Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
L’OSSERVATORE ROMANO: “INTENTI MANIPOLATORI”… PAPA FRANCESCO STA FACENDO PULIZIA SENZA GUARDARE IN FACCIA NESSUNO E VOGLIONO FARGLIELA PAGARE
La “nostalgia” del Papa infermo è l’unica, vera sindrome inguaribile, magari non maligna ma di sicuro maliziosa, che emerge da una radiografia multistrato, condotta in profondità fra le righe, e pieghe, dello “scoop” che ha turbato all’alba il risveglio dei vescovi, per riassopirsi e spegnersi all’ora della siesta pomeridiana: la quale peraltro, sulle sponde vaticane del Tevere, rimane in ogni caso un must irrinunciabile, anche in tempi di Sinodo e turbolenze epocali.
Non c’è nessuna “ombra” nel cervello, e nella mente, di Bergoglio, lucido e determinato, nonchè in salute nel portare avanti la propria rivoluzione, ma solo il rimpianto dei tempi che furono da parte di un ceto ecclesiastico che, “all’ombra” dei papi anziani, era de facto avvezzo a governare, in autonomia e per lunghi periodi, una delle maggiori potenze del pianeta, tra cerchi magici ed eminenze grigie.
Un destino a cui Ratzinger, avendolo vissuto e aborrito da vicino durante la malattia e agonia di Giovanni Paolo II, ha sottratto per sempre la Chiesa, con la più grande riforma costituzionale dai tempi dal Concilio a oggi.
Le dimissioni di Benedetto XVI, più volte indicate dal successore come modello da seguire, al quale intende lui stesso adeguarsi, hanno debellato strutturalmente il morbo di Vatileaks che tuttavia si riaffaccia in chiave congiunturale, quanto meno in funzione destabilizzante.
Anzi “manipolatoria”, chiosando le parole dell’Osservatore Romano, con spregiudicatezza e senza esclusione di colpi.
Non vogliamo alimentare dietrologie, di pessimo gusto quando si chiama in causa la salute, ma l’intervento esplicito e senza precedenti del quotidiano della Santa Sede le autorizza, in qualche modo le obbliga.
Non possiamo pertanto astenerci dal cogliere e rilevare che, a “fronte” della popolarità crescente del Pontefice, il “fronte” dell’opposizione si ingrandisce di giorno in giorno, in misura direttamente proporzionale, dentro e fuori la Chiesa.
Si tratta di un esercito variegato, che per adesso lascia uscire allo scoperto solamente una parte dei suoi effettivi, ma che annovera sin d’ora interi episcopati, settori della stampa, centrali economiche e finanziarie, movimenti cattolici e partiti politici: accomunati dal fatto di considerare il pontificato argentino un incidente di percorso, una parentesi e una nemesi, a scelta tra una tentazione del demonio e una distrazione dello Spirito Santo, nel peggiore o nel migliore dei casi.
La lettera dei tredici cardinali, numero fatidico, sancisce del resto, come abbiamo scritto subito, la rottura della maggioranza che il 13 marzo 2013 elesse Francesco, candidato di minoranza, in nome di una discontinuità geopolitica e territoriale, non certo ideologica e dottrinale.
Status di cui Bergoglio è perfettamente conscio e che lo ha spinto, sabato mattina, commemorando il cinquantesimo anniversario del sinodo, a stringere le redini, pronunciando un discorso apparentemente decentratore, ma in realtà preannunciando una svolta accentratrice.
E’ stata una risposta agli avversari, senz’altro, ma soprattutto a se stesso, alla fragilità che aveva evidenziato tre giorni prima, nell’udienza del mercoledì.
Per la prima volta dopo due anni e mezzo, che coincidono temporalmente, e probabilmente, con il giro di boa di un mandato breve, Francesco ha tradito il timore di non farcela, guardando fisso all’orizzonte, verso le sfide che lo attendono e che d’improvviso gli saranno sembrate immani.
Alla stregua di Mosè quando vide da lontano la Terra Promessa, sul Monte Nebo, sapendo che c’era una guerra da combattere, ancora lunga, e non sarebbe toccato a lui di raggiungerla.
Il suo, mentre chiedeva perdono ai fedeli per gli scandali di Roma e della Chiesa, non era il volto di Roncalli e Wojtyla, trionfatori politici e mediatici, ma di Montini e Ratzinger, i grandi sconfitti della storia.
