Ottobre 10th, 2015 Riccardo Fucile
SE MARINO HA FATTO BENE A DIMETTERSI, PERCHE’ NON HANNO FATTO ALTRETTANTO I DUE LEGHISTI RIXI E BRUZZONE E IL FRATELLO D’ITALIA ROSSO?
“Finalmente”, recita il tweet di Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria.
L’esultanza non deriva dall’aver cacciato dalla sua Giunta in Liguria i leghisti Rixi e Bruzzone e l’esponente di Fratelli d’Italia Matteo Rosso, per i quali è stato richiesto il rinvio a giudizio per peculato nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi pazzi in Regione, uno scandalo servito a base di aragoste al Cafè de Turin di Nizza, soggiorni in montagna, viaggi in città d’arte, puntate in motel, un centinaio di pranzi in ristoranti non giustificati da motivi istituzionali, un uso allegro della Viacard, alberghi nel fine settimana, ricchi doni natalizi.
Il tweet di Toti è riferito al sindaco di Roma, Marino, attualmente indagato e ancora non rinviato a giudizio per lo stesso reato del quale sono accusati gli amichetti del governatore ligure.
Quello che giustamente vale per Marino, come mai non vale per costoro?
Perchè Toti ha nominato rispettivamente assessore, presidente del consiglio regionale e presidente di commissione questi tre politici sapendo che sono accusati di peculato ed è stato chiesto il loro rinvio a giudizio?
Forse perchè non può permettersi, sotto ricatto politico come è, di cacciarli, altrimenti cadrebbe la giunta e lui dovrebbe tornare a casa?
Facile chiedere le dimissioni di altri, ma per farlo a casa propria ci vorrebbero le palle che qualcuno evidentemente non ha.
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Ottobre 10th, 2015 Riccardo Fucile
LE FIAMME GIALLE ACQUISISCONO I DOCUMENTI DEL CRAC DI TIZIANO RENZI
La Finanza indaga sul mutuo dei Renzi.
Gli agenti si sono presentati nei giorni scorsi negli uffici di Fidi Toscana, finanziaria della Regione.
Lo scopo: acquisire la documentazione relativa al finanziamento ottenuto da Chil, societaÌ€ all’epoca di proprietaÌ€ della famiglia Renzi.
Le Fiamme Gialle hanno agito su mandato della Corte dei Conti di Firenze.
Nel marzo 2009 la Chil ha tre soci: Laura Bovoli, Matilde e Benedetta Renzi. La madre e le sorelle del Primo Ministro.
Chil ottiene un finanziamento per l’imprenditoria femminile: 496.717 euro dal Credito Cooperativo di Pontassieve che puoÌ€ contare sulla copertura dell’80% da parte di Fidi Toscana. Il 22 luglio 2009 l’istituto di credito delibera il mutuo, ma appena una settimana dopo, il 29 luglio, le tre donne rivendono le quote a Tiziano Renzi (padre del premier) che ritorna a essere proprietario della societaÌ€.
Passaggi e tempi che avevano giaÌ€ attirato l’attenzione dei magistrati genovesi. L’inchiesta per bancarotta condotta dal pm Marco Airoldi vede indagato Tiziano Renzi
Sulla richiesta di archiviazione dovrebbe arrivare a ore la decisione del gip.
La Procura, però, ha ritenuto che questa operazione non avesse rilevanza penale. Ora la parola passa alla Corte dei Conti.
Il finanziamento, infatti, dopo il fallimento della società (quando non era più dei Renzi) è stato coperto da Fidi Toscana cui poi è subentrato lo Stato.
Insomma, un possibile danno per le casse pubbliche.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 10th, 2015 Riccardo Fucile
NON SOLO CALA NEI SONDAGGI, MA IN LOMBARDIA, PIEMONTE E VENETO PREVALE LA LINEA DI MARONI E DI ZAIA… E AL SUD E A ROMA E’ NEBBIA FITTA
Se il Carroccio mediaticamente si identifica con lui, sul territorio (tanto caro alla retorica leghista) Matteo Salvini non ha certo lo stesso dominio incontrastato.
