Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
IN OTTO DA VERDINI CHE RILANCIA: “LA NUOVA FORZA ITALIA SONO IO”
Glieli sta portando via uno dopo l’altro. Con una domanda retorica che, raccontano, sta funzionando da perfetta calamita, esca infallibile: «Ma che ci fai ancora lì? Forza Italia ormai siamo noi».
Denis Verdini lavora da Verdini, nell’ombra e con profitto.
Da ieri sette deputati già a lui vicini ma ancora iscritti al gruppo Fi, lasciano e danno vita ad “Ale” anche a Montecitorio. E con loro un senatore, Giuseppe Ruvolo (il terzo in meno di una settimana in uscita).
Per Forza Italia è un’emorragia ormai senza fine.
Lascia il mini blocco meridionale composto dall’ex ministro siciliano Saverio Romano, dal collega calabrese Pino Galati e Ruvolo appunto.
I capigruppo forzisti Paolo Romani e Renato Brunetta parlano ormai senza mezzi termini di «compravendita », «sporta della spesa».
Silvio Berlusconi resta blindato ad Arcore e annulla l’attesa riunione di gruppo di oggi pomeriggio proprio coi senatori.
Doveva servire a serrare le file, antipasto della “discesa in campo” autunnale del Cavaliere, atteso anche sabato alla festa Atreju della Meloni e domenica dalla scuola di formazione politica della Gelmini.
Tutto saltato: l’assemblea di gruppo rischiava di trasformarsi in uno sfogatoio, alle due manifestazioni si farà vivo con la solita telefonata.
Nel partito il clima è spettrale. Sospetti reciproci di fuga, panico da abbandono del leader, la sensazione di essere già finiti sotto la cappa di Salvini
Dopo il Senato, dove a luglio è nato il gruppo, la saracinesca di Verdini si apre anche alla Camera.
Sarà una componente del misto (ne occorrono 20 per il gruppo).
Sono in sette a lasciare Forza Italia e passare col nuovo movimento ( Alleanza liberalpopolare- Autonomie) che per l’occasione sarà Ale-Maie, perchè si aggiungono i quattro deputati eletti all’estero dell’omonimo movimento.
E dunque: i forzisti Ignazio Abrignani, Luca D’Alessandro, Monica Faenzi, Giuseppe Galati, Giovanni Mottola, Massimo Parisi e appunto Saverio Romano, che coordinerà i parlamentari di Camera e Senato.
E poi i quattro del Movimento associativo italiani all’estero: Franco Bruno, Renato Bueno, Mario Borghese, Riccardo Merlo.
«Lasciateli pure andare questi traditori – minimizza da Arcore coi suoi Berlusconi – Dove pensano di andare senza di me? Io non li fermo di certo, non ho fermato neanche chi stava con me da vent’anni come Denis».
Il fatto è che Verdini non si ferma, obiettivo venti deputati e venti senatori, racconta chi tesse le trame. Nel mirino ora ci sono 9 senatori Fi assai in bilico.
Tutto sta terremotando. Gli ex An sono i più lesti nel guardare oltre.
Andrea Ronchi con la sua “Insieme per l’Italia” ha dato appuntamento oggi pomeriggio in un hotel di Roma a Matteo Salvini, Raffaele Fitto, Maurizio Gasparri e altri sotto lo slogan “Ricostruiamo il centrodestra”.
Bocceranno la corsa di Alfio Marchini a Roma, tanto per cominciare.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
“LE INDAGINI CONFERMANO PERICOLI PER LA SALUTE E AUTORIZZAZIONI ANOMALE”
Sostiene Gian Luca Galletti: “Se scopriremo che anche in Italia sono state vendute auto dotate di un
software per ingannare i controlli sulle emissioni sarà inevitabile far scattare il blocco delle vendite, ma non abbiamo avuto nessun sentore che questa pratica sia diffusa anche nelle altre case automobilistiche, quindi per ora riteniamo superfluo chiedere informazioni”.
Il ministro dell’Ambiente deve essere un uomo distratto.