Come “Ulisse “ che di ritorno dall’Odissea americana, dopo aver superato le prove, nella terra dei giganti, trova una reggia insidiata da usurpatori che ambiscono alla mano della sua Chiesa, sposa di Cristo.
Poi però deve essergli tornato a mente il congedo di Ratzinger, quando radunò i cardinali giunti a Roma per il conclave, giovedì 28 febbraio: “Vorrei lasciarvi un pensiero semplice…la Chiesa vive lungo il corso del tempo, in divenire, trasformandosi”.
Un incipit che Bergoglio avrebbe ripreso esattamente due settimane dopo, a mo’ di testimone, nella prima omelia da Successore di Pietro: la Chiesa si trasforma, è “in movimento”.
E due millenni di storia stanno lì ad assicurare che finora non è mai tornata indietro.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
UNA PUBBLICA ESECUZIONE SPETTACOLARE SI RITORCEREBBE CONTRO IL PD, NEL CASO LA PROCURA ARCHIVIASSE LE ACCUSE AL SINDACO
La mossa a sorpresa Ignazio Marino l’ha confidata solo alla cerchia ristrettissima: “Io — ha ripetuto in questi giorni – voglio ristabilire la verità . Non mi dimetto per una storia di scontrini montata ad arte e per la quale non sono nemmeno indagato. Sono pronto ad andare in Aula e mi sfiducino”.
È più di uno sfogo quello consegnato allo staff e ai tre assessori che gli sono rimasti fedeli.
E la frase dal sen fuggita martedì in conferenza stampa (“Ho venti giorni per fare le mie riflessioni”) è solo una parte del ragionamento che, così il sindaco ha chiesto ai suoi, deve rimanere riservato. Anzi riservatissimo.
E che prevede un “quando” e un “dopo”.
Il quando è il momento in cui opporre il gran rifiuto ed annunciare il “non mi dimetto”, che sarà — questa ad oggi l’intenzione — proprio nell’ultimo giorno utile. Il 2 novembre, giorno dei morti.
Oppure, per scaramanzia, l’1, quello dei santi.
Il “dopo” è la preparazione di una lista civica in vista delle amministrative del prossimo, che rappresenterebbe la sconfitta sicura di un Pd già terremotato nella Capitale.
È la sfida di chi sente di aver tutto da perdere fuorchè l’onore. E che vuole un voto in Aula, modello Prodi nel ’98, in cui ognuno si assume le sue responsabilità .
Nè le frasi minacciose arrivate dal Nazareno dopo la conferenza stampa (“Faremo dimettere tutti i consiglieri”) hanno ammorbidito Marino: “È in gioco la mia dignità di persona e di amministratore”.
Una sfida maturata nella solidarietà che il sindaco ha sentito sin da quando ha rassegnato le dimissioni. Dei cittadini, ma non solo.
Le pubbliche posizioni di Gassman, della Ferilli, della Grande Bellezza della Capitale lo hanno gasato, convincendolo che è possibile il “Marino contro tutti”. E che una sua lista civica parte almeno dal 10 per cento.
E lo ha gasato la vicenda degli scontrini di Renzi rivelata dal Fatto.
Perchè si tratterebbe di somme neanche paragonabili alle sue. E soprattutto perchè ha reso plastica una sorta di doppia morale: “Avete visto le spese di Renzi sia da sindaco sia da presidente della Provincia?” dicono in Campidoglio i fedelissimi rimasti. Per non parlare degli altri amministratori del Pd, con De Luca che rischia la sospensione. E poi c’è il Pd, che tutto sembra fuorchè un monolite.
Il nuovo fronte aperto riguarda Orfini. Il Nazareno ha indetto la votazione tra i membri della direzione per prorogare a Matteo Orfini il ruolo di commissario, ma stavolta la sinistra dem ha detto no: “In questo clima – dicono in Campidoglio – davvero se Orfini ordina ai consiglieri di dimettersi, loro obbediscono all’unisono?”.
Insomma, è il ragionamento del sindaco, se mi vogliono morto devono accoltellarmi nell’Aula Giulio Cesare oppure devono dare segnali di risarcimento morale (e politico), perchè non può finire così. Qualcuno del Pd deve restituirgli l’onore. Altrimenti si difenderà fino in fondo. Luca Lotti è convinto che quello di Marino è un bluff.
Sbaglia, a sentire i fedelissimi del sindaco.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
QUAGLIARELLO ACCELERA: CI SONO I NUMERI PER UN GRUPPO IN SENATO
Mai vista prima d’ora una scissione così poco pubblicizzata dagli stessi suoi promotori.
E per quanto strano sia, è proprio ciò che accade dentro Ncd.
Dal giorno in cui Quagliariello ha rotto con Alfano, i «congiurati» giocano a nascondino. Se si domanda quanti saranno in Senato, dove il pallottoliere conta, cercano di depistare: «Non abbastanza per creare problemi al governo…».
Salvo scoprire poi che è tutta una finta, perchè in realtà procedono molto determinati e, anzi, sono più numerosi di quanto vorrebbero far credere.
Tanto da riportare le lancette dell’orologio politico indietro di qualche mese, quando Verdini non era ancora entrato in azione.
Quella dozzina di voti che Denis ha recato in dote al premier con tanta fatica rischia ora di venire vanificata dalla crisi Ncd. Sotto questo profilo, Quagliariello e i suoi meritano in pieno l’etichetta di «azzeratori»: bilanciano l’apporto di Verdini ma nello stesso tempo lo rendono più indispensabile a Renzi, e dunque ancora più ingombrant
I senatori Ncd lanciati nella nuova avventura sono sicuramente sette: Augello, Compagna, Giovanardi. Poi D’Ascola, Di Giacomo, De Poli…
In bilico ce ne sono almeno altri due, di cui vengono tenuti top secret i nomi. A questi si unirebbero i tre ex leghisti di Tosi, forse uno da Gal e a quel punto oplà , ecco superata la soglia minima richiesta a Palazzo Madama per formare l’undicesimo gruppo parlamentare.
Se tutti questi personaggi scansano i riflettori è per non essere avvistati dalla contraerea renziana che si metterebbe subito alla caccia dei dissidenti nel tentativo di recuperarne qualcuno. I nomi degli arruolati verranno resi pubblici solo a cose fatte.
L’obiettivo è di raccoglierne le firme la prossima settimana, in modo da ufficializzare l’addio a Ncd entro il 4 novembre, data patriottica
L’altro aspetto curioso è che, nella selezione degli adepti, i dissidenti si permettono di fare gli schizzinosi.
Di dire a questo o a quello «non ti vogliamo».
Per esempio, il pugliese Azzollini (salvato dall’arresto con molti voti Pd) è sulla loro «black list»: qualora chiedesse di aderire, riceverebbe una porta in faccia.
Idem Formigoni, che peraltro di andarsene da Ncd non ci pensa nemmeno.
Lo stesso dicasi per Bilardi e per un plotoncino di senatori calabresi che con la giustizia hanno alti e bassi: «Se li tenga Alfano», è la sfida, «noi possiamo farne a meno».
Con Angelino i rapporti sono a zero. Dal ministro dell’Interno aspettavano un segnale, mai arrivato.
E quando due giorni fa Cicchitto ha teorizzato che Ncd dovrebbe trasformarsi in un partito di centro, alleato di Renzi alle prossime elezioni, Quagliariello & C hanno deciso di tagliare corto.
«Mai a sinistra» è il destino che li unisce.
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
E TOTI VUOLE UNA COLATA DI CEMENTO ANCHE NEI PARCHI… I DATI ISPRA DENUNCIANO LA SITUAZIONE DI PERICOLO
Vista sulle mappe dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, la Liguria costiera è una lunga striscia rossa: “rosso” come il semaforo che indica il pericolo, il limite da non oltrepassare.
In realtà , un limite già ampiamente superato.
I ricercatori che si apprestano a presentare i nuovi dati del cemento in Italia non giudicano quello che fa la politica: offrono invece agli amministratori strumenti per capire la realtà e pianificare la crescita del territorio.
E il quadro che hanno elaborato è inquietante: nell’area comunale genovese, comprendendo anche la vaste aree collinari, il suolo consumato ha raggiunto il 20,4% del territorio comunale.
