Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile
CRONACA DI UNA GIORNATA DI PASSIONE A PALAZZO MADAMA
Si sono appartati intorno alle 19. Pietro Grasso, Maria Elena Boschi e lo staff.
Nel frattempo, i senatori tornati dalla Camera dopo la fumata nera della seduta comune del Parlamento sull’elezione dei giudici costituzionali, aspettavano l’inizio della seduta. Fissata appunto per le 19. E’ iniziata con quasi venti minuti di ritardo.
E il risultato è stato tanto strabiliante da mandare l’opposizione su tutte le furie.
In sostanza, dopo l’incontro con il ministro, il presidente del Senato riduce i voti segreti che lui stesso aveva dichiarato ammissibili ieri.
E’ l’effetto del fiato del governo sul ddl riforme: pressante, presente, continuo.
Pare che oggi a Palazzo non abbiano visto il segretario generale di Palazzo Chigi Paolo Aquilanti, vero autore degli emendamenti che dovrebbero risolvere i problemi di ostruzionismo e voti segreti.
Come quello firmato da Roberto Cociancich e approvato oggi sull’articolo 1, liberato così da tutte le altre proposte di modifica.
Ma pur senza la presenza di Aquilanti – che invece ieri si è affacciato anche in aula – la sostanza non cambia.
Il governo non perde di vista nemmeno per un attimo il suo ddl riforme. L’obiettivo è evitare assolutamente i voti segreti, che terrorizzano l’esecutivo perchè troppi sono i fronti di malcontento distribuiti in vari gruppi.
Si teme la saldatura, si teme la catastrofe.
E’ per questo che oggi pomeriggio c’è stata anche una vivace discussione in seno al governo sul dafarsi.
Prima, l’idea di presentare un emendamento (il governo lo può fare in qualsiasi momento) per ‘mangiare’ i voti segreti. Ipotesi poi accantonata: troppe polemiche.
Poi la scelta: se rimettersi all’aula oppure affrontare la tempesta e dare indicazione di voto contrario, sfidando tutti i venti che infuriano al Senato, come sempre.
Per la prima opzione, più cauta, il sottosegretario Luca Lotti.
La seconda opzione, quella della sfida totale, è invece caldeggiata dal ministro Boschi e dal suo sottosegretario Luciano Pizzetti.
Poi la trovata: incontrare Grasso, parlarci a quattr’occhi, cercare una via d’uscita da quel labirinto oscuro di voti segreti ammessi dal presidente. Troppi. Errore.
La richiesta è stata: vanno tagliati. Troppo pericolosi.
E’ per questo che Grasso si è presentato in aula con il seguente programma: inammissibilità della votazione segreta salvo riformulazione di 3 dei 6 emendamenti sui quali lo scrutinio segreto era stato invece concesso (due della Lega e uno di Sel). Mentre due emendamenti della Lega, sempre ammessi a votazione segreta, saranno sottoposti a scrutinio non palese per parti separate, e precisamente solo la parte che riguarda la tutela delle minoranze linguistiche.
Si tratta di emendamenti che mirano a reintrodurre l’elezione diretta dei senatori. Pericolosi nella sostanza e anche nella votazione.
Perchè il governo teme la saldatura delle minoranze presenti nel gruppo del Gal (che in maggioranza vota di solito col governo ormai), nel gruppo Per le autonomie (anche se qui il capogruppo Zeller ha fornito rassicurazioni alla Boschi, ma non si sa mai) e nel gruppo Misto insieme con gli scontenti di Ncd (sempre presenti a ogni votazione su qualsiasi cosa) e chissà chi altri.
Insomma, di questi tempi, col voto segreto può venire fuori di tutto e il governo può andare sotto. L’allarme è alto.
Da qui, l’intervento di Boschi a gamba tesa su Grasso.
Roberto Calderoli ci va diretto. “Mi auguro che lei non abbia incontrato in questi venti minuti il governo o rappresentanti di alto livello del governo. Dopo che ha dichiarato ammesso un voto segreto non può ribaltare la decisione ad esclusivo interesse della maggioranza”.
Paolo Romani di Forza Italia: “Grasso si smentisce, è gravissimo!”.
Loredana De Petris del gruppo Misto-Sel contesta a Grasso di aver “aperto l’aula con 19 minuti di ritardo per dirci dell’inammissibilità proprio su quei voti segreti: qui non c’è certezza del diritto nemmeno per qualche ora! Ci lasciamo in un modo e ci ritroviamo in un altro…”.
Il capogruppo del M5s Gianluca Castaldi: “Quella di Renzi e Verdini è una riforma ‘prostituzionale’!”.
Da parte sua Grasso si difende sostenendo che gli emendamenti in questione andavano “riformulati”, che contenevano delle inesattezze sulla durata del mandato dei senatori eletti dalle minoranze linguistiche: “Ne vogliamo fare dei senatori a vita? E’ una riformulazione non una inammissibilità completa…”.
Alla fine, il presidente concede che un voto segreto “ci sarà e non per scelta del presidente ma perchè è ammissibile”.
Esattamente, si terrà su un subemendamento all’art. 2 presentato da Calderoli.
Ad ogni modo, un’altra seduta va a vuoto. Stasera non si vota nulla. Se ne riparla domani.
In due giorni, il Senato è riuscito a superare solo l’articolo 1, con il metodo Cociancich.
Pardon: Aquilanti.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile
ROTTA, RICHETTI E SCALFAROTTO IMBARAZZATI ALLA BUVETTE
Il “giardino” con Verdini inizia a puzzare. Alessia Rotta, iper renziana, è alla bouvette. Quasi le va di traverso il panino: “Ma chi lo vuole Verdini nel Pd… È un’ipotesi che non c’è. Vota le riforme, però, insomma, no”.
Finalmente: qualcuno che dice che è impresentabile? E dunque mai nemmeno alleati? A quel punto svicola: “Finisco il panino”.
L’olezzo degli “impresentabili” è nel sondaggio anticipato dall’HuffPost: il Pd che ora è al 32 per cento, perderebbe 7 punti con il gruppo di Verdini, anche in un’alleanza. Più l’ex plenipotenziario di Berlusconi si avvicina, più gli elettori fuggono dal giardino.
Ecco Richetti, renziano della prima ora: “Sì, il sondaggio l’ho visto. Il giorno che vedrò uno come Verdini fare una campagna elettorale con noi, dichiaro che non ho capito nulla della politica. Sono certo che quel giorno non arriverà ”.
Sono arrivati però i giorni in cui le truppe dell’ex braccio destro (e sinistro) di Berlusconi, rinviato a giudizio in processi pesanti — dalla bancarotta alla P3 — vota le riforme. E non solo.
Vincenzo D’Anna, uomo di punta della compagine verdiana, è uno che si definisce amico di Nicola Cosentino. Una volta dichiarò: “Cosentino è un brav’uomo, Saviano invece si è arricchito sulla camorra”.
A palazzo Madama, oggi ha scandito: “Il nostro leader non può che essere Renzi. Proseguiamo lungo la strada che può portare i moderati ed i liberali che si sentono estranei a questa cultura politica, all’interno di un nuovo schieramento che non può che scegliere Matteo Renzi come leader”.
Scusi, Richetti, dopo il sondaggio ha letto D’Anna? Silenzio. Imbarazzo.
Perchè gli impresentabili si sentono già nel giardino. E, tra i renziani, nessuno si sente di dire: “Non ti vogliamo”.
Lui, invece, Verdini si muove da capo. Telefona, rastrella parlamentari.
Domenica scorsa a Salerno, durante il convegno in cui è intervenuto alla festa di Scelta civica, ha bloccato Giacomo Portas, titolare di una lista di centrosinistra, I Moderati: “Giacomo, tu sei uno bravo. Dobbiamo metterci assieme. Tu hai la lista, ci metti la faccia, io sto dietro. Le risorse? Ci sono, non c’è problema”.
Offerta declinata. Poi dal palco Verdini ha attaccato il “camorrismo giornalistico”.
E non sono arrivate censure dal mondo renziano.
Valentina Paris è su un divanetto con la copia dell’Unità in mano. Formazione dalemiana, ora giovane turca.
“Guarda, ho appena riletto il discorso di Reichlin su Ingrao e la sinistra. Mi occupo di cose più alte rispetto a Verdini”.
Filtra su Dagospia che il cattivo odore del nuovo giardino sia arrivato a palazzo Chigi. Dove Lotti avrebbe chiesto a Verdini, con cui ha una consuetudine quotidiana, di non votare la riforma perchè ora i numeri ci sono e la situazione si sta facendo imbarazzante.
Ma Verdini avrebbe risposto che col cavolo che si mette da parte: ora vota e poi arriva il conto quando si rinnovano le commissioni.
