Ottobre 26th, 2015 Riccardo Fucile
VENERDI’ L’ANALISI BALISTICA SULL’ARMA DEL PENSIONATO E SU UN’OGIVA TROVATA IN CUCINA
Un solo colpo. Al petto. Mortale.
I primi esiti dell’autopsia sul cadavere del giovane ladro albanese Gjergi Gjonj, ucciso dal pensionato Francesco Sicignano a Vaprio d’Adda (Milano), confermano quanto stabilito dagli inquirenti alle prese con il caso del 65enne indagato per omicidio volontario.
L’autopsia è stata eseguita oggi all’Istituto di medicina legale di Milano e ora si attende la relazione completa del medico legale per stabilire l’esatta dinamica dell’uccisione.
Gli esami balistici sulla pistola di Sicignano, sequestrata dai carabinieri che stanno conducendo le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Alberto Nobili e dal pm Antonio Pastore, sono stati affidati ai carabinieri del Ris di Parma che li eseguiranno venerdì.
Si concentreranno sulla pistola e su un’ogiva trovata nella cucina della casa del pensionato e dovranno stabilire se l’ogiva faccia parte di un proiettile esploso dalla pistola regolarmente detenuta, sequestrata dai carabinieri, e se il colpo sia stato sparato in cucina.
Verranno esaminate, inoltre, eventuali tracce biologiche sull’arma e su altro materiale sequestrato.
Il pensionato ha raccontato di aver sparato in aria due volte, dopo aver colpito l’albanese, ma i proiettili non sono ancora stati trovati.
I familiari del giovane, assistiti dall’avvocato Francesco Mongiu, non hanno intenzione di celebrare i funerali in Italia.
Una volta ricevuto il nulla osta dalla Procura la salma verrà quindi portata in Albania per le esequie.
(da agenzie)
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Ottobre 26th, 2015 Riccardo Fucile
I PARTITI: PD 27,6%, M5S 23%, FORZA ITALIA 14,1%, LEGA 13,4%, ITALIA UNICA 6,4%, FDI 4,5%… GIUDIZI POSITIVI SU PISAPIA DA UN ELETTORE DI CENTRODESTRA SU DUE
Pd (27,6%) precede il M5S (23%), a seguire FI (14,1%) prevale di poco sulla Lega (13,4%), quindi Italia Unica (6,4%) e Fratelli d’Italia (4,5%).
Nella primavera del prossimo anno i cittadini saranno chiamati al voto in oltre 1.200 Comuni per eleggere il proprio sindaco. Tra questi vi sono molti capoluoghi di provincia e ben sei capoluoghi di regione (in attesa di sapere se e quando si voterà a Roma), tra i quali il Comune più popoloso è Milano. Ed è proprio su Milano che abbiamo voluto concentrare l’attenzione nel sondaggio di questa settimana.
Milano è una città nella quale si vive bene: oltre quattro milanesi su cinque (82%) si dichiarano soddisfatti per la qualità della vita, sebbene rispetto ad un passato più o meno lontano e spesso «mitizzato», prevalga l’opinione che sia peggiorata (54%), mentre oltre uno su quattro è di parere opposto e pensa che sia migliorata (27%). Rispetto al resto del Paese, la qualità della vita è giudicata in termini nettamente più positivi (+20%) e maggiormente in fase di miglioramento (+ 13%).
Il giudizio sull’operato del sindaco divide esattamente a metà i milanesi: 50% ne dà un giudizio positivo e 50% negativo.
Mentre risultano prevedibile sia il forte consenso degli elettori del Pd e del centrosinistra sia la stroncatura da parte dei leghisti, è interessante osservare che quasi un elettore di centrodestra su due (45%) e più di un grillino su tre (36%) esprimono un giudizio positivo, una sorta di «onore delle armi» al sindaco che ha deciso di non ricandidarsi.
La scelta di Pisapia sembra aver alimentato l’aspettativa di un forte cambiamento nella città , infatti due milanesi su tre (62%) chiedono al futuro sindaco di cambiare sostanzialmente contenuti e modo di governare.
Come si spiega la contraddizione tra la soddisfazione per Pisapia e l’aspettativa di cambiamento?
Innanzitutto da tempo il cambiamento viene invocato come un mantra dalla parte maggioritaria di qualsiasi elettorato e, a ben vedere, è stata proprio la stagione dei sindaci arancioni eletti nel 2011 ad avviare la stagione del cambiamento che è continuata con l’affermazione del Movimento 5 Stelle alle Politiche del 2013 e con la vittoria di Matteo Renzi alle primarie del Pd a fine 2013, l’insediamento al governo e la vittoria alle Europee del 2014. Tutto ciò sotto il «brand» del cambiamento.
Appare pertanto inevitabile che continui a essere reclamato dai più. In secondo luogo il futuro di Milano si presenta pieno di incognite, basti pensare al dopo Expo (soprattutto dopo lo straordinario successo) e al tema della città metropolitana.
Sono questioni che vanno affrontate con determinazione, lungimiranza e capacità di innovare, proprio ciò che è sembrato mancare con l’annuncio della mancata ricandidatura da parte del sindaco uscente.
Il quadro politico che emerge, ancorchè del tutto provvisorio dato che mancano oltre 6 mesi alle elezioni e a oggi, con poche eccezioni, non si conoscono i candidati che si presenteranno e le alleanze che li sosterranno, risulta piuttosto incerto: senza menzionare i nomi dei possibili candidati, un quarto dei milanesi di dichiara incerto o astensionista, poco più di un quarto (27%) intenzionato a votare per un sindaco di centrodestra, un quarto (25%) per il centrosinistra mentre il restante 23% si suddivide tra un sindaco del M5S e uno di una lista civica al di fuori dei partiti.
Quanto ai candidati di cui si è parlato in questi mesi, il livello di conoscenza è molto variegato e ciò rende arduo fare confronti.
Tra i 12 possibili candidati che abbiamo voluto testare le valutazioni positive (59%) prevalgono su quelle negative (41%) solo per Giuseppe Sala.
Dietro di lui, Stefano Boeri, Paolo Del Debbio e Carlo Sangalli. Ipotizzando una competizione tra Sala per il centrosinistra, Lupi per il centrodestra, Passera per Italia Unica, Di Pietro sostenuto da una lista civica e un candidato del M5S, Sala al momento prevarrebbe su Lupi, ma il dato forse più sorprendente è rappresentato dal livello di incertezza (23%) e di astensione (20%) che riguarda oltre due milanesi su cinque.
Riguardo alle primarie nel centrosinistra, che si terranno il 7 febbraio, come di consueto l’interesse e la disponibilità a partecipare alla consultazione riguardano una minoranza di milanesi: al momento tra sicuri e probabili si stima una partecipazione pari all’8%.
Tra costoro Sala (28%) precede rispettivamente Majorino (13%), Boeri (7%), Balzani e Fiano (appaiati al 5%) mentre ben il 42% non saprebbe per chi votare.
Da ultimo gli orientamenti di voto per i partiti: il Pd (27,6%) precede il M5S (23%), a seguire FI (14,1%) prevale di poco sulla Lega (13,4%), quindi Italia Unica (6,4%) e Fratelli d’Italia (4,5%).
Nel complesso pur con alcune eccezioni (Italia Unica in primis) lo scenario che emerge riproduce le tendenze nazionali, soprattutto rispetto al voto delle Europee.
Il Pd presenta un calo di consenso, sia per le divisioni interne sia per le ipotesi di scelta di un candidato (Sala) che, sebbene presenti un forte potenziale, non proviene da un’area politica caratterizzata, come invece era per Pisapia e non sembra aver sufficientemente capitalizzato, in particolare tra gli elettori del centrosinistra più mobilitati, il grande successo di Expo.
Il M5S si colloca sui valori più elevati di sempre e sarà decisiva la scelta di un candidato in grado di far fruttare l’elevato consenso di cui oggi gode il movimento.
La Lega otterrebbe valori più che doppi rispetto a maggio 2014 e il centrodestra, sommando FI, Lega e Fratelli d’Italia appare tutt’altro che in disarmo.
L’area centrista, sebbene in affanno, nell’attuale situazione di equilibrio potrebbe ritagliarsi uno spazio importante.
Insomma, Sala al momento appare il candidato più accreditato a succedere a Pisapia ma l’incertezza è molto diffusa tra i milanesi e il percorso è ancora molto lungo.
Nando Pagnoncelli
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 26th, 2015 Riccardo Fucile
LA MINORANZA PD LAVORA AGLI EMENDAMENTI SUL CONTANTE
Lady fisco sì, ma non con le unghie di ferro.
Non disposta a passare come la signora del fisco che crede solo nei blitz contro l’evasione.
Per Rossella Orlandi, numero uno dell’Agenzia delle Entrate, è stata una giornata di attesa e di ‘resistenza’ dopo che il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, dalle colonne di Repubblica, aveva chiesto la sua testa. Insofferenza e trepidazione per capire se quel ‘j’accuse’ aveva il sapore di un redde rationem finale. Poi l’ancora di salvataggio. Mittente: ministero del Tesoro.
In una nota il Mef esprime “immutata stima” per la Orlandi e apprezzamento per il ruolo “cruciale” ricoperto dall’Agenzia nella lotta all’evasione fiscale. Parole che suonano come un attestato di riconoscenza, ma che aprono una spaccatura interna al Tesoro.
Padoan ‘tira le orecchie’ a Zanetti, che non ci sta e chiede un confronto politico immediato con lo stesso titolare del dicastero di via XX settembre e con il premier Renzi.
