Ottobre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
TENSIONE DAVANTI ALL’HOTEL DOVE SI SVOLGEVA LA RIUNIONE CON LANCIO DI BANCONOTE (FINTE): QUELLE VERE NESSUNO RIESCE A PRENDERLE (PER ORA)
Nel pomeriggio un centinaio di militanti di Forza Nuova e del Movimento Sociale Europeo hanno assaltato l’hotel dove era in corso la riunione dei membri della Fondazione.
I quali, secondo i militanti, sarebbero colpevoli di essere interessati soltanto al patrimonio economico ereditato dal Movimento Sociale Italiano
“Ci sono moltissime sedi romane dell’Msi chiuse o in procinto di chiudere, mentre loro si spartiscono i fondi ricavati dalle donazioni”, spiega infatti, Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, presente alla manifestazione, “così abbiamo deciso di lanciare una campagna per occupare tutte le sedi che sono attualmente vuote, al fine di dare nuovo valore all’eredità lasciataci dal Movimento Sociale”.
Cosa c’entri Forza Nuova con il patrimonio della Fondazione An peraltro non è chiaro.
Tra le sedi a rischio sfratto c’è anche quella storica di via Ottaviano 9, in zona Prati, sede del Movimento Sociale Europeo, che sta per essere trasformata in un bed and breakfast proprio per mancanza di fondi.
Ed è anche per questo che il gruppo di militanti si è scagliato contro i membri della Fondazione. “Siamo stufi di questi politici che pensano solo ai soldi e non al patrimonio umano e ideale dell’Msi” ha concluso Alfredo Iorio, a capo della sezione di Via Ottaviano.
Al grido di “andate a lavorare” i militanti hanno quindi lanciato contro i partecipanti all’assemblea false banconote da 100 euro, sventolando delle bandiere di Alleanza Nazionale “bucate”, dalle quali è stato ritagliato, appunto, proprio il logo del partito. Tra i manifestanti e alcuni membri della fondazione, infine, è volato anche qualche spintone.
Domani forse si replica: Almirante, Rauti, Romualdi e Niccolai si rivolteranno nella tomba.
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Ottobre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
IL PARLAMENTO NON RIESCE AD ELEGGERE I TRE GIUDICI MANCANTI, RISCHIO PARALISI
Coperto dal rumore della contesa sulla Costituzione che ci sarà , si perpetua silenziosamente uno sfregio alla Costituzione che c’è.
Giovedì deputati e senatori non hanno eletto i tre giudici mancanti della Corte costituzionale.
È la ventiseiesima volta che falliscono. Il primo scrutinio risale al 12 giugno 2014; il venticinquesimo allo scorso 16 luglio. Il ventisettesimo «avrà luogo in data da destinarsi».
Ieri è intervenuto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella augurandosi che «il Parlamento provveda, con la massima urgenza, a questo doveroso e fondamentale adempimento». A ruota il duo Grasso-Boldrini.
Mai il massimo organo costituzionale era stato così profondamente e a lungo menomato. Da mesi funziona con dodici giudici. Le sedute sono valide se ne partecipano almeno undici.
Facendo gli scongiuri per la salute inevitabilmente cagionevole (6 su 12 sono nati tra il 1933 e il 1941), il rischio di paralisi è concreto.
UN RUOLO DIVERSO
È pacifico l’accresciuto peso della Corte nella Seconda Repubblica. Come regolatore degli innumerevoli conflitti Stato-Regioni prodotti dalla sciagurata riforma «federalista» del centrosinistra; per razionalizzare una vasta e pasticciata legislazione «emergenziale» promossa dai governi tecnici e politici (pensioni, retribuzioni pubbliche); per colmare lacune o risolvere aporie nel campo dei diritti civili (fecondazione artificiale, nuove famiglie); per arginare le berlusconiane leggi ad personam; per salvaguardare corretti rapporti tra poteri (abuso di decreti legge). Sentenze che hanno procurato tensioni politiche, talvolta ruvidi attacchi. Ai tempi di Berlusconi sul lodo Alfano, ai tempi di Renzi sulla rivalutazione delle pensioni.
Solo una Corte indipendente e forte può continuare a svolgere un ruolo di garanzia. Ma può una Corte menomata e dimenticata dalla politica ritenersi autorevole e non delegittimata nella sua funzione?
