosa sull’accordo di Vienna con l’Iran. Si professa grande amico di Israele, ma non c’è traccia di una posizione italiana prima della firma per pretendere che l’Iran rinunciasse a voler distruggere Israele. Ritorna il relativismo che porta alla fuga davanti a scelte identitarie. Lo stesso sull’immigrazione. Così lascia una prateria di consenso non presidiata. In tempi di crisi voglio sapere a chi mi affido senza se e senza ma”.
Su Berlusconi: “Nel ’94 Forza Italia era più a sinistra del Pd di Renzi. E con una classe dirigente più aperta e liberale. Berlusconi ha fallito il suo obiettivo dichiarato ma ha avuto il merito di innovare lo schema di gioco e ha dato visibilità  politica e orgoglio di appartenenza a un blocco sociale composto da partite iva, imprenditori, una grande fetta popolare. In quel campo c’era molta più voglia di accettare il rischio dell’innovazione di quanto non ce ne fosse nell’elettorato di sinistra. Oggi nell’occidente impaurito e opulento il tema è come si coniuga conservazione e innovazione”.
Sulla necessità  di una nuova classe dirigente: “Io voglio reagire di fronte alla distruzione in corso dello stato e dei corpi intermedi. Solo chi ha fatto qualcosa sa quanto sia facilmente inutile distruggere o rottamare. E ho orrore per l’uomo solo al comando. Basta con le ipocrisie, io dico: viva le èlites. C’è una grande differenza tra l’èlite e la cupola. L’èlite si fa carico della colletività , mette a disposizione degli altri la sua competenza, non per generosità  ma perchè gode più del cambiamento che del riconoscimento. La cupola, invece, è un gruppo di compari che si mette insieme per gestire il potere”.
Sul suo futuro: “Mio nonno mi ha educato a una feroce gavetta, in punto di morte mi chiamò: “Caro Alfio, sei sopravvissuto a me, puoi sopravvivere a qualsiasi cosa”.
Era comunista e partigiano, credeva che la soluzione di tutto fosse un leninismo all’italiana, il Pci. Ma prima di morire ebbe il coraggio della disillusione. Oggi sicuramente non voterebbe per il Pd attuale che è tutto e niente. È Il relativismo ideologico. E il relativismo nelle ideologie politiche, così come nella religione, è il cancro della nostra società . Nessuno ha più il coraggio di dire “ho sbagliato”, c’è spazio solo per una narrazione auto-celebrativa a priori. E dunque, se vuole una sintesi, oggi per fortuna le ideologie totalizzanti sono morte. E io voglio riportare mio nonno alle urne”.

(da “Huffingtonpost“)

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IL PARLAMENTO EUROPEO DICE “SI’ ALLA RIDISTRIBUZIONE DI 160.000 PROFUGHI

Settembre 17th, 2015 Riccardo Fucile

NETTA MAGGIORANZA DI CHI E’ PER APPROCCIO CIVILE: 372 SI’, 124 NO, 54 ASTENUTI… E MARTEDI’ SI METTERANNO ALL’ANGOLO I PAESI CONTRARI

Il Parlamento europeo ha approvato la proposta della Commissione per una redistribuzione secondo criteri precisi di 120 mila profughi aventi diritto all’asilo nell’Unione europea.
Sono stati 372 i voti a favore, 124 i “no” e 54 gli astenuti.
È lo stesso testo su cui il consiglio straordinario dei ministri degli Interni si è spaccato lunedì scorso a Bruxelles.
Favorevoli i popolari, i socialisti, i verdi, i liberali e la componente grillina del gruppo guidato da Nigel Farage. Contrario il britannico come lo schieramento conservatore.
Il risultato è interpretato come la prova che una larga maggioranza dell’Europa è ancora favorevole ad un approccio solidale.
Martedì si riuniscono nuovamente i ministri degli Interni per dirimere la questione.
L’obiettivo è provare a ricucire. Oppure si andrà  alla conta, come poco fa nell’emiciclo di Strasburgo.
Si deciderà  a maggioranza qualificata, mettendo in un angolo i paesi contrari, come Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania e Ungheria.
Il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, ha scritto una lettera al governo lussemburghese, guida semestrale dell’Unione, per auspicare che tutti i fondi disponibili nel bilancio siano messi a disposizione subito per sostenere gli sforzi dei Paesi di prima accoglienza, come Turchia, Libia, Giordania e Siria.
«Se non lo faremo — ha sottolineato – avremo ancora più rifugiati e la nostra credibilità  sarà  messa in dubbio».
La proposta della Commissione prevede che altri 120.000 richiedenti asilo siano trasferiti dall’Italia (15.600), dalla Grecia (50.400) e dall’Ungheria (54.000).
Questa cifra si aggiunge al trasferimento iniziale di 40.000 richiedenti asilo, approvato dal Parlamento il 9 settembre e dal Consiglio Giustizia e Affari interni il 14 settembre.
Il numero totale di persone da rilocalizzare sale dunque a 160.000.

