Ottobre 29th, 2015 Riccardo Fucile
ALTRO CHE SOCCORSO A RENZI E ORFINI: IL PD I 25 SE LI TROVI DA SOLO, SE CI RIESCE
Sulla vicenda dimissioni di Marino qualche domanda gli italiani dovrebbero cominciare a porsela.
La prima: per quale ragione il sindaco di Roma dovrebbe essere cacciato per una storia di 20.000 euro di scontrini contestati e per la quale non è indagato, quando abbiamo un premier che ha speso milioni di soldi pubblici quando era presidente della provincia di Firenze in viaggi e cene e nessuno dice nulla?
Con la differenza che Marino ha pubblicato gli scontrini, mentre ai consiglieri comunali di Firenze è impedito persino di accedere alle ricevute di Renzi sindaco.
La seconda: al netto dei giudizi che ognuno può avere sull’operato di Marino come primo cittadino, non è singolare l’attacco concentrico al sindaco da parte dei poteri forti e dei media?
Che certi equilbri di Mafia capitale vadano ripristinati e Marino rappresenti un ostacolo?
Perchè lo stesso trattamento non è stato riservato agli scontrini di Renzi?
La terza: che le critiche al sindaco di Roma arrivino da certi settori della destra romana, ampiamente collusa con il sistema delle tangenti e del malaffare è un aspetto che non si può sottacere.
Per usare un termine caro a Giorgio Almirante questa gente andrebbe fucilata due volte, per il danno di immagine che ha causato a un intero mondo politico di gente onesta e perbene, altro che vederla ancora pontificare.
La quarta: questo autolesionismo destrorso di urlare “al voto, al voto”, porterà questi sprovveduti a far vincere i Cinquestelle, gli unici che, non avendo ancora governato, possono godere di un minimo di credibilità (Grillo e Casaleggio permettendo).
Il centrodestra romano è una discarica, prima pensino a depurare le acque interne e tra dieci anni si ripresentino con le analisi in regola.
La quinta: dai sondaggi on line de “Il Corriere della Sera” e “la Stampa” emerge quanto noi sosteniamo da tempo, ovvero che gli elettori sono più intelligenti dei politici (di destra o di sinistra che siano).
Il 56-58% ritiene che Marino abbia fatto bene a ritirare le dimissioni.
Solo così il partito di Renzi imploderà tra le sue contraddizioni, altro che fare la ruota di scorta dei piddini.
Lo diciamo a quei cazzari che hanno in mente di regalare a Orfini i 6 voti che mancano per impedire a Marino di presentarsi in aula.
Salvo che non abbiano qualche losco interesse nella manovra a sostegno.
Mafia capitale è viva e lotta insieme a loro?
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Ottobre 29th, 2015 Riccardo Fucile
IN REALTA’ CI SONO PERSINO DUBBI SUI 19 CONSIGLIERI PD… E PERCHE’ MARCHINI DOVREBBE FIRMARE? IN CAMBIO DI COSA?
Matteo Orfini gli aveva promesso che al suo ritorno dalla trasferta in America Latina avrebbe trovato il Campidoglio ‘liberato da Ignazio Marino’. E invece…
Matteo Renzi arriva a Palazzo Chigi a metà giornata. Cuba e l’incontro con Raul Castro sono ormai alle spalle, finito tutto il tour tra Cile, Perù, Colombia e L’Avana, appunto.
Ricordi sicuramente felici se paragonati al caos che trova a Roma, nel frattempo declassata dal suo fedelissimo Raffaele Cantone a capitale che di “morale” non ha niente, meglio Milano.
Marino non solo non ha liberato il Campidoglio, ma è sempre più asserragliato. Sembra che abbia aspettato il ritorno del premier in Italia per annunciare: “Ritiro le dimissioni”. Schiaffone. Renzi mastica amaro.
A sera però è convinto di avere i 25 consiglieri capitolini disposti a dimettersi tutti insieme davanti al notaio per far decadere sindaco e consiglio comunale. Fine della storia. O forse no. La rete intanto si scatena nella satira: segno che la telenovela è andata avanti un po’ troppo.
Il gelo e l’irritazione di Renzi, chiuso con i suoi a Palazzo Chigi, sono alle stelle. Questa storia si sta trascinando per troppo tempo, per i gusti del presidente del Consiglio.
“Io sto con Orfini”, ha detto ieri sera da L’Avana, per confermare la fiducia nel commissario romano che però non riesce ancora ad ‘acchiappare’ l’affare Marino.
E con lui Renzi aprirà la partita quando questa storia sarà finita. Anche se oggi non manca lo sfogo con Orfini. Il quale, è il ragionamento del premier, non ci ha preso sull’apertura di una fase due a Roma, non ci ha preso sulle dimissioni e chissà se ora va bene sui 25 pronti a dimettersi. Chissà .
Il caso Marino, anzi il ‘caos Marino’ sfugge dalle mani di tutti. Anche quelle di Renzi, che oggi, tornato a Roma, si tuffa nella questione, una delle più spinose che abbia dovuto gestire da quando è segretario e premier.
Renzi tiene i fili da Palazzo Chigi, mentre il commissario del Pd Roma si chiude in una riunione-fiume con i 19 consiglieri capitolini del Pd al Nazareno.
Obiettivo: dimissioni di massa. Ma, per l’appunto, nemmeno questo risultato sembra essere a portata di mano, nonostante l’esercizio di ottimismo che trapela immancabile da Palazzo Chigi.
A sera, al Nazareno ancora non hanno finito: a un certo punto, arrivano le pizze. Stasera si cena al partito, c’è ancora da discutere.
Ce ne vogliono 25 per far decadere il consiglio comunale.
Dopo il ritiro delle dimissioni di Marino, dal Pd si scatena la caccia ai consiglieri di opposizione disposti a dimettersi.
Ma a sera lo scouting è ancora in corso, ancora incerto. Comunque, stando alle notizie diffuse dalla cerchia vicina al premier-segretario, ai 19 consiglieri del Pd si unirebbero Daniele Parrucci di Centro democratico e Svetlana Celli della Lista civica Marino, entrambi in maggioranza. Per l’opposizione a dimettersi sarebbero Alfio Marchini e Alessandro Onorato della Lista Marchini, Mino Dinoi del gruppo misto e Roberto Cantiani del Pdl.
Il piano delle dimissioni contestuali scatterebbe al massimo domani.
Renzi però vuole stare sicuro. Vorrebbe arrivare ad una squadra di 26 consiglieri disposti a rassegnare le dimissioni, proprio per avere certezza che il piano di ammutinamento del sindaco vada in porto.
Anche perchè tra gli stessi 19 del Pd emergono dubbi: c’è il rischio che qualcuno possa sfilarsi.
C’è chi, parlando a taccuini chiusi, dice di voler andare comunque in aula a sentire il sindaco, per “correttezza istituzionale”.
E c’è chi è imbufalito per un accordo dato per fatto ma in realtà ancora in alto mare: “Un bluff: i 25 non ci sono…”.
E persino nei circoli renziani del Pd si chiedono perchè mai Marchini — per dire — o altri dell’opposizione dovrebbero dimettersi in massa togliendo così le castagne dal fuoco dei Dem.
Cosa ci guadagnano? E’ presto per parlare di accordi sulle prossime amministrative: il caso Marino è ancora un tunnel per ora senza uscite certe e sicure per Renzi e per il Pd.
Dunque, perchè? Già , perchè?
Il punto è che il ‘caos Marino’ tracima dentro il Pd, come una frana che aggiunge detriti su detriti, tensioni su tensioni.
Non c’è solo la spaccatura dei 19 consiglieri capitolini. Ora i dubbi su tutto l’affaire Marino emergono nero su bianco anche nella minoranza Dem.