Una fuga in avanti, quella di Zanetti, che non è piaciuta al ministro dell’Economia.
Ma dietro questa ‘querelle’ tutta interna al Tesoro, la preoccupazione numero uno per il Governo è ancora più grande: non passare per l’esecutivo che chiude un occhio davanti agli evasori.
Il Mef lo mette nero su bianco, rivendicando di aver “cambiato alla radice il modo di contrastare l’evasione fiscale” e sottolineando che si tratta di “una priorità ”.
Dall’attuazione della delega fiscale alla fatturazione elettronica, Padoan prova a fronteggiare le polemiche che si sono sollevate per alcune misure contenute nella legge di stabilità , a iniziare dall’innalzamento del tetto per l’utilizzo del contante da 1.000 a 3.000 euro.
Renzi, da Lima, rafforza il concetto, puntando sull’innovazione che ha cambiato il volto della lotta all’evasione e in Italia trova man forte nei suoi, con il capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato, che rispedisce al mittente le accuse di essere “molli”.
Una difesa a spada tratta della legge di stabilità , quella che il presidente del Consiglio prova a mettere in piedi in queste ore, nella quale la vicenda Orlandi gioca un ruolo di primissimo piano, andandosi a intrecciare con le norme sul cash che all’Agenzia delle Entrate non hanno visto di buon occhio.
Gli sfoghi del direttore dell’Agenzia delle Entrate non hanno di certo entusiasmato il premier, ma una sostituzione al vertice non è in questo momento nei programmi di palazzo Chigi: il rischio è quello di prestare il fianco alla minoranza del Pd, che non ha gradito affatto l’affondo di Zanetti. Certo è che Renzi dal Cile per ora non entra nella questione, soprattutto sulla vicenda dei 767 dirigenti giudicati ‘illegittimi’ dalla Consulta, al centro di alcune dichiarazioni della Orlandi negli scorsi giorni.
La partita per Renzi si gioca su un doppio fronte. Il più caldo è quello con la minoranza dem, pronta a riaprire un nuovo scontro proprio sulla legge di stabilità .
Gli emendamenti per bloccare la norma sul cash sono già in via di definizione a palazzo Madama: su questo punto non ci sarà modo di trattare con il premier anche perchè, spiegano alcuni esponenti della minoranza, “non ci si può piegare alla logica di un Governo che così facilita l’evasione”.
L’altra patata bollente è Scelta civica: nonostante la replica di Padoan, Zanetti tira dritto e continua a chiedere un passo indietro della Orlandi, segno che le frizioni a via XX settembre sono destinate a durare almeno fino al ritorno di Renzi dal Sudamerica.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 26th, 2015 Riccardo Fucile
CINQUE MILIONI DI STRANIERI RAPPRESENTANO L’8,3% DELLA POPOLAZIONE
C’è davvero una distanza troppo larga tra la nostra percezione dei migranti e la realtà della presenza straniera in Italia.
Come c’è uno iato troppo profondo tra la nostra (elevata) capacità di salvataggio e la nostra (scarsa) capacità di accoglienza.
Gli ultimi dati analizzati dalla Fondazione Moressa (un istituto di ricerca collegato alla Cgia di Mestre) badano a smantellare i luoghi comuni più diffusi.
Spendiamo troppo per gli immigrati (in sanità , scuola, integrazione)? Falso. Confrontando la spesa pubblica per l’immigrazione (12,6 miliardi) con il gettito fiscale e i contributi previdenziali degli stranieri in Italia, il saldo è per noi ampiamente attivo.
Cinque milioni di stranieri oggi rappresentano l’8,3 per cento della popolazione e producono 125 miliardi l’anno, ovvero l’8,6 per cento della nostra ricchezza.
Con 10,3 miliardi di contributi previdenziali, questi nuovi (e giovani) italiani pagano le pensioni ad almeno 620 mila italiani anziani (e autoctoni)
Se i numeri sono questi, è il caso di guardare gli sbarchi con un’occhiata un po’ più lunga.
Intanto i 170 mila migranti approdati in tutto il 2014 rappresentano appena il 3 per cento della popolazione straniera ormai stabile in Italia.
Certo, le vie d’afflusso sono precarie e drammatiche, la regolarizzazione avviene a strappi e traumi, ansie e paure sono più che legittime. Ma l’idea di fare «una conta di quelli che ci servono e gli altri vadano fuori» è nel migliore dei casi puerile, nel peggiore truffaldina.
Il nodo in realtà sta proprio nella stabilità , nelle opportunità , nella nostra capacità di assorbire e distribuire sul territorio, integrando nelle nostre leggi e sintonizzando alla nostra cultura, coloro che da qui ai prossimi anni verranno a chiederci aiuto e forse (se la Fondazione Moressa ha ragione) ad offrircene.