Marco Zatterin
(da “La Stampa”)

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CI MANCAVA LA MACCHIETTA DEL SINDACO-RAMBO: “UNGHERIA CATTIVA SCELTA, NON VENITE”

Settembre 17th, 2015 Riccardo Fucile

FORSE SAREBBE’ MEGLIO CONSIGLIASSE   I SUOI CONNAZIONALI DI NON VENIRE IN ITALIA, POTREBBERO ESSERE ACCOLTI COME I PROFUGHI IN UNGHERIA

Bandiera ungherese, mezzi militari e musica minacciosa nel video del giovane sindaco-macchietta del comune ungherese di Astthalom, Laszlo Toroczkai, dove invita i migranti a non passare attraverso l’Ungheria.
L’uomo appare come un moderno Rambo, pronto a fare di tutto per proteggere la sua patria dagli immigrati, dagli arresti alle deportazioni, e propone addirittura un percorso alternativo per arrivare all’Europa centrale: con una mappa di sfondo, spiega come sia più veloce e sicuro passare per la Croazia e la Slovenia, evitando il suo Paese.
Inquietante la frase che pronuncia, “L’Ungheria è una cattiva scelta, la peggiore”, e i timori della comunità  internazionale per una deriva nazionalistica aumentano sempre.
Senza contare che di questo passo a rischio potrebbero diventare i viaggi e le vacanze dei cittadini ungheresi in altri Paesi europei, Italia compresa.
Di fronte alle scene disgustose di come il governo magiaro tratta i profughi, a qualcuno potrebbe venire in mente di riservare loro il medesimo trattamento.
Di matti in giro ce ne sono tanti, c’è chi li elegge premier o sindaco e chi no.

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I “RENZOMANDATI”: ASSALTO AL POTERE, COSI’ MUORE LA MERITOCRAZIA

Settembre 17th, 2015 Riccardo Fucile

AVEVA PROMESSO “L’ARRIVO DEI MIGLIORI” MA NELLE SPA PUBBLICHE HA NOMINATO SOLO RACCOMANDATI DI FERRO, AMICI SENZA CURRICULUM E MANAGER PRIVI DI LAUREA… SPUNTA ANCHE L’INCARICO A UNO DEI FINANZIATORI DELLA FONDAZIONE DEL PREMIER

«Questo sarà  un Paese dove trovi lavoro se conosci qualcosa, e non se conosci qualcuno». Così diceva Matteo Renzi il 12 novembre 2012, candidandosi alle primarie contro Pierluigi Bersani.
L’inchiesta de “L’Espresso” documenta che, arrivato a Palazzo Chigi, Matteo Renzi non solo ha messo sulle poltrone della società  pubbliche fedelissimi e compagni d’avventura, ma personaggi senza curriculum adeguato, qualche indagato, esponenti dei vecchi poteri forti e perfino soggetti che hanno finanziato la sua fondazione Open.
Come Gabriele Beni: imprenditore del settore calzaturificio, è l’uomo che ha regalato a Renzi le D’Acquasparta, le scarpe con il tricolore che il premier ha indossato allo show del recupero della Costa Concordia.
Qualcuno parlò di una caduta di stile, perchè il premier ha fatto da testimonial a un industriale che ha finanziato la sua fondazione con 25 mila euro.
“L’Espresso” ha scoperto che Beni è stato dopo qualche settimana nominato dal governo vicepresidente dell’Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare controllato dal ministero dell’Agricoltura.
Se un trombato alle elezioni europee del 2014 dell’Ncd, Massimo Ferrarese, presidente della squadra di basket di Brindisi è diventato da poco presidente di Invimit – società  del ministero dell’Economia che gestisce fondi immobiliari per miliardi di euro – senza nemmeno la laurea, nessuno ha avuto nulla da dire sulla nomina di Claudio Costamagna a presidente di Cassa depositi e prestiti.
Nonostante sia un fatto che l’ex Goldamn Sachs abbia avuto rapporti stretti con Luigi Bisignani, il lobbista condannato per la maxitangente Enimont e la P4: come risulta dal brogliaccio inedito ( pubblicato da “L’Espresso” ) degli atti dell’inchiesta sulla P4, nel 2010 i due chiacchieravano al telefono di vita, morte e miracoli di Andrea Orcel, il banchiere inviso a Bisignani come possibile successore di Alessandro Profumo alla guida di Unicredit.
«La meritocrazia è l’unica medicina per l’Italia. Gli amici degli amici se ne faranno una ragione» ha ribadito Renzi a ottobre 2013.
Tra raccomandati, miracolati e fotografi originari di Rignano sull’Arno assunti a Palazzo Chigi a 70 mila euro l’anno, il trionfo del merito sembra di là  da venire.

Emiliano Fittipaldi
(da “L’Espresso“)

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BANCAROTTA CHIL POST, “PADRE DI LUCA LOTTI FIRMO’ L’OK AL MUTUO PER TIZIANO RENZI” NEL GIORNO IN CUI MATTEO FU ELETTO SINDACO

Settembre 17th, 2015 Riccardo Fucile

UN PRESTITO SOSPETTO DA 697.000 EURO ALLA SOCIETA’ DEL PADRE…E RENZI DA SINDACO ASSUNSE LUCA LOTTI E LA MOGLIE CRISTINA NELLA SUA SEGRETERIA

Ventidue giugno 2009. Matteo Renzi diventa sindaco di Firenze.
Nelle stesse ore la Bcc di Pontassieve, città  dove vive la famiglia del presidente del Consiglio, concede al suo papà  Tiziano un mutuo da 697mila euro.
A firmare le carte è il funzionario della banca Marco Lotti, papà  di Luca — oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio e braccio destro del premier — che poco dopo sarebbe diventato responsabile della segreteria del neo sindaco.
Che avrebbe poi assunto nella sua segreteria anche Cristina Mordini, che di Luca Lotti è la moglie.
E’ la ricostruzione fatta dal quotidiano Libero dei giorni in cui alla Chil Post, società  del padre del premier, veniva concesso il prestito: oggi a Genova davanti al gip Roberta Bossi si teneva l’udienza preliminare per sciogliere la riserva sulla posizione di Tiziano Renzi, nelle vicende della società  è indagato per bancarotta fraudolenta.
Il 9 giugno il gip non aveva accolto la richiesta della Procura, che a fine marzo aveva chiesto che il padre del premier fosse scagionato.
Una storia di paese risalente al 2009, che con la veloce ascesa politica di Matteo Renzi assume rilievo nazionale.
Tutto ruota attorno ad un muto concesso quell’anno alla Chil Post, fondata nel 1993 per la distribuzione di giornali e la realizzazione di campagne pubblicitarie e ceduta nel 2010 dalla famiglia del premier, da parte della Banca di credito cooperativo di Pontassieve.
Dalle carte sul procedimento sul fallimento che Libero dice di aver letto, emerge il nome di Marco Lotti, ascoltato dalla procura di Genova come persona informata dei fatti.
Ad attirare l’attenzione degli inquirenti è il ruolo avuto dall’uomo nella concessione del mutuo da quasi 700mila euro.
Tutto ha inizio il 15 giugno 2009, quando la finanziaria regionale, la Fidi Toscana, firma la delibera con cui garantisce la copertura dell’80% del prestito.
Una settimana dopo, il 22 giugno, Matteo Renzi vince le elezioni e diventa primo cittadino di Firenze: quel giorno la banca di Pontassieve apre l’istruttoria per l’anticipo di 697mila euro alla Chil.
Giusto 4 giorni più tardi, il 26 giugno, scrive ancora Libero, e Lotti senior dà  il primo via libera: “Potremmo diventare la banca di riferimento del richiedente”, scrive il funzionario nel suo report vergato e firmato quel giorno.
Tutto ciò accadeva nel giugno del 2009, negli stessi giorni in cui il figlio Luca diventava il capo della segreteria politica di Matteo Renzi appena eletto sindaco di Firenze.
Il 14 luglio Lotti scrive un secondo parere favorevole e il 22 arriva la delibera della banca per la concessione del muto e degli anticipi di cassa.
Una manciata di giorni prima la segreteria del sindaco Renzi si era arricchita di un’altra professionalità : quella di Cristina Mordini, moglie di Luca Lotti.
Il paese è piccolo, ci si conosce tutti e quando si può ci si aiuta. Così, scrive ancora Libero, quando nel 2011 Tiziano Renzi ottiene di rimpiazzare l’ipoteca sulla casa di famiglia, tre amici dicono sì a versare 75mila euro in un libretto di pegno come garanzia: sono Alfio Bencini, candidato nel 2009 nella lista Renzi alle comunali, Mario Renzi, cugino di Matteo, e Andrea Bacci, ex socio di Tiziano e chiamato da Matteo nel 2006 a dirigere l’agenzia di comunicazione della provincia di Firenze e promosso nel 2009 presidente della Silfi, società  comunale che si occupa di illuminazione.
Nonchè l’uomo che nel 2004 con la sua impresa edile ristruttura la villa del futuro sindaco a Pontassieve.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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BERLUSCONI ACCUSATO DI APPROPRIAZIONE INDEBITA DALL’UCRAINA

