Ottobre 24th, 2015 Riccardo Fucile
IL PD RISCHIA UN BAGNO DI SANGUE… IL SINDACO HA GIA’ PRONTO LO SLOGAN: “CACCIATO DA MAFIA CAPITALE”
In piazza, per resistere al Campidoglio. E alzare il livello della sfida, portandola a palazzo Chigi: “Se come pensiamo — dicono quelli attorno al sindaco — ci saranno migliaia di persone, significa che la città chiede a Marino di restare perchè è vissuto come uno che ha fatto la lotta a Mafia Capitale”.
Parole spiegano l’escalation ciò che ha già in mente il sindaco: un bagno di folla, poi l’arena nell’Aula Giulio Cesare: “Io — ripete in queste ore, quasi gasato – non mi dimetto per una storia di scontrini. Mi caccino”.
L’unico modo per far rientrare quella che più che una minaccia è una decisione già presa è che “Renzi gli dia un riconoscimento pubblico”. Magari incontrandolo. Marino ha già chiesto a palazzo Chigi un incontro “entro il 2 novembre”.
Altrimenti, la sua idea è di andare in Aula costringendo il Pd a votargli contro assieme alla destra. E poi presentarsi alle telecamere con lo slogan buono per la lista Marino: “Mi ha cacciato mafia Capitale”.
Data cerchiata in rosso, per lo show, il 5 novembre, giorno in cui inizia il processo di Mafia Capitale.
Ecco la frenetica preparazione della piazza. Da cui dipende tutto.
Alessandra Cattoi, spalla e consigliera del sindaco, praticamente la persona che in questi giorni gli è più vicina: “Abbiamo avuto l’adesione di molti circoli dem. In piazza ci saranno, per esempio, quelli di Pietralata, di Marconi, di Donna Olimpia e Ponte Milvio”.
Il gabinetto del sindaco è centrale operativa della manifestazione. Centrale operativa di cui fa parte Marco Miccoli, l’ex segretario del Pd romano. Soprattutto a lui è affidato il compito di portare tanto Pd, per far male davvero a Renzi e Orfini.
Quelli attorno a Orfini avrebbero voluto usare già le armi pesanti: “Matteo, diamo ai giornali i bilanci del Pd di Miccoli. Raccontiamo come era il suo Pd, quello travolto dall’inchiesta”. Per ora Orfini ha frenato.
Ma il veleno scorre a fiumi. Perchè è chiaro che le dimissioni sono preistoria. All’ordine del giorno c’è come andare avanti. Una delle ipotesi è proprio quella suggerita da Miccoli: una giunta per il Giubileo, guidata da Marino, composta da figure esterne.
Al Nazareno queste prove di resistenza non solo non mutano l’atteggiamento.
Ma producono un crescente nervosismo. Lorenzo Guerini, una colomba, taglia corto: “Noi guardiamo a ciò che abbiamo da fare per preparare la città al Giubileo e alle amministrative del prossimo anno. Punto”. Anche perchè, almeno per ora, i consiglieri hanno fatto sapere che “sono con Renzi”.
Orfini, che ormai vive a telefono, si è detto certo che il quadro non è cambiato rispetto al giorno in cui 17 consiglieri comunali entrarono al Nazareno per schierarsi a favore delle dimissioni di Marino.
Certo, qualcuno è sofferenza ma, è la certezza di Orfini, “al dunque stanno con noi”. Anche perchè, è la chiosa del ragionamento, “l’alternativa quale è: morire con Marino?”.
Stamane la piazza darà un prima risposta.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 24th, 2015 Riccardo Fucile
A ROMA “NOI CON SALVINI” E’ NEL CAOS
Più che un partito sembra la casa delle libertà , non nell’accezione politica, ma nel senso che ognuno fa un po’ quel che vuole.
Ai leghisti de’ noantri, cioè a Noi con Salvini a Roma e nel Lazio, riesce di tutto: litigi, nomine di supervisori col ruolo di pacieri ma con le funzioni effettive di commissari, dimissioni, nomine fantasma.
Cosa stia accadendo a Noi con Salvini all’ombra del Colosseo è più materia da psichiatri che da politologi.
La giornata di ieri, per esempio, ha del surreale.
In mattinata la deputata Barbara Saltamartini annuncia su Facebook l’avvenuto commissariamento del Lazio. «Buon lavoro a Gian Marco Centinaio – scrive – nuovo Commissario regionale del Lazio di Noi con Salvini. Lavoreremo insieme per far crescere il movimento e contribuire a dare sempre più forza al progetto di Matteo Salvini».
Passano pochi minuti e l’altra amazzone salvinista, Barbara Mannucci, si accoda, giurando, sempre su Facebook, fedeltà al senatore-commissario-paciere-supervisore.
A questo punto, il coordinatore regionale Fabio Fiorini decide di prendere carta e penna e rassegnare le dimissioni, rimettendo il proprio incarico nelle mani di Salvini.
Mutate le condizioni politiche, con il partito nel caos, Fiorini decide per un gesto di responsabilità per fare chiarezza.
Nel pomeriggio, poi, qualcuno manda persino in giro in alcune redazioni una velina rivelante il presunto commissariamento del Lazio e l’imminente nomina di nuovi responsabili locali.
Notizia, però, smentita dai vertici della direzione nazionale di Noi con Salvini: il Lazio, di fatto, non è mai stato commissariato.
Chi ci capisce qualcosa è davvero bravo.
E, forse, per trovare il bandolo della matassa, è necessario fare qualche passo indietro. Da settimane, infatti, si vociferava di un imminente commissariamento del movimento politico creato da Salvini per il Centro-Sud.
Prima s’è parlato di commissariamento di Roma, poi di commissariamento del Lazio. Alla fine, Salvini in direzione nazionale ha proposto che ogni Regione fosse coordinata da un supervisore: Centinaio è stato il primo a essere nominato.
Nel Lazio, appunto. In Sicilia resterà Attaguile, della Campania si occuperò invece il vicepresidente di Noi con Salvini Raffaele Volpi. Da definire, invece, Abruzzo, Puglia, Calabria, Molise e Sardegna.
I supervisori – soprattutto per quanto riguarda il Lazio – hanno poteri molto ampi su tutte le scelte politico-strategiche.
Di fatto sono assimilabili a commissari, pur non sostituendosi ai coordinatori regionali. Così tutte le cariche locali restano in piedi. Fino a nuovo ordine.
A Roma, però, la situazine era ed è esplosiva. Il correntismo dilaga e con esso le faide interne. Le fazioni sono schierate da tempo, col vicepresidente Volpi nel mirino.
Così l’arrivo di Centinaio viene vissuto come un redde rationem che coinvolge tutti: le amazzoni Saltamartini e Mannucci, il coordinatore regionale Fiorini, il coordinatore romano Marco Pomarici.
Salvini ha visto in due occasioni i romani: giovedì 19 ottobre e mercoledì scorso.
Il momento è delicato: a maggio si vota a Roma e in tantissime città medie dell’hinterland e del Lazio.
Centinaio si è preso qualche giorno per valutare la situazione. Nel frattempo regna sovrano il caos.
Daniele Di Mario
(da “il Tempo”)
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Ottobre 24th, 2015 Riccardo Fucile
I CONTATTI POLITICI DELLA ACCROGLIANO’…. IL MINISTRO DEI TRASPORTI E ANCHE MATTEOLI CITATI IN UN DIALOGO
Per ottenere tangenti e favori dagli imprenditori che aiutava a sbloccare le pratiche, la «Dama nera» dell’Anas sfruttava ogni canale, soprattutto politico.
Per questo Antonella Accroglianò – arrestata due giorni fa insieme ad altre nove persone – caldeggiava l’interessamento di parlamentari e ministri ai quali sollecitava raccomandazioni proprio per poter passare all’incasso con i titolari delle aziende. L’indagine della Guardia di Finanza si concentra sui soldi che la donna e i suoi sodali avrebbero ottenuto, ma anche sul ruolo dell’ex presidente Pietro Ciucci
Perchè bisogna capire come mai, in numerose intercettazioni, la donna facesse riferimento a quello che «il presidente deve fare». E soprattutto che effetto abbiano avuto le sue insistenze presso alcuni membri dello staff di vertice.
Su questo si stanno concentrando le indagini affidate agli investigatori della Guardia di Finanza guidati dai colonnelli Cosimo Di Gesù e Gerardo Mastrodomenico, che potrebbero avere nuovi e clamorosi sviluppi grazie all’esame di tutte le pratiche che il suo ufficio gestiva.
Matteoli e la Fondazione Formiche
Tra i casi gestiti da Accroglianò c’è quello dell’imprenditore Giuseppe Ricciardello che deve ottenere lo sblocco di una penale.
I due si incontrano il 5 maggio scorso e, annota la Finanza, «la dirigente Anas gli suggeriva di recarsi presso una Fondazione, da identificarsi, con ragionevole certezza, nella Formiche Onlus (vicina alla rivista fondata da Paolo Messa, oggi nel cda della Rai) dove avrebbe dovuto incontrare l’onorevole Marco Martinelli, il quale si sarebbe attivato attraverso il “direttore generale della Sicilia” e un “assessore”, per la risoluzione di una vicenda, non meglio specificata, riguardante il Ricciardello».
La donna spiega che «la questione avrebbe dovuto essere risolta prima che Ciucci lasciasse l’incarico di Presidente».
Durante il colloquio «Accroglianò veniva contattata dalla dirigente Anas Elisabetta Parise, Responsabile Giovani della Fondazione, con la quale usa termini in codice per annunciare che Ricciardello sarebbe arrivato. Accroglianò asseriva che Martinelli, con cui l’imprenditore si era incontrato presso Formiche, avrebbe provveduto a contattare Ciucci per la risoluzione di tale vicenda e che anche il senatore Altero Matteoli, si sarebbe interessato alla questione: “Ho detto fai chiamare Ciucci, gli devi dire che i soldi devono uscire dalla cassa nostra noi li anticipiamo e poi glieli ridiamo Cavaliere, qua deve smuovere tutto il mondo, si deve smuovere”».
Matteoli dice di «cadere dalle nuvole, mai chiesto a Ciucci di bloccare pratiche».
Le richieste a Delrio e Alfano
La «dama nera» conta molto sulla rete di relazioni.
Per questo il 10 giugno scorso, durante un nuovo incontro «chiede a Ricciardello di attivarsi attraverso le sue conoscenze politiche, facendo un chiaro riferimento al Ministro dell’Interno Angelino Alfano, e di essere accreditata, unitamente a Elisabetta Parise, presso i nuovi membri del CdA dell’Anas Cristina Alicata e Francesca Moraci». L’obiettivo lo racconta lei stessa: «Essere nominata dopo la nomina del nuovo Presidente Gianni Vittorio Armani, responsabile dell’Ufficio Gare e Appalti».
Secondo gli inquirenti «è ragionevole ritenere che l’interesse della Accroglianò nei confronti del Ricciardello non scaturisca da promesse o dazioni di denaro e altre utilità , piuttosto da legami di conoscenza tra costui e ambienti della politica».
In questa ottica si inquadra l’incontro organizzato dall’ex sottosegretario Luigi Giuseppe Meduri tra gli imprenditori catanesi Concetto Bosco e Francesco Domenico Costanzo con «un non meglio individuato ministro».
In realtà secondo il contesto investigativo si tratta del titolare delle Infrastrutture Graziano Delrio al quale sarebbe stato sottoposto un progetto; Delrio ha già detto di aver incontrato Meduri «soltanto in Transatlantico».
La diffida a Ciucci
L’inchiesta condotta dai pubblici ministeri Francesca Loy e Maria Calabretta mira anche ad accertare come mai il presidente Ciucci decise di non dare seguito alla diffida del 17 aprile scorso dell’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone «sulla decisione di Bosco e Costanzo di cedere il ramo d’azienda (in realtà l’appalto), relativo alla realizzazione della Variante di Morbegno, in favore di Cossi Costruzioni».
Le verifiche hanno infatti accertato che «gli imprenditori catanesi, grazie all’interessamento dei funzionari di riferimento, siano riusciti nel loro intento di ottenere l’autorizzazione richiesta».
Per quella pratica sarebbe stata versata alla «dama nera» una tangente da almeno 150mila euro e adesso bisognerà scoprire la donna con chi l’abbia divisa.
Del resto i controlli effettuati negli ultimi mesi hanno dimostrato «la prassi diffusa all’interno di Anas di gestire i rapporti con gli imprenditori basandosi più su relazioni personali che su procedimenti e protocolli amministrativi.
L’assenza di rigore e formalità costituisce terreno paludoso, la cui rilevanza penale, peraltro, presuppone l’acquisizione di ulteriori elementi di riscontro».
Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 24th, 2015 Riccardo Fucile
I RAPPORTI CON L’OLIGARCHIA MOSCOVITA
Abbandonata “la diplomazia del lettone” di berlusconiana memoria, la destra riscopertasi a trazione leghista, sembra aver appaltato a Casa Pound il compito di tessere i legami con il Cremlino.
Anche grazie a pontieri come Fabrizio Fratus, esponente storico della destra milanese e pioniere nell’operazione di cooptazione di intere fette della galassia nera nella Lega, il flirt fra il Carroccio e i “fascisti del terzo millennio” è ormai divenuto qualcosa di decisamente più serio.
E a loro Salvini sembra aver voluto affidare la gestione routinaria di quei rapporti con la Russia che oggi – complice forse anche l’operazione di restyling che ha spedito in soffitta celtiche e braccia tese- sembrano essere diventati più istituzionali.
La nuova faccia dell’estrema destra italiana piace Mosca, se è vero che sarà Rossotrudnichestvo – ente di quel ministero degli Esteri russo, da almeno un decennio feudo incontrastato del fedelissimo di Vladimir Putin, Sergej Lavrov — a benedire la conferenza “Italiani in Crimea” prevista al Centro russo di scienza e cultura di Roma.