A dimostrarlo, a breve, potrebbero essere i congressi che si terranno entro il 31 dicembre in tutte le Regioni del Nord e in cui, di fatto, il segretario rischia di non riuscire a “piazzare” nessuno dei candidati sponsorizzati.
Soprattutto in Piemonte e nel Veneto di Luca Zaia.
La prima in ordine di tempo ad andare a congresso sarà la Lombardia, la Regione governata da quel Roberto Maroni che proprio nelle ultime settimane ha alzato il tiro nei confronti del segretario spingendo perchè nella corsa a sindaco di Milano si ripeta la stessa coalizione di centrodestra del Pirellone, dunque comprensiva di Ncd. Impossibile per Salvini, che sul “mai con Alfano” ha fondato buona parte della sua martellante campagna.
I due hanno avuto già un primo confronto in queste ore e torneranno a “chiarisi” lunedì, in un incontro che si terrà qualche minuto prima che a via Bellerio si riunisca il Consiglio Federale.
Una rottura in questo momento non è interesse di nessuno dei due: per tirare le fila del candidato per palazzo Marino c’è ancora un po’ di tempo, e ancora di più ce n’è per le eventuali politiche e la sfida per la premiership.
Che poi è la vera partita in cui a giocare con i colori della padania potrebbero essere in tre: Salvini, Maroni e Zaia.
Il congresso della Lega lombarda, in realtà , è quello che appare meno problematico. Per domani sono in programma le primarie che porteranno all’indicazione dei delegati che il 21 novembre voteranno il segretario.
Non ci saranno sorprese perchè qui il candidato è unico: Paolo Grimoldi.
Forte sul territorio, non è “incasellabile”: scelto da Matteo Salvini come commissario della Lega lombarda dopo la sua nomina a segretario federale, è però anche legato alla vecchia gestione essendo stato a capo del movimento dei Giovani padani all’epoca di Umberto Bossi.
Più complessa la situazione in Piemonte.
Qui il segretario “nazionale” Roberto Cota avrebbe, dopo molti tentennamenti, rinunciato a ripresentarsi. In pole position ci sarebbe Gianna Gancia, moglie di Roberto Calderoli che potrebbe essere però insidiata dall’europarlamentare Gianluca Buonanno.
Poche chance, invece, per il candidato salviniano Riccardo Molinari. Qualche giorno fa il segretario avrebbe anche incontrato Gianna Gancia per convincerla a un passo indietro, pare inutilmente.
Anche per la segreteria della Liga Veneta, però, è altamente improbabile che Salvini riesca a condurre alla vittoria il suo candidato, l’eurodeputato Lorenzo Fontana.
In questo caso l’uscente è Flavio Tosi, che dopo la fragorosa rottura con il segretario ha fondato un proprio movimento (Fare!).
Lo stesso Fontana, d’altra parte, è un ex tosiano rimasto poi fedele a Salvini che quindi fa riferimento principalmente al bacino “elettorale” di Verona.
Più forte appare invece la candidatura di Toni Da Re che ha il sostegno di Luca Zaia. Resta da capire che partita intende giocare Massimo Bitonci, sindaco di Padova ed ex senatore, mediaticamente poco noto fuori dal Veneto ma fortissimo sul territorio.
Fu lui nel 2012 a sfidare Tosi per la segreteria, perdendo con un onorevole 48%.
Ma c’è un’altra partita che il segretario leghista ha intenzione di giocarsi ed è quella dell’allargamento a Sud già cominciato con l’operazione “Noi con Salvini”.
Una scelta che, però, rischia di indebolirlo proprio al Nord dove non piace quello che viene considerato un “tradimento delle origini”.
Grandi polemiche tra i militanti ha, per esempio, suscitato la foto in cui il numero uno del Carroccio, dopo aver partecipato nella capitale a un convegno con Raffaele Fitto e Andrea Ronchi, si faceva ritrarre con una maglia con la scritta “Spqr”.
Eppure sarebbe sua intenzione fare la voce grossa nel centrodestra anche per il sindaco di Roma.
L’idea è quella di selezionare una rosa di nomi ma appena ieri Salvini ammetteva che non sarebbe da escludere anche una candidatura leghista.
Di dirigenti “pronti” sul territorio in realtà non ce ne sono molti.
Una è la deputata Barbara Saltamartini (che però non ne avrebbe alcuna intenzione), l’altra è Souad Sbai, responsabile immigrazione, nome già avanzato da Salvini, la quale peraltro non disdegnerebbe.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 10th, 2015 Riccardo Fucile
E CONTINUA LA CARICA DEI 30.000 CHE SOTTOSCRIVONO LA PETIZIONE ON LINE A FAVORE DEL SINDACO DI ROMA
“Marino, torna”. Nel caos Campidoglio gli italiani, soprattutto su Twitter, si erano divisi nettamente tra quel “#marinodimettiti” e “#marino resisti” che ci siamo abituati a vedere negli ultimi mesi.
Adesso però, dopo le dimissioni del sindaco (che ha ancora 20 giorni a disposizione), è nata su Change.org una petizione per chiedergli di non farlo e ha già raccolto più di 27mila firme sulle 35mila richieste.
Un numero elevato che testimonia, comunque, come parte dei romani (e non) faccia fatica ad accettare la rinuncia del primo cittadini dopo lo scandalo scontrini.
Per ora le dimissioni sono comunque confermate, Marino lo ha ribadito anche oggi nel corso dell’incontro con i presidenti di municipio: lunedì verranno formalizzate e “diverranno dunque effettive e irrevocabili nell’arco dei venti giorni successivi”.
La lettera su Change è scritta da un “non elettore del Pd” che però fa parte “degli oltre 50.000 voti che ha ottenuto alle primarie e dei 665.000 ottenuti alle elezioni amministrative”.
L’appello è a un ripensamento perchè Marino “non può smettere proprio ora che ha iniziato a rivoluzionare Roma. Lo faccia per tutti i romani che più che della politica nazionale si interessano dell’amministrazione locale e hanno capito il valore di tutto quello che è riuscito a fare in 27 mesi in cui è stato al governo di Roma”.
“Se è vero che tutti i suoi “colleghi” politici hanno deciso di toglierle il sostegno – continua la lettera – si lasci sfiduciare in consiglio comunale dal suo stesso partito, con una mozione scritta nero su bianco, in modo che noi romani potremo leggere le reali motivazioni per cui all’improvviso nedia e partiti (destra, sinistra e 5stelle) la ritengono inadeguato a governare la nostra città e d’ora in avanti decideremo con cognizione di causa chi seguire e Se votare in futuro”.
ORFINI TRAVOLTO DALLE CRITICHE
E in queste ore gli scontenti delle dimissioni se la prendono anche con il presidente Pd Orfini, che ha duramente criticato Marino, “Mi dicevano di lasciar perdere, ho fatto di tutto per aiutare Marino. Ma da lui errori infiniti” ha detto il commissario dem.
A queste parole ha ricevuto oltre 320 commenti in quattro ore, con una valanga di critiche e improperi.
Reazioni (raccolte dall’Ansa) che fanno presagire qualche grattacapo per il Pd romano dopo il pressing per le dimissioni. “Orfini, fattelo dire da un vostro ex-elettore rimasto fedele per oltre vent’anni – scrive un utente – il PD sarà sempre peggio di quello che è adesso. E aver tradito Marino solo per correre dietro al Vaticano e alle infami campagne di stampa non ti fa certo onore”.
“Io l’ho votato e voi me lo avete tolto. A che serve votare Matteo? Spero vi rendiate conto di quanti romani avete fatto inc…sono tanti – dice un altro -. E dovrete farci i conti alle elezioni”.
“Il PD romano a testa alta non può proprio stare – un altro commento -. E soprattutto merita di perdere le prossime elezioni”.
E ancora c’è chi grida al tradimento: “La verità è che avete fatto finta di aiutarlo, ma lo avete pugnalato alle spalle montando la scusa che è incompetente e che ha fatto errori. Questi i risultati di 2 anni di amministrazione Marino”.
Qualcuno si spinge fino al prossimo risultato elettorale dicendo “Tutti insieme ce la faremo ad avere un sindaco a cinque stelle. Orfini go home”.
Molti anche gli elettori Pd che si sentono traditi.
“Il mio voto mai più”, dice uno e ancora “Io sono … Scusate da oggi ero un elettore convinto del PD non capisco e non voglio più capire cosa combinate”; “Caro Orfini ma i commenti della gente sulla tua pagina li leggi? Io al posto tuo mi andrei a nascondere”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 10th, 2015 Riccardo Fucile
LA VOCE DI UN DOCUMENTO IN MANO A MARINO E CHE PROVEREBBE L’INTERESSAMENTO DEL PREMIER A FAVORE DI MIRKO CORATTI, COINVOLTO IN MAFIA CAPITALE
Il messaggio che Marino ha affidato a Fb giovedì sera non è una lettera d’addio ma una dichiarazione di guerra. Anzi peggio: il manifesto di una campagna elettorale.
Che Marino stia pensando a una lista civica da mettere in campo a Roma, con se stesso come candidato, è certo.
Il messaggio sarebbe chiaro, e i destinatari dello stesso anche di più.
Di fronte a tutto l’elettorato di sinistra antirenziano, scontento dell’indirizzo impresso dal rampante al partito di cui sta rimodellando l’immagine a propria somiglianza, Marino si presenterebbe come il campione di una sinistra che non vuole diventare destra per raccattare i voti in uscita dal berlusconismo in disfacimento, e soprattutto come un politico scomodo per i poteri collusi con il malaffare, e solo per questo fatto fuori da quei medesimi poteri.
Quasi certamente non gli basterebbe per vincere le elezioni, ma sarebbe sufficiente per decretare la sconfitta del candidato di Renzi, e quindi di Renzi stesso.
Marino il kamikaze potrebbe andare anche oltre.
Da mesi nei palazzi circola una voce secondo cui avrebbe conservato documenti tali da provare un interessamento del premier a favore di Mirko Coratti, che a differenza di Marino stesso nella melma di Mafia Capitale è invischiato fino al collo.
Forse è solo una leggenda di palazzo, ma forse no. E i beninformati aggiungono che, dopo la defenestrazione, ieri, Marino avrebbe portato quei documenti al sicuro, addirittura in un’ambasciata straniera protetta dalla extraterritorialità .
Fondate o meno che siano le voci in questione, per la verità torrentizie, resta certo che per il Pd Marino è una mina vagante.
«Se non gli troviamo un posto, può darci parecchio fastidio», ammetteva ieri a denti stretti un alto ufficiale renziano.
Probabilmente però «un posto» non basterebbe: troppo profonde la rabbia e il rancore dell’ex sindaco, e troppo alta l’opinione che ha di se stesso, per accontentarsi.
Marino non correrà contro il suo stesso partito solo se la tempesta giudiziaria che si addensa su di lui lo renderà impossibile.
Potrebbe essere indagato con accuse pesanti: peculato e falso ideologico. Certo, al momento delle elezioni l’eventuale processo sarebbe lontano, ma in Italia, spesso, la sola iscrizione nel libro nero basta ad azzoppare qualsiasi cavallo.
Spesso, non sempre, come il caso De Luca dimostra, e cosa determini le reazioni opposte nell’elettorato è a tutt’oggi inspiegato.
In parte la decisione di Marino potrebbe essere influenzata anche da quella di Beppe Grillo.
A Roma, oggi, l’M5S è il grande favorito, ma non è detto che il comico miri davvero alla vittoria. Certo, conquistare Roma sarebbe un viatico perfetto per reclamare la guida del Paese nelle elezioni del 2018.
In mezzo però ci sarebbero due anni di prova durissima per l’eventuale sindaco pentastellato. Un fallimento sarebbe esiziale non solo nella Capitale ma nell’intero Paese.
Se Grillo combatterà per vincere o solo per piazzarsi alla grande lo si capirà dalla scelta del candidato: se punterà su una delle star del suo movimento, come Di Maio o Di Battista, vorrà dire che vuole davvero il Campidoglio, se si affiderà alle primarie della rete, il segnale sarà opposto. In quel caso l’attrazione esercitata da Marino sul popolo anti renziano lieviterebbe.
Andrea Colombo
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Ottobre 10th, 2015 Riccardo Fucile
SCONTRINI ACCUMULATI E POI GIUSTIFICATI IN BASE ALL’AGENDA, COSI’ E’ NATO IL PASTICCIO
Ha ragione (almeno in parte) il sindaco Ignazio Marino quando, nell’intervista al quotidiano La Stampa, sostiene a proposito delle sue note spese: «Io non so cosa ci hanno scritto sopra. Ho consegnato gli scontrini agli uffici, come si fa in questi casi. Non escludo che possa esserci stata qualche imprecisione da parte di chi compila i giustificativi».
Ha ragione (almeno in parte) perchè è vero che a occuparsi dei rimborsi non è il sindaco direttamente, ma la sua segreteria particolare, strutturata in seno al Gabinetto capitolino. E che in genere la verifica sulle date delle cene di lavoro si fa in automatico, incrociando gli scontrini con l’agenda istituzionale del primo cittadino.
Tuttavia un problema per Marino c’è. E cioè che, se sorgono dubbi in sede di controllo di congruità , è proprio a lui che si va a chiedere conferma.
Visto che sempre a lui tocca poi dichiarare – «sotto la mia responsabilità », recita il giustificativo – con chi è stato e perchè.
È uno dei componenti la segreteria particolare del sindaco Marino a raccontare a Repubblica, dietro garanzia di stretto anonimato, come sono andate veramente le cose.
E come sia stato possibile che il chirurgo dem abbia scritto il falso: ovvero di essere stato al ristorante, a spese del Campidoglio, con ospiti che in questi giorni hanno smentito.
Il pasticcio a quanto pare provocato da una modifica delle procedure.
Fino a che sindaco era Gianni Alemanno, infatti, una delle sue segretarie raccoglieva le ricevute, per poi “accoppiarle” ogni fine mese con le cifre dell’estratto conto inviato dalla banca (cui è appoggiata la carta di credito comunale) e con gli appuntamenti in agenda.
Il capo di Gabinetto vistava la documentazione. Infine la inviava al Cerimoniale.
Con il cambio di giunta, però, il nuovo capo dell’ufficio, Luigi Fucito, introduce i giustificativi: d’ora in avanti non sarà più il dirigente a “garantire” per il sindaco, ma lo stesso sindaco ad avvalorare le sue note spese.
Il chirurgo dem si insedia a metà giugno di due anni fa. Ma per diversi mesi nessuno si occupa dei suoi scontrini.
Col risultato che ricevute ed estratti conto si accumulano sulle scrivanie. Finchè qualcuno non si accorge della dimenticanza, anche se non è chiaro quando.
A quel punto scatta la corsa per mettere tutto a posto. Ma è passato del tempo. Tanto.
La fonte non ricorda quanto di preciso, ma comunque mesi.
Non a caso le cene contestate portano la data del 2013. Gli uffici si affannano nell’incrocio tra fatture e agenda che costerà caro a Marino.
Quando per esempio leggono che nel pomeriggio del 6 settembre ha ricevuto in Campidoglio l’ambasciatore del Vietnam, presumono che quella sera lo abbia invitato al ristorante.
Ma certo non basta a spiegare, uno fra tanti, il convivo festivo del 26 dicembre.
«Se però c’erano dubbi », conclude la fonte, «chiedevamo direttamente al sindaco. Non sempre però ricordava con chi fosse stato e perchè».
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 10th, 2015 Riccardo Fucile
TRA FIRME E FLASH MOB SI MOBILITA L’ESERCITO DI IGNAZIO: IN 24 ORE 30.000 ADESIONI
E poi ci sono i «Forza Sindaco ». Gli irriducibili, quelli che non si arrendono neanche davanti alle dimissioni, alleati sconosciuti su cui forse neanche Marino sospettava di poter contare, e che ora vanno in piazza, raccolgono adesioni, organizzano flash- mob e pensano persino a una lista civica. Per ricandidare Ignazio, si capisce
Si stanno muovendo rapidamente.
In 24 ore, quasi trentamila hanno firmato le petizioni sul web perchè resti al suo posto. Il gruppo Facebook “Io sto col sindaco” ha già superato gli ottomila iscritti.
E altri novemila hanno messo “mi piace” al videomessaggio postato da Marino sulla sua pagina (visitata solo ieri da quasi mezzo milione di navigatori)
La novità , la vera novità , è che a difendere il sindaco dimissionario non sono solo gli intellettuali come Alberto Asor Rosa («Gli fanno pagare con le sue colpe anche quella di non essere allineato con nessuno»), nè solo gli artisti come Nicola Piovani («Trovo sospetto il linciaggio mediatico che lo ha circondato e affondato»), nè solo i personaggi eternamente a cavallo tra politica e spettacolo come Vladimir Luxuria («Per molti forse Marino è troppo onesto. Sento puzza di bruciato e non ho cucinato io. Lo hanno cucinato a fuoco lento»).
No, adesso parla la gente comune.
L’avanguardia era quella pattuglia che si è presentata a sorpresa sotto l’ufficio di Marino, e incurante delle bandiere, dei cori e dei megafoni degli oppositori che reclamavano le dimissioni immediate, ha alzato in silenzio verso il cielo i suoi fogli A4 usciti dalla stampantina di casa: «Marino resisti».
E quando gli altri li hanno circondati, domandandogli cosa fossero venuti a fare, hanno tenuto il punto.
Alla grillina Letizia, che col berrettino del movimento messo di traverso era venuta a sfidarli («Ma che siete venuti a fare, ormai neanche i preti lo vogliono più, il vostro sindaco!») ha risposto al volo Giovanni, dirigente di una squadra di pallavolo: «Ma perchè, le risulta che i preti sono per l’onestà ?».
La grillina (spiazzata): «No». Lui (trionfante): «E allora, lo vede? Siete i soliti grillini, dovete scendere da cavallo».
Poi, davanti alle transenne dove i militanti di Forza Nuova urlavano «Buffoni!» agli assessori, una arzilla signora ha cominciato a scandire «Resistere, resistere!». Militante di destra: «Sì, Marino resisti così distruggi il Pd». Lei: «Te piacerebbe». Lui: «Non ne possiamo più di gente che ruba». Lei: «Lo dite voi che ve siete magnati Roma! ».
E’ finita a parolacce, ma la signora non ha mollato.
Erano una ventina, attorno a lei. I più attivi, quelli con i cartelli in mano, erano un funzionario statale, Rino, una casalinga, Patrizia, Arianna che lavora in un tour operator e Lorenzo, col fazzoletto da pirata annodato sulla testa, «accompagnatore turistico ufficiale».
E guai a parlargli del pasticcio delle note spese: «Ma de che stamo a parlà ? Della vendetta di un ristoratore al quale il sindaco aveva fatto togliere i tavoli dalla piazza? Ma via, piantatela…».
Non si erano mai visti prima, si erano dati appuntamento su Facebook perchè sono tra gli ottomila membri del gruppo “Io sto col sindaco Ignazio Marino” (tra i quali figurano anche Achille Occhetto e Giovanni Bachelet, iscritti da giugno).
E’ lì che ora si sta preparando un flash- mob domenica mattina sotto la statua di Marc’Aurelio («Tutti con la maglietta bianca »).
E’ lì – tra i messaggi che postano foto di tessere del Pd strappate e certificati elettorali nel rotolo della carta igienica che si stavano raccogliendo quasi mille adesioni all’idea di una lista civica per ricandidare Marino, prima che a metà pomeriggio il post improvvisamente sparisse
Poi ci sono le petizioni online. Nel giro di 24 ore, quella lanciata su Change. org da Daniele Dezi – un trentenne esperto di media planning — ha superato il traguardo delle 15 mila firme sotto il titolo fin troppo creanzato: «Ignazio Marino ritiri le sue dimissioni per favore!». Motivazione: «Non può smettere proprio adesso che ha iniziato a rivoluzionare Roma ».
Seguono, in 40 punti, tutti i risultati ottenuti dal sindaco, dalla differenziata al 43 per cento alle ruspe mandate a Ostia, dal registro delle unioni civili alla cacciata dei camion-bar dal Colosseo.
«E si potrebbe andare ancora avanti — conclude l’appello – se solo riuscissimo a convincerlo a restare a governare la nostra città »
Non sono poche, 15 mila firme ( le tre petizioni per le dimissioni ne avevano raccolte in tutto poco più di una dozzina).
Quasi altrettante (alle 21 erano 14.021) ne ha ottenute finora un altro appello a Matteo Renzi, dal titolo biblico: «Nessuno tocchi Marino ».