Senza scomodare la traduzione kennedyana (peraltro contestata) secondo cui la parola crisi in cinese contiene l’idea del pericolo e quella dell’opportunità (anche Einstein la vedeva più o meno così, con buona pace di Borghezio), è indiscutibile che noi abbiamo nel Dna una straordinaria attitudine a fronteggiare le emergenze cui non corrisponde un’analoga propensione a superarle.
In parole povere, com’è possibile che il Paese lodato nel mondo per l’operazione Mare Nostrum sia lo stesso Paese svillaneggiato in Europa per le sue pessime strutture e la sua demenziale burocrazia d’accoglienza? La risposta sta, purtroppo, proprio nel nostro genius loci che, nutrendosi di crisi, le rende eterne.
I migranti saranno dunque la nostra prova di maturità . Non serve un sociologo per capire, entrando nei Cara (i centri per richiedenti asilo) a Mineo come a Crotone, che strutture concentrazionarie da mille o duemila ospiti, piantate in mezzo al nulla, nelle quali rimanere in attesa persino due o tre anni, sono fatte per attirare mafiosi e ladri di danaro pubblico, creare disperazione e malessere sociale.
Come non serve un antropologo per capire che il felice esperimento di Riace, il paesello dei Bronzi, che agonizzava finchè 400 migranti non ne hanno risollevato l’economia, si regge su piccoli numeri e prossimità .
Per depotenziare gli Odevaine in agguato tra scartoffie inestricabili, bisogna disboscare le scartoffie.
Rendere la prima accoglienza veloce richiede mezzi e uomini se non vogliamo decidere delle sorti di un migrante solo da un’occhiatina sinottica ai tratti somatici (assegnando, a seconda dei periodi, lo status di rifugiato a nordafricani, siriani, subsahariani…).
Ma è l’unica strada, anche se non risolutiva: perchè la divisione tra rifugiati e «migranti economici» è spesso ipocrita e speciosa (una mamma che scappa col neonato da carestia e siccità non ha forse diritto d’asilo?).
L’ultima risposta starà nella seconda accoglienza, nei piccoli Sprar, nei comuni d’Italia. E, in definitiva, nella nostra unità .
I timori, comprensibili, vanno esorcizzati col buonsenso e la moderazione. Un grande Paese con il mito della frontiera, l’America, si confrontò a suo tempo con l’incrocio culturale, politico e istituzionale di etnie e provenienze, ed ebbe la forza di resistere ai dementi sacerdoti d’una cosiddetta «razza bianca, cristiana, anglosassone».
Noi, frontiera di questo nuovo secolo, se sapremo battere con la ragionevolezza chi predica l’identità della paura, potremmo essere domani il nucleo d’un grande Paese chiamato Europa.
Goiffredo Buccini
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 26th, 2015 Riccardo Fucile
CON LUI L’INTERA CLASSE DIRIGENTE NCD DELL’EMILIA ROMAGNA
Dice di aver tollerato di tutto, dalla proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis “alll’ideologia gender”, ma sulla “rivoluzione antropologica voluta dal Pd delle Unioni civili” non è disposto a tapparsi il naso.
Il senatore Carlo Giovanardi, dopo le minacce dei giorni scorsi, ha ufficializzato il suo addio al Nuovo centrodestra.
E con lui si porta gli esponenti (pochi) del partito di Angelino Alfano in Emilia Romagna.
“Prendiamo atto”, si legge in una nota, “del fallimento della missione e degli obiettivi alla base della nascita del Ncd, in quanto determinati a contribuire, in periferia come al centro, all’affermazione di un centrodestra, alternativo alla sinistra”.
Nei giorni scorsi in segno di polemica si era dimesso da coordinatore del partito Gaetano Quagliariello.
Nel documento i firmatari ricordano che “con il 25 per cento dei voti ottenuti alla elezioni politiche, Pd e Governo vogliono imporre, scavalcando Ncd e con i voti dei 5 stelle, una vera e propria rivoluzione antropologica come quella del matrimonio gay, con una martellante azione del presidente Renzi, del ministro Boschi e del sottosegretario Scalfarotto che, addirittura, ha fatto lo sciopero della fame contro il Parlamento”.
A tali azioni però, scrivono, non è corrisposta la resistenza di Ncd. “E’ evidente pertanto che l’arroganza di Governo e Pd è direttamente collegabile all’incomprensibile atteggiamento dell’Ncd disponibile ad accettare qualsiasi forzatura pur di non mettere in discussione la sua partecipazione al governo sino a teorizzare un’alleanza strategica con la sinistra con una vera e propria mutazione genetica della originale vocazione del partito”.
Il documento di ‘rottura’, si legge nella nota, è stato sottoscritto dai coordinatori provinciali del Ncd di Piacenza Romano Tribi, di Reggio Emilia, Christian Immovilli, di Modena, Alessandro Lei, dal sindaco di Monzuno Marco Mastacchi, dai consiglieri comunali di Modena Luigia Santoro e di Rimini Eraldo Giudici, dai presidenti di 31 circoli rappresentanti di tutte le realtà territoriali dell’Emilia Romagna.
Ma non ci sono solo le Unioni civili ad aver creato problemi a Giovanardi e i suoi. “Non è da meno — si legge ancora nella nota — il sottosegretario agli Esteri Benedetto della Vedova che sta portando avanti una insistente campagna per la legalizzazione della cannabis, mentre il professor Serpelloni non è stato confermato alla guida del Dipartimento delle Politiche Antidroga sostanzialmente svuotato da ogni funzione; rimane invece ancora al suo posto, alla guida dell’Unar Marco De Giorgi, attivissimo nel tentare di propagandare l’ideologia gender nelle scuole, addirittura in collaborazione con il circolo Mario Mieli di Roma, intitolato a un signore che nel suoi scritti inneggiava alla pedofilia e alla pederastia”.
Infine, Giovanardi e i suoi parlano di quella che secondo loro sarebbe il disastro “nella gestione totalmente illegale della Commissione per le adozioni Internazionali, che ha visto negli ultimi tre anni crollare il numero dei bambini adottati”. “Su tutte queste questioni le nostre proteste e le nostre interrogazioni non hanno ottenuto nessun cambiamento di rotta”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 26th, 2015 Riccardo Fucile
LA DOCENTE: “I VERI PROBLEMI SONO ALTRI”
“Renzi, riprenditi la tua elemosina”. Non c’è solo Giovanni, l’insegnante umbro che ha commentato positivamenteo su facebook il bonus docenti di 500 euro e che il premier Matteo Renzi ha rilanciato sul suo profilo.
C’è anche Mary Lo Fiego, un’insegnante di base a Roma che ha dato mandato al suo istituto bancario di restituire i soldi che il ministero dell’Istruzione ha accreditato sul suo conto.
Secondo l’insegnante, infatti, i 500 euro del bonus per i docenti sono “un’elemosina”, perchè la riforma della scuola approvata dal governo Renzi non affronterebbe i veri problemi, come la retribuzione dei docenti precari o il rinnovo del contratto nazionale.
“Caro Sig. Renzi, in data odierna ho firmato mandato al mio Istituto Bancario, per procedere alla restituzione al mittente dei 500 euro arbitrariamente accreditati sul mio conto corrente in data 19.10”, scrive Mary Lo Fiego su facebook allegando la foto della lettera inviata al suo istituto bancario.
“Con tale cifra la invito a comprare e studiare il manuale ” Come rinnovare il CCNL COMPARTO SCUOLA” e “Come retribuire regolarmente i docenti precari, senza stipendio da settembre”. Con profonda disistima.”
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 26th, 2015 Riccardo Fucile
PARLANO I GENITORI DEL GIOVANE ALBANESE UCCISO DAL PENSIONATO DI VAPRIO D’ADDA: “UNA LEZIONE DI DIGNITA’ A CERTI POLITICI CHE STANNO STRUMENTALIZZANDO LA VICENDA PER RINCORRERE VOTI”
“Se nostro figlio ha sbagliato, ha sbagliato molto di più chi lo ha ucciso. Per questo chiediamo e vogliamo giustizia. Una giustizia giusta”.
Nelle campagne del distretto di Kurbin, sulla costa adriatica nord-occidentale dell’Albania, si vive (male) di agricoltura.
Otto abitanti su dieci – di quelli che ancora non hanno fatto le valigie – lavorano la terra e qui la terra, la descrive un italiano che ci ha lavorato, “ricorda, in quanto a miseria, i latifondi borbonici”.
Mark Gjoni e sua moglie Marie, 48 anni, da Gojan. Contadini come i genitori, come i nonni, come saranno i figli. Sei figli. Gjergi era il terzogenito.
Con la sua calibro 38 il pensionato Francesco Sicignano (accusato di omicidio volontario) l’ha centrato al cuore mentre cercava di rubare nella villetta di Vaprio D’Adda.
Adesso parlano i genitori del ventiduenne albanese. Rispondono alle domande di Repubblica attraverso l’avvocato Francesco Mongiu del foro di Monza, il legale a cui la famiglia Gjoni si è affidata come parte offesa
Oltre al dolore straziante, qual è il vostro stato d’animo?
“C’è incredulità e rabbia. La rabbia di chi non capisce e vuole sapere. È umano, di fronte a una morte così. Chiediamo due cose: di potere riabbracciare nostro figlio. E di avere giustizia. Ci affidiamo alle autorità italiane. Siamo certi che i magistrati e i giudici sapranno dirci la verità su quanto è accaduto. Non abbiamo nessun sentimento di vendetta verso quell’uomo (Sicignano, ndr). Ma se ha sbagliato deve pagare”
Che cosa sapete di quello che è successo quella notte a Vaprio d’Adda?