ACCORDI E APPLAUSI
Il Parlamento elegge cinque dei quindici giudici costituzionali. Nelle prime tre votazioni servono i due terzi dei parlamentari (634), poi i tre quinti (571). E’ un modo per evitare che la maggioranza scelga i giudici che decideranno sulla legittimità delle sue leggi.
Prevista dalla Costituzione del ’48, la Corte entrò in funzione otto anni dopo. La Dc faceva melina perchè ne diffidava come limite alla sovranità popolare (e al suo potere), ma non faticò a scegliere i suoi candidati. Il primo stallo si verificò sul grande giurista Vezio Crisafulli.
La Dc non era disposta a votarlo perchè dichiaratamente del Pci; tra i comunisti pesavano i trascorsi fascisti. Al nono scrutinio Togliatti decise di cambiare cavallo.
Dal 1955 il Parlamento ha eletto 33 giudici, di cui solo 11 al primo scrutinio, in condizioni di stabilità politica (primo centrosinistra, compromesso storico). Altrimenti serve tempo per tessere ampi accordi.
La Seconda Repubblica comincia male: dodici scrutinii per Onida e Mezzanotte, diciannove per Marini. «Sembrava il culmine dell’indecisionismo parlamentare», scrive Paolo Bonini, giovane studioso della Sapienza, sulla rivista Giustamm.it. Invece è questa legislatura a registrare «una discontinuità inaudita». Silvana Sciarra è stata eletta nel novembre 2014 dopo 21 votazioni. Record che sarà battuto dal prossimo giudice.
PARTITI DIVISI
La questione è ingarbugliata. Servirebbe un accordo Pd-M5S-Forza Italia (un candidato a testa con voto incrociato), ma non è facile.
I Cinquestelle voteranno i candidati altrui?
Renziani e berlusconiani garantiscono la compattezza dei gruppi parlamentari? Giovedì il Movimento 5 Stelle ha votato i candidati di bandiera Besostri, Modugno e Niccolai.
Ma nessuno ha ottenuto più di 92 voti.
Pd e Forza Italia scheda bianca, per non bruciare altri nomi come nei 16 mesi e 25 scrutinii precedenti. Violante (Pd) mancò il quorum di 40 voti, per vecchi rancori nel Pd e tiepido sostegno dei renziani.
Forza Italia, i cui gruppi parlamentari sono ridotti a colabrodo, ha impallinato Bruno, Catricalà , Caramazza, Bariatti.
Ultimamente Brunetta ha avanzato il nome di Guzzetta, ma una buona parte dei suoi deputati gli ha fatto capire che non è aria.
Inoltre sono alle viste altre defezioni.
Dopo l’appello di Mattarella, la palla passa a Renzi. Ma chi sarà il suo interlocutore? Berlusconi?
Giuseppe Salvaggiulo
(da “La Stampa”)
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Ottobre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
NEL MIRINO LA RETE CHE COLLEGA VOX NEWS. INFO, TUTTI I CRIMINI DEGLI IMMIGRATI, IDENTITA’.COM E RESISTENZA NAZIONALE
La formula è semplice e collaudata: basta un titolo accattivante e dai toni aggressivi, un articolo, all’apparenza attendibile, sul tema dei migranti o dell’omosessualità e i clic in rete sono assicurati.
E con loro anche il giro di affari.
Peccato che, spesso, dietro queste “news” ci sia poco o niente di vero se non una bufala, capace di diffondersi sul web a macchia d’olio, creando allarmismo e fomentando omofobia, odio razziale e religioso.
Per questo, due realtà che ogni giorno si occupano di smascherare falsi online, il sito Bufale.net e Butac.it, hanno deciso di non limitarsi più alle smentite e di rivolgersi direttamente alla Polizia postale.
Nel mirino c’è una rete di siti, specializzati nel diffondere notizie volutamente gonfiate, alterate, inventate o diffamatorie.
“Siamo passati all’azione perchè la smentita non basta più — ha spiegato David Alejandro Puente Anzil, ideatore di Bufale.net, nel corso di una conferenza stampa a Bologna.
“Abbiamo depositato una denuncia alla Polizia di Bologna, contro una delle più grosse reti di bufale in Italia. È la prima volta che viene fatta denuncia contro un sistema così grosso e organizzato”.
Si tratta di quattro siti: il più noto è Vox news.info, seguito da Tutti i crimini degli immigrati.com, Identità .com, e Resistenza nazionale.com.
Tutti e quattro fanno capo allo stesso responsabile, che si chiama Giovanni Tognoli. Anche se su internet si maschera dietro un generico ‘redazione’ o pseudonimi di varia natura, come “giannitogni”.
Ogni giorno i gestori di Bufale.net e Butac.it ricevono parecchie segnalazioni, in merito alle pseudonotizie pubblicate su queste pagine.
“Vengono esagerate, manipolate e stravolte notizie vere, così da cambiarne completamente il significato, incrementando odio razziale, incitando alla violenza, o denigrando alcuni soggetti. Sono stati diffamati, ad esempio, enti di volontariato come la Croce Rossa o Medici senza frontiere, i gestori di centri d’accoglienza, prefetti, giudici, Papa Francesco o albergatori che hanno dato la loro disponibilità a ospitare profughi”.
E basta dare un’occhiata alla home di Voxnews per farsi un’idea. Non è difficile imbattersi in articoli che raccontano di “migliaia di euro regalati ai migranti per rifarsi i denti nuovi”, o che riferiscono di un fantomatico Tweet, dove l’ex ministro Kyenge avrebbe detto di volere “eliminare il Natale perchè irriverente verso gli immigrati”.
O, ancora, che spiegano come ci sarebbero “dieci volte più possibilità che un omosessuale sia pedofilo rispetto a quante ce ne sono che lo sia un eterosessuale”.
Un sottobosco di notizie gonfiate o inventate di sana pianta, in grado però di fare il pieno di clic e like sui social.
“Fino a qualche anno fa — ha raccontato Michelangelo Coltelli, webmaster di Butac, che da diversi anni passa il suo tempo libero a setacciare il web per smascherare le finte news— incontravamo soprattutto notizie sciocche, come quelle su animali giganti, oppure bufale sul settore medico. Oggi, invece, le notizie false che spopolano sui social sono quasi tutte razziste o omofobe. C’è stato un picco. E questo è preoccupante. Anche perchè gli under 40 utilizzano soprattutto internet per informarsi, e cadere in questi tranelli è molto facile. Basti pensare che a volte, nella corsa alle visualizzazioni, ci cascano anche giornalisti di importanti testate”.
Per alcuni siti, il guadagno può raggiungere anche decine di migliaia di euro all’anno.
Dietro la denuncia c’è un lavoro di ricerca durato mesi.
Lo scopo è anche quello “di porre un argine” a quel sistema di falsa informazione online, che sfrutta la credulità popolare e la facile indignazione per fare profitto o per alimentare alcune idee politiche.
Alla mobilitazione dei Bufale.net e Butac.it, ha aderito anche il Comune di Bologna. Sempre nel corso della conferenza stampa, l’assessore alla Legalità , Nadia Monti, ha annunciato una serie di iniziative nelle scuole per stimolare una sorta di “cultura della verifica”.
“Il danno procurato dalla divulgazione di notizie false da parte di alcuni siti che si spacciano per autorevoli testate online è incalcolabile per portata, ma ben noto e quantificabile per effetti negativi, specialmente sui ‎giovani‬”.
Giulia Zaccariello
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
CHI HA ORDINATO IL MASSACRO MERITA LA CORTE MARZIALE PER MANIFESTA IMBECILLITA’
I caccia della Nato hanno bombardato il centro traumatologico di Medici Senza Frontiere a Kunduz City, capoluogo della provincia settentrionale e prima città a cadere nelle mani dei talebani dopo la guerra del 2001, che da giorni si è trasformata in un teatro di scontri.
Secondo il governo afghano all’interno della struttura erano “nascosti alcuni terroristi”, lasciando intendere che per le forze della coalizione la struttura si era trasformata in un obiettivo militare.
L’Onu ha condannato l’operazione militare avvenuta nella notte tra il 2 e il 3 ottobre sottolineando che potrebbe essere considerata come “un crimine di guerra“.
Nel raid sono state uccise oltre venti persone — come hanno dichiarato alcune fonti dell’organizzazione al sito internet del The Guardian — tra cui tre bambini.
Anche se il numero dei morti potrebbe salire. Secondo un medico di Msf, tra le vittime ci sono otto infermieri, tre medici, sei guardie di sicurezza e un farmacista.
Subito dopo il bombardamento, il portavoce delle forze armate americane in Afghanistan, il colonnello Brian Tribus, ha ammesso che l’attacco “potrebbe avere causato danni collaterali ad una struttura medica della città ”.
In un primo momento si è parlato di un errore, dunque.
Ma il governo di Kabul, tramite il portavoce del ministero degli Interni, Seddiq Seddiqi, durante una conferenza stampa, ha dichiarato che nell’ospedale erano nascosti 10-15 talebani: “Negli scontri con le truppe governative, i terroristi hanno deciso di nascondersi nell’ospedale”.
La struttura è stata considerata come un bersaglio militare, stando alle parole del portavoce che ha espresso il cordoglio del governo per la morte dei medici di Msf, ma ha precisato che nell’operazione “sono morti anche tutti i terroristi”.
E in serata il segretario alla Difesa americano Ash Carter ha dichiarato: “Stiamo cercando di determinare cosa sia successo esattamente e voglio esprimere il mio cordoglio alle persone colpite”. “Un’indagine completa sui tragici fatti è in corso in coordinamento con il governo afghano”.
Onu: “Raid potrebbe essere considerato crimine di guerra”
L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Rà ad al-Hussein, ha definito quanto successo la notte scorsa un atto “assolutamente tragico, ingiustificabile e possibilmente anche criminale“.
“Questo evento profondamente scioccante dovrebbe essere indagato in maniera rapida, approfondita e indipendente — ha chiesto al-Hussein — ed i risultati dovrebbero essere resi pubblici. La gravità dell’incidente è sottolineata dal fatto che, se sarà stabilito che è stato deliberato, il bombardamento di un ospedale può configurarsi come crimine di guerra“.
“Gli strateghi militari internazionali e afghani — ha concluso il responsabile dell’Onu per i diritti umani — hanno l’obbligo di rispettare e proteggere i civili sempre e le strutture mediche ed il loro personale sono oggetto di una protezione speciale. Questi obblighi riguardano ogni forza aerea coinvolta”.
Mfs: “Bombardamento è proseguito per mezz’ora”
L’ipotesi che il bombardamento non sia stato un errore trapela anche dalle parole dell’organizzazione umanitaria.
L’attacco è proseguito per mezz’ora dalla segnalazione alle forze armate Usa e afghane, ha denunciato Msf su Twitter, aggiungendo che “tutte le parti in conflitto, incluse Kabul e Washington, conoscevano le coordinate delle nostre strutture già da mesi”.
Nel frattempo, il portavoce dei talebani Zabiullah Mujahid ha fatto sapere che “al momento dell’attacco” tra i pazienti dell’ospedale “non c’era nessuno dei nostri combattenti”.
L’ambasciata degli Stati Uniti in Afghanistan ha espresso oggi il suo cordoglio ai familiari delle vittime del «tragico incidente». La rappresentanza diplomatica statunitense a Kabul ricorda che «i dottori di MSF svolgono un lavoro eroico in tutto il mondo, compreso l’Afghanistan, e i nostri pensieri e preghiere sono con il loro team in questo difficile momento»
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
“IL SINDACO NON E’ SCESO A COMPROMESSI, HA MINATO POTERI CONSOLIDATI E CONTRO DI LUI E’ SCATTATA LA MACCHINA DEL FANGO”
“Marino non fa schifo. Fa schifo chi lo attacca e lo fa perchè è in malafede”. Ironia della sorte, l’ultimo giapponese che resiste e che difende il sindaco della Capitale è Massimiliano Tonelli, uno dei fondatori del blog “Roma fa schifo”, che da anni racconta il degrado della città .
Marino è stato praticamente scaricato da tutti: dal premier, dal Pd, adesso anche dal commissario Matteo Orfini e dal vicesindaco Marco Causi. Come mai proprio voi, sempre così critici, di “Roma fa schifo” siete rimasti gli unici baluardi del sindaco?
Premetto che Marino non è uno statista ma il problema non è lui. È chi lo circonda. I suoi collaboratori, la sua Giunta e i dirigenti sono persone scadenti. Il sindaco invece è un rivoluzionario.
In che senso ?
È un personaggio scomodo e non gestibile per questo viene attaccato. Ha la possibilità di imprimere una svolta ma non la sfrutta. E adesso la sua figura è stata trasformata in un pagliaccio, in un pungiball, che viene colpito perchè sta facendo delle cose, anche se poi le lascia sempre a metà .
Per esempio?
Chi non è cresciuto in questa pozzanghera che è Roma, fatta di fango, prova a fare dei cambiamenti. Ad esempio si considera anomalo il fatto che il sindaco abbia messo a capo dei vigili urbani una figura che non è un vigile, ma questa persona è bravissima. Marino ha dimostrato con una certa spocchia di affrontare questioni che ci portavamo dietro da anni come togliere le macchine da via del Babuino. Adesso sono raddoppiati i fatturati dei negozi. Questi cambiamenti andrebbero ampliati su tutta la città .
Quindi il Pd romano sbaglia a non essere dalla parte del sindaco?
Il problema è proprio questo. Marino mina alla base quello che è stato un bancomat per il Pd, cioè il commercio ambulante che paga le campagne elettorali dei partiti.
Qual è il punto di forza di Marino?
Non si è lasciato coinvolgere e non è sceso a compromessi con nessuno. Marino non è di Roma, quindi non aveva favori da rendere e si è occupato delle discariche, dei dipendenti comunali, delle case popolari e delle proprietà immobiliari. E poi ha dato, a chi lavora in metro, il badge da timbrare e da allora la metropolitana non funziona più per i dipendenti si ribellano. L’amministrazione resta comunque molto deludente come quelle precedenti, altrimenti la città non sarebbe ridotta così. Però adesso ci sono elementi interessanti e un’inversione di tendenza.
Tonelli, la sua è una voce fuori dal coro. Non pensa che stoni un po’ in questo momento?
No, Marino viene attaccato per questioni ridicole. L’elicottero ai funerali dei Casamonica, ad esempio, non è colpa sua. È colpa del ministero dell’Interno e di chi si occupa della sicurezza. Ormai c’è una macchina del fango fatta contro questo signore che non ha più santi in paradiso perchè sta fuori da determinati giri.
Marino come può venir fuori da questo impasse?
Deve avere più poteri. E deve fare più pubbliche relazioni, insomma deve spendere di più.
Come? In questo momento è sotto attacco proprio per i viaggi.
Il sindaco sta spendendo una media di 1800 euro al mese ed è poco. Fa pochi viaggi, poche cene, spende poco per la rappresentanza e il sindaco della Capitale non può permettersi questo. Ha pochi rapporti, deve curare di più le relazioni. Non mi sta bene che il sindaco viaggi in seconda per risparmiare 40 euro. Deve viaggiare in prima per poter fare incontri di un certo livello.
Il Giubileo può essere un’occasione per ripartire?
A livello di lavori pubblici il Giubileo è nullo. Stanno continuando a buttare i soldi in cantieri che non modificano il disegno delle strade. Rifanno l’asfalto, le fogne ma senza una riprogettazione è tutto inutile. Non servono soldi, ma un minimo di visione. Che non c’è.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
I DIPENDENTI SARANNO RIASSUNTI DA UN’ALTRA AZIENDA
Saranno tutti riassunti i dipendenti dello stabilimento Faac di Grassobbio, nel Bergamasco, rimasti senza lavoro dopo che il colosso controllato al 100% dalla curia di Bologna aveva deciso di chiudere la fabbrica spostando la produzione in Bulgaria. La multinazionale ha firmato un accordo con un’azienda del torinese che di qui al 15 aprile riassorbirà i 42 dipendenti con lo stesso trattamento, lo stesso stipendio e nella stessa sede di prima.
C’è dunque il lieto fine a una vicenda che aveva scatenato polemiche alimentate dall’insolita situazione della società di Zola Predosa, unica al mondo di quelle dimensioni ad appartenere alla chiesa, e proprio per questo sotto attacco per un comportamento apparentemente spregiudicato, riassumibile nella formula sintetica: delocalizzazione a Est e operai a spasso, con tanti saluti ai principi etici e tanto più a quelli cristiani.