E LAVROV CHE DICE?
Astuto e inflessibile volto della Russia al burrascoso tavolo delle trattative con Europa e Stati Uniti, Lavrov è sempre stato ben attento a non mettere in piazza simpatizzanti impresentabili.
Eppure è stato proprio l’Ente controllato dal suo ministero a schierare fra gli oratori non solo la figlia del direttore, Irina Osipova, studentessa moscovita leader dell’associazione italo-russa Rim, che sta collaborando al lancio di Sovranità , nuova costola di Casa Pound, ma anche vecchi e nuovi nomi della galassia nera, come Luca Bertoni e Andrea Bonazza.
Voce e anima di «Lombardia-Russia» e «Lombardia-Crimea» – organizzazioni di fronte cui la Lega nazional popolare di Salvini sta cercando di radicarsi su tutto il territorio della penisola — Bertoni è ormai un nome abbastanza noto negli ambienti della destra russa, dei quali più volte è stato gradito ospite.
Ancor più di lui, sembra apprezzato Andrea Bonazza, consigliere comunale di Casa Pound a Bolzano e volto della onlus Solidarietè Identitè, divenuto noto per le sue dichiarazioni di amore e stima nei confronti di Hitler e Mussolini.
GLI SCIVOLONI DI BONAZZA
Non più tardi di qualche mese fa, Bonazza — appena eletto consigliere comunale — si è guadagnato un’interrogazione parlamentare e una denuncia per apologia del fascismo, per aver sostenuto che «ci sono leggi e strutture del fascismo che funzionano sicuramente meglio delle castronerie fatte oggi. Se ci fosse Mussolini in Italia le cose andrebbero assolutamente molto meglio e alla grande».
Contrariamente alla Cassazione che lo ha condannato a due mesi per aver fatto il saluto romano, il pm della procura di Bolzano non sembra aver ravvisato un reato nelle parole del consigliere comunale di Cpi e il 29 settembre scorso ha chiesto l’archiviazione del procedimento.
Da parte sua Bonazza non si è mai mostrato preoccupato, così come ha respinto al mittente le obiezioni su Popoli, l’associazione “solidarista” con cui la sua Solidaritè Identitès lavora in Birmania orientale a sostegno dei Karen, minoranza etnica dal 1948 in lotta armata per l’indipendenza
BIRMANIA ARMATA
Per la Procura di Verona, il fondatore di Popoli Franco Nerozzi ai Karen non si limitava a fornire medicine.
Arrestato per terrorismo internazionale perchè accusato di aver utilizzato la Birmania come campo di addestramento di un gruppo di volontari reclutati per realizzare un golpe alle isole Comore, Nerozzi — pur proclamandosi vittima di un equivoco — ha patteggiato un anno e dieci mesi ed è tornato in Birmania.
Dove continua a lavorare in tandem con Casa Pound. L’ultima “missione” – informa il sito Sol.id — si è conclusa qualche giorno fa. E’ probabile che Bonazza, oratore di punta al convegno di Rossotrudnichestvo, non si intrattenga più di tanto sul punto, ma il silenzio sull’argomento potrebbe non riuscire a rendere più presentabile il personaggio, finito al centro delle cronache bolzanine anche per diversi episodi di violenza.
FASCISTI A PIETROGRADO
Ma Bonazza non è certo l’unico personaggio ingombrante che la Russia si ritrovi fra i suoi sostenitori.
Il gran lavorio internazionale dell’ideologo del neo-eurasismo russo Aleksandr Dugin ha dato i suoi frutti e adesso sono in tanti i simpatizzanti più o meno dichiarati della destra fascista o nazista a guardare con ammirazione allo “zar” Putin.
Nel marzo scorso, ospiti del primo “Forum conservatore russo internazionale”, organizzato dal partito nazionalista Rodina, guidato dal vicepremier Dmitriy Rogozin e fondato da Aleksey Zhuravlev, noto deputato del partito “presidenziale” Russia Unita, si sono presentati a San Pietroburgo l’europarlamentare neonazista Udo Voigt, l’ex leader del partito anti-immigrazione British National Party, Nick Griffin, due europarlamentari del partito neonazista greco Alba Dorata, Elefterios Sinadinos e Georgios Epitidios, più lo svedese Stefan Jacobsen, del neonazista Partito degli Svedesi e il leader del partito razzista di estrema destra bulgaro Ataka. Non sono mancati gli italiani.
AMBASCIATORI MA NON TROPPO
Per Forza Nuova, si è presentato all’appuntamento Roberto Fiore, mentre «la Lega Nord ha declinato il nostro invito – ha detto il vice-capo del comitato organizzatore del Forum Yuri Liubomirski- perchè i suoi rappresentanti erano impegnati in Italia”, ma c’era Luca Bertoni per l’associazione Lombardia-Russia.
La sua partecipazione al forum però si è trasformato in un piccolo giallo politico. Dopo una dura imbeccata di Luca Savoini, fondatore di Lombardia — Russia e storica firma della Padania, Bertoni ha affermato di aver partecipato solo a titolo personale. Peccato però che il suo nome campeggiasse fra gli oratori.
Magari quella fra Carroccio e estrema destra è una coppia di fatto, ma per l’ufficialità del matrimonio bisognerà attendere ancora un po’.
Alessia Candito
(da “L’Espresso“)
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Ottobre 24th, 2015 Riccardo Fucile
IL PORTAVOCE DEI VERDINIANI SOTTOLINEA L’APPORTO DETERMINANTE DEL SUO PARTITO: “RENZI E’ UN RIFORMATORE”
C’è dieta e dieta. Consigliato dal suo collega Lucio Barani, medico, il senatore Vincenzo D’Anna ha perso 16 chili.
Allo stesso tempo, però, il verdiniano più noto d’Italia osserva: “Politicamente, mica possiamo morire d’inedia, facendo gli schiavi a vita. Non possiamo essere considerati reietti e poi sostenere lo stesso il governo. Noi rappresentiamo interessi diffusi, legittimi, positivi”.
D’Anna è stato il primo a teorizzare l’incontro tra i renziani e i liberali ex berlusconiani. Materia delicatissima ed esplosiva al Nazareno, inteso come la sede nazionale a Roma del Pd.
Ed è per questo che precisa di parlare a titolo personale e non da portavoce di Alleanza liberalpopolare per le autonomie, la formazione verdiniana.
Manovra a rischio fiducia: voi verdiniani direte sì
Non vogliamo essere riconosciuti come verdiniani, ma come liberali e riformatori.
Quindi?
Se un giorno fossimo costretti a votare la fiducia vuol dire che Renzi non avrebbe i numeri. A quel punto noi, nostro malgrado, ci troveremmo in maggioranza e questo presupporrebbe rispetto e dignità . Se poi il premier, invece, avrà la maggioranza vorrà dire che i nostri voti sarebbero aggiuntivi, eventualmente.
Vostro malgrado, non esageri
Oltre a lei, lo dico a tutti quelli che nel Pd ci considerano reietti…
…per inciso, non più solo la minoranza dem: i mal di pancia riguardano Delrio, Orlando, finanche sindaci come Fassino
Appunto, dico a tutti che noi non vogliamo entrare nel Pd. Noi intendiamo radunare tutte le forze moderate, liberali, non solo quelle orfane come noi di Berlusconi.
I cespugli centristi sono vari.
Ci rivolgiamo a Ncd di Alfano, a quel che resta di Scelta civica, al Centro democratico di Tabacci, pure agli amici di Raffaele Fitto.
Una volta fatto il centro?
Dovremmo allearci per necessità con Renzi, già a partire dalle prossime amministrative. Dico per necessità perchè da un lato c’è il lepenismo di Salvini, dall’altro il nulla del Movimento 5 Stelle.
E se resta il premio di lista all’Italicum, anzichè ritornare a quello di coalizione?
La politica è l’arte del divenire. Altrimenti pazienza, resisteremo. Però a Renzi dico che se poi arriva al ballottaggio con Grillo non può chiedere i nostri voti per non perdere. Gli risponderei: perchè non ci pensavi prima?
Lui a dire il vero, ci sta pensando. Altrimenti tutte queste polemiche sui verdiniani che senso avrebbero?
Il senso che, come Renzi, noi vogliamo modernizzare lo Stato, abbattere il Moloch della spesa pubblica. E sinora, nella sua versione riformatrice, il premier ha maggiori affinità con noi che con la sua minoranza.
Dicono che abbia ucciso i comunisti.
Lasci stare, i comunisti sono morti da soli. In ogni caso Bersani esisterebbe a prescindere da Renzi e Verdini. Loro sono la sinistra di un statalismo bolso, che ha la muffa. Noi vogliamo concorrere alle riforme liberali.
La dignità , il riconoscimento passano per le presidenze delle commissioni e il rimpasto?
Non è una questioni di poltrone, di mercato. O siamo reietti oppure non lo siamo. È una questione di dignità , ripeto.
Se non è mercato, è trattativa?