Scrive Gianni Cuperlo su Facebook: “Per interrompere una sindacatura votata da 600mila cittadini debbono sussistere ragioni solide e politicamente insuperabili. Quelle ragioni un partito ha il dovere di spiegarle, dibatterle nei suoi circoli e confrontarle nella sede istituzionale (il consiglio comunale), dove ascoltare le ragioni dell’amministrazione, esporre i motivi di una sfiducia e assumersi le proprie responsabilità davanti alla città . Questa è la sola via che rende trasparente una decisione sottraendola alla logica di scelte consumate nella trattativa tra due o quattro persone…”.
Sempre più difficile. Se i 25 non ci sono, il piano B è provare con una mozione di sfiducia. Ma a quel punto l’interrogativo è: il Pd riuscirà a votarla in aula insieme all’opposizione?
Un passo delicato, anche se riuscisse. Con Marino che avrebbe buon gioco a denunciare le ‘larghe intese’ attrezzate per farlo fuori, un Pd che ricorre ad ogni mezzo pur di metterlo alla porta. Intorno a questa storia c’è troppo spargimento di sangue, politico s’intende.
Tra i renziani spunta un’ombra di piano B: se non si riesce a mandar via Marino ora, lo si fa sul bilancio capitolino, a fine anno.
Così le amministrative non si terrebbero più a primavera, ma slitterebbero.
Non un male per un Pd che non solo non riesce a far dimettere un suo sindaco, ma che è ancora in panne sulla ricerca del prossimo candidato.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 29th, 2015 Riccardo Fucile
MARINO: “NON CE LA FARANNO SENZA L’AIUTO DELLA DESTRA E INIZIERA’ UN’ALTRA PARTITA”
Al Nazareno si sentono le urla. Matteo Orfini, categorico: “Forse qua non ci siamo capiti. Chi non segue le indicazioni del partito non sarà ricandidato”.
Di fronte, i consiglieri comunali del Pd. Discussione accesa. Perchè non tutti i 19 si vogliono dimettere.
Al Campidoglio, Ignazio Marino è gasato. Convinto che il tentativo fallirà : “Non ce la fanno a raggiungere quota 25 senza la destra. E se non ce la fanno inizia tutta un’altra partita”. Spiegazione, per i non addetti ai lavori: Orfini, a questo punto, vuole evitare che Marino possa arrivare in aula.
Per farlo, occorre che si dimetta in blocco la maggioranza del consiglio, 25 consiglieri.
Ecco, la caccia è partita. All’interno del Pd il gruppo non è compatto.
Ma pure gli altri. Alfio Marchini — la sua lista è rappresentata da lui e da Onorato — ha fatto sapere: “Se sono 25 bene, allora ci dimettiamo e lo mandiamo a casa. Sennò ci vediamo in Aula”.
Al buio non si dimette nessuno. Perchè se un consigliere comunale si dimette, subentra chi in lista gli stava dietro.
Ignazio Marino è già andato a vedere le liste: “Tra quelli che subentrano ce ne sono parecchi che non sono più del Pd”.
E, prosegue il ragionamento, se entrano in consiglio a quel punto non vogliono più uscire.
25 o morte, è la posizione di Orfini. Senza Forza Italia e destra.
Che a questo punto gioca, tra l’altro, ad allungare i tempi perchè questa storia logora il Pd: “È chiaro — dice Roberto Giachetti — che loro puntano ad andare in Aula. Ogni giorno questa storia porta valanghe di fango su di noi”.
Esausto, Orfini è alla battaglia della vita. Perchè era stato proprio lui ad assicurare a Renzi, prima del viaggio cubano: “Quando torni non trovi più Marino. Non ritirerà mai le dimissioni”.
Non solo Marino le ha ritirate, ma è pronto a tutto.
Convinto che andrà in Aula, lì inizia tutt’altra partita. Ai suoi ha consegnato un crescendo: “Se arriviamo in aula, cambia tutto. Che fanno, votano le mozioni con i partiti di Mafia Capitale? A quel punto io mi candido. Il consenso me lo hanno dato i romani e loro me lo tolgono. Non mi fanno correre alle primarie? Faccio una lista civica”.
Al Campidoglio Marino è già in modalità elezioni. Al Nazareno, il pallottoliere è sul filo. Gli spifferi dicono che Fonti del Pd, riferiscono che, pronti a dimettersi, oltre ai 19 consiglieri del Pd ci sarebbero i due della lista Marchini, Daniele Parrucci di Centro democratico, Cantiani del Pdl, Svetlana Celli e Cosimo Dinoi e Sveva Belviso, ex vicesindaco di Alemanno, ora del misto.
Il problema è che il Pd, al momento, è diviso. Gli altri aspettano.
E dicono: “O mi assicurate che siamo 25 o niente”.
Attenzione. Il regolamento prevede che, per far cadere Marino, i 25 protocollino le dimissioni contemporaneamente. Altrimenti, dal notaio.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 29th, 2015 Riccardo Fucile
LO STUDIO: “GLI OVER 75 CON PROBLEMI DI SALUTE AUMENTATI DELL’ 8%”
Eccolo qui l’effetto tagli sulla nostra sanità : avevamo nonni tra i più in salute d’Europa ed ora stiamo perdendo terreno; oltre il 30% dei farmaci innovativi non arriva sui banchi delle farmacie; la spesa privata per curarsi sale del 14% e 2,7milioni di italiani rinunciano a visite e analisi; crescono le diseguaglianze da una regione all’altra per l’accesso alle prestazioni; per vaccinare i nostri figli spendiamo meno che nel resto dell’Unione europea
Quanto siano state poco indolori gli ultimi anni di manovre sanitarie lo dice l’undicesimo Rapporto del Crea sanità dell’Università Tor Vergata, presentato ieri a Roma con il titolo non casuale «L’universalismo diseguale».
Il gap con l’Europa
La nostra spesa è oramai inferiore del 28,7% a quella dei Paesi Ue.
E gli effetti iniziano a vedersi. Solo 10 anni fa i nostri ultrasettantacinquenni con problemi di salute erano meno del 55%.
Un record europeo, visto che la media era quasi di 10 punti superiore. Ora quella forbice si è ridotta a soli 4 punti con noi al 63%.
«Il peggioramento della performance italiana non è distribuito equamente», sottolinea il rapporto, che indica nella classe media quella più a rischio di “razionamento” delle cure.
Questo probabilmente perchè i più ricchi possono comunque ricorrere al privato, mentre i più poveri sono almeno esenti dai super-ticket.
I fenomeni di impoverimento per le spese socio-sanitarie si sono ridotti (100mila famiglie in meno avrebbero varcato la soglia di povertà ), ma resta il fatto che 2,7 milioni di italiani ha rinunciato a curarsi per motivi economici.
La cura dimagrante ha riguardato anche l’offerta dei farmaci. Il consumo di quelli innovativi approvati dall’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, è inferiore del 38,4% rispetto a quelli medi di Francia, Germania, Spagna e Regno Unito.
Siamo più bravi nel contrastare il fenomeno del consumismo farmaceutico si dirà . Ma un’altra tabella del rapporto mostra il contrario: dal 2009 al 2014 oltre il 32% dei medicinali approvati dall’Ema non ha varcato i confini italici.
Neanche in fatto di vaccinazioni stiamo messi bene. Ci lamentiamo di avere indici di copertura sotto la soglia di sicurezza del 95% ma poi per immunizzare i nostri bimbi spendiamo appena 4,79 euro a testa contro i 10 della Francia, gli 11,3 della Germania e i 19 della Svezia
Lo stato di salute della nostra sanità varia però da regione a regione.
Tra differenti modi di applicare i ticket, maggiori o minori liste d’attesa, mini prontuari farmaceutici regionali, l’indice di equità per l’accesso alle prestazioni sanitarie stilato dal Crea mostra differenze abissali.
Fatto cento l’indice nazionale si va dalla maglia nera Campania con indice 206 all’equo Trentino Alto Adige con indice 33. Ma con l’aggiunta delle Marche tutte le regioni meridionali sono sotto la media nazionale
Cittadini penalizzati
Stesse iniquità si ritrovano sul piano fiscale, con i cittadini delle regioni in piano di rientro dal deficit penalizzati dalle super-addizionali Irap ed Irpef.