“Sulle prime ci avevano detto che per sbaglio era partito un colpo ad un poliziotto. Poi invece ci hanno detto la verità . Che Gjergi era entrato in quella casa, che un uomo l’ha ucciso per difendersi, che gli ha sparato al cuore ed è morto sul colpo. Aspettiamo di capire se le cose sono andate davvero come dice il padrone di casa”
Da quanto non vedevate vostro figlio?
“Da un anno e mezzo. Era rientrato in Albania (dopo essere stato colpito da un decreto di espulsione del Viminale nel 2103, ndr). Ma qui di lavoro non ce n’è. E così era tornato a stare in Italia”
Aveva precedenti penali per furto. Sapevate quello che faceva Gjergi in Italia, come viveva, che rubava nelle case ?
“No. Quello che sapevamo era quello che ci aveva raccontato lui. E cioè che lavorava. Noi gli credevamo. Abbiamo anche un nipote che fa il cuoco a Firenze da tanti anni, si trova bene con il lavoro, è stimato e apprezzato. Nostro figlio può avere certamente sbagliato, fatto cose brutte. Ma non doveva morire così, non è giusto”.
È entrato in una casa di notte per rubare
“Se lui ha sbagliato, e ha sbagliato, ancor di più ha sbagliato chi lo ha ucciso in quel modo”.
Dalle prime indagini è emerso che vostro figlio non era armato, che aveva in mano una torcia elettrica, che era scalzo e che potrebbe essere stato colpito a distanza con un proiettile che ha seguito una traiettoria dall’alto verso il basso. Un colpo esploso non all’interno dell’appartamento – dove non c’era sangue – ma sulle scale. Che cosa pensate?
“Per ora non vogliamo dire niente. Abbiamo fiducia nel nostro avvocato. Saranno i magistrati a ricostruire quei momenti, e il processo stabilirà la verità . Chiediamo giustizia attraverso la legge. Ci siamo rivolti a un legale per averla, e anche per riavere presto a casa il corpo di Gjorgi”.
Per la giustizia italiana vostro figlio era un topo d’appartamento. Per voi che ragazzo era?
“Un ragazzo sempre allegro, scherzava con tutti, affettuoso in famiglia e generoso con gli amici: se aveva in tasca anche pochi soldi li divideva con loro. Era venuto in Italia perchè il lavoro della campagna non bastava per tutti ed altro lavoro in paese non lo trovava”.
Verrete in Italia?
“Verremo, se necessario, per il processo. Non siamo mai usciti dal nostro paese, siamo una famiglia povera che mantiene i figli con il lavoro nei campi. Questa tragedia è devastante per noi e da qui tutto è ancora più difficile”.
Avete mai subito furti o rapine?
“No, mai. Viviamo in un piccolo paese di campagna dove ci conosciamo tutti”.
Un furto o una rapina in casa, soprattutto di notte, può far perdere la testa alla vittima che la subisce. O no?
“Se nostro figlio ha sbagliato doveva essere arrestato e punito dalla legge. Ma non ucciso con un colpo al cuore”.
Volete dire qualcosa al pensionato che ha sparato e ucciso vostro figlio?
“Sarà la sua coscienza a dirgli se può dormire tranquillo e non avere rimorso per aver ucciso un ragazzo. Solo la sua coscienza gli dirà se può guardare in faccia figli e nipoti senza provare vergogna”.
Non avete detto che chiedete solo giustizia?
“Certo. Chiediamo una giustizia giusta. Ma se la giustizia dovesse sbagliare – e potrebbe succedere – la coscienza parlerà in silenzio a questa persona. Gli dirà se è un uomo o un assassino, se potrà addormentarsi senza sensi di colpa o se si rigirerà nel letto”.
Questa mattina sul corpo di Gjergi Gjoni sarà eseguita l’autopsia (alla quale assisterà anche Enrico Risso, il medico legale nominato dall’avvocato Mongiu, ndr).
Un passaggio i cui esiti, inevitabilmente, orienteranno l’indagine.
Dice Mongiu: “I genitori di Gjergi, pur nel loro dolore, hanno dato una lezione di dignità a certi politici italiani che stanno strumentalizzando questa atroce vicenda per rincorrere voti”.
Paolo Berizzi
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 26th, 2015 Riccardo Fucile
REGIONI SENZA SBOCCHI: “INUTILI I TICKET PIU’ CARI”
La legge di stabilità ha tolto 2,5 miliardi rispetto alle richieste, mentre crescono gli impegni: 3 miliardi per i farmaci, 900 milioni dai Lea e 300 milioni per i vaccini. Anche il ritocco delle tasse sulle prestazioni non aiuta, fa solo fuggire i cittadini verso il privato
Una carta che nessuno vuol giocare. Perchè è impopolare, faticosa da applicare e soprattutto non farebbe incassare abbastanza soldi.
