Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
UNA LEGGE DI STABILITA’ DIFENSIVA CHE RIVELA L’INCONFESSABILE: CHE I SOLDI NON CI SONO
Una manovra economica priva di dinamismo. Una manovra difensiva, che manca di una spinta propulsiva e anche un po’ di anima.
Una manovra che purtroppo rivela l’inconfessabile: soldi non ci sono, l’Italia è un paese ancora in crisi o che al massimo sta appena mettendo la testa fuori dall’acqua e quindi più di questo non si può fare, almeno per ora.
Nella Legge di Stabilità c’è poco o niente a favore di aziende e lavoratori. In altri termini, non c’è nessuno stimolo reale che possa aiutare il nostro paese ad avere quello scatto di reni fondamentale per duplicare il tasso di crescita l’anno prossimo e quelli a venire.
Il taglio della tassa sulla casa stimolerà i consumi”, ci potrebbe rispondere il Presidente del Consiglio.
Purtroppo non è proprio così, visto che Bankitalia, Ocse e tanti altri istituzioni economiche ripetono da tempo come non ci sia nessuna evidenza di un automatismo fra i due fenomeni e anzi in realtà bisognerebbe sempre privilegiare la tassazione sugli immobili rispetto a quella sul lavoro.
Dalle parti di Bruxelles ce lo ricordano a ogni piè sospinto, ma Roma preferisce seguire la stella polare delle prossime Amministrative di primavera.
Se si vanno a prendere le singole misure, viene fuori che quasi tutta la manovra da 27 miliardi consiste nell’evitare l’aumento delle clausole di salvaguardia ovvero l’aumento automatico di Iva e accise in copertura a spese fatte in passato (17 miliardi) e abolire la tassa sulla casa e l’Imu agricola (circa 5 miliardi).
Per il resto ci sono tante piccole misure da poche centinaia di milioni di euro e quindi dalla dubbia efficacia per stimolare la crescita o per l’equità sociale.
Qualche esempio? I 600 milioni per la povertà , i 300 milioni per il rinnovo dei contratti pubblici, i 400 milioni per il sociale e così via.
Pochi spicci nel bilancio statale. Una serie di micro-misure spot più adatte per riempire di tweet la conferenza stampa post-manovra che per avere un reale effetto sul pil.
E poi c’è la grande assente: sua signora Spending Review.
Croce senza delizia di tutti i premier che l’hanno annunciato senza mai attuarla, anche Renzi purtroppo ha dimostrato una certa impotenza nel combattere la sempre affamata bestia della macchina pubblica.
Dei tanto sbandierati 10 miliardi di tagli, alla fine sì e no si riuscirà ad arrivare alla metà . E lo si farà con quei meccanismi ben noti a tutti i governi precedenti, sia che a via Venti settembre fosse seduto Giulio Tremonti che Fabrizio Saccomanni: tagli lineari o semilineari ai ministeri e mannaia sulla spesa sanitaria – e quindi in ultima analisi alle Regioni.
Non a caso il professore Roberto Perotti – incaricato di buttare giù una lista di interventi assieme al fedelissimo renziano Yoram Gutgeld – ha lasciato la cabina di regia di palazzo Chigi in modo tutt’altro che pacifico.
Per non parlare poi delle altri fonti di copertura della manovra, tutt’altro che strutturali: 13 miliardi in deficit grazie alla “benevolenza” europea, 2 dal rimpatrio dei capitali esteri e uno dalla tassazione sui giochi.
E 6 miliardi ancora ballerini, visto che nè Renzi nè Padoan hanno chiarito da dove verranno.
Insomma, una manovra senz’anima, che non apre nel migliore dei modi quella che dovrebbe essere la fase due del governo Renzi, fase partita l’istante dopo che il premier ha incassato con larga maggioranza le riforme costituzionali.
Invece per far ripartire davvero l’Italia ci sarebbe bisogno di una vera campagna a favore di imprese e lavoratori, altro che Tasi.
Gianni Del Vecchio
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
IL PREMIER FERMA IL VALZER DELLE PRESIDENZE DI COMMISSIONE PER EVITARE UN EFFETTO DOMINO…E VERDINI SI RIMETTE IN MOTO
Nel grande suk del Senato tra i nuovi scissionisti di Gaetano Quagliariello e i responsabili di Denis Verdini, Matteo Renzi toglie dal banco le presidenze delle commissioni.
Per evitare che il prezzo (politico) lieviti e per evitare che i crampi della fame destabilizzino la maggioranza.
Perchè, ad esempio, Maurizio Sacconi prima di scegliere tra la sua permanenza in Ncd o l’avventura con Quagliariello vuole capire se rimarrà presidente della Commissione Lavoro al Senato.
E Roberto Formigoni attende di capire il suo destino come presidente della Commissione Agricoltura. Destino a cui si aggiunge la partita di Milano.
Il Celeste la settimana scorsa ha avuto un incontro con Salvini, che finora ha detto “mai con Ncd”, mentre Maurizio Lupi più di un contatto con Maroni, che non vedrebbe male l’ex ministro come sindaco.
Il compromesso potrebbe essere che Salvini accetti il partito di Alfano in coalizione, ma mai un candidato sindaco di Ncd.
Sia come sia, tutta la partita di Gaetano Quagliariello, a sua volta ministro mancato, è legata al valzer delle poltrone. E incrocia quella di Denis Verdini. Il quale ha già promesso all’ex cosentiniana Eva Longo la commissione Infrastrutture e vorrebbe che Nitto Palma (che già gli ha detto di no) passasse con lui per confermarlo alla presidenza della commissione Giustizia.
Presidenza a cui aspira il senatore Nino D’Ascola, il quale ha fatto sapere che potrebbe seguire Quagliariello, ma i ben informati assicurano che la presidenza di commissione blinderebbe la sua fedeltà alla maggioranza.
Otto senatori potrebbero dunque lasciare la maggioranza per assenza di incarichi. Ecco perchè, nel corso della capigruppo di due giorni fa Luigi Zanda, il capogruppo del Pd al Senato, ha espressamente chiesto di rinviare — ancora una volta il rinnovo delle presidenze di commissioni.
Scadute da un mese (si rinnovano dopo due anni e mezzo di legislatura) sono già state posticipate per evitare che gli appetiti destabilizzassero l’iter delle riforme.
Ora vengono di nuovo posticipate a metà dicembre per evitare che destabilizzino l’approvazione della legge di stabilità .
Ha allargato le braccia il presidente del Senato Grasso, quando il capogruppo dei Cinque Stelle Castaldi gli ha detto: “Sarebbe ora di rinnovare le presidenze delle commissioni. Sono scadute. Non si è mai vista una cosa del genere”.
Il problema è che, senza accordo nella maggioranza sulle presidenze, Grasso non può nulla. Nel valzer delle poltrone è rimasta senza presidente anche la commissione Bilancio dopo che Azzollini si è dimesso quando si votò la sua richiesta di arresto.
In piena legge di stabilità la commissione è retta da un vice. E Azzollini, che imputa ad Alfano di non averlo difeso abbastanza, è pronto a seguire Quagliariello.
In rotta con Alfano anche Giovanardi, Augello, Compagna.
L’operazione consiste nel creare un gruppo al Senato sommando i sette dissidenti di Ncd con i tre “tosiani”. E in prospettiva un gruppone con Raffaele Fitto.
Il quale pensa che con l’arrivo dei dissidenti di Ncd raggiungerebbe quota 20 per formare un gruppo: sarebbero Piso, Piccone, Calabrò, che però al momento non confermano.
Perchè la situazione è fluida. Dice una fonte di Ncd: “Siamo un partito politicamente morto in cui ognuno cerca una scialuppa o scialuppetta. Al momento in uscita ce ne sono otto, ma se uno degli otto viene chiamato da Berlusconi torna con Silvio, se viene chiamato da Renzi va con Matteo”.
E se viene chiamato da Verdini? Denis, l’ex plenipontenziario di Berlusconi che due giorni fa parlottava con Giorgio Napolitano, e Quagliariello, l’ex saggio di Napolitano che ha ricominciato a telefonare ad Arcore, si odiano da più lustri.
Verdini, forte del fatto che la scissione di Ncd non impensierisce il governo grazie alle sue truppe, ha ricominciato a telefonare agli alfaniani filo-governativi di Ncd: “Ve lo dico da settimane, dobbiamo fare una lista I Moderati per Renzi… venite con me, che quelli di Ncd sono morti”.
E su questa certificazione di fine vita sono tutti d’accordo.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
IL SISTEMA APPALTI ROMANI E GLI SCANDALI LOMBARDI CON SALