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NEL PD TOTO-CANDIDATURE PER IL DOPO-MARINO: RISPUNTANO I NOMI DI RUTELLI E VELTRONI

Ottobre 9th, 2015 Riccardo Fucile

CERCASI CANDIDATO DISPERATAMENTE: CHI PUO’ SI TIRA INDIETRO

Ora il problema è il dopo. Ma chi può si chiama fuori. Come il vice presidente della Camera Roberto Giachetti, che ha già  fatto sapere di non avere alcuna intenzione di immolarsi alla causa del Partito democratico, caricandosi sulle spalle il fardello della disastrosa esperienza di Ignazio Marino.
L’ex capo di gabinetto di Francesco Rutelli, ai tempi del suo mandato a sindaco di Roma, ha declinato con un perentorio “no, grazie” ogni invito di candidatura.
E anche l’alternativa del prefetto della capitale, Franco Gabrielli, cui il governo ha già  affidato il coordinamento su 8 ambiti chiave dell’amministrazione capitolina, tra i quali casa, verde, campi nomadi e immigrati, è una soluzione che suscita perplessità  in molti all’interno del Partito democratico.
Così, per raccogliere la difficile eredità  lasciata da Marino, non si esclude neppure un ritorno di fiamma per i ‘vecchi’, che sulla poltrona del Campidoglio si erano già  seduti in passato, come lo stesso Rutelli e Walter Veltroni.
Archiviate le dimissioni dell’ormai ex sindaco di Roma, a Largo del Nazareno ci si interroga sul futuro: chi correrà  alle prossime comunali con la maglia del Pd? Questione di non poco conto e le preoccupazioni non mancano.
“Il problema è che si dovrà  andare a votare a maggio e al 99% il Pd perderà  le elezioni — spiega a ilfattoquotidiano.it un autorevole esponente del Pd romano —. Non arriveremo nemmeno al ballottaggio, anche perchè gli strascichi delle polemiche e delle possibili inchieste giudiziarie sulle spese dell’ex inquilino del Campidoglio si protrarranno a lungo”.
Ovvio, allora, che trovare un candidato sindaco disposto a sacrificarsi per la causa del partito rischi di diventare un’impresa impossibile.
Specie tra chi ha ancora la prospettiva di proseguire la propria carriera politica. Giachetti, ad esempio, ha già  risposto picche. “Roberto lo ha già  detto a Renzi: non è assolutamente interessato — spiega dal Pd chi lo conosce bene —. Anche perchè ricopre un ruolo istituzionale importante e non intende lasciarlo”.
Lo scenario, del resto, è di quelli complicati: Roma sarà  commissariata e tornerà  al voto alla prima finestra elettorale utile.
Quella di maggio 2015, quando si terranno le amministrative anche in altre importanti città , a cominciare da Milano e Napoli.
Troppo poco tempo a disposizione per far dimenticare ai romani le tante polemiche che hanno accompagnato il travagliato mandato di Marino. Troppo poco tempo per convincere uno dei big del Pd ad accettare una sfida che sembra compromessa già  ai blocchi di partenza.
Ma anche l’alternativa Gabrielli, che pure ha sfiorato i piani alti della segreteria dem, non è immune da controindicazioni.
Primo: in quanto prefetto di Roma non sarebbe candidabile nè nominabile commissario, almeno che il governo non lo sospenda dall’attuale incarico.
Secondo: far correre un tecnico sarebbe come ammettere la resa (e l’incapacità ) della politica. Nel caso specifico dello stesso Pd. Insomma, un bel guaio.
Così, se fino a ieri, nei corridoi del Partito democratico romano si scommetteva sulla data delle dimissioni di Marino, da stasera i ‘bookmakers’ del Nazareno sono già  alle prese con il toto-candidature.
Un vero e proprio rebus. Per risolverlo c’è chi ha proposto addirittura un revival: buttare nella mischia Rutelli o Veltroni.
Certo, sarebbe la rivincita dell’usato sicuro sulla rottamazione ma, se non altro, eviterebbe al Pd l’accusa di aver scaricato sui tecnici il destino della prima città  d’Italia.