Le Regioni protestano, su tutti il Veneto di Luca Zaia annuncia che impugnerà la decisioni.
Ma anche i più critici escludono l’aumento del ticket e lavorano facendo spending review a livello locale — limando i costi dell’attività degli ospedali e di quelle territoriali, centralizzando gli acquisti — ma anche trattando a Roma. §
Non è ancora chiusa infatti la partita per i finanziamenti statali alla sanità del futuro. Certo, il fondo è quello, 111 miliardi di euro per il 2016 cioè almeno due miliardi e mezzo in meno di quanto era atteso, ma su alcune voci di spesa c’è ancora da discutere.
Un esempio? La farmaceutica. Sono già arrivati sul mercato molti medicinali innovativi come quelli per l’epatite C e altri sono attesi nei prossimi anni.
Bisogna capire quali costi ricadranno sulle Regioni e quali saranno sostenuti dall’industria farmaceutica attraverso il sistema del payback.
E’ solo una stima, ma si parla di 3 miliardi di spesa per le molecole nuove in arrivo nei prossimi anni. Una botta del genere vanificherebbe l’incremento del fondo
Il lavoro adesso è dunque sulla riduzione della spesa più che sulle entrate delle tasse, anche Irpef e Irap che sono già ai massimi nelle realtà regionali in difficoltà economiche.
Se si guarda ai ticket, poi, la sanità italiana è uno spezzatino.
Ogni Regione ha il suo sistema. I punti di partenza sono i 36,15 euro per la specialistica (visite ed esami) e i 10 euro aggiuntivi introdotti nel 2011, poi nel tempo ogni realtà locale ha modificato il meccanismo per far contribuire i cittadini. Il tutto per un incasso totale di appena 3 miliardi di euro l’anno, condizionato dal fatto che in Italia il 70% di chi si rivolge al sistema sanitario è esente. La maggior parte dei pazienti non paga e se si alzano le tasse sulle prestazioni sanitarie finirà che chi invece è tenuto a versare il ticket si rivolgerà sempre più al privato, e nelle casse regionali non entrerebbero soldi.
Nessuna delle Regioni in piano di rientro ha intenzione di utilizzare questa leva, lo escludono ad esempio Piemonte, Puglia e Sicilia.
L’unica che interverrà è il Lazio, ma non con l’idea di aumentare bensì per riformare tutto il sistema.
«Non vogliamo assolutamente incrementare il ticket — dice l’assessore alla Sanità siciliana Baldo Gucciardi — Lavoreremo su altre leve per ridurre la spesa. Ad esempio centralizzeremo gli acquisti. Questa misura presto sarà obbligatoria».
Nella legge di Stabilità c’è scritto che dal primo gennaio 2016 le Asl non potranno più fare gare. Sarà obbligatorio affidarsi a centrali uniche, come fanno già ad esmepio Toscana, Emilia e Veneto, oppure appoggiarsi alla Consip
«Noi probabilmente usciremo dal piano di rientro — dice l’assessore alla Sanità del Piemonte Antonio Saitta — Per il 2016 non dovremmo avere difficoltà , il problema è la prospettiva, il futuro”».
Il fondo sanitario nazionale quest’anno è andato a 111 miliardi dopo i 109,7 dell’anno scorso. Il punto è che nel 2017 le Regioni avranno 3,9 miliardi di tagli che nel 2018 e 2019 saliranno a 5,4.
Non è chiaro se quelle riduzioni peseranno sul fondo, bloccando gli incrementi oppure no. Si deciderà tutto entro gennaio 2017 ma abbassare il finanziamento a tutta la Regione incide comunque, indirettamente o direttamente, sulla sanit�
Nelle incognite del futuro rientra, come detto, la spesa farmaceutica che è destinata a lievitare.
Già quest’anno le Regioni dovranno ripianare parte di quella ospedaliera. «Se non interveniamo bene in questo campo rischia di finire tutto fuori giri », dice in modo eloquente il responsabile degli assessori alla Salute nella conferenza delle Regioni, l’emiliano Sergio Venturi.
Michele Bocci
(da La Repubblica”)
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Ottobre 26th, 2015 Riccardo Fucile
DAI 6 EURO AGLI STATALI AI 34 EURO LORDI PER LE FAMIGLIE POVERE
Su twitter il cinguettio parlava di “prima misura organica contro la povertà “, sulla carta una prima stima parla di cifre che vanno dai 34 ai 50 euro lorde al mese per le famiglie più povere.
Per la Pubblica Amministrazione il tweet parlava di “premiare l’efficienza”, la legge di Stabilità , dopo anni di blocco degli stipendi, porta in tasca agli statali 8 euro in più al mese. Lorde. Che nette fanno circa 6 euro a testa.
Sono diverse le misure-spot – a leggere il testo della Stabilità 2016 approdato ieri sera al Senato – da “vendere” a livello mediatico ma che stanziano risorse inferiori al necessario. E non proprio da #italiacolsegnopiù.
Povertà .
Renzi l’ha presentata come una misura epocale, un intervento “per i bambini poveri”: la Stabilità stanzia 600 milioni di euro nel 2016 e 1 miliardo dal 2017 per il “Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale”, con priorità per le famiglie povere con minori a carico.
Secondo i dati Istat (riferiti al 2014) in Italia ci sono 7 milioni 815 mila poveri (2 milioni 654 mila famiglie), di cui 4 milioni 102 mila in povertà assoluta (1 milione e 470 mila famiglie, di cui circa 1 milione con minori a carico).
Facendo dunque una stima approssimativa e supponendo nel calcolo che i 600 milioni vengano distribuiti a tutta la platea dei poveri assoluti, si parlerebbe di interventi per 12 euro in più al mese a persona, 34 euro lordi a famiglia.
Se il conto si fa sulle sole famiglie con figli minori in povertà assoluta, si arriva allora a un incremento di risorse a famiglia pari a circa 50 euro lorde al mese.
Se il conteggio si fa su tutta la platea di poveri, si parla invece di appena 18 euro lorde al mese a famiglia. Sarà comunque un decreto del ministero del Lavoro a stabilire la platea di riferimento.
Disabili.
In conferenza stampa a palazzo Chigi Renzi l’ha annunciata come una misura che gli sta particolarmente a cuore: la legge di Stabilità stanzia 90 milioni di euro per il “Dopo di noi”, ovvero per le persone in disabilità grave che restano sole, senza genitori o parenti ad accudirle.
Una norma effettivamente innovativa ma che, secondo gli operatori del settore, stanzia misure insufficienti. I dati Istat parlano di 630 mila persone con gravi disabilità che vivono da sole. I 90 milioni messi a disposizione dalla Stabilità riguardano per altro solo quelli con gravi disabilità cognitive.
Buoni asilo nido.
Il tweet renziano recitava: “Più soldi a chi contratta su produttività e welfare aziendale”. Vengono infatti aumentati i beni esentasse che l’azienda può offrire ai dipendenti, anche sotto forma di “buono”, quasi un voucher universale: spendibile dalla badante all’asilo nido. Costo? 3,9 milioni di euro nel 2016 e 4,5 milioni nel 2017. La relazione tecnica parla di 25 euro in più annui a dipendente sotto forma di servizi di welfare.
Sblocco contratti PA.
“Costretto” dalla Consulta, il governo ha inserito in Stabilità lo sblocco dei contratti pubblici: vengono stanziati appena 300 milioni di euro (di cui 74 destinati alla Polizia e 7 a magistrati e docenti universitari) che si traducono in appena 8 euro lordi al mese di aumento dello stipendio (circa 6 euro netti). Inutile dire che i sindacati e tutte le associazioni di categoria sono sul piede di guerra.
Prof, ma non subito.
Lo spot recita “500 nuovi professori” nel 2016, il testo parla di uno stanziamento di 38 milioni di euro il prossimo anno e 75 dal 2017, e di “ipotesi” di assunzioni che scatterebbe solo da agosto 2016, secondo la relazione tecnica. In cui si parla anche di “eventuale posticipazione della data di assunzione”.
Clausole.
Un altro cinguettio del premier ha parlato di “clausole di salvaguardia azzerate nel 2016: no aumento accise, no aumento Iva”. Il non detto è che si tratta solo di un rinvio. Rimangono clausole per 15 miliardi nel 2017 e 19,5 miliardi nel 2018 e 2019 che potrebbero far aumentare l’Iva nel 2017 (dal 10% al 13% e dal 22 al 24%) e nel 2018 (da 24 al 25%).
Meno tasse per tutti.
Lo spot chiave di questa Stabilità targata Renzi è il motto berlusconiano del “meno tasse per tutti”. Si passa dall’abolizione della Tasi sulla prima casa (ma la dovranno pagare gli inquilini che non cambiano residenza, come studenti fuori sede e lavoratori pendolari) al blocco dell’aumento delle tasse locali.
Ma tra le maglie del testo, si nascondono delle eccezioni: potranno ad esempio aumentare i tributi locali le Regioni in disavanzo sanitario, o per pagare i debiti e si potrà aumentare la Tari (la tassa sui rifiuti).
Le Regioni, a fronte dei tagli agli stanziamenti e al taglio del Fondo sanitario nazionale (finanziato nel 2016 con 111 milioni di euro) potrebbero anche aumentare i ticket sanitari, di cui nella Stabilità non si fa comunque menzione.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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