Era stato lanciato quattro mesi fa con le firme eccellenti di Gian Giacomo Migone, Ennio Di Nolfo e Gustavo Zagrebelsky, «contro l’attacco a Ignazio Marino che serve a perpetuare lo scempio morale e politico di Roma»
Le dimissioni, naturalmente, hanno cambiato il bersaglio della petizione: «Che però prescinde da Marino — precisa Migone — perchè l’oggetto era l’attacco contro di lui. Al sindaco oggi direi quello che dissi a Occhetto quando lo fecero fuori dal partito: “Tu hai difetti gravi e qualcuno anche gravissimo, ma è per le tue qualità che ti hanno fatto fuori”. Oggi, a titolo personale, auspico che il sindaco rimanga al suo posto. Purchè d’ora in poi stia, diciamo così, un pochino più attento…».
Sebastiano Messina
(da “la Repubblica”)
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Ottobre 10th, 2015 Riccardo Fucile
PARLA LA FEDELISSIMA DEL SINDACO, ASSESSORE AL PATRIMONIO
Assessore Cattoi, lei è stata la più vicina al sindaco nel giorno più lungo. Raccontano che gli ha più volte consigliato di resistere.
“Non è vero. Io gli ho suggerito di valutare dentro di sè non solo a livello politico ma anche a livello personale e per la sua famiglia se subire questi continui attacchi servisse alla città . E poi gli ho suggerito che evidentemente le condizioni politiche non ci sono e che però forse potevano essere spiegate e non ridotte ad una serie di scontrini”.
È vero che le giustifiche delle sue cene le scriveva lo staff?
“Lui consegnava tutti gli scontrini alla segreteria e la segreteria si è sempre occupata di tutti gli atti successivi ricostruendo le cene in base all’agenda”.
Ma perchè pagava con la carta di credito del Campidoglio cene private con la moglie?
“Pagava spese di rappresentanza. Se non erano spese che doveva fare lo accerteranno i giudici”.
Ma già ci sono state le smentite ufficiali di Sant’Egidio, dell’ambasciata vietnamita e perfino del sacerdote di Torino. Oltre a quella del proprietario della “Taverna degli amici”.
“Credo che si accerteranno errori fatti dagli uffici, ma sono convinta che, scontrini o non scontrini, le condizioni politiche non c’erano più lo stesso”.
Per quale ragione?
“Perchè il Pd e in particolare il segretario, non ha più voluto sostenere fino in fondo la giunta Marino. Mi dispiace perchè forse non c’è stata la possibità di spiegare tutto il profondo cambiamento: basta proroghe, basta affidamenti diretti, basta assuzioni clientelari”.
A proposito di assunzioni è vera la storia dei quaderni colorati e delle mail di raccomandazione ricevute da esponenti del Pd che il sindaco minaccia di rendere pubbliche?
“I quaderni li abbiamo visti perchè minacciava con quelli anche gli assessori che non producevano abbastanza. Le mail io non le ho viste, mi pare che le abbia smentite”.
Le ha mai parlato dei contenuti dei quaderni?
“No, lui mi ha detto che Odevaine era stato segnalato da più parti come ottimo capo dei vigili”
Ha fatto anche dei nomi?
“A me no. Ma lo ha detto tante volte, come ha ripetuto spesso che gli dicevano che Coratti, poi arrestato, sarebbe stato un ottimo vicesindaco”.
Perchè il sindaco non dice chi faceva pressioni?
“Deciderà lui se, come e quando”.
Qual è il colore del quaderno delle raccomandazioni?
“Non lo so, penso nero”.
Marino si è sentito tradito?
“No, è amareggiato di non essere riuscito a portare avanti un progetto di cambiamento a cui lui ha dedicato gli ultimi tre anni della sua vita. Quando gli hanno assegnato la scorta pensavo che avrebbe mollato. E invece è andato avanti. Anzi, la notte che gli hanno comunicato delle minacce, ha preso la bici ed è uscito in giro per Roma da solo senza dire niente a nessuno”.
Paolo Boccacci
(da “la Repubblica”)
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Ottobre 10th, 2015 Riccardo Fucile
IL SOLITO FAVORE DI RENZI AI BENESTANTI: SONO 45.000 I RICCHI PROPRIETARI CHE SARANNO AVVANTAGGIATI
L’operazione di abolizione della Tasi, la tassa sui servizi indivisibili, prevista e confermata per la imminente legge di Stabilità riguarderà anche 40-45 mila abitazioni di prestigio, dalle ville alle abitazioni signorili, dai catselli ealle dimore storiche.
La conferma viene dall’audizione, tenuta ieri dal sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti in Parlamento, presso la Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale. L’intervento, ha detto Zanetti, «allo stato attuale, dovrebbe riguardare sia la Tasi che l’Imu e, quindi, la generalità degli immobili aventi i requisiti per essere considerati “abitazione principale”, senza eccezioni di sorta in ragione del loro classamento catastale o di altri parametri ».
La parola chiave è “classamento”: infatti “senza eccezioni per il classamento catastale” significa che le abitazioni catalogate come A1 (appartamenti signorili), A8 (ville di pregio) e A9 (castelli e dimore storiche), utilizzate come prima casa, e fino ad oggi tenute al pagamento dell’Imu (oltre che della Tasi dove i Comuni lo avessero deciso), non pagheranno più nulla
Si tratta di una porzione importante, almeno sul piano qualitativo, del patrimonio abitativo, riservate agli “happy few”: circa 40-45 mila abitazioni, pari allo 0,3 per cento delle circa 20 milioni di case degli italiani, ma che — come è di tutta evidenza — riguardano situazioni patrimoniali assai agiate e, forse, in grado di pagare regolarmente e senza affanno
La vicenda delle abitazioni di prestigio attraversa sottotraccia tutta la tormentata storia della tassa sulla casa e vale la pena riavvolgere il nastro.
Dopo la stangata del governo Monti che nel 2012 introdusse l’-Imu e alzò i moltiplicatori delle rendite, arrivò il governo Letta che decise di alleggerire il peso della tassa.
Ci fu una sostanziale cancellazione nel corso del 2013 quando si pagò soltanto la mini-Imu il cui gettito fu circoscritto a 478 milioni, successivamente, alla fine del 2013, si decise di cambiare sistema.
Fu accantonata l’Imu sulla prima casa e fu introdotta la Tasi, dovuta per la fruizione dei servizi indivisibili (strade, scuole, anagrafe, polizia urbana).
Di fatto fu un ritorno della tassa sulla prima casa con una aliquota massima del 2,5 per mille contro la vecchia Imu che arrivava fino al 6 per mille.
Si decise tuttavia che gli immobili di grande prestigio, appunto ville, palazzi e castelli, avrebbero dovuto continuare a pagare l’Imu e dove i Comuni lo avessero deciso anche la Tasi. Uno sconto per queste categorie non fu ritenuto necessario
Ora, se le anticipazioni fornite dal governo in Parlamento corrisponderanno al disegno di legge di Stabilità , si arriverà ad una svolta: se la casa di lusso è abitazione principale non pagherà nulla.
Un taglio così drastico non era stato previsto neppure dal governo Berlusconi che nel 2008 abolì l’Ici sulla prima casa lasciandola tuttavia nelle tre categorie di prestigio A1,A8 e A9.
Di che cifre parliamo? Se si guarda al gettito, non molto, anche se in tempi di ristrettezza economica sono innumerevoli le voci del bilancio dello Stato che potrebbero beneficiare di queste risorse: le categorie lusso danno all’erario 91 milioni all’anno.
Sul piano dell’equità vengono fuori invece alcune questioni che non mancheranno di sollevare polemiche: secondo i calcoli della Uil servizio politiche territoriali il proprietario di un appartamento, di categoria A8, collocato ad esempio a Roma, sull’Appia Antica o all’Eur, di 297 metri quadrati potrebbe risparmiare fino a 5.238 euro l’anno.
Stesso discorso per le ville che, in ordine generale, per rispondere alle caratteristiche di lusso devono superare i 160 metri quadrati, avere 65 metri quadrati di balconi, e un giardino che possa avere lo spazio per piscina o campo da tennis.
Roberto Petrini
(da “La Repubblica”)
argomento: casa | Commenta »