Racconta Roberto Speranza: “Per i nostri Verdini e Cosentino sono roba dell’altro mondo. I volti più discutibili del berlusconismo. L’altro giorno ero a Livorno, alla Festa dell’Unità . Quando ho detto ‘mai con loro’ è venuta giù la sala. Te lo giuro, non sto esagerando. In giro vedi che quando li nomini escono i cuochi e i volontari dalle cucine incazzati neri”.
Ma i renziani svicolano sulla consuetudine che già c’è tra Verdini e Lotti, come se ci fosse un non detto.
Pure Graziano Delrio ha confessato a più di un parlamentare amico che questo è uno dei motivi che lo ha spinto ad allontanarsi da palazzo Chigi: l’inscalfibilità dell’asse toscano con Denis.
Francesco Boccia non riesce a capacitarsene: “L’abbraccio di Verdini è la rottamazione della rottamazione. Ora: ragioniamo. Questa roba che Verdini entra nel Pd è ovvio che non c’è. È come se uno decidesse di farsi esplodere una bomba in casa. E Renzi lo sa, mica è pazzo. Ma non sta in questi termini la questione. La questione è che nessuno risponde a una domanda: noi alle prossime elezioni pensiamo di essere alleati di una lista con questi? E alle amministrative Verdini e i suoi saranno degli alleati nostri? Io non li voglio. E una prospettiva del genere andrebbe discussa in un congresso. C’è un evidente problema di igiene politica”.
Svicolano i renziani. Ivan Scalfarotto spiega che “Verdini ha già votato le riforme, e quindi che male c’è”. E prevede: “Andremo da soli, come Pd. E la campagna elettorale sarà un voto su ciò che ha fatto il governo. Nè con Verdini, nè con Alfano”. Renzi, insomma, li userebbe e poi li getterebbe.
I confini tra la speranza e la certezza però sono labili.
Sentite Saverio Romano, ex ministro di Berlusconi ora con Verdini: “L’ipotesi su cui stiamo lavorando è una lista, i Moderati per Renzi, alleata del Pd”.
Perchè Verdini va raccontando che il premier cambierà , a quattro mesi dal voto, la legge elettorale.
Ma la domanda resta senza risposta: un sodalizio così forte finora con uno come Verdini si può rompere come se nulla fosse.
O questi mesi di consuetudine sono già troppo ingombranti? E la domanda, nel Palazzo è senza risposta.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile
VINCE IL NO CON IL 65%…MA NON ERANO I LAVORATORI ITALIANI CHE NON COMPRENDEVANO IL SUO GENIO?
Niente accordo tra i lavoratori Usa di Fca e l’azienda.
I dipendenti americani del Lingotto hanno bocciato l’intesa sul contratto di lavoro.
Il 65% dei dipendenti ha detto no, ha spiegato il United Auto Workers.
“Non riteniamo la bocciatura dell’accordo una sconfitta. Riteniamo il voto dei nostri membri parte del processo” ha detto il presidente del United Auto Workers (Uaw), Dennis Williams.
Il Uaw rappresenta 40.000 lavoratori Fca.
Dal canto suo Fca Us – la divisione americana di Fiat Chrysler Automobiles – si dice “delusa” che i membri del sindacato americano dell’auto uaw “abbiano votato per non ratificare l’accordo di principio” sul contratto, accordo siglato a metà dello scorso mese da Dennis Williams, il presidente di Uaw, e Sergio Marchionne, a.d. del gruppo auto.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile
PROSCIOLTO DOPO 10 ANNI: “CHE AMAREZZA, NEANCHE UNA TELEFONATA, E’ INADEGUATO”… “LO SCONSIGLIAI SU RENZI, AVEVO RAGIONE”
È stato il processo che ha scandito 10 anni della sua vita. Iniziato quando era presidente di Forza Italia della Regione Puglia, anzi di più: enfant prodige di Silvio Berlusconi, che lo definì addirittura «la mia protesi». La lunga gogna mediatica per l’accusa di aver intascato una tangente è terminata: assoluzione con formula piena
Ma oltre alla soddisfazione, a Raffaele Fitto resta una doppia amarezza.
Ora lei da ex delfino, dopo la sua fuoriuscita da Fi per fondare il movimento “Conservatori e riformisti”, viene bollato a Palazzo Grazioli come «traditore» e «mestierante della politica». E Berlusconi non ha detto niente sulla sua assoluzione. Curiosa parabola, non crede?