Antonio Pitoni e Giorgio Velardi
(da “il Fatto Quotidiano”)

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INTERVISTA A MARINO: “HO ROTTO LE UOVA LE PANIERE DEL CONSOCIATIVISMO, ME L’HANNO FATTA PAGARE I SALOTTI BUONI”

Ottobre 9th, 2015 Riccardo Fucile

“HO RIAPERTO GARE DI ACQUISTI IN PROROGATIO DA UNA VITA, HO TOLTO IL BUSINESS DEI RIFIUTI A UNA SOLA PERSONA E IL PATRIMONIO IMMOBILIARE A UNA SOLA AZIENDA”… “10 CONSIGLIERI PD SU 19 PIANGEVANO PER ME”

Alle nove di sera il Mostro Marino, sindaco dimissionario di Roma, ha la voce esausta di un chirurgo dopo dieci ore di camera operatoria. «È da ieri che non mangio e che non mi siedo: proprio come quando operavo».
Se ne va a casa per cinque scontrini di ristorante non giustificati?  
«Ci avevano provato con la Panda rossa, i funerali di Casamonica, la polemica sul viaggio del Papa. Se non fossero arrivati questi scontrini, prima o poi avrebbero detto che avevo i calzini bucati o mi avrebbero messo della cocaina in tasca».
Su qualche sito sono arrivati a imputarle di avere usato i soldi del Comune per offrire una colazione di 8 euro a un sopravvissuto di Auschwitz.  
«Se è per questo, mi hanno pure accusato di avere pagato con soldi pubblici l’olio della lampada votiva di san Francesco, il patrono d’Italia, “per farmi bello”. Senza sapere che sono centinaia di anni che il sindaco di Roma, a rotazione con altri, accende quella lampada».
Vox populi: si dava arie da integerrimo e invece sotto sotto era uno spendaccione come gli altri.  
«Infatti una volta in cui mi trovavo in albergo a Londra per un convegno con i sindaci europei, ho rinunciato al buffet da 40 sterline perchè mi sembrava uno schiaffo alla miseria. Ho attraversato la strada e sono andato da Starbucks».
Ci sono cinque note spese in cui lei sostiene di avere cenato con qualcuno che invece nega di essere stato a tavola con lei.  
«Ho già  detto che sono disposto a pagare di persona le mie spese di rappresentanza di questi due anni: 19.704,36 euro. Li regalo al Campidoglio, compresa la cena in onore del mecenate che poi ha staccato l’assegno da due milioni con cui stiamo rimettendo a posto la fontana di piazza del Quirinale, sette colonne del foro Traiano e la sala degli Orazi e Curiazi».
Ma quelle note spese sono bugiarde oppure no?  
«Io non so cosa ci hanno scritto sopra. Ho consegnato gli scontrini agli uffici, come si fa in questi casi. Non escludo che possa esserci stata qualche imprecisione da parte di chi compila i giustificativi».
Si aspettava che sarebbe venuto giù il mondo?  
«Ho rotto le uova nel paniere del consociativismo politico. Ho riaperto gare di acquisti beni e servizi che erano in prorogatio da una vita. Ho tolto il business dei rifiuti a una sola persona e il patrimonio immobiliare a una sola azienda che ha incassato dal comune 100 milioni negli ultimi anni, la Romeo».
Da Renzi si sarebbe aspettato un atteggiamento diverso?  
«Diciamo che Renzi non ha avuto la possibilità  di apprezzare i cambiamenti epocali che abbiamo fatto in questa città ».
Si sente pugnalato alle spalle dal suo partito, il Pd? Non una voce si è alzata a sua difesa.
«Mi hanno espresso vicinanza in due. Il ministro Graziano Del Rio e Giovanni Legnini, vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Erano entrambi molto avviliti per quanto accaduto».
E Renzi?  
«Non avendo avuto l’opportunità  di parlare col presidente del consiglio, non ho potuto conoscere qual è il suo giudizio».
Brr, che freddo. Lei ha presentato le dimissioni dicendo che in base alla legge ha venti giorni di tempo per ritirarle. Cos’è, una minaccia?  
«Ma si figuri. Prendo atto che Pd e Sel, due partiti della maggioranza, hanno chiesto le mie dimissioni. E un chirurgo non può restare in sala operatoria senza il suo team»
Pensa che qualcuno starà  festeggiando?  
«Sicuramente. Eppure oggi ho visto tanti volti rigati dalle lacrime… Alfonso Sabella, assessore e magistrato, mi ha detto che non piangeva così da 35 anni. E dieci consiglieri del Pd su diciannove mi hanno assicurato con le lacrime agli occhi che erano contrari alle mie dimissioni»
Dieci su diciannove è la maggioranza… Se erano sinceri, il partito è spaccato in due. Tornerà  indietro?  
«La decisione non è più nelle mie mani. E io sono l’ultima persona al mondo che vuole occupare una poltrona. Questo incarico meraviglioso mi ha procurato problemi familiari enormi, proiettili in busta e perdita della libertà  personale».
Sta scrivendo un libro sull’esperienza di sindaco e queste dimissioni vi aggiungeranno ancora più pepe. Pensa di avere pagato a caro prezzo la sua natura di marziano a Roma, anzi di marziano della politica, troppo ingenuo nei rapporti e poco avvezzo ai compromessi?  
«Se sono accuse, le considero medaglie. Non sono mai andato nei salotti e alle cene della Roma che conta. Non ho mai frequentato il mondo che in passato era abituato a decidere assieme alla politica le strategie economiche della città . Io alla terrazza ho sempre preferito la piazza. E vorrei ricordare che il 5 novembre avverrà  un fatto storico: Roma sarà  parte civile nel processo di Mafia Capitale. Noi abbiamo tagliato le unghie a chi voleva mettere le mani sugli affari».
Ma le mani hanno finito per tagliarle a lei. E proprio alla vigilia di un evento come il Giubileo. Come mai?  
«Non lo so. Certo nei prossimi giorni bisognerà  decidere quando e come investire sul Giubileo… La mia giunta ha segnato una discontinuità . Mi auguro che chi verrà  dopo di me non riporti Roma indietro».
Sembrano le parole di un uomo nauseato dalla politica.  
«Diciamo che il comportamento di una parte della classe dirigente non mi ha entusiasmato. Ho provato a interrompere il consociativismo degli affari che fa sedere maggioranza e opposizione intorno allo stesso tavolo, senza scontrini… E ho pagato per questo».

Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)

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MARINO DENUNCIA: “OGNI NOME UN FAVORE, ORA TIRO GIU’ TUTTI”

Ottobre 9th, 2015 Riccardo Fucile

“PER FARMI FUORI MANCAVA SOLO LA COCA IN TASCA”… “FARO’ NOMI E COGNOMI E PORTERO’ LE PROVE IN TV”

Ignazio Marino si prepara a guadagnare l’uscita del Campidoglio, ma annuncia fuoco e fiamme fino all’ultimo minuto e anche dopo.
Mette nel mirino, in particolare, il suo stesso partito e chi “non avrebbe dovuto sostenerlo e non l’ha fatto”. E, almeno a parole, non ha più freni.
Dice di non aver mai sentito, in queste ore, il segretario Matteo Renzi. Ma che, pur di cacciarlo, quelli che lo volevano fuori dal Campidoglio gli “avrebbero messo della cocaina in tasca”, dice in un’intervista alla Stampa.
E i retroscena vanno oltre. Raccontano di un sindaco che “l’ha presa malissimo” quando si è trovato contro anche mezza giunta e mezza maggioranza in consiglio comunale.
“«Cacciarmi? Se lo fate farò tutti i nomi — ha detto il sindaco uscente secondo un retroscena del Corriere della Sera — Chi del Pd mi ha proposto Mirko Coratti e Luca Odevaine (due arrestati di Mafia Capitale, ndr) come vicesindaco e come comandante dei vigili. Vi tiro giù tutti”.
Sullo sfondo, tra l’altro, la pubblicazione di un libro scritto insieme a Mattia Stella, il suo ex caposegreteria, che ha lasciato l’incarico durante l’estate dopo la relazione del prefetto Franco Gabrielli sull’inchiesta Mafia Capitale.
Marino ha ricordato di “avere tutto scritto nei miei quaderni” e di “avere anche degli sms di dirigenti nazionali del Pd”.
Uno scenario confermato anche da un altro retroscena, di Repubblica: “Se io affondo — avrebbe detto il sindaco — li porto tutti giù con me. Nessuno si illuda: farò nomi e cognomi di chi mi ha chiesto favori, raccomandato assessori poi indagati e gente di Mafia Capitale. Ho le prove, le porterò in tv”.
Ma è stato l’ultimo tentativo, subito prima di essere invitato a lasciare anche dai suoi assessori più vicini, come quello alla Legalità  Alfonso Sabella.
E però ora annuncia un tour in tv, dice che Odevaine gliel’ha raccomandato Walter Veltroni, che ha le schede con   tutti i favori che in due anni mi hanno chiesto consiglieri e esponenti politici.
“Ci avevano provato con la Panda rossa, i funerali di Casamonica, la polemica sul viaggio del Papa. Se non fossero arrivati questi scontrini, prima o poi avrebbero detto che avevo i calzini bucati o mi avrebbero messo della cocaina in tasca”.
Il sindaco dimissionario si sfoga così in un’intervista alla Stampa nel giorno del suo addio al Campidoglio.
Torna alle ricevute e precisa: “Io non so cosa ci hanno scritto sopra. Ho consegnato gli scontrini agli uffici, come si fa in questi casi. Non escludo che possa esserci stata qualche imprecisione da parte di chi compila i giustificativi”, e ribadisce di essere “disposto a pagare di persona le mie spese di rappresentanza di questi due anni: 19.704,36 euro. Li regalo al Campidoglio”.
Marino rivendica di aver “rotto le uova nel paniere del consociativismo politico“, ricorda che “Roma sarà  parte civile nel processo di Mafia Capitale. Noi abbiamo tagliato le unghie a chi voleva mettere le mani sugli affari” e ora si augura che “chi verrà  dopo di me non riporti Roma indietro”.
Afferma poi che in questa vicenda nel Pd “mi hanno espresso vicinanza in due. Il ministro Graziano Delrio e Giovanni Legnini, entrambi molto avviliti per quanto accaduto”.
E in Comune “10 consiglieri del Pd su 19″ piangevano. Su Renzi dice: “Non avendo avuto l’opportunità  di parlare col presidente del consiglio, non ho potuto conoscere qual è il suo giudizio”.
Nessuna minaccia — aggiunge — dietro la puntualizzazione di avere 20 giorni per ritirare le dimissioni: “Prendo atto che Pd e Sel, due partiti della maggioranza, hanno chiesto le mie dimissioni. E un chirurgo non può restare in sala operatoria senza il suo team”. Ora “la decisione non è più nelle mie mani. E io sono l’ultima persona al mondo che vuole occupare una poltrona”.
In realtà  Marino è caduto perchè anche l’ultimo pezzo del Pd lo ha lasciato.
La delusione e l’amarezza sono anche dell’assessore alla Legalità  del Comune Alfonso Sabella, uno di coloro che è rimasto al fianco di Marino.
“Stavamo facendo qualcosa di importante in questa città , stavamo riportando il rispetto delle regole e la legalità , e tutto rischia di andare in malora per una bottiglia di vino da 55 euro” dice il magistrato in un’intervista al Corriere della Sera.
“Di fronte all’assalto mediatico — spiega -, l’unica possibilità  sarebbe stata rispondere e dimostrare al millesimo la correttezza di ogni spesa. Stiamo parlando di circa 9mila euro di ricevute contestabili in teoria, su un totale di 19.704,36 euro; cifre esigue, anche perchè, con tutto il rispetto, di quanto hanno speso gli altri sindaci non sappiamo nulla. Ma non sarò io a nascondere la gravità  dei reati ipotizzabili. Purtroppo, per fatti da cui sono trascorsi anche due anni, questa dimostrazione al millesimo non era possibile”.
“Questo — aggiunge — imputo a Ignazio: la leggerezza sua o del suo staff nel creare una situazione simile. Io non credo che il sindaco abbia rubato o mentito intenzionalmente; credo che abbia fatto un po’ di confusione, anche perchè la scelta di mettere a disposizione gli scontrini è stata sua, e purtroppo ora la stiamo pagando a caro prezzo”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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