Come vedremo, in Italia la situazione è la stessa denunciata negli Usa: “Una gigantesca beffa ai danni dei cittadini e dell’ambiente”, nella chiusura di un dispositivo datato 30 giugno e inviato a Galletti dieci giorni dopo dalla Procura di Roma.
In sostanza: auto diesel vendute come ecologiche inquinano in realtà più delle altre grazie a decreti legislativi scritti apposta per favorire i costruttori, applicati in modo scorretto dal ministero dei Trasporti e nel totale disinteresse di quelli della Salute e dell’Ambiente. L’8 luglio, infatti, Galletti e i colleghi Graziano Delrio e Beatrice Lorenzin hanno ricevuto una lettera di Giuseppe Pignatone, capo della Procura di Roma.
Nella missiva — letta dal Fatto Quotidiano — il magistrato rivela ai tre ministri che le indagini dei pm di Roma “confermano” tutti i dubbi sui Filtri antiparticolato (Fap) montati sulle auto diesel per ridurre le emissioni: il Fap, scrive Pignatone, “oltre a immettere nell’aria altre sostanze nocive, determina la trasformazione del particolato in nanoparticolato, ossia polveri sottilissime non misurate dai dispositivi di monitoraggio in uso, ma ben più nocive per la salute umana”.
Risultato: i dati ufficiali sono falsati.
Non è come il caso Volkswagen?
Il regalo a Pirelli e Iveco, la complicità dei governi “La normativa di settore — scrive Pignatone — è stata scritta chiaramente per consentire l’omologa di sistemi tipo Fap” e ha penalizzato altri sistemi.
Non solo: “Il rilascio delle omologhe (autorizzazioni, ndr) dei Fap è avvenuto per anni, e si ha modo di ritenere che avvenga ancora, senza alcuna verifica del corretto funzionamento dei suddetti sistemi nel lungo periodo”.
E ancora: “Il ministero dell’Ambiente, così come quello della Salute, non risultano aver mantenuto alcuna interlocuzione con quello dei Trasporti nella fase di attuazione della normativa”.
E infine: non esiste al ministero dell’Ambiente “alcuno studio specifico relativo all’impatto concreto dei Filtri antiparticolato sulla qualità dell’aria e la salute umana”.
E il ministro dell’Ambiente? Niente, non ha “sentore” che qualcosa non vada.
Pure per quanto riguarda il passato, peraltro, il dicastero di Galletti non fa una bella figura.
Dal 2008 in poi — cioè da quando una normativa europea previde il taglio delle emissioni — si è limitato a eleggere i Fap a tecnologia ufficiale per l’Italia: “Una volta preso atto che esistevano prototipi di filtro in grado, secondo i costruttori, di abbattere la massa di particolato, l’attività del ministero è consistita nel cercare di creare una procedura — di concerto col ministero dei Trasporti — perchè potessero essere verificati gli effetti dei suddetti filtri e potessero essere omologati”, ha detto ai magistrati l’ingegner Fabio Romeo della Direzione generale per le Valutazioni Ambientali.
E chi sono i produttori?
“Essenzialmente due — scrive Pignatone — Pirelli Eco Tecnology e Iveco Spa”.
Il calvario della Dukic e le perizie agli atti
Torniamo ai decreti interministeriali del 2008. Allora, per legge, tutti i mezzi diesel dovettero montare i Filtri antiparticolato.
Questo sistema permetteva agli 11 milioni di veicoli diesel esistenti all’epoca di “avanzare” la loro classe ecologica sul libretto di circolazione: da euro 2 a euro 4-5. I nuovi mezzi, invece, escono dalla fabbrica già con i filtri montati.
A differenza di Pirelli — che divenne subito monopolista di un mercato dei filtri che valeva 20 miliardi di euro — la Dukic Day Dream ha sviluppato un dispositivo che agisce a monte del processo di emissione, nella fase di combustione: brucia, anzichè filtrare. Come annotano gli inquirenti romani, che nel 2014 hanno ereditato un’indagine della Procura di Terni che coinvolge 5 dirigenti del dicastero dei Trasporti, mentre il ministero concedeva l’omologazione ai Fap di Pirelli e Iveco senza la prova di durabilità (la resistenza nel tempo), la negava al sistema 3D di Dukic.