Basti pensare che nel Lazio l’addizionale della tassa sul reddito da lavoro è superiore dell’88% a quella versata in Basilicata.
Come si esce da questo impasse lo spiega Federico Spandonaro, Presidente del Crea: «Occorre una moratoria che mantenga invariata la spesa sul Pil. Con la certezza delle risorse disponibili sarà poi possibile rivedere la lista delle priorità d’intervento». Magari senza continuare a spacciare il razionamento delle cure con il falso universalismo del tutto gratis a tutti.
Paolo Russo
(da “La Stampa”)
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Ottobre 29th, 2015 Riccardo Fucile
IPOTESI LIBERTA’ DI COSCIENZA, IN CANTIERE DUE PROPOSTE DI LEGGE DI SEGNO OPPOSTO
Se sull’opposizione al governo accelera, sulle unioni civili – dossier in cui aveva recentemente tentato di portare Forza Italia su posizioni più aperturiste rispetto al passato – Berlusconi valuta lo schema della «libertà di coscienza» anche se non vuole schierarsi contro, essendosi già pronunciato a favore in passato
Il primo capitolo del derby azzurro tra laici e cattolici si è consumato lunedì sera, nella riunione congiunta dei gruppi di Camera e Senato convocata proprio sulle unioni di fatto. Si presentano in una quarantina al massimo.
E gli unici a esprimersi per un voto favorevole al ddl Cirinnà , alla fine, saranno di fatto Giorgio Lainati, Stefania Prestigiacomo e – anche se non del tutto – Augusto Minzolini.
Gli altri iscritti a parlare – dai capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta fino a Daniela Santanchè, passando per Maurizio Gasparri, Lucio Malan e Mariastella Gelmini – parlano contro l’ipotesi di aprire alle adozioni gay.
Dal dibattito vengono fuori addirittura due proposte di legge.
Una di Mara Carfagna, che riguarda le unioni civili tra omosessuali. E una presentata da Giacomo Caliendo, praticamente di segno opposto
E così, anche lo schema della «libertà di coscienza» come punto di partenza entra in crisi. «La maggioranza di noi è contraria a qualsiasi estremizzazione che vada nella direzione di equiparare le coppie omosessuali a quelle etero», è l’analisi di Gasparri.
Secondo il quale «Forza Italia deve avere una sua linea rispetto alla quale, a quel punto, ciascuno potrà muoversi seguendo la propria coscienza».
Il secondo passaggio, quello in cui gli azzurri dovranno votare sul punto, è rinviato di qualche settimana. E Berlusconi, che vuole evitare ulteriori spaccature interne al suo partito, riesce così a portare a casa almeno l’obiettivo minimo.
Quello di riuscire a prendere tempo.
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 29th, 2015 Riccardo Fucile
NEI CIRCOLI ROMANI SI CERTIFICA LO SFASCIO DEL PARTITO: APPENA 3.000 TESSERATI
Tutti contro Matteo Orfini, nei circoli del Pd monta la protesta contro il commissario del partito romano visto come l’assassino della giunta Marino, mandante Matteo Renzi.
“E’ lui che dovrebbe andare a casa, il sindaco resti” dicono in un’assemblea al circolo Donna Olimpia, quartiere residenziale di Monteverde.
La base contesta i nove mesi del suo commissariamento: “Una gestione fallimentare che ha prodotto una frattura enorme tra la dirigenza e gli elettori, e ha creato questo impasse”.
Flop del tesseramento (dai circoli filtra di appena 3mila), circoli chiusi, un sindaco dimissionario senza una consultazione con la base, sono tanti secondo gli iscritti i sintomi di un Pd “malaticcio, in condizioni peggiori rispetto alla partenza”.
“Il rischio che le prossime primarie vadano deserte c’è” dice Marco Miccoli, il deputato Pd, ex segretario romano, uno dei principali dissidenti verso le scelte dei vertici del Pd.
“Orfini chi? Quello che lo sosteneva Marino o quello che lo ha scaricato?”, chiede un iscritto confuso per la giravolta del commissario.