Settembre 17th, 2015 Riccardo Fucile

NEI GUAI PER UNA BOTTIGLIA DEL VALORE DI 150.000 DOLLARI…LA PROCURA APRE UN’INCHIESTA PER UN JEREZ PREZIOSISSIMO STAPPATO IN ONORE A SILVIO

Non è passata senza conseguenze la visita fatta da Silvio Berlusconi in Crimea assieme all’amico Vladimir Putin la settimana scorsa.
I servizi di sicurezza di Kiev hanno deciso di vietare per tre anni all’ex Presidente del Consiglio l’ingresso in Ucraina «nell’interesse della sicurezza nazionale».
Assieme al presidente russo, Berlusconi era entrato nella penisola annessa da Mosca senza passare, ovviamente, per i controlli ucraini, provenendo direttamente dal territorio russo.
E per le autorità  ucraine questo vuol dire essere entrati illegalmente nel territorio del paese.
E’ bene ricordare che nessun paese europeo, come gli Stati Uniti, riconosce l’annessione russa della Crimea avvenuta a marzo del 2014.
Ma non è questa l’unica “grana” legata a quella visita.
Vladimir e Silvio andarono pure a visitare l’antica azienda vinicola Massandra che già  produceva ai tempi degli zar.
La direttrice Yanina Pavlenko per l’occasione ha stappato una preziosissima bottiglia di Jeres de la Frontera, annata 1775, portata dalla Spagna dal fondatore delle cantine.
Si tratta di una bottiglia che normalmente nelle aste internazionali viene battuta tra i 100 e i 150 mila dollari.
La Procura generale ucraina ha aperto una causa penale per «Appropriazione del patrimonio in quantità  particolarmente rilevanti», in base all’articolo 191, comma 5 del codice penale.

Fabrizio Dragosei
(da “il Corriere della Sera”)

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IL GIGLIO MAGICO NON PERDONA: EPURAZIONE A SESTO FIORENTINO

Settembre 17th, 2015 Riccardo Fucile

IL PD CACCIA GLI OTTO CONSIGLIERI CHE SFIDUCIARONO IL SINDACO RENZIANO… SULLO SFONDO LE MANOVRE PER L’AEROPORTO DI PERETOLA