Sulla questione era balzato il leader della Lega Matteo Salvini, animatore di una manifestazione sotto la sede della curia a Bologna, che aveva anche accusato la chiesa di badare alla cura dei migranti ma non a quella dei lavoratori italiani.
Oggi i vertici Faac, nello spiegare i termini dell’accordo che permetterà agli operai di tornare in fabbrica, hanno sottolineato come la campagna di Salvini abbia rischiato di mandare a monte la trattativa con la società piemontese avviata alcuni mesi fa: «E’ dalla fine di maggio che lavoravamo in silenzio a una soluzione e non abbiamo mai risposto alle provocazioni — dice il presidente Andrea Moschetti -. Gli attacchi hanno rischiato di far fallire la trattativa, perchè a nessuno in questi casi piace stare sotto i riflettori. Se fossimo in un mondo normale le scuse di Salvini sarebbero dovute».
Il responsabile personale Faac Michele Conchetto ironicamente ha aggiunto che magari il segretario leghista ora si sarebbe preso il merito dell’operazione e puntualmente, di lì a qualche ora, è arrivata la rivendicazione di Salvini: «Secondo voi, se la Lega non avesse più volte manifestato, sia a Bergamo che a Bologna, si sarebbe mosso qualcosa? Sono felice, ogni tanto il lavoro paga!»
Nei dettagli, l’accordo raggiunto fra Faac e la società che si insedierà a Grassobbio — un’azienda fornitrice della multinazionale il cui nome sarà rivelato la prossima settimana, specializzata nel settore meccanico, scelta fra tre soluzioni possibili — prevede che il gruppo di Zola Predosa erogherà un contributo economico sostanzioso per ogni dipendente assunto a tempo indeterminato, due anni di utilizzo a titolo di comodato gratuito dello stabilimento e altri 12 anni in affitto.
I lavoratori licenziati erano 50, due di loro nel frattempo hanno trovato un’altra occupazione, sei sono stati avviati alla pensione e i restanti 42 saranno assunti dai nuovi titolari in due tranche: 15 entro il prossimo 15 novembre e 27 entro il 15 aprile 2016.
La curia di Bologna, estranea alla gestione della Faac in virtù del trust di diritto inglese che governa le sorti della multinazionale, «è stata tenuta informata delle trattative di questi mesi e ha espresso soddisfazione per il risultato raggiunto».
Franco Giubilei
(da “La Stampa”)
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Ottobre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
SI MOLTIPLICANO I CASI DI AZIENDE CHE ABBASSANO L’ORARIO DI LAVORO: “COSI’ SI MIGLIORA LA PRODUTTIVITA'”
Eravamo rimasti alla battaglia per le 35 ore, e già si parla di un nuovo obiettivo: la settimana lavorativa di sole 30 ore, ovvero giornate in cui dopo 6 ore si va a casa o a divertirsi, fare sport, insomma a godersi il tempo libero.
L’idea di ridurre ancora l’orario di lavoro è stata lanciata con successo in Svezia, dal comune di Gà¶teborg che ha deciso di tagliare l’orario in ufficio dei suoi dipendenti mantenendo lo stesso stipendio.
L’amministrazione comunale ha avviato un test su alcuni impiegati che lavorano dalla primavera 2014 solo 30 ore settimanali.
L’esperimento cominciato oltre un anno fa è stato positivo.
La produttività infatti è aumentata in maniera proporzionale alla diminuzione dell’orario lavorativo, così come dimostrano già molti studi.
Non solo. Secondo il vicesindaco di Gà¶teborg, Mats Pilhem, la riforma ha permesso di avere molte meno assenze per malattia.
«Gli impiegati sono più felici e dunque si ammalano di meno ».
Secondo la lezione svedese lavorare meno fa bene alla salute mentale e fisica, e aiuta l’economia.
La Toyota di Gà¶teborg è passata alle sei ore giornaliere ben tredici anni fa con il risultato che la società ha avuto un più basso tasso di avvicendamenti tra i lavoratori e un incremento di utili. Filimundus, uno sviluppatore di applicazioni di base a Stoccolma, ha introdotto le sei ore l’anno scorso.
«Le otto ore lavorative non sono poi così efficaci come si pensa», sostiene Linus Felds, l’amministratore delegato della società .
«Rimanere fissi su uno stesso lavoro per otto ore è difficile. Per riuscirci, siamo soliti intervallare il lavoro con pause. E al tempo stesso facciamo fatica a gestire la nostra vita privata fuori dall’ufficio».
Feldt ha proibito i social media, ha ridotto le riunioni al minimo e ha eliminato altre distrazioni.
Alla fine della piccola rivoluzione, lo staff è risultato più motivato e ha lavorato più intensamente durante le ore di ufficio.
Anche tra medici e infermieri svedesi ci sono stati gruppi sperimentali che hanno incominciato a lavorare sei ore al giorno.
Una casa di cura di Gà¶teborg ha adottato il cambiamento quest’anno e sta conducendo un test che durerà fino alla fine del 2016 per determinare se il costo delle assunzioni necessarie per coprire la mancanza di personale sia compensato da uno staff con un morale migliore e di conseguenza con una migliore assistenza ai pazienti.
Il caso di Gà¶teborg non è stato ancora esteso a tutto il paese.
L’orario settimanale in Svezia rimane a 36,5 ore. Ma la soglia fissata per legge in realtà non significa molto.
In Francia, dove esistono da oltre dieci anni le famose 35 ore settimanali, l’orario effettivo è in media di 38 ore.
Alla fine dell’anno, secondo i dati Ocse, un francese lavorerà però meno di uno svedese (1482 contro 1636 ore).
La Turchia è il paese con la settimana lavorativa più pesante, ben 49 ore, mentre l’Irlanda ha 34,9 ore, la Norvegia 33,9 ore.
I più fortunati sono gli olandesi con poco meno di 30 ore settimanali.
Il dibattito aperto in Svezia non è nuovo. Tra il 1996 e il 1998, durante un periodo di recessione economica, la Finlandia aveva lanciato il test 6+6: giornate di sei ore con un’alternanza tra gli impiegati.
Anais Ginori
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
TUTTE LE SPESE DEL CAMPIDOGLIO NEI PRIMI DUE ANNI DI MANDATO
Di tutte le 492 pagine di determinazioni dirigenziali e ricevute fiscali che raccontano i primi due anni di mandato di Ignazio Marino, ce n’è una che dà manforte ai Cinque Stelle quando dicono che “il sindaco ha confuso mestiere”.
Immaginate la terrazza del ristorante ARoma — lussuosa location vista Colosseo-in una sera di metà settembre dello scorso anno.
Il primo cittadino è lì seduto con alcuni “chirurghi di fama internazionale”.
Suoi colleghi, insomma, venuti nella Capitale per “partecipare ad un congresso sul traffico di organi per trapianto”e “per essere accolti in udienza privata da sua Santità , Papa Francesco”.
Dunque, a chi rivolgersi se non al sindaco che si accredita come l’ambasciatore vaticano per eccellenza?
Marino paga la cena, il conto è di 1270 euro, ma la fattura non specifica il numero dei commensali.
Lo salda con la carta di credito comunale, quella con cui sostiene tutte le spese impreviste che il suo cerimoniale non ha potuto preventivare.
Parlamentari, giornalisti e l’amata sanità È generoso, il sindaco.
E seppure la spesa mensile non superi mai i 6 mila euro al mese — quasi sempre per le trasferte estere — quando è a Roma illustra progetti, persuade potenziali mecenati, promuove iniziative.
E davanti a una bottiglia di Richard Lucien Gran Cru da 80 euro, chiaro, tutto fila più liscio.
Al ristorante Cybo, per dire — dove tra l’altro gli hanno dimezzato il conto (da 197 euro a 100, omaggio all’ospite d’eccezione) — ha portato “un parlamentare della Repubblica”; da Archimede “un senatore” (qui il conto è di 155 euro).
Nel ristorante di piazza Sant’Eustachio è tornato anche con alcuni “rappresentanti di testate giornalistiche”, mentre a Firenze ha portato alla “Trattoria antico fattore” altri “giornalisti di testate locali” (che non si capisce, a dire il vero, perchè si facciano pagare la cena dal sindaco).
E poi la medicina, la passione dei suoi primi 50 anni di vita: operatori del settore sanitario, un rappresentante del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”, uno del World Health Organization e pure “due illustri scienziati” e altri “due full professor americani”.