“Si regala la città alla destra o ai ‘fascistelli’ come Di Battista” dicono altri.
Si difende il diretto interessato dalla sede del Pd di Largo del Nazareno. “Alcuni di quelli che attaccano il commissariamento fanno parte delle correnti interne al Pd, erano anche in piazza a sostegno di Marino”.
“Alcune correnti stanno cavalcando la protesta per interessi di bottega, ma il dissenso c’è, i malumori ci sono, Orfini e altri farebbero bene a non semplificare” spiega il segretario del circolo Alberone, storica sede in zona San Giovanni
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 29th, 2015 Riccardo Fucile
ORA VEDIAMO SE RIESCE A TROVARE 25 CONSIGLIERI CHE SI DIMETTANO SAPENDO CHE MOLTI DI LORO NON VERRANNO RIELETTI… E RENZI TORNERA’ DA CUBA E LO TROVERA’ ANCORA AL SUO POSTO
Sul Campidoglio lo scontro diventa frontale.
Il sindaco di Roma Ignazio Marino ha infatti ritirato le dimissioni che aveva presentato il 12 ottobre al culmine della polemica su scontrini e rimborsi di pranzi e cene.
Ma la questione ora è diventata tutta politica.
La mossa di Marino, che era nell’aria ormai da giorni, è una sfida aperta al proprio partito che gli ha ritirato la fiducia ormai da diverse settimane e in particolare al segretario e presidente del Consiglio Matteo Renzi.
La scadenza dei 20 giorni per ritirare le dimissioni sarebbe caduta al 2 novembre.
La decisione di Marino arriva quasi in contemporanea, infatti, con la richiesta del presidente del Pd e commissario cittadino del partito Matteo Orfini che — con piene deleghe di Renzi — ha chiesto ai consiglieri comunali di rimettere il mandato in modo da far decadere l’Assemblea capitolina e quindi il primo cittadino.
Una mossa per “togliere ossigeno” all’ipotesi di ritiro delle dimissioni di Marino che però ora da ipotesi è diventata realtà .
Tra i consiglieri presenti all’incontro con Orfini la presidente del consiglio comunale Valeria Baglio, Orlando Corsetti, Cecilia Fannunza, Michela Di Biase, Valentina Grippo, Giovanni Paris, Giulia Tempesta, Daniela Tiburzi e il consigliere di Centro Democratico Daniele Parrucci.
Il vertice tra Orfini e consiglieri democratici arriva all’indomani dell’incontro, avvenuto a casa del vicesindaco uscente Marco Causi, tra il primo cittadino e lo stesso Orfini. Un faccia a faccia non risolutivo e in qualche tratto drammatico.
Per far decadere il sindaco, tuttavia, non bastano i 19 consiglieri del Pd (che con l’esponente di Centro democratico diventano 20), ma bisogna arrivare a 25 quindi bisognerebbe che si aggiungessero anche rappresentanti di Sel e delle opposizioni, mentre è improbabile che questa scelta venga fatta dai 5 consiglieri eletti con la Lista Marino.
Ma anche i vendoliani non sembrano convinti: “Marino ha il dovere di andare in Aula a fare le sue comunicazioni in base alla scelta che ha fatto — ha detto il segretario cittadino, l’ex parlamentare Paolo Cento — È un’idea di buonsenso e non comprendo perchè il Pd non percorra una strada democratica di trasparenza per la città ”.
Anzi, secondo il capogruppo di Sel Gianluca Peciola, “il Pd e le altre forze politiche si stanno prendendo una responsabilità importante perchè di fatto è una sfiducia che avviene ad opera di un intervento del governo e di Renzi per motivi che hanno a che fare con la gestione politica del Giubileo, perchè Marino non è politicamente controllabile”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 29th, 2015 Riccardo Fucile
ABBIAMO UNO DEI TASSI PIU’ ALTI DI RISCHIO POVERTA’ PER I MINORI, MENTRE LO STATO SOCIALE NON FORNISCE UN AIUTO PARAGONABILE A QUELLO DELLE ALTRE NAZIONI EUROPEE
L’Italia è, con la Spagna, fra i paesi con il maggior numero di bambini a rischio povertà .