Lei insiste, allora le dico che nel silenzio generale non ho sentito una sola voce di indignazione per l’elezione di Tonini (senatore del Pd, ndr) alla presidenza della commissione Bilancio del Senato. Lo scrutinio era segreto ma noi di Ala lo abbiamo votato.
Che vuol dire?
L’apporto di Ala è determinante, come dimostrano le riforme costituzionali. E mi faccia dire pure una cosa.
Quale?
Io non chiedo posti per me ma se alla commissione Sanità si deve scegliere tra D’Anna, che è biologo, e Gotor, che è storico, chi è meglio in base alle competenze?
È vero che Verdini ha rinunciato al suo tour tv su pressioni di Renzi.
Si è preso una pausa di riflessione, ma Verdini non è uno che si fa imporre le cose dagli altri. Lei non mi crederà , ma lui non vuole essere leader, nè tantomeno indebolire questo progetto con le critiche alla sua persona ogni volta che appare.
Rassicuri la minoranza dem.
Ho visto un sondaggio ancora riservato: l’83% degli elettori del centrosinistra non si scandalizzerebbe di Verdini come alleato.
Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 24th, 2015 Riccardo Fucile
“LO STATO SOSTENGA LA SANITA'”
«Ancora non conosciamo il testo definitivo della legge di stabilità . Ecco perchè non vorrei che litigassimo per nulla».
Col governo, presidente della Regione Puglia Michele Emiliano?
«A Matteo Renzi non voglio dire neanche una parolaccia».
Però, dal Nord al Sud d’Italia, avete alzato la voce perchè i quattrini per l’assistenza sanitaria non sono poi così tanti. O no?
«Se ricordo bene, ci avevano promesso 3 miliardi di euro in più; nel migliore dei casi, ne spunterà soltanto 1, forse». Il rischio è quello di continuare a fare le nozze coi fichi secchi.
Tant’è che proprio Emiliano strilla: come stanno le cose, «riprendetevi gli ospedali».
«Era un’iperbole, quella. Lo Stato ci metterebbe almeno dieci anni a riprendere il controllo degli ospedali»
Nel frattempo, per fare quadrare i conti, potreste applicare la “soluzione Zanetti”: secondo il sottosegretario all’Economia, per ripianare i disavanzi sanitari nessuno vi impedirebbe di aumentare le addizionali regionali
«Questo, per niente al mondo. Accade una cosa bizzarra: a Roma suonano la grancassa perchè raccontano di volere cancellare le tasse sulla prima casa, ma poi costringono le Regioni a fare impennare le imposte locali. La verità è che la pressione fiscale non è mai cambiata. Non possiamo ancora prendere in giro la gente. Devi essere corretto col cittadino: se ti abbasso i tributi, poi non vado a riprendermeli da un’altra parte»
Rimedi ?
«Un territorio virtuoso come quello della Toscana o la Puglia, prima in Italia per produttività lungo il fronte sanitario, hanno bisogno di denaro per acquistare nuove attrezzature e fare assunzioni: più investimenti significa, in prospettiva, abbassare i costi»
È la classica missione impossibile?
«Se non si dovesse seguire questa strada, siamo al collasso. O si fa il decreto salva-regioni, a cui erano state concesse anticipazioni per pagare i fornitori, o a partire dal 2016 andiamo in default»
Non è che ha ragione il ministro Lorenzin nel momento in cui considerava un errore l’assegnazione della sanità alle Regioni ?
«Quella dichiarazione è irricevibile ».
La titolare della Salute avrebbe corretto il tiro
«Se lo ha fatto, siamo tutti più contenti. Il problema è semplice: definanziare la sanità sarebbe l’abbandono del modello universalistico, uguale per tutti. Se lo scopo del gioco è questo, allora è meglio seguire la via maestra: andare in Parlamento e chiedere l’eliminazione delle Regioni»
Presidente Emiliano, alla fine di questo braccio di ferro salterà fuori il coniglio dal cilindro?
«Io spero che quella di Stabilità sia una legge light: non provochi guai particolari. È la ragione per cui non vale la pena accapigliarsi su questa finanziaria. Me lo auguro, almeno. Tuttavia…».
Tuttavia?
«Lo Stato centrale, anche questa volta, non fa spending review. Sì, insomma, non ci sono tagli a livello centrale, di sprechi e quant’altro. Non va bene».
Lello Parise
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 24th, 2015 Riccardo Fucile
IL SOLITO GIOCO DELLE TRE CARTE: RENZI LE TASSE LE FA AUMENTARE ALLE REGIONI
C’è qualcosa di poco stabile nella Legge di Stabilità che ha trovato – con qualche fatica – la sua via verso l’esame del Quirinale.
A dieci giorni dalla presentazione fatta a suon di slides dal presidente del Consiglio Matteo Renzi e mentre si attende ancora il testo definitivo sul quale dovrà pronunciarsi il Parlamento, si materializza il rischio che le Regioni debbano aumentare i tickets delle prestazioni sanitarie per far fronte al taglio di trasferimenti da parte dello Stato.
Se così fosse la riduzione delle tasse che il premier assicura di aver avviato con decisione risulterebbe in qualche modo inficiata, anche se ad aumentare per i cittadini non sarebbero le tasse, ma appunto il costo delle prestazioni sanitarie per chi ne dovesse avere bisogno.
Colpa di qualcuno o di qualcosa?
Forse della voglia del governo di non rischiare in proprio misure impopolari, trasferendone invece l’onere finanziario e politico sulle Regioni.
Anche per questo la spending review che sembrava dover essere uno dei cardini della politica economica di Renzi è stata in realtà battuta dal partito della spesa pubblica che prima ha tagliato – quelli sì – gli esperti chiamata a rivedere la spesa, da Carlo Cottarelli a Roberto Perotti, e poi ha ridotto alla miseria di 200 milioni i tagli agli acquisti di beni e servizi previsti per il 2016.
Così almeno dicono i documenti inviati dall’esecutivo a Bruxelles.
E i miliardi di tagli, 5,8 miliardi per la precisione, che apparivano invece nelle slides di Palazzo Chigi? Quelli vengono scaricati in gran parte proprio sulle Regioni
Non è il solo aspetto di una manovra finanziaria che rivela l’approccio poco organico del governo e il rischio che quando agli slogan bisogna sostituire le scelte concrete i conti non tornino.
È accaduto in qualche misura con la riduzione dell’Ires per le aziende, che partirà solo nel 2017, a meno che l’improbabile approvazione di una «clausola migranti» da parte della Commissione europea consenta all’Italia di aumentare il deficit di un altro 0,2% del Pil; o con le misure per l’uscita anticipata dei pensionati, anch’esse rimandate.
Renzi non sembra poter ammettere, nel suo racconto dell’azione di governo, che ci siano delle misure che ha scelto di non prendere o che gli è impossibile prendere per i vincoli di bilancio.
Le slides per spiegare a tutti, senza troppi tecnicismi, che cosa cambia vanno benissimo.
Ma in inglese la parola slide ha almeno due significati: un’immagine che scorre o uno scivolo non voluto.
Francesco Manacorda
(da “La Stampa”)
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Ottobre 24th, 2015 Riccardo Fucile
“PARLAVO A TUTTI, TUTTI AVEVANO BISOGNO DI ME”
Tre Marlboro rosse di fila, praticamente senza respirare.
Poi Denis Verdini si lascia andare, in un angolo del cortile del tribunale: «Che fatica questo interrogatorio, ma combatto. In questo processo non c’è davvero un cavolo, mi creda. Però mi devo difendere, l’ho sempre fatto. E d’ora in poi lo farò su tutto».
In effetti l’ex coordinatore berlusconiano ha bisogno di uscire indenne da questo corpo a corpo con la giustizia.
Inevitabile, per chi bussa alla porta del Pd, ha un piede e mezzo nella maggioranza di Matteo Renzi e sogna un posto al sole nel partito della Nazione: «Certo che lo faccio anche per una questione di “presentabilità ” politica, come la chiama lei. Ed è ovvio che in questa fase sono esposto. Ma, mi creda, lo faccio soprattutto per una questione di onorabilità personale».
Bisogna rientrare in aula, la prima pausa concessa dal tribunale è già finita.
«Non mi sono mai sottratto ai giudici. Politica e giustizia restano, per me, due binari separati»
È arrivato a piazzale Clodio poco dopo le nove. Completo blu, cravatta tendente al viola, bretelle nere. Tra i suoi legali c’è il professor Coppi, a cui indirizza lo sguardo con ostentata noncuranza prima di rispondere ai quesiti più delicati.
A un certo punto incrocia il faccendiere Flavio Carboni, anche lui imputato per la P3, descritto come un simpatico guascone: «Scusi, signor capo del governo»…, scherza il faccendiere.
E Verdini: «Se lo dici di nuovo – sorride – ci arrestano a tutti e due…».
Vuole conquistare i giudici. Come?
«Spiego la politica, che è il mio lavoro».
Racconta la dura attività da Mister Wolf di Fivizzano. Sangue e merda, diceva Rino Formica. «Fare il politico è una cosa tosta, c’ho sempre la gente addosso… Godo negativamente dell’immagine dell’uomo dal carattere forte, che manda a quel paese e si fa rispettare. È il mio linguaggio, non lo filtro. Parlavo con tutti, bastava una telefonata. Tutti avevano bisogno di me».
Costruisce l’immagine di un potente spregiudicato che decide e magari calpesta, ma che non ha certo bisogno di una banda di millantatori: «Non per fare l’arrogante, ma è il mio mestiere scontentare qualcuno. Sa, lui diceva di sì a tutti, poi intervenivo io».
E alza il dito verso l’alto, tanto che i giudici domandano: «Lui chi?». «Lui, Berlusconi»
A pranzo siede al ristorante con Coppi. Poi torna di fronte ai giudici. Gesticola molto, studia i tempi come fosse a un talk: «Visto che in sala ci sono giornalisti mi lasci dire… ». «Si rivolga a me!», lo riprende il pm.
Per smorzare la tensione il neorenziano cita il “Quarto potere” di Orson Welles, poi Guicciardini.
Ogni tanto la discussione vira verso altri dossier. La premessa è standard: «Di questo sto discutendo in un altro processo». Una, due, tre volte. Quattro, come i suoi guai giudiziari.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 24th, 2015 Riccardo Fucile
E DOMANI SARA’ IN PIAZZA CON I SUOI FANS… IL TIMORE NEL PD: SE SI PRESENTA ALLE PRIMARIE E LE VINCE?
Appena atterrato a Santiago del Cile, prima di sei tappe in America Latina, Matteo Renzi si è aggiornato sulle ultimissime dall’Italia, ma sul caso-Roma non ha perso tempo, il suo giudizio (informale) è stato lapidario: il caso è chiuso, restiamo in attesa che Ignazio Marino confermi le sue dimissioni entro la data formale del primo novembre. Stop.
Certo, le ultimissime esternazioni del sindaco («la città sta con me, potrei correre alle Primarie del Pd») hanno fatto capire a Renzi che la fase finale del divorzio tra Marino e il Pd potrebbe risolversi in un «bagno di sangue» politico, ma oramai a palazzo Chigi si è messa nel conto una conclusione cruenta.
Tanto è vero che, sottovoce, si comincia a pensare che serva un miracolo per riconquistare Roma da parte del Pd in occasione delle elezioni amministrative previste per il prossimo anno
Anche perchè lo scenario adombrato da Marino è di gran lunga il più lacerante: una volta sciolto il Consiglio comunale, l’ex sindaco provocherebbe più problemi se si candidasse alle Primarie del Pd (col «rischio» di vincerle), anzichè con una Lista contrapposta, destinata all’opposizione.
Uno scenario talmente preoccupante che al Pd romano hanno cercato di capire se almeno dal punto di vista formale, Marino potrebbe candidarsi alle Primarie interne.
E qui è spuntata una sorpresa: il sindaco non risulta iscritto al suo Circolo nel 2015 e neppure nel 2014.
Mentre per l’anno in corso si può ancora rimediare, quello dell’anno scorso rappresenta un vuoto curioso, un segno di disaffezione e di allontanamento del Pd.
L’entourage di Marino però smentisce: nel 2014 il sindaco, non solo ha richiesto la tessera, ma ha anche versato un assegno di centinaia di euro. A chi? Perchè non nel suo Circolo?
Questo non è dato saperlo, ma sempre dal Campidoglio si preoccupano di ricordare che Marino fa parte della Direzione del Pd e non sembrano dar credito ad una «espulsione» dalle Primarie.
Un piccolo «giallo» in una storia che non sembra finire più
L’unica possibilità che i due treni in corsa si fermino prima dello scontro è affidata ad un evento al momento inimmaginabile: un chiarimento diretto tra Renzi e Marino. Attualmente tutti i canali tra Campidoglio e palazzo Chigi sono ostruiti e non si parlano più neppure Marino e Orfini, il commissario del Pd.
Eppure il sindaco ha fatto sapere per vie informali di essere pronto a confermare le dimissioni nel caso in cui il presidente del Consiglio riconoscesse in modo chiaro i risultati conseguiti in due anni dall’amministrazione capitolina.
Ma Renzi non ne vuol sapere. E non soltanto perchè apparire uno che fa marcia indietro è contrario alla sua «deontologia». Ma Renzi non si fida più di Marino, personaggio che ha già dimostrato diverse volte di essere imprevedibile.
Tanto più che domani mattina è in programma un evento che potrebbe cambiare questa vicenda: i sostenitori di Marino si sono dati appuntamento a piazza del Campidoglio e la mobilitazione, nata spontaneamente, sta raccogliendo una quantità inattesa di adesioni. Una manifestazione della quale si misurerà la quantità , ma anche la qualità : quanti militanti ed elettori del Pd ci saranno?
Di sicuro in piazza ci sarà anche lui, Ignazio Marino.
Fabio Martini
(da “La Stampa”)
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