A luglio, appena prima di essere disarcionata dal fuoco amico, aveva avvertito: “Questi comportamenti potrebbero essere puniti con l’espulsione”.
E ieri la profezia della renzianissima Sara Biagiotti, ex sindaco di Sesto Fiorentino, 49mila abitanti alle porte del capoluogo toscano,si è tramutata in fogli di via.
La commissione di garanzia del Pd di Firenze ha espulso gli otto consiglieri dem di Sesto che il 21 luglio votarono la mozione di sfiducia a Biagiotti, assieme a vari eletti delle opposizioni.
La somma fece 16 voti contrari su 23 totali, con conseguenti dimissioni del sindaco. Due mesi dopo, la mannaia sugli otto ribelli, sette cuperliani e un ex civatiano: Gabriella Bruschi, Laura Busato, Diana Kapo, Giulio Mariani, Antonio Sacconi, Maurizio Ulivo Soldi, Aurelio Spera e Andrea Guarducci.
Espulsi, scrive il partito, per “la gravità  del loro comportamento, che ha creato un danno d’immagine al Pd”.
Tutti rei di congiura contro la Biagiotti, che già  rilancia: “Sono pronta a ricandidarmi”.
Ufficialmente, l’avevano buttata giù perchè era favorevole all’ampliamento dell’aeroporto di Peretola, carissimo a Marco Carrai e quindi a Renzi, e al nuovo inceneritore da realizzare in città .
Progetti che mettono a repentaglio l’ambiente e la salute dei cittadini, protestano i rivoltosi.
Ma in un anno di giunta l’ex sindaco e i consiglieri hanno litigato quasi su tutto, in un congresso perenne che tutti negano ma tutti hanno visto.
E al centro sempre lei, la Biagiotti: dottore commercialista di 45 anni, ex Ds, nata e cresciuta a Sesto Fiorentino, tra i comuni più rossi d’Italia. Ai più è nota come una delle tre “Bobibo”, il trio femminile che guidava la squadra di Renzi per le primarie dem del 2012, poi perse contro Pier Luigi Bersani.
Le due Bo erano Maria Elena Boschi, ora ministro delle Riforme, e Simona Bonafè, europarlamentare. La Bi, ossia Biagiotti, era rimasta nella sua Sesto, da sindaco. L’avevano eletta nel 2014, senza primarie.
Calata da Renzi, con un mandato: cambiare verso rispetto alla vecchia dirigenza ex Pci.
Innanzi tutto sull’aeroporto, osteggiato dal precedente sindaco, il rossissimo Gianni Gianassi. Ma si è passati presto allo scontro totale. Ed è stato un climax.
Prima le dimissioni del capogruppo Mariani, poi quelle della segretaria della federazione Camilla Sanquerin. Fino alla mozione di sfiducia proposta da gli otto ribelli, a luglio .
Inutili i comunicati di sostegno al sindaco dei renziani. Ininfluenti le assemblee, senza esito le offerte ai rivoltosi. “Ci hanno proposto poltrone in serie” sibila un espulso.
Il 21 luglio Biagiotti cade in Consiglio. E si dimette, da sindaco e presidente dell’Anci Toscana. Ora vuole la rivincita: “Sono disponibile a ricandidarmi, anche con primarie”. Mariani commenta: “Si ricandida? Sì, con Forza Italia”.
Il 24 enne afferma: “Non abbiamo infranto nessuna norma dello Statuto. E comunque la commissione si è spaccata, è finita 3 a 2”. Va bene, ma voi avete dato vita a un eterno congresso. “Non è vero, contestavamo un sindaco che governava male. Certo, poi si è innescata una dinamica congressuale… ”. Dicono che siete eterodiretti dall’ex sindaco Gianassi. “Sciocchezze pure”.

Luca De Carolis
(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA BCE AMMONISCE RENZI: “ITALIA USI RISPARMI SU INTERESSI PER RIDURRE DEFICIT, NON PER AUMENTARE LA SPESA”