Secondo Eurostat un bambino su tre fra i 6 e i 10 anni vive in una famiglia a basso reddito — dove manca il lavoro o che non può permettersi quanto a volte viene dato per scontato: una tv, una lavatrice, il riscaldamento; magari una settimana di vacanza altrove.
Per le bambine il rischio è un po’ più elevato che per i maschi.
Nel Regno Unito il problema appare meno grave — scendiamo al 29 per cento, per non parlare di Francia e Germania dove la povertà infantile riguarda il 20 per cento dei bambini di quell’età .
La questione non è solo banalmente materiale: chi cresce in questo modo tende ad andare meno bene a scuola, avere più problemi di salute — in generale a diventare a sua volta povero.
Un circolo vizioso che si perpetua nel tempo.
Secondo stime Eurostat del 2009 il 2,4 per cento dei ragazzi italiani sotto i 16 anni non può permettersi abbastanza frutta e verdura, il 4,5 per cento manca di proteine, il 2,7 di scarpe e il 6,2 di vestiti.
Nè in sei anni, con l’economia in condizioni ancora peggiori, c’è motivo di pensare che le cose siano migliorate.
Dal 2008 è diminuita molto anche la capacità degli italiani di sopportare spese impreviste.
Primi della crisi meno del 30 per cento delle persone dichiarava che situazioni fuori dall’ordinario avrebbero messo in difficoltà la propria famiglia.
Da questo punto di vista c’è però una nota positiva: dopo un picco nel 2012 (al 42,5 per cento) il problema ha cominciato a migliorare. Serve ancora molto prima di tornare a dov’eravamo, ma almeno qui la tendenza pare essersi invertita. Più esposti, comunque, restano i genitori soli con figli, le donne single, e le coppie con tre o più figli.
In generale, in Europa il rischio di povertà fra i bambini è assai più elevato non solo rispetto agli adulti, ma soprattutto in confronto agli anziani — che invece sono il gruppo che ne soffre meno.
Lo stesso vale per i genitori single o per le famiglie molto numerose. Anche l’educazione delle madri e dei padri incide molto: il rischio infatti aumenta per i figli di persone che hanno studiato fino alle scuole medie.
I figli dei migranti sono un altro gruppo critico. Per loro cadere nella povertà è assai più probabile rispetto a chi ha genitori nati in Italia — minore istruzione, difficoltà d’inserimento, problemi con la lingua: tutte condizioni che rendono la vita più complicata per genitori che si sono trasferiti in Italia e, di riflesso, per i loro figli.
Cosa fa lo stato sociale per aiutare queste persone? Pochissimo, almeno in Italia.
In tutti i paesi sviluppati il welfare, fra le altre cose, riduce la povertà .
Questa è la sua funzione, ovvio, però è soprattutto una questione di quanto. Ma secondo i dati Eurostat lo stato sociale italiano non è in grado di far calare più di tanto questo rischio — in particolare fra categorie a rischio come le persone sole.
In Irlanda i single nella fascia di povertà sono parecchi, ma l’intervento dello stato sociale è efficace — tanto che alla fine diventano meno che in Italia.
Discorso simile in Gran Bretagna, mentre in Francia si parte già da un livello di povertà piuttosto basso, con il welfare che rende le persone sole fra le meno esposte in Europa.
Lo stato sociale spagnolo, d’altra parte, riduce il livello di povertà dei single quasi del doppio rispetto all’italiano — quest’ultimo il peggiore in assoluto dopo quello greco e rumeno.
Ma che differenza può fare qualche punto percentuale in più?
Può non sembrare molto, ma parliamo di nazioni intere — e nei fatti vuol dire migliaia di persone in difficoltà .
Eppure la situazione è anche più grave di quanto sembri a una prima occhiata. Funziona così: per capire chi è povero e chi no gli istituti di statistica considerano vari fattori, fra cui il reddito delle persone.