«Mediamente i dati della Liguria sono solo leggermente superiori alla media, la quota del territorio irrimediabilmente cementificato è compresa tra il 5.9 e l’8% – dice Michele Munafò, ricercatore responsabile Ispra del Rapporto sul consumo di suolo in Italia – a fronte di un dato medio italiano del 7%».
Ma i numeri sono una fotografia della realtà solo parziale.
«Il problema evidente a tutti, in Liguria, è la concentrazione di cemento lungo il mare e il corso dei torrenti.
È lì che i problemi si fanno sentire con le conseguenze viste troppe volte».
Bruno Viani
(da “il Secolo XIX”)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
L’EX CALCIATORE DEL MILAN DIMOSTRA LA STESSA CLASSE CHE AVEVA IN CAMPO: “CHIEDO SCUSA, MI DISPIACE AVER DATO QUESTA IMPRESSIONE”
“I calciatori di colore? Fisicamente molto forti, ma quando c’è da pensare fanno errori”. Questo, in sintesi, il commento razzista costato il licenziamento di Stefano Eranio dalla televisione della svizzera italiana.
L’ex calciatore del Genoa, del Milan e della Nazionale Italiana martedì sera era impegnato, come di consueto, nel suo ruolo di commentatore sportivo per la tv svizzera, in occasione della partita di Champions League tra Bayer Leverkusen e Roma (poi finita 4 a 4).
Durante la pausa tra il primo e il secondo tempo, commentando un gol della squadra tedesca, Eranio ha criticato l’errore del difensore giallorosso Antonio Rudiger, sostenendo che “i giocatori di colore, quando sono sulla linea difensiva, spesso certi errori li fanno perchè non sono concentrati. Sono potenti fisicamente (…) però, quando c’è da pensare (…) spesso e volentieri fanno questi errori”.
Un commento che non è passato inosservato e che la direzione della Rsi (la tv di stato elvetica) ha stigmatizzato interrompendo la collaborazione con Eranio “dopo avere attentamente valutato la portata di questo commento, del tutto incompatibile con le regole e la deontologia del Servizio pubblico e preceduto da un’altra affermazione dello stesso tenore fatta da Eranio durante l’incontro Manchester City-Juventus del 15 settembre scorso”.
La rete svizzera ha preso le distanze dalle parole del commentatore, scusandosi con il proprio pubblico: “parte del quale non ha mancato di comunicare il suo dissenso”.
Il calciatore, genovese di nascita, ha rilasciato alcune dichiarazioni al quotidiano il Secolo XIX, dicendosi “avvilito” per l’accusa di razzismo e scusandosi per l’accaduto: “Non era mia intenzione offendere nessuno, se l’ho fatto è giusto che paghi il mio errore”.
L’ex calciatore e ormai ex commentatore della tv svizzera, ha sottolineato di non aver mai inteso fare affermazioni discriminanti e offensive, ribadendo il significato della frase incriminata: “Volevo solo dire che la scuola calcistica africana di solito cura poco la tattica: se lo facesse, le squadre europee non vincerebbero più una partita. I giocatori africani, in generale, puntano maggiormente sulla loro forza fisica, sanno di essere forti e quindi spesso curano poco la parte tattica. Non mancano le eccezioni, come Thuram e Desailly, che erano anche tatticamente fortissimi”.
Un pensiero che lo stesso Eranio ammette di non essere riuscito a esprimere bene e ribadisce di non essere mai mai stato un razzista: “Mi dispiace di avere dato questa impressione”.
Alessandro Madron
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
IL PG AVEVA CHIESTO L’ASSOLUZIONE PER DUE CAPI DI IMPUTAZIONE E LA PRESCRIZIONE PER ALTRI SEI
La terza Corte di Appello di Roma ha assolto il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e il consulente Gioacchino Genchi dall’accusa di abuso d’ufficio in relazione alla vicenda dell’acquisizione di tabulati telefoni di politici nell’inchiesta “Why Not“. Secondo i giudici, “il fatto non costituisce reato“.
Le irregolarità rilevate dalla sentenza di primo grado, che condannò i due a un anno e tre mesi, erano legate all’acquisizione di tabulati di alcuni parlamentari nel periodo 2006-2007, in cui de Magistris era pm a Catanzaro e titolare dell’indagine.
Il pubblico ministero e il consulente si erano sempre difesi asserendo di non sapere a chi appartenessero le utenze e con la sentenza la Corte d’Appello sancisce che l’acquisizione è avvenuta nel rispetto delle regole.
Il procuratore generale Pietro Catalani aveva chiesto per il primo cittadino un’assoluzione per due capi di imputazione e la prescrizione per altri sei. In virtù della decisione, l’ex magistrato resta sindaco di Napoli.
“Sono molto contento, finalmente è stata fatta giustizia — il primo commento di de Magistris — per me finisce un incubo. E’ stata una vicenda che mi ha procurato molta sofferenza. L’assoluzione è motivo di grande soddisfazione. Sono convinto di avere svolto il mio mestiere di magistrato nel pieno rispetto della Costituzione e delle legge con l’obiettivo di cercare una verità difficile. Anche per questo la sentenza di condanna di primo grado mi ha procurato grande sofferenza”.
Dal canto suo il difensore, l’avvocato Massimo Ciardullo, ha espresso “soddisfazione” per la decisione dei giudici aggiungendo che in primo grado era stato “condannato un pm che nell’esercizio della sua funzione aveva cercato di perseguire il primario esercizio della giustizia conducendo una indagine legittima“.
Se le richieste del procuratore non fossero state accolte e de Magistris fosse stato condannato, l’ex magistrato sarebbe decaduto dalla carica in virtù della legge Severino, sulla quale martedì si è espressa la Consulta, che ha respinto il ricorso del primo cittadino partenopeo e giudicato “costituzionale” il provvedimento.
La richiesta di assoluzione era stata sollecitata in merito all’acquisizione dei tabulati telefonici di Giuseppe Pisanu e Giancarlo Pittelli, mentre la prescrizione per quelli di Romano Prodi, Clemente Mastella, Sandro Gozi, Domenico Minniti, Francesco Rutelli e Antonio Gentile.
Il rappresentante dell’accusa aveva anche chiesto di riformare la provvisionale decisa in primo grado per le parti civili poichè ritenuta non adeguatamente motivata.
La vicenda si riferisce alle utenze di alcuni parlamentari acquisite senza le relative autorizzazioni nel 2006, quando l’attuale sindaco di Napoli era pm a Catanzaro e titolare dell’inchiesta “Why Not”.
Risulta a questo punto ininfluente l’udienza di merito fissata per venerdì in cui si discuterà del suo ricorso avanzato da de Magistris contro la sospensione.
In ogni caso i giudici potrebbero decidere di aggiornarsi fino a quando la sentenza della Consulta non sarà diventata ufficiale, ovvero non sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, una procedura che può richiedere fino a 30 giorni.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
NESSUN SEGNO DI EFFRAZIONE, LA VITTIMA NON SAREBBE MAI ENTRATA IN CUCINA, COME SOSTIENE IL PENSIONATO… E ORA EMERGE CHE AVREBBE UN VECCHIO E “GRAVE” PRECEDENTE CON LA GIUSTIZIA
Non sono state trovate tracce di sangue nella casa di Vaprio d’Adda (Milano) di Francesco Sicignano, il pensionato che ha ucciso un ladro albanese.
Dai primi accertamenti dunque l’ipotesi è che il 65enne negoziante in pensione – diversamente da quanto ha raccontato – abbia sparato al giovane quando questi era ancora all’esterno dell’abitazione.
Il proiettile avrebbe avuto una traiettoria dall’alto verso il basso, compatibile con un colpo sparato dalla cima delle scale verso gradini più in basso.
Non risulterebbero segni di effrazione in casa.
Intanto è stato identificato il ragazzo ucciso: si tratte di un albanese di 22 anni. Già noto alle forze dell’ordine per reati contro il patrimonio, nel 2013 il giovane era stato espulso dal territorio nazionale dopo la scarcerazione. In seguito dev’essere rientrato illegalmente in Italia, dove viveva con la sua giovane compagna.
La fidanzata, non vedendolo tornare a casa nella notte tra lunedì e martedì, nel pomeriggio aveva denunciato ai carabinieri la scomparsa del compagno.
Il ragazzo però a quell’ora era già morto: Sicignano gli ha sparato da distanza ravvicinata, frontalmente, intorno all’1.30 di notte.
La scala in acciaio
La casa prima era a due piani, poi è stata sopraelevata per creare nuovi appartamenti per figli e nipoti. Dietro la villetta è stata montata una scala in acciaio che dà accesso ai tre appartamenti, e un ballatoio permette di avvicinarsi anche alle finestre più alte. Da quella scala sono saliti i ladri.
La pistola di Sicignano è «legalmente detenuta», un’autorizzazione che risale al 1994; l’uomo avrebbe però un precedente, vecchio e per un reato piuttosto grave, e dunque anche questo aspetto andrà chiarito nell’inchiesta.
Sicignano sostiene di aver sparato contro un’ombra che gli si è presentata davanti dentro in casa (al terzo piano), e precisamente in cucina.
Ma il cadavere del ladro era sulla scala tra secondo e primo piano, dunque fuori dalla casa.
Rimane quindi da capire se il 28enne, ferito, sia riuscito a tentare una fuga o se Sicignano lo abbia prima inseguito e poi abbia aperto il fuoco.
Il ladro non era armato, ma con sè aveva solo una torcia elettrica.
(da “il Corriere della Sera“)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
IN COSA HA RAGIONE E IN COSA POTREBBE AVERE TORTO… RISCHIA LA SOSPENSIONE PER UN ANNO E MEZZO
Con il linguaggio sobrio e diplomatico che lo contraddistingue e che ha fatto la fortuna di Maurizio Crozza, il governatore Pd della Campania Vincenzo De Luca ha definito “penoso” oltre che “propagandistico” il tentativo “di fare confusione tra le due vicende” quasi a prendere le distanze dalla sentenza della Consulta sul caso de Magistris che ha respinto uno, e uno solo, dei dubbi di costituzionalità : il presunto carattere sanzionatorio della sospensione dalla carica, e la conseguente non retroattività .
“Sono ben più numerosi e di diverso spessore giuridico i rilievi di costituzionalità che la Corte sarà chiamata a valutare su remissione del Tribunale civile di Napoli nella diversa vicenda che mi riguarda. La Consulta ne ha bocciato solo uno, peraltro non tra i più rilevanti”.
Ma è davvero così?
Proviamo a spiegare per i non addetti ai lavori come stanno le cose.
In cosa ha ragione De Luca. Ed in cosa invece potrebbe avere torto.
E perchè, a dispetto dell’ostentazione di sicurezza, la pronuncia di ieri potrebbe essere l’inizio della fine per il presidente della Campania, che rischia lo stop and go per 18 mesi o meno, se riuscisse a farsi assolvere in secondo grado dalla condanna per abuso d’ufficio.
Ora per lui scatta una corsa contro il tempo, tra giudizio civile, appello penale e decisione della Consulta che nel suo caso non è stata ancora fissata e chissà quando lo sarà .
De Luca resta in carica
Scrive l’ufficio stampa della Regione Campania: “Fino alla pronuncia della Corte Costituzionale sul suo specifico caso, il Presidente De Luca continuerà ad esercitare regolarmente e legittimamente le sue funzioni”. E’ vero.
Detto questo, la tempistica della Corte Costituzionale è un punto interrogativo avvolto in un enigma.
De Magistris ha ottenuto udienza un anno dopo la concessione della sospensiva. De Luca ha ottenuto la sospensiva a luglio.
I tempi di Roma dipendono anche dalla celerità della trasmissione degli atti da parte del Tribunale Civile di Napoli, presso il quale pende il giudizio di merito sul ricorso del presidente della Campania.
Giudizio che non è stato sospeso, ma è andato regolarmente avanti dopo il 22 luglio, la data in cui i giudici hanno accolto alcune considerazioni dei legali del Governatore, Antonio Brancaccio e Lorenzo Lentini, e hanno sollevato i dubbi di costituzionalità di quattro parti della Legge Severino. Tre in più del caso de Magistris.
Il diverso spessore giuridico del ricorso di De Luca
Opinabile. C’è chi la pensa diversamente e sostiene che, una volta cassato il dubbio sulla irretroattività della Severino, il Governatore non ha speranze.
L’avvocato costituzionalista Gianluigi Pellegrino, legale del Movimento Difesa del Cittadino che si è costituito in giudizio contro de Magistris e De Luca, in un’intervista a “Il Fatto Quotidiano” afferma: “Gli altri motivi di ricorso di De Luca sono dichiaratamente accessori e ancora più infondati. La decisione di ieri è quindi un ‘avviso di sfratto’ anche per l’ex sindaco di Salerno”.