Settembre 17th, 2015 Riccardo Fucile

PADOAN VOLEVA USARLI COME COPERTURE PER ELARGIRE FAVORI A SPESE DELLE CASSE PUBBLICHE

“L’Italia usi i risparmi da minori interessi per ridurre il deficit invece che aumentare la spesa“. A scriverlo nel suo bollettino economico è la Bce, che si rivolge direttamente alla Penisola, al Belgio e alla Francia, oltre che a Irlanda e Portogallo, ricordando che questi Stati hanno accumulato “un consistente ritardo” nel consolidamento strutturale richiesto dalla regola del debito.
Cioè quella che impone ai Paesi che hanno un debito superiore al 60% del Pil di ridurlo “a un ritmo adeguato”.
L’avvertimento arriva dopo che il ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan, in seguito all’annuncio di Renzi sulla cancellazione dell’Imu, ha spiegato che Roma intende utilizzare anche, come coperture, proprio i risparmi per i minori interessi sul debito.
L’Eurotower parte ricordando che il governo Renzi quest’anno avrebbe dovuto migliorare il suo deficit strutturale (la differenza tra entrate e uscite “depurata” dagli effetti del ciclo economico) del 2,1%.
Invece, la Commissione Ue ha concesso uno sconto sulla base delle ‘attenuanti’ costituite dalla recessione e dall’avvio delle riforme strutturali.
Nel frattempo, una serie di fattori tra cui il piano di acquisto di titoli di Stato avviato da Mario Draghi ha ridotto la spesa per interessi sul debito rispetto a quanto indicato nei bilanci di previsione.
Nonostante tutto questo, scrivono gli analisti di Francoforte, “diversi Stati membri hanno aumentato la spesa primaria (ovvero la spesa pubblica al netto degli interessi) rispetto ai piani originari”.
Segue il “consiglio”: gli esecutivi di Bruxelles, Parigi e Roma, ma anche Dublino e Lisbona, dovrebbero “utilizzare eventuali disponibilità  straordinarie, connesse a una spesa per interessi inferiore alle attese, per la riduzione del disavanzo”.
Peccato che nelle scorse settimane il presidente del Consiglio Matteo Renzi abbia annunciato l’intenzione di tagliare le tasse sfruttando presunti “margini di flessibilità ” sui conti pubblici fino a una cifra di 17 miliardi di euro.
In pratica 17 miliardi di deficit in più, aggiungendo ai 6,4 già  indicati nel Documento di economia e finanza, che verrà  aggiornato venerdì, ulteriori sconti in virtù di altre riforme in corso di approvazione (a partire da quella del Senato) e della “clausola degli investimenti“.
Poi Padoan ha aggiustato il tiro evocando, appunto, il “tesoretto” creato dalla minore spesa per interessi.
Ma nel bollettino Bce ce n’è anche, su un altro fronte, per la Germania. Berlino, secondo l’Eurotower, non spende abbastanza per la manutenzione delle strade ma nemmeno per migliorare il proprio capitale umano: “Per quanto concerne i paesi che hanno già  soddisfatto gli obiettivi di bilancio a medio termine, la Germania è stata esortata a incrementare ulteriormente gli investimenti pubblici in infrastrutture, istruzione e ricerca“.

(da agenzie)