Ora l’inchiesta è in attesa di essere valutata dal Gip, dopo che il pm Giorgio Orano ha chiesto l’archiviazione perchè la vicenda, scrive, si è sviluppata per un grave difetto normativo e non per una cospirazione contro Dukic dei dirigenti inquisiti per falso e abuso d’ufficio.
Quella “cospirazione” che, per il pm di Terni Elisabetta Massini, aveva garantito “ingiusti profitti” a Fiat, Iveco e Pirelli. La Dukic ha presentato opposizione, forte anche della lettera del procuratorePignatone citata all’inizio.
Orano stigmatizza, comunque, l’atteggiamento dei ministeri di Ambiente e Salute, che hanno avuto un ruolo “nullo” nella vicenda.
I Trasporti ne escono peggio: “Rilevo nel comportamento tenuto dal ministero incongruenze talmente evidenti e gravi da poter essere difficilmente ritenute mere negligenze o incompetenze, soprattutto se relazionate alla ragguardevole competenza tecnica, sperimentale e normativa da sempre posseduta dalle strutture di prova della Motorizzazione Italiana”, scrive Giordano Franceschini, ordinario di Bioingegneria industriale all’Università di Perugia, in una perizia per la Dukic srl.
Il riferimento è alla cosiddetta prova di durabilità sui dispositivi anti-inquinamento, cioè sulla loro capacità di funzionare nel tempo: che i filtri Pirelli e Iveco continuino a funzionare bene anche dopo 50mila km lo dicono i produttori, ma nè la Motorizzazione, nè il ministero hanno effettuato prove.
Le conseguenze: uno studio di Transport and environment (T&E) ha rivelato che il gap fra i controlli in laboratorio e quelli su strada è passato in media dall’8% nel 2001 al 31% nel 2013 per il trasporto privato (e il trend dice 50% nel 2050).
Marco Palombi e Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
L’INDAGINE DATANALYSIS EVIDENZIA PIAGA SOCIALE
La radiografia (Figli di un lavoro minore) commissionata dall’osservatorio di Paidoss e presentata stamane a Roma, è impietosa.
E mette a nudo la realtà drammatica di tanti adolescenti-lavoratori che la crisi economica ha piegato a scelte di opportunità .
Ancor più penoso l’assenso del 54 per cento dei genitori che si autoassolve in nome della necessità . Solo uno su tre si batte in ogni modo pur di vedere il figlio under 16 andare a scuola ogni mattina, mentre il 46% ritiene del tutto normale un esordio precoce nel mondo del lavoro.
Cosa fa l’esercito degli sfruttati.
Garzoni di bar, commessi nei negozi, parrucchieri, meccanici e manovali, sono le opportunità metropolitane più frequenti di impiego, mentre a chi vive fuori city restano la chance di offrirsi come bracciante agricolo, manovale nei cantieri, meccanico di officina.
In totale, lavorando oltre un milione di ore ogni giorno. Per non parlare dei 30mila che svolgono attività pericolose o potenzialmente inibenti lo sviluppo fisiologico.
E’ il caso dei ragazzi che turnano di notte.
I dati dell’Istituto di ricerche demoscopiche nell’area della Salute e del Sociale commissionati dall’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss) che da domani a sabato si riunisce a Lecce per il congresso nazionale, rivela che il 18 per cento dei giovanissimi abbandona la scuola per la ricerca di un impiego.
La condanna di Paidòss a tutela dei ragazzi.