De Luca lamenta la presunta incostituzionalità della disparità di trattamento tra consiglieri regionali e parlamentari, e lo sconfinamento del decreto legislativo del governo rispetto alla legge delega del parlamento.
Secondo Pellegrino “ci sono precedenti della Consulta che ha già chiaramente sancito la possibilità per il legislatore di differenziare i trattamenti, considerando che i consiglieri regionali hanno anche funzioni amministrative. L’altro motivo è il più sorprendente: i giudici di Napoli hanno ritenuto che la legge avrebbe imposto al governo l’abolizione dell’istituto della sospensione. È evidentemente fuori dalla logica attribuire al Parlamento che emana una legge anticorruzione la volontà di fare mille passi indietro rispetto a un istituto che esiste dal 1990”.
De Luca poi ha ragione quando sottolinea le differenze con de Magistris, ma queste differenze non gli sono tutte favorevoli.
De Magistris si è candidato a sindaco di Napoli nel 2011, quando la Severino non era in vigore. De Luca si è candidato a Governatore, assecondato dal Pd, consapevoli della legge e della sospensione a cui sarebbe andato incontro.
La clessidra di De Luca
Torna a scendere la sabbia, e non ce n’è molta.
La Consulta non potrà tardare la fissazione dell’udienza, per l’evidente interesse pubblico di un ricorso che non riguarda solo De Luca, ma molti altri politici e amministratori locali nelle sue condizioni. Il Tribunale Civile di Napoli potrebbe emettere una sentenza nell’udienza del 20 novembre, ma difficilmente si azzarderà a farlo in assenza di una pronuncia della Corte.
De Luca ha un’altra strada per risolvere i suoi guai: farsi assolvere dalla Corte di Appello di Salerno prima che la Consulta affronti il suo caso.
La prima delle tre udienze è fissata per l’11 dicembre. La Procura però non è sazia della condanna per abuso d’ufficio, e ha depositato un ricorso per chiedere che il reato — la nomina illegittima del project manager del termovalorizzatore di Salerno datata 18 febbraio 2008 — venga riqualificato in peculato.
Ed in quel caso non ci sarebbe scampo: De Luca verrebbe sospeso per effetto della legge 267/2000, il testo unico delle pubbliche amministrazioni, applicato centinaia di volte, in vigore sia al momento del reato che della candidatura.
Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
L’EX SENATRICE PD E’ LA SESTA INDAGATA NELL’INCHIESTA SULLE PRESSIONI SUBITE DAL SINDACO ISABELLA CONTI CHE SI OPPONEVA A UN MAXI-INSEDIAMENTO EDILIZIO
Rita Ghedini, ex senatrice Pd e presidente di Legacoop Bologna, è la sesta indagata nell’inchiesta sulle presunte pressioni e minacce al sindaco di San Lazzaro di Savena Isabella Conti, che bocciò un maxi-insediamento edilizio.
Ghedini ha ricevuto un invito a comparire dai pm.
Nell’inchiesta per minaccia a corpo politico o amministrativo in cinque avevano avuto avvisi di richiesta proroga indagine.
A esprimere la sua solidarietà nei confronti dell’ex parlamentare è stato l’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani: “Voglio esprimere la mia grande stima. Sono certo che la sua correttezza emergerà con chiarezza”.
Insieme al direttore generale Simone Gamberini, l’ex senatrice è stata interrogata il 20 ottobre dal pm Rossella Poggioli.
Recentemente sono stati notificati cinque avvisi di richiesta di proroga di indagine per il reato di violenza o minaccia ad un corpo politico o amministrativo.
Indagati sono Gamberini, direttore generale di Legacoop Bologna; il sindaco del Comune di Castenaso, Stefano Sermenghi (nella cui giunta c’è la sorella del presidente del Consiglio, Benedetta Renzi); l’ex sindaco di San Lazzaro, Aldo Bacchiocchi; l’imprenditore Massimo Venturoli, amministratore della Palazzi, una delle società coinvolte nell’insediamento; l’ex presidente del collegio dei revisori del Comune di San Lazzaro di Savena, Germano Camellini.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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