Il silenzio di Berlusconi mi ha amareggiato. E mi fa capire quanto sia complessa la situazione in cui si trova. Il fatto che non abbia parlato lo ritengo molto grave.
Come se lo spiega? Tanto più che la battaglia garantista è stata sempre una bandiera di Forza Italia..
Io dico solo che non c’è polemica politica che tenga di fronte a certe cose.
Sta dicendo che per coerenza politica e stile il Cav doveva intervenire?
Ho ricevuto telefonate da tutto il mondo politico, tranne che da lui.
Veramente anche i parlamentari forzisti ci hanno messo alcune ore prima di farlo.
Ma comunque io li ringrazio, a cominciare dal capogruppo al Senato Paolo Romani (il primo a muoversi dopo ore di afasia, ndr) perchè lo hanno fatto.
Il punto è che solo Berlusconi ha voluto restare zitto?
Sì. Anche se per me non cambia niente.
Sta dicendo che invece rischia di perderci lui, di dare agli italiani l’immagine di un leader che è garantista solo quando sono in ballo le sue vicende
Non voglio entrare nel merito di questo, ma il suo silenzio dimostra quanto lui sia inadeguato.
Come si spiega l’acredine particolare che le riserva e che non ha dispensato con la stessa intensità ad altri fuoriusciti come Angelino Alfano o Denis Verdini?
Io ho avuto ai suoi occhi il grave torto di aver avuto ragione.
Su cosa?
Glielo avevo detto che appoggiare le riforme di Renzi si sarebbe rivelato un autogol. E così è stato
Pensa un giorno di poter ricucire con lui?
Il punto non è personale, io ritengo che quella stagione politica sia conclusa.
Però anche lei quando dice che Berlusconi deve uscire di scena, non crede che sarebbe stato un po’ come chiedere a Wanda Osiris di lasciare il palcoscenico?
Prendo atto di quello che sta accadendo: è cambiato il momento storico.
Gli elettori però potrebbero dire che nè lei nè Alfano nè Salvini avete lo stesso carisma di Berlusconi, anche se lei lo giudica finito.
Io chiedo un momento di elaborazione sui contenuti per rilanciare il centrodestra e le primarie.
Tra le tante telefonate che ha ricevuto c’è stata anche quella del suo ex fratello-coltello di Forza Italia, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, leader di Ncd. Si è pentito di averlo tanto attaccato per difendere Berlusconi solo due anni fa ?
Assolutamente no. Quello è stato un passaggio di cui ero convinto
Si è sentito usato da Berlusconi?
No, io l’ho difeso non perchè me lo abbia chiesto lui. L’ho fatto per convinzione.
Pensa a una futura alleanza con Alfano?
Io penso che dobbiamo costruire un’alternativa al governo Renzi.
Matteo Salvini leader del centrodestra come lo vede?
Salvini fa il suo mestiere, noi facciamo il nostro. Chi sarà il leader lo deve decidere direttamente il popolo.
Con Denis Verdini in che rapporti è rimasto? Ora sembra attrarre più lui nei gruppi parlamentari che lei…
Non c’è un termometro per le presenze… I Conservatori e riformisti hanno già un gruppo al Senato e stiamo lavorando per farlo alla Camera. Quanto ai rapporti tra me e Verdini, come tutti i rapporti politici, non vanno mai compromessi per aver fatto scelte diverse.
Lei andrà dal premier inglese David Cameron, al quale il suo movimento si ispira?
Sì, sono in partenza domenica per il congresso dei conservatori
Sono state fatte ironie sulla sua vicinanza agli inglesi…
Sono ironie che non capisco. Piuttosto, con Forza Italia che sta nel Ppe e in Italia dice cose diverse da quelle che fa in Europa, come la mettiamo?
Paola Sacchi
(da “Lettera43″)
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Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile
L’EMITTENTE LASCIA UN BUCO DI UN MILIONE DI EURO… MALUMORI NEL PARTITO: “COLPA DELLA CATTIVA GESTIONE DI SALVINI”
Goodbye Padania. Ma più che un arrivederci, sembra un addio, a un brand ma anche a una storia.
Ed è dei feticci di questa storia che Matteo Salvini, proiettato alla costruzione di un partito-nazione, si sta liberando.
Via dalle bandiere, il nome resisteva su tv, giornale e radio. Ma dopo la chiusura di TelePadania e del quotidiano La Padania, ora tocca alla radio che presto, molto probabilmente, spegnerà le trasmissioni.