Senza mezzi termini l’Osservatorio della Salute dell’infanzia che da domani a sabato si riunisce a Lecce per il Forum internazionale dell’adolescenza e della Famiglia, chiama in causa la scuola, come deputata alla formazione e all’accompagnamento degli studenti nel mondo del lavoro, salvandoli dallo sfruttamento psicofisico. Spiega Giuseppe Mele, presidente Paidòss: “L’idea che iniziare la gavetta presto aiuti i ragazzi a inserirsi nel mondo del lavoro è falsa e fuorviante, un modo per nascondersi ipocritamente di fronte alla realtà : lavorare prima dei 16 anni è un furto dell’infanzia. Dai dati della ricerca si apprende che i genitori italiani nei confronti del lavoro minorile sono indulgenti: il 26%, con punte del 33 al sud, non ci vede nulla di male, mentre il 20 ritiene che il giudizio debba dipendere dalla situazione del singolo. Ma ciò che forse turba ancora di più è che solo il 34% delle mamme e dei papà costringerebbe a restare sui banchi un figlio intenzionato a lasciare la scuola per lavorare, impedendogli una scelta dannosa per la sua vita: uno su quattro accetterebbe la decisione pur ritenendola un errore, uno su cinque la considera una volontà da rispettare comunque. Non è così: ogni bambino ha il diritto di essere protetto dallo sfruttamento economico, in qualunque forma”.
Per i genitori è un problema degli altri. Il 30 per cento dei genitori del Belpaese si illude, ritenendo che il fenomeno in Italia riguardi solo gli stranieri, il 55% lo considera un dramma dei Paesi sottosviluppati, il 40 ignora del tutto l’esistenza dei piccoli sfruttati anche italiani.
E invece dell’esercito dei 280mila lavoratori teen-agers, appena 20mila sono stranieri, mentre il 17% dei genitori intervistati ammette che i ragazzini lavoratori sono una realtà .
Chi sono? Figli di amici e parenti o conoscenti dei propri figli: fino al 22-24% nel nord. Nonostante l’evidenza, è ancora valido l’antico pregiudizio verso il sud, visto che il 40% crede che si tratti di un problema confinato al meridione.
I rischi per la salute e per lo sviluppo.
“Il lavoro minorile mette a rischio lo sviluppo psicofisico dei ragazzi – avverte Claudio Mencacci, past president della Società Italiana di Psichiatria e direttore del Dipartimento di Salute Mentale del Fatebenefratelli di Milano – rubando tempo che andrebbe impiegato diversamente: confrontarsi in ambienti sani con il mondo degli adulti, stare con gli amici, studiare, leggere, fare sport sono le attività che aiutano il fisico e il cervello a svilupparsi nel migliore dei modi.
Cancellare riposo, svago, sport e apprendimento significa aumentare il rischio di disagi psichici e disturbi dell’umore.
E una volta adulti, questi ragazzini potrebbero ritrovarsi a fare i conti con ansia e stress e anche a pagare le conseguenza della sottrazione di quelle risorse che permettono una adeguata “costruzione di sè” .
Insomma, sono questi gli elementi che possono minare il benessere mentale futuro di questi ragazzi. Ragazzi costretti a crescere troppo in fretta, magari sotto la pressione della necessità di contribuire a far quadrare i bilanci familiari”.
I diritti contro lo sfruttamento economico. Camilla Fabbri, presidente della commissione d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro, si appella alla Dichiarazione sui diritti del fanciullo approvata nel ’59 dall’assemblea generale dell’Onu.
Questa detta regole precise agli Stati membri contro lo sfruttamento economico e qualsiasi tipo di lavoro rischioso o che interferisca con la sua educazione o che sia nocivo per la sua salute o per il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale.
“Il lavoro minorile – osserva la Fabbri – certifica la sconfitta di ogni società , chiamata invece a garantire il diritto allo studio e alla crescita. E’ indispensabile avviare un’operazione di contrasto di carattere globale, che deve vedere impegnato anche il nostro Paese. Un minore sfruttato non sarà mai un cittadino libero. E per questo, nell’atto istitutivo della commissione d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro è richiamato il dovere di accertare l’entità della presenza di minori sui posti di lavoro, con particolare riguardo a quelli provenienti dall’estero e alla loro protezione ed esposizione a rischio”.
Giuseppe Del Bello
(da “La Repubblica”)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
MENTRE I COLLEGHI ERANO A CACCIA DI INFRAZIONI, LORO AZZERAVANO CENTINAIA DI VERBALI
Insegne pubblicitarie abusive (multa da 5mila euro). Ma anche le più svariare infrazioni del codice
della strada.
Per non parlare delle occupazioni del suolo pubblico ottenute senza versare un euro alle casse comunali. Mentre i colleghi erano a caccia di infrazioni, all’interno dello stesso corpo dei vigili c’era una sorta di ufficio parallelo che lavorava perchè centinaia di verbali venissero azzerati, annullati, perfino confezionando di proprio pugno ricorsi inattaccabili.
Questa è la ricostruzione dell’inchiesta nata sul rilascio anomalo di pass per la sosta, avviata dallo stesso comando di piazza Beccaria e coordinata dal pm Grazia Colacicco.
L’inventore del ‘sistema’, Damiano Borchielli, ha già subito una condanna in primo grado a sette anni per un nutrito elenco di corruzioni.
In cambio del 30 per cento della multa comminata, interveniva sui database del comando di via Friuli, manometteva dati, impugnava contravvenzioni.
E a quei sette anni di carcere, ora, potrebbero aggiungersi un altro anno e mezzo per episodi più recenti. Abuso d’ufficio, falso in atto pubblico le nuove accuse.
Insieme all’indomabile Borchielli – una volta perquisito e indagato avrebbe continuato la sua attività parallela finendo così agli arresti domiciliari – ci sono altri dodici imputati.
Il pm, al termine della requisitoria, ha chiesto condanne da 7 mesi ai 3,4 anni per Lucia Avolio, altro ghisa che, in cambio di qualche multa cancellata, si sarebbe vista regalare una serata nel segno del lusso con la sua famiglia.
Nel 2010 gli investigatori di piazza Beccaria, intercettano Borchielli al telefono con la compagna mentre spiega come ha fatto annullare le multe a una società di auto di lusso a noleggio, la Planet.
“Questa qui (la Avolio, ndr ) – dice il vigile alla compagna – che mi ha inserito le targhe mi ha chiesto se le posso mandare una macchina per una festa che deve fare. Io le ho risposto ” sicuramente sì, figurati””.
Ed effettivamente, nell’ottobre di 5 anni fa, sotto casa Avolio si materializza una Mercedes scura con autista della Planet, che accompagna la dipendente di palazzo Marino, il marito e i figli, a una serata.
La clientela dell’ufficio parallelo antimulte era varia. Dal bar panetteria di via Solferino che aveva quattro parcheggi in zona a traffico limitato, a un portinaio di corso Buenos Aires.
A fine 2010 è il vigile – e altro imputato – Roberto Squillace che contatta Borchielli per un favore. “Damiano, io ti chiamavo per questa cosa qua. Io c’ho qui il mio portinaio che negli anni deve aver accumulato qualche multa. Se ti do la targa riesci a verificare?”.
Borchielli è una garanzia: “Ascolta, mi porti tutte le targhe e ti sistemo tutto quanto, anche quelle scadute”. Mercoledì prossimo, al termine delle arringhe, la sentenza stabilirà la bontà di queste accuse.
Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
OPERAZIONE DELLA GDF NEI CONFRONTI DI IMPRENDITORI DI UN NOTO GRUPPO INTERNAZIONALE
Smascherato dalla Guardia di finanza di Treviso e sanzionato con l’interdizione ad esercitare imprese e uffici direttivi un sodalizio criminale composto da tre imprenditori di un noto gruppo internazionale, che sono stati arrestati.
L’ipotesi di accusa è di bancarotta fraudolenta nei confronti di quattro aziende trevigiane, dichiarate fallite nel biennio 2013 e 2014 e tutte riconducibili allo stesso gruppo, operante nel settore della produzione di recinzioni e pannelli metallici.
L’accusa è di aver distratto rilevante patrimonio societario per 19 milioni di euro ed occultato le contabilità societarie in danno del ceto creditorio esposto per oltre 49 milioni di euro.
I finanzieri hanno rilevato che gli indagati agli inizi del 2013, nonostante una preesistente voragine finanziaria di circa 13 milioni di euro, avevano acquisito tutte le società del gruppo dalla precedente proprietà prospettando ai terzi creditori importanti investimenti e progetti di risanamento aziendale anche a tutela degli oltre 30 dipendenti.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
IL SINDACO PD DI SAN LAZZARO AVEVA DENUNCIATO PRESSIONI DOPO AVER DECISO DI BOCCIARE UN INSEDIAMENTO EDILIZIO
Colpo di scena nella vicenda della cosiddetta Colata di Idice. 
Cinque persone sono indagate dalla procura della Repubblica di Bologna. Tra loro anche il sindaco Pd di Castenaso, (alle porte di Bologna) Stefano Sermenghi, renziano di ferro che tra suoi assessori in giunta schiera anche la sorella dello stesso Matteo Renzi, Benedetta.
A dicembre del 2014 Isabella Conti, sindaco Pd di San Lazzaro di Savena aveva denunciato di avere ricevuto delle pressioni dopo che la sua giunta comunale aveva deciso di bloccare la costruzione di un nuovo complesso residenziale a Idice, una frazione del comune.
La decisione politica di annullare la nuova mega-colata di cemento, decisa anni prima da altre maggioranze Pd, aveva tuttavia creato non pochi malumori: a costruire le palazzine sarebbe dovuta essere una cordata di imprese comprendente tra le altre la Coop Costruzioni, colosso edilizio della cooperazione rossa, la Palazzi srl, la Astrale Srl. Di fatto vedevano sfumare un affare da 300 milioni di euro.
Gli indagati, che hanno ricevuto nella mattinata un avviso di proroga delle indagini dalla pm Rossella Poggioli (l’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunte Valter Giovannini) oltre a Sermenghi sono Germano Camellini, commercialista e al momento dei fatti revisore dei conti del Comune di San Lazzaro, Simone Gamberini, direttore di Legacoop Bologna (ed ex sindaco Pd di Casalecchio di Reno), Aldo Bacchiocchi, sindaco di San Lazzaro di Savena dal 1995 al 2004 e Massimo Venturoli, dirigente della Palazzi srl.
Il reato contestato è quello previsto dall’articolo 38 del codice penale: “Chiunque usa violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica Autorità costituita in collegio, per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l’attività ”.
Il sindaco di Castenaso, contattato da ilfattoquotidiano.it, ha spiegato di “essere sorpreso dalla notifica. Non sono in grado di capire il motivo visto che l’atto inviato dalla procura è stringato”. Poi Sermenghi conclude: “Sono sereno”.
Alla fine del 2014 il sindaco, che di professione fa l’avvocato e ha 32 anni, in assenza di una parte delle fidejussioni necessarie (a causa del fallimento di alcune delle coop coinvoltye), bloccò la realizzazione della new town: 580 nuovi alloggi.
“Non consumo suolo a vanvera” spiegò l’amministratrice. Ma per lei non fu un cammino facile.
“Ci tengo a dire che quello che ho riferito ai magistrati non è una mia percezione, chiunque al mio posto avrebbe vissuto certi comportamenti come minacciosi”, spiegò in un’intervista l’amministratrice.
“Su questa vicenda c’è stata una escalation intollerabile di comportamenti discutibili e pressioni indebite”.
Conti davanti ai pm ricordò gli incontri sul tema con uomini delle coop e con suoi colleghi di partito. E poi sms.
In particolare venne a galla che Camellini avrebbe pronunciato, di fronte a una dirigente comunale, una frase poi riportata alla stessa prima cittadina.
Una frase che suonava più o meno così: “La Conti vuole finire sotto una macchina?”. Camellini (difeso dall’avvocato Tommaso Guerini), si difese sui giornali: “Forse la dirigente ha equivocato una mia battuta. Ammesso che l’abbia detto, probabilmente mi riferivo a possibili guai per il Comune. Finire sotto una macchina in quel senso, nel senso di avere dei danni”, spiegò il commercialista al Resto del Carlino.
La denuncia di Isabella Conti fece mobilitare lo stesso presidente della Regione Stefano Bonaccini, presente nell’aula del consiglio comunale al momento del voto che decretò a febbraio 2015 il no alla Colata.
In quei giorni si mosse lo stesso Matteo Renzi.
Il premier chiamò Conti per dirle che “il Pd è al suo fianco a testa alta e senza paura”.
David Marceddu
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
LA BANCA SVIZZERA STIMA UN BENEFICIO FINO ALLO 0,5% …L’EUROPA ENTRO IL 2020 AVRA’ BISOGNO DI 42 MILIONI DI OCCUPATI IN PIU’ PER SOSTENERE IL WELFARE
Se ci si ferma alle cifre l’ondata migratoria che interessa l’Europa è un affare.
Gli ultimi calcoli relativi all’impatto economico dell’immigrazione li ha messi nero su bianco Credit Suisse.
La banca svizzera ritiene che la crescita media degli anni dal 2015 al 2023 dovrebbe beneficiare di una spinta aggiuntiva dello 0,2% portando l’aumento medio del Pil all’1,3% annuo.
In particolare nel 2015 e nel 2016 il beneficio dovrebbe essere maggiore, nell’ordine di uno 0,5% aggiuntivo.
Il Vecchio Continente è tale di nome e di fatto e “forze fresche” sono una manna per un’economia che si riprende con fatica.
Per l’Italia questo ragionamento va moltiplicato al cubo.
Il nostro paese è infatti tra quelli che da qui al 2036 sono destinati a perdere la quota più significativa di popolazione attiva.
Secondo le rilevazioni del Fondo monetario internazionale, con le tendenze demografiche attuali nei prossimi 20 anni gli italiani in età lavorativa dovrebbero diminuire di circa il 15%.
Così come in Spagna, in Ungheria e Grecia.
Ancora peggio in Germania, dove è attesa una contrazione della forza lavoro del 20% circa.
In Europa si salvano solo Francia e Gran Bretagna per cui non si prospettano cali ma, specie per l’Inghilterra, un moderato incremento.
Meno persone al lavoro significa anche meno contributi versati e un sistema pensionistico sempre più difficile da sostenere.
L’economista Leonid Bershidisky ha stimato che entro il 2020 l’Europa avrà bisogno di 42 milioni di occupati in più per sostenere il suo sistema di welfare.
La proiezione al 2060 è di 250 milioni. L’economista non prende posizione sul “come” ma le alternative sono pura questione di logica: o aumenta il tasso di natalità o arrivano più immigrati o si riducono le prestazioni.
Nel suo rapporto, la banca svizzera mette in rilievo come inizialmente la gestione dei flussi migratori dovrebbe generare un aumento della spesa pubblica per organizzare accoglienza e inserimento: la sola Germania ha già messo a bilancio una spesa di 6 miliardi di euro, la Commissione Ue ragiona per ora su un piano da 2 miliardi.
In questo modo vengono in sostanza forzate le costrizioni dell’austerità europea, regalando così una spinta aggiuntiva all’economia dello 0,2-0,3%.
Secondo Credit Suisse le spese per i migranti sono destinate a ripagarsi sotto forma di benefici alla crescita e quindi di aumento delle entrate fiscali.
Detta in maniera brutale la gestione dei migranti non è un costo ma un (buon) investimento.
Il report dedica particolare attenzione alla Germania, uno dei Paesi europei più penalizzati dalle dinamiche demografiche e che ha scelto la via dell’accoglienza.
Le associazioni imprenditoriali stanno spingendo per favorire questo processo agevolando l’ingresso di migranti, specie se con capacità professionali.
La Camera del commercio e dell’industria tedesca ha sottolineato anche come gli immigrati presentino solitamente un alto livello di imprenditorialità .
Una volta stabilitosi in Germania, uno su cinque ha infatti avviato un’impresa creando, solo nel 2015, circa 45mila nuovi posti di lavoro.
Mauro Del Corno
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
CRESCE IL DISSENSO CONTRO LA CANCELLAZIONE DI OLTRE 200 ESAMI, IL MEDICI IN RIVOLTA
«No alla black list sulle prestazioni, così come sui farmaci» e «no a ricatti» che possono tradursi in
«conflitto coi pazienti e forte contenzioso».
Il Sindacato dei Medici Italiani si unisce al coro dei no nei confronti della bozza di decreto sulle prestazioni inappropriate e, attraverso la segreteria nazionale Mirella Triozzi, punta il dito contro il Governo: «deve avere il coraggio di dire la verità ai cittadini», ovvero che «da domani dovranno pagare ciò che fino ad ora hanno avuto gratuitamente.
Così, invece, è un modo ipocrita e dissimulato di tagliare servizi».
«Se la premessa è sbagliata, le conclusioni non possono che essere sbagliate. La lotta all’inappropriatezza deve avere come obiettivo la fonte principale di sprechi, che è la disorganizzazione dei servizi, causa di ricoveri ed esami inutili», commenta Triozzi, presente all’incontro di ieri in cui il ministro Beatrice Lorenzin ha annunciato che il giro di vite sugli esami inutili comprenderà non 180 prestazioni a rischio inappropriatezza, come inizialmente previsto ad agosto, ma 208.
«I medici devono poter continuare a poter fare il proprio lavoro, liberamente. Senza ricatti, senza essere sotto la minaccia di una ritorsione economica». «Scelte come questa – conclude la sindacalista – producono conflitti con i pazienti, creano confusione, possibili abusi interpretativi da parte delle aziende sanitarie e delle regioni, quindi un forte contenzioso amministrativo e, spesso giudiziario».
(da agenzie)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
IN SOLI 9 MESI LE VITTIME SONO GIA’ 88, CON UN INCREMENTO DELL’8% RISPETTO ALL’ANNO SCORSO
Vincenza, pur tra mille titubanze, aveva avuto il coraggio di denunciare: il suo ex la tormentava pesantemente, era arrivato a entrare in casa sua di notte, da una finestra.
Non è servito a niente: lo stalker, facendosi beffe di un provvedimento della magistratura che gli impediva di avvicinarsi a Vincenza, l’ha inseguita e uccisa.
È avvenuto in provincia di Napoli pochi giorni fa e la morte di Vincenza Avino è divenuto il simbolo della nuova forma di violenza sulle donne: non il femminicidio punto e basta, ma il femminicidio annunciato.
Le ultime statistiche sugli omicidi in Italia maturati nell’ambito di un rapporto sentimentale parlano chiaro: il 25% delle vittime registrate nel 2015 aveva denunciato, spesso ripetutamente, l’uomo che le perseguitava e che in teoria aveva ricevuto una misura restrittiva da parte della magistratura. Inutilmente.
E allora l’accento deve spostarsi dalla repressione degli aggressori alla protezione delle vittime, è ormai l’esigenza che si sta facendo strada.
Le cifre su un fenomeno che non accenna a declinare sono state diffuse dall’associazione Sos Stalking: «Da gennaio a oggi, in soli 9 mesi, le vittime del femminicidio sono già 88, con un incremento dell’8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’emergenza è evidente».
Ma l’associazione si spinge oltre, parlando apertamente di donne «vittime della malagiustizia» proprio perchè una su quattro aveva fatto appello alle forze dell’ordine per denunciare il proprio dramma, per mettere nero su bianco le violenze fisiche e psicologiche da parte di ex mariti, ex fidanzati o spasimanti respinti.
Il killer di Vincenza Avino era sì stato messo ai domiciliari ma era tornato in libertà con la sola misura del divieto di avvicinamento.
« Se a fronte di una denuncia il magistrato non dispone il carcere — sottolinea ancora Sos Stalking — nè gli arresti domiciliari, nè altre misure come il braccialetto elettronico, la tutela per le vittime è totalmente azzerata. E la diretta conseguenza è il calo della fiducia nella giustizia».
Il braccialetto elettronico è una misura scarsamente utilizzata in Italia (appena 90 casi) in casi di violenza contro le donne, ma che negli Stati Uniti riguarda già 100mila accusati di reati a sfondo sessuale. E in libertà vigilata.
Ma in Italia il «poliziotto» elettronico costa 120 euro al giorno e le casse dello Stato non si possono permettere questo onere.
«Ma se questa lacuna non può essere superata — conclude l’associazione — resta che nessuno pensa ai parenti delle vittime. Occorre un intervento urgente dello Stato affinchè disponga un fondo di garanzia con tali finalità ».
Claudio Del Frate
(da “il Corriere della Sera”)
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