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LA GRANDE RIFFA DEL SENATO: CHI VA CON RENZI VINCE POLTRONE

Settembre 17th, 2015 Riccardo Fucile

IN PALIO PRESIDENZE DI COMMISSIONE E INCARICHI DI GOVERNO

Con la minoranza Pd sul piede di guerra e una maggioranza che a Palazzo Madama si regge su numeri incerti ed equilibri traballanti, può tornare utile un jolly da calare nel momento del bisogno.
E l’asso nella manica del governo guidato da Matteo Renzi, con l’esame delle riforme costituzionali appena iniziato, è una potente arma di persuasione di massa.
Si tratta delle presidenze delle commissioni e degli incarichi di governo ancora da assegnare. E utili, all’occorrenza, per conquistare voti preziosi per uscire dalla palude del Senato.
RITARDO CALCOLATO  
“La verità  è che sulle riforme costituzionali e le unioni civili la maggioranza non c’è: ormai lo hanno capito anche i muri di Palazzo Madama.
Per questo si prende tempo, si rinvia sul rimpasto di governo e le presidenze di commissione per non aggravare la situazione”, dice a il ilfattoquotidiano.it il dissidente dem Corradino Mineo fotografando il campo sul quale è iniziata la madre di tutte le battaglie della revisione costituzionale contenuta nel ddl di Maria Elena Boschi.
Ancora più netta sulle ragioni del ritardo la vice presidente della commissione Bilancio in quota Movimento 5 Stelle, Barbara Lezzi: “Il motivo è semplice: non si vuole disturbare il Nuovo centrodestra (Ncd)”.
Insomma, secondo la senatrice grillina, un ritardo voluto e calcolato. Perchè se l’assegnazione delle poltrone farà  felici i premiati (pochi), scontenterà  inevitabilmente gli esclusi e coloro ai quali in queste settimane di trattative sono state fatte promesse. Ecco spiegato il motivo per cui, se alla Camera dei deputati si è già  provveduto al rinnovo delle presidenze di Commissione, un rito che per prassi si celebra al giro di boa della legislatura, la scadenza è stata invece ignorata al Senato.
POLTRONE IN BILICO
In ballo ci sono le presidenze degli azzurri Altero Matteoli (Lavori pubblici) e Francesco Nitto Palma (Giustizia), ma anche quella del “celeste” Roberto Formigoni (Agricoltura) in quota Area Popolare.
Caselle che potrebbero saltare e tornare utili al Partito democratico per riequilibrare le forze in campo.
Specialmente dopo l’esodo registrato negli ultimi mesi dai banchi della fu Scelta civica verso il Pd.
Ma soprattutto per compensare, all’occorrenza, il gruppo dei neo-responsabili (Ala) capeggiato dall’ex plenipotenziario di Forza Italia, Denis Verdini, che ha portato in dote a Matteo Renzi 10 senatori (ma punta ad arrivare a 20) per sostenere il cammino delle riforme costituzionali.
FUORI BILANCIO
“Stanno mercanteggiando per evitare ripercussioni sui numeri della maggioranza”, aggiunge la Lezzi denunciando quello che definisce come lo “scandalo” della commissione Bilancio.
Un caso paradossale: dopo le dimissioni di Antonio Azzollini, toccato da una richiesta di arresto emessa dalla Procura di Trani per il crac della casa di cura Divina Provvidenza e respinta dal Senato, le redini dell’organismo parlamentare sono passate in mano al vice presidente anziano del Pd, Gian Carlo Sangalli.
“Noi abbiamo sollecitato più volte la sostituzione, per reintegrare l’ufficio di presidenza della commissione alla vigilia dell’apertura della sessione di bilancio”, spiega la Lezzi convinta che, nonostante le dimissioni, sia ancora Azzollini a dirigere di fatto la commissione .
“Anche per questo, ma non solo, la questione è urgentissima — conclude —. Tra pochi giorni si discuterà  la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Def), un passaggio chiave e propedeutico all’approvazione della prossima Legge di stabilità  che dovrebbe essere gestito da un ufficio di presidenza al completo. Eppure nessuno, a parte noi del M5S, sembra porsi il problema”.
INCOGNITA PALLOTTOLIERE  
Nelle pieghe del cambio dei vertici potrebbe aggiungersi, inoltre, la commissione Affari costituzionali attualmente guidata tra le polemiche da Anna Finocchiaro.
La casella potrebbe liberarsi se la senatrice del Pd dovesse traslocare al ministero per gli Affari regionali, rimasto vacante dopo le dimissioni di Maria Carmela Lanzetta e il cui interim è stato assunto da Matteo Renzi in persona.
Senza contare che alla Finocchiaro non dispiacerebbe affatto neppure una toga da giudice costituzionale.
Dopo l’elezione alla presidenza della Repubblica di Sergio Mattarella, infatti, sono tre le poltrone ancora da occupare a Palazzo della Consulta.
Peraltro, nella logica del do ut des e degli equilibri di maggioranza da risistemare, presidenze di commissione a parte, a disposizione del premier, oltre al ministero per gli Affari regionali, ci sono anche altri posti di governo da assegnare.
A cominciare dagli incarichi di vice ministro degli Esteri, liberato da Lapo Pistelli dopo il suo discusso trasloco all’Eni, e di vice ministro dello Sviluppo Economico, lasciato vacante da Claudio De Vincenti, promosso nel frattempo come sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
Senza contare che, all’occorrenza, non ci sarebbero particolari difficoltà  anche ad aumentare il numero dei sottosegretari.
ACCUSA E DIFESA
Ma per ora, nulla si muove. Anche se, dalle file del Nuovo centrodestra, non ci stanno a fare la parte di chi punta a monetizzare (politicamente) il proprio apporto alla maggioranza.
“I ritardi nel rinnovo delle presidenze di commissione sono dovuti unicamente all’ingorgo generato a Palazzo Madama dalla discussione sulle riforme e a diversi provvedimenti che si intrecciano nel calendario”, assicura il senatore alfaniano Guido Viceconte. “Anche perchè Ncd è già  ben rappresentato anche al governo — insiste il parlamentare di Area Popolare —. Insomma, nessuna dietrologia dietro i ritardi nel rinnovo degli incarichi”.
Ritardi dietro i quali, al contrario, il collega della minoranza dem, Corradino Mineo, scorge un dato politico ben differente: “La verità  è che il decisionista Renzi, non avendo i numeri in Senato, non sa più come muoversi”.

Antonio Pitoni
(da “il Fatto Quotidiano“)

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