È la rottamazione di Salvini che, suo malgrado, non risparmia neanche il luogo dove lui stesso si era fatto conoscere.
Al microfono di Radio Padania Libera il leader della Lega è cresciuto, al punto da meritarsi una chiosa velenosissima dell’uomo con cui si contende la leadership: «Salvini? E’ bravo a parlare — disse Silvio Berlusconi nemmeno un anno fa —. Perchè è stato 10 anni a rispondere al telefono a Radio Padania».
Era il 1999 e al grido di «Buona Padania a tutti» entrò nelle case e nel cuore della gente del Nord, aprendo uno sfogatoio per il popolo leghista.
Ma i tempi si sono fatti più grami. E ai voti che si moltiplicano non corrispondono altrettante risorse.
La notizia, per primo, l’ha data Italia Oggi: l’emittente sta per chiudere i battenti perchè, come spiega il deputato Nicola Molteni, uno che si è trovato in casa la moglie senza più lavoro (Aurora Lussana, ultima direttrice de La Padania): «Di danè ghe nè minga».
Per anni la radio ha potuto contare sui milioni del finanziamento pubblico.
Ma i rubinetti sono stati chiusi e oggi restano solo i debiti.
A luglio Andrea Manzoni, presidente dell’assemblea dei soci, ha illustrato una situazione di estrema emergenza. Il buco si aggirerebbe attorno al milione di euro.
Di investitori pronti a comprare non se ne vedono, e così ci si è aggrappati alla sottoscrizione popolare.
Già in estate, raccontano da via Bellerio, una cordata di leghisti con ruoli amministrativi era pronta a vendere le frequenze, che valgono ancora svariati milioni di euro.
Ma sarebbe stato lo stesso Salvini ad aver storto il naso: anche se ormai preferisce i tweet (o la tv) ai microfoni, non ci tiene a passare per il segretario che ha liquidato l’ennesimo simbolo del passato: la radio che Umberto Bossi mise in piedi negli Anni 90 e che il Senatùr spera che alla fine sia risparmiata: «Abbiamo sempre avuto tanti finanziamenti, è vero — spiega —. La soluzione però non è chiuderla: bisogna rinnovarla».
Eppure c’è chi in via Bellerio punta il dito contro le scelte di Salvini che ha affidato la radio al suo nuovo gruppo di ‘giovanotti’, il suo cerchio magico, invece che lasciarla nelle mani di Cesare Bossetti e Davide Caparini, che l’hanno fondata e amministrata sino a poco tempo fa.
Anche per questo, nel partito, c’è chi rinfaccia alla nuova reggenza di non aver venduto in tempo le frequenze per incassare qualche quattrino in modo da poter andare avanti.
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Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile
PAOLO GALANTE SPACCA I DEMOCRATICI
Dalla destra nazionale al partito della nazione: suona più o meno così l’accusa che una fetta del Pd di Latina rivolge a Paolo Galante, presidente della locale Federalberghi, che si candida alle primarie per la poltrona di sindaco della città .
«Evidentemente la mia candidatura dà fastidio. Dato che non ho mai fatto politica forse sconvolgo certi equilibri e provoco preoccupazione in un sistema consolidato».
I suoi detrattori ricordano che di politica ne ha fatta.
«Tutte bugie, sono andato via da Latina a 18 anni e sono tornato nel 1995».
Non è stato responsabile attività produttive di Alleanza Nazionale a Latina?
«Sì lo sono stato, ma giusto per 10 mesi nel 1996».
Ecco, e poi?
«Poi ho restituito armi e bagagli perchè non mi piaceva l’andazzo».
Prima non aveva affiancato il segretario locale del Psi?
«Sì, ma quello è stato nel periodo di Craxi».
E l’incontro col Pd quando c’è stato?
«Ho aiutato il senatore Moscardelli del Pd alle elezioni, ho fatto indicare il suo nome a tutte le attività turistiche alberghiere regione Lazio e poi ho votato Zingaretti. Come si fa a dire che non sono vicino al Pd?».
È vero che ha ospitato un evento di terza posizione nel suo hotel?
«Era una manifestazione pubblica, io intervenni non come persona fisica ma come presidente di Federalberghi e con me c’era un parterre di tutto rispetto con esponenti di Confartigianato, Coldiretti e Confesercenti».
Lei, Galante, si sente di sinistra?
«Io come tanti altri imprenditori guardo con attenzione al presidente Renzi, è un riformista che si assume le sue responsabilità . Qui a Latina vorrei provare a rappresentare le persone che, schifate dalla politica, non vanno a votare o votano per protesta».
E allora perchè ha scelto il Pd e non una lista civica?
«Per fare queste cose devi essere supportato da un partito serio. L’unico al quale sento di potermi affiancare è il Pd, non tanto per una coloritura politica, ma perchè qui non ha mai governato».
Che farà se perdesse le primarie?
«Paolo Galante non può bruciarsi perchè Paolo Galante a prescindere da come andranno le cose ogni mattina mette la sveglia e va nella sua struttura. E quella non può togliermela nessuno».
Francesco Maesano
(da “La Stampa”)
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Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile
“SONO STATO LASCIATO SOLO”… “NESSUNA ALLEANZA CON RENZI ALLE AMMINISTRATIVE”
Scadeva ieri il termine per la raccolta di firme sugli otto referendum promossi da Pippo Civati. Non ce l’ha fatta.
Quante firme avete raccolto?
Le stiamo ancora contando. Al momento direi 300mila. Non bluffo. Ma sono molto soddisfatto: è stato un crescendo. Se l’alchimia che c’è stata fosse scattata una settimana prima ce l’avremmo fatta.
È soddisfatto? Sapeva di non farcela?
Sono soddisfatto perchè da soli e senza soldi abbiamo fatto un gran risultato. Ma credevamo in cifre più grandi basandoci su alcune città , come Aosta, Verona, Genova, Napoli. Dove avevamo visto crescere una tendenza.
Cosa non ha funzionato?
Intanto l’oscuramento dei media è stato sorprendente. Non abbiamo i soldi per fare una campagna informativa e abbiamo sofferto tantissimo fino al 15 settembre. Poi però è stato un diluvio di partecipazione. Non ha funzionato il fatto che potevamo lavorare tutti insieme e invece sono fioccati distinguo inverosimili sui quesiti. Però quello della scuola, il più attaccato, è quello che ha raccolto più firme, con quello sulle trivelle. Non voglio polemizzare però…
Però?
Però io ho proposto a tutti i quesiti a maggio. Se fossimo partiti tutti insieme ce la facevamo. Avrò anche io le mie responsabilità , ma ora voteremo fra due anni. Sono più incazzato da elettore che da promotore. Anzi, da promotore sono contento.
È partito da solo, l’hanno sospettata di avere un suo disegno personale.
Una stronzata. E quale sarebbe questo mio personale disegno?
Magari costruirsi un ruolo, e costruire la sua associazione Possibile attraverso i referendum.
Possibile ha 5mila iscritti per ora. Abbiamo posposto il tesseramento proprio per tenere separate le due cose. Ora abbiamo un sacco di progetti. Forse faremo una Leopolda negli stessi giorni di Renzi. In parlamento stiamo lavorando con la sinistra e con un pezzo del gruppo misto. In questi giorni si è un po’ freddata la tensione per ragioni, diciamo così, referendarie. E anche per le amministrative.
Nei comuni la futura ‘cosa rossa’ ha un problema. A Milano Sel farà le primarie con il Pd, semprechè si facciano. Lei no.
C’è un problema un po’ dappertutto, ed è di senso politico. Se siamo una cosa autonoma dobbiamo fare una cosa autonoma. Le eccezioni non possono arrivare prima della regola. Abbiamo idee diverse sulla base della nostalgia del 2011? Se a Milano ci fosse Pisapia se ne potrebbe discutere, ma non c’è. Come è successo a Barcellona, anche noi possiamo fare ‘Milano in Comune’, e così Bologna, Napoli. Se diamo il voto a un’alleanza in cui il Pd è egemone magari governeremo ma non prenderemo i voti e porteremo acqua al mulino di Renzi. Non possiamo dire che Renzi è un turboliberista e poi allearci con lui.
Ma in parlamento almeno farete i gruppi unitari?
Prima di tutto ognuno chiarisca al proprio interno cosa vuole fare. Ci sono frange meno unitarie in Sel, in Rifondazione, poi ci sono due tipi di verdi, poi c’è l’Altra Europa, i comunisti italiani, gli ex pd e noi. Non è colpa mia se alcuni sono divisi. Facciamo le comunali con un simbolo civico per chiamare tutto il centrosinistra, non solo la sinistra radicale. Il Pd si è spostato a destra, voteranno noi. Io avrò anche un attivismo disordinato, ma la sinistra Pd che strategia ha, quella dell’autoestinzione? L’ho detto anche alla Cgil: va bene, non volete fare i referendum, ma poi che farete, voterete Renzi?