È preciso, il sindaco. Annota di aver speso 8,63 per pagare la colazione “ad un reduce dell’Olocausto” in viaggio con lui e gli studenti delle scuole romane a Birkenau. Dichiara di aver smarrito due scontrini di un ristorante di Boston (poco più di 100 euro in tutto).
E quando va a Parigi compra un bouquet di fiori per lasciare un ricordo alle vittime dell’attentato a Charlie Hebdo.
Volendo fare statistiche, dovremmo dire che il sindaco fa una trasferta al mese e che per ognuna, con il bancomat , spende in media mille euro: 28 missioni in due anni, per un totale di poco più di 27 mila euro, spesi con la carta di credito comunale.
Paola Zanca
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
I POLITOLOGI: FARE OPPOSIZIONE INTERNA E’ PIU’ CONVENIENTE
«Mi si nota di più se me ne vado sbattendo la porta o se rimango dentro a fare casino?». La seconda che hai detto.
Nel quadro politico attuale pare non esserci futuro per i fuoriusciti.
Finchè restano dissidenti hanno titoli di giornale assicurati, dunque peso politico, e di conseguenza appeal tra gli elettori.
Ma quando il dissidente si trasforma in fuoriuscito, il sipario cala.
Fassina chi?
Ne sa qualcosa Pippo Civati, che dopo un lungo tira e molla a maggio ha preso coraggio e ha lasciato il Pd. Ha fondato il movimento Possibile e come primo passo ha lanciato la sua campagna referendaria, che però non ha raccolto le 500 mila firme necessarie. Flop.
Percorso simile a quello di Stefano Fassina. Che ai tempi di «Fassina chi?» era tutti i giorni al tg, ma che ora – dopo l’uscita dal Pd – è sparito. E dunque: «Fassina chi?». Anche per questo Matteo Renzi, nonostante le sirene, dopo la sconfitta alle primarie del 2012 decise di non mollare il Pd. Ha atteso, ha lottato dall’interno, e se n’è impossessato.
«Il nostro sistema partitico è strutturato per non lasciare spazio agli scissionisti — spiega il politologo Marco Tarchi, docente all’Università di Firenze -. Se arriva una forza nuova che sa cavalcare un’onda, come lo è stato il M5S, gli spazi ci sono. Ma per chi esce da un partito, e ne richiama le beghe interne, è difficile conquistare terreno. Meglio l’opposizione interna».
Come ha detto Renzi dopo il voto in Grecia, chi di scissione ferisce, di elezioni perisce.
Fini non giustifica i mezzi
Destra o sinistra in questo non fanno differenza. Basta guardare a politici come Flavio Tosi e Raffaele Fitto: fuori da Lega e Forza Italia è difficile stare a galla.
La parabola di Gianfranco Fini (e del suo Fli: 0,47% alle Politiche 2013) insegna.
«E vedrete, sarà così anche per Ncd – prosegue Tarchi -. Perchè oggi non siamo in un momento di ricomposizione della scena politica, come lo è stato per esempio il 1993-1994».
Ma per Nicola Pasini, docente di Scienza Politica alla Statale di Milano, gli spazi ci sarebbero: «Il vero problema è la mancanza di risorse: senza di quelle, dove vanno Tosi e Fitto? Per il resto la frammentazione è nel dna della nostra politica e della nostra società . I piccoli potenzialmente hanno un ruolo strategico: pensiamo al peso che avevano il partito repubblicano, o i liberali, nei governi della Prima Repubblica».
Verso i listoni unici
La differenza con il passato, però, c’è. E si chiama Italicum.
La nuova legge elettorale sembra fatta apposta (anzi lo è) per tagliare le gambe a chi punta a corse solitarie. Non tanto per lo sbarramento del 3%.
Secondo il politologo Roberto D’Alimonte (che ha lasciato la sua impronta su quella legge) ci sono altri due grandi motivi. «Eliminando le coalizioni si toglie ai piccoli il potere di contrattazione. E poi, a differenza di quanto avviene per i sindaci, tra il primo e il secondo turno sono vietati gli apparentamenti. A chi conviene andare da solo?».
Marco Bresolin
(da “La Stampa”)
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