La soglia per essere considerati poveri, ogni anno, viene fissata al 60 per cento del reddito mediano familiare per ciascun paese: chi guadagna meno è dentro.
Quando però arriva una crisi economica molti stanno peggio e la soglia si abbassa, tanto che diventa più difficile essere considerati “poveri” — anche se guadagniamo sempre lo stesso.
Per lo stesso motivo, i confronti fra più nazioni vanno fatti tenendo a mente che si parte da livelli diversi.
Non solo in Italia la fetta di bambini poveri è maggiore che in Germania, ma i bambini italiani hanno meno dei tedeschi.
E non poco, se consideriamo che in media una famiglia teutonica guadagna ogni anno qualche migliaio di euro in più: la differenza che può fare fra una vita dignitosa e una no.
Un’illusione ottica, in un certo senso. Ma tentiamo il più facile degli esperimenti: guardare soltanto a come sono cambiate le cose dall’inizio della crisi, con l’ identico livello di povertà .
Scopriamo così che gli effetti si sono sentiti ovunque — soltanto in Germania la situazione è rimasta identica — eppure l’Italia resta fra i paesi più colpiti: nel 2008 erano a rischio il 24 per cento dei minorenni, saliti al 32,2 per cento nel 2013.
Certo, nulla a che vedere con la Grecia, dove la povertà infantile è più che raddoppiata, è vero. ma è una magra soddisfazione.
Davide Mancino
(da “L’Espresso”)
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Ottobre 29th, 2015 Riccardo Fucile
CANCELLATA DAL CODICE PENALE LA FRODE FISCALE REALIZZATA ATTRAVERSO L’ELUSIONE CON “ABUSO DEL DIRITTO”
L’intento con cui vengono fatte le leggi spesso si vede dai loro effetti: l’“abuso del diritto” non è più reato, e per questo il processo ai danni dell’ex patron dell’Ilva, Emilio Riva (morto nell’aprile 2014), due ex manager del gruppo e un dirigente della Deutsche Bank per una presunta frode da 52 milioni di euro si è concluso ieri con l’assoluzione degli imputati.
È l’effetto del combinato disposto di due decreti attuativi della delega fiscale approvati dal governo Renzi ed entrati in vigore il primo ottobre.
Il motivo? Hanno depenalizzato l’abuso del diritto, il comportamento che racchiude tutte le operazioni che, pur nel rispetto formale delle norme, realizzano vantaggi fiscali indebiti per le imprese, ma con effetti anche sulla frode fiscale realizzata proprio mediante esso.
Nel febbraio dello scorso anno, oltre a Emilio Riva, erano stati mandati a processo Mario Turco Liveri e Agostino Alberti, rispettivamente responsabile finanziario e responsabile fiscale(nonchè componente del cda) del gruppo Riva, e Angelo Mormina, per l’incarico avuto in qualità di managing director di Deutsche Bank (filiale di Londra).
L’accusa nei loro confronti era di aver violato l’art. 3 della legge 74/2000 (“dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”), al fine di evadere le imposte sui redditi, sulla base di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie e avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei a ostacolarne l’accertamento, indica elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi.
In questo caso, l’accusa era di aver“creato” elementi passivi fittizi per poter poi pagare meno tasse.
Gli indagati,in sostanza, nella dichiarazione dei redditi per il 2007 “ponevano in essere una complessa operazione di finanza strutturata all’unico scopo di consentire alla consolidata Ilva Spa l’abbattimento del reddito, mediante l’utilizzazione di elementi passivi fittizi per 158 milioni di euro e conseguentemente per la consolidante Riva Fire Spa, una pari riduzione della base imponibile per un’evasione di imposta Ires pari a 52,4 milioni di euro”, si leggeva nel capo di imputazione.
Ieri la prima sezione penale non ha fatto altro che accogliere la richiesta del pm Stefano Civardi formulata proprio alla luce delle modifiche apportate dalla riforma fiscale alla legge 74 del 2000: gli imputati hanno pagato le sanzioni amministrative (per Emilio Riva il reato si è estinto con la sua morte).
Carlo Di Foggia e Valeria Pacelli
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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