Magari un sindacato preferisce che un referendum sul lavoro lo promuovano i lavoratori, o sulla scuola gli insegnanti.
A parte il quesito sulla scuola, e quello sull’Italicum, non c’è stata nessuna polemica di merito. Gli ambientalisti oggi festeggiano il referendum delle regioni contro le trivelle? Il nostro quesito era uguale, scritto dalla stessa persona. E infatti adesso ci mettiamo a loro disposizione. Sui temi sociali io sono andato da Landini a dirgli di scriverli lui i quesiti, e di promuoverli. L’unica condizione che chiedevo è di farli subito, non fra due anni. Ho i testimoni. E invece si racconta che Civati non ha sentito nessuno. E che Civati è diventato un problema.
Magari le hanno obiettato che con i tempi così stretti si rischiava il flop. Per lei 300mila firme saranno anche un successo, per gli altri no.
Se ci fosse stata la Fiom, la Coalizione sociale, Sel, Rifondazione e i verdi ce l’avremmo fatta. Ce la stavo per fare anch’io, bastava una settimana in più. Abbiamo perso un’occasione. I renziani festeggiano. E fanno bene: l’idea che rompevamo le scatole a Renzi piaceva molto ai banchetti. Se un piccolo movimento da solo raccoglie 300mila firme vuol dire che potenzialmente ci sono due milioni di firmatari. Ma non mi accusino di aver compromesso qualcosa. Ora ci sono 300mila persone pronte ad essere ricontattate.
Con Fiom, Sel, Prc amici come prima?
Ho un buon carattere. Avrei apprezzato la collaborazione, ed io per loro l’avrei fatto, lo dimostrerò alla prima occasione. Ma voglio dire a tutti una cosa: c’è un mondo fuori da noi. Persone pronte ad attivarsi. Non proponiamogli i soliti convegni.
C’è un appuntamento di tutta la sinistra a novembre. Ci andrà ?
Vedremo se Sel ha idee che coincidono con le mie e quelle di Ferrero e di altri sulla collocazione autonoma dal Pd alle amministrative.
Se no non ci andrà ?
Se no vado andrò a dire che io non mi alleo con il Pd. Ma con simpatia.
Dica la verità , lei vorrebbe fare il capo della cosa di sinistra?
No, non voglio fare il capo di niente. Anzi, sto cercando un candidato premier. Che però ancora non vedo. Forse dobbiamo cercarlo meglio. Oltretutto per me la cosa a sinistra si fa, non si predica.
(da “il manifesto”)
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Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile
E’ CONSIDERATO IL NOBEL ALTERNATIVO: E’ LA PRIMA VOLTA DI UN ITALIANO
Gino Strada, fondatore di Emergency, riceverà il Right Livelihood Award “per la sua grande umanità e la sua capacità di offrire assistenza medica e chirurgica di eccellenza alle vittime della guerra e dell’ingiustizia, continuando a denunciare senza paura le cause della guerra”.
L’annuncio è stato dato oggi al Centro per la stampa internazionale dell’Ufficio degli Affari esteri a Stoccolma.
Fondato nel 1980, il Premio Right Livelihood è presentato ogni anno al Parlamento svedese ed è più comunemente conosciuto come il ‘Premio Nobel alternativo’, nato per “onorare e sostenere coloro che offrono risposte pratiche ed esemplari alle maggiori sfide del nostro tempo”.
Quest’anno la Fondazione ha ricevuto ed esaminato 128 proposte da 53 Paesi.
A partire da oggi i laureati del Premio Right Livelihood sono 162 e provengono da 67 nazioni.
E’ la prima volta che il Premio viene attribuito a un candidato italiano. Insieme a Gino Strada verranno premiati Sheila Watt-Cloutier (Canada) per la difesa dell’Artico e Kasha Jacqueline Nabagesera (Uganda) per la difesa dei diritti delle persone Lgbti.
Il Premio onorario andrà a Tony de Brum e al popolo delle isole Marshall per il loro impegno contro il nucleare.
“Ricevere il Right Livelihood Award è un onore e una grande emozione – ha affermato Strada – Oltre vent’anni fa Emergency è stata fondata per offrire cure gratuite a chi soffre le conseguenze della guerra e della povertà . In questi anni siamo stati a fianco delle vittime e ci siamo opposti alla guerra e alla sua logica di sopraffazione. Abbiamo costruito ospedali, e abbiamo combattuto perchè chiunque avesse diritto a essere curato. Abbiamo assistito oltre 6 milioni di persone – ha ricordato – senza nessuna discriminazione, nella convinzione che essere curati sia un diritto umano fondamentale”.
“Oggi, nel mondo, la diseguaglianza tra pochi ricchi e moltissimi poveri è aumentata e la Terza guerra mondiale è già cominciata – prosegue Strada – Altri morti, altri feriti, altra sofferenza. Con Emergency continuiamo a lavorare, in Iraq, in Afghanistan e in alcuni dei Paesi più disastrati del pianeta, ma non possiamo rimanere inermi di fronte a questa mattanza indiscriminata. L’umanità ha fatto progressi straordinari in molti campi, dalla tecnologia alla medicina; ora è il momento che si impegni per un traguardo irrinunciabile: bandire la guerra dalla storia”.
“E’ il momento di lavorare a favore delle generazioni future, di seminare, anche nella consapevolezza che non saremo noi a vedere i frutti – ha concluso il fondatore di Emergency – Dobbiamo alimentare una cultura diversa, fondata sull’uguaglianza e il rispetto dei diritti umani: l’alternativa è la barbarie che abbiamo davanti e alla quale non possiamo arrenderci”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile
I DATI DELLA RAGIONERIA… CAOS ALL’ATAC: DECAPITATI I VERTICI DELL’AZIENDA
«Marino ha dichiarato il falso: aveva assicurato che il viaggio negli Stati Uniti non sarebbe costato un euro ai cittadini romani. Invece è costato oltre 15mila euro: a tanto ammontano infatti le anticipazioni di cassa per sostenere le spese dei due dirigenti di Roma Capitale al seguito e il pernottamento dello stesso sindaco e della sua addetta stampa a New York».
Ci sono voluti due giorni d’assedio alla Ragioneria comunale perchè Alessandro Onorato, capogruppo della Lista Marchini, riuscisse a rompere il muro di riservatezza eretto dallo staff di Marino sulla trasferta americana.
Due giorni di marcamento a uomo, concluso ieri sera con l’occupazione simbolica degli uffici, per ottenere tutta la documentazione relativa alla contestata missione sulla Est Coast: oltre che del sindaco e dell’addetta stampa Miriam Lepore (entrambi a carico, ma solo a Filadelfia, dalla Temple University), del capo del cerimoniale Francesco Piazza e della consigliera diplomatica Rosanna Coniglio.
«Questi ultimi due hanno ricevuto 5.900 euro a testa come anticipazione di cassa, che copre il 75% del costo finale», spiega Onorato, «ai quali bisogna aggiungere altri 1.500 euro per la prima notte trascorsa a New York da Marino e dalla Lepore. Siccome però in questo calcolo non sono contemplate le spese sostenute dal primo cittadino con la carta di credito del Campidoglio, il conto finale rischia di essere molto più alto».
L’ennesima giornata nera, per il chirurgo dem.
Costretto prima a incassare il traumatico addio dei vertici Atac, l’ad Danilo Broggi e del dg Francesco Micheli, in polemica con «le pesanti ingerenze della politica nella gestione dell’azienda».
E poi a precisare di non aver «mai ricevuto alcun compenso per la lezione tenuta alla Temple University. E comunque, ove mai fosse corrisposto, questo potrà essere devoluto al fondo che il Comune ha istituito per gli americani che volessero investire nel restauro dei beni archeologici di Roma».
La sola via d’uscita possibile dopo che l’ateneo della Pennsylvania aveva confermato a Repubblica di aver «offerto un onorario al sindaco», circostanza ribadita dal professor Antonio Giordano, medico nella stessa università nonchè «amico personale di Ignazio».
Unica nota positiva, il comunicato con cui padre Federico Lombardi, portavoce del Vaticano, tenta di mettere fine alle polemiche: «I rapporti fra rappresentanti della S. Sede e le autorità italiane a proposito del Giubileo si sono sempre svolti e continueranno a svolgersi con serenità e correttezza».
Basterà a riabilitare il sindaco agli occhi della città e del mondo?
Giovanna Vitale
(da “La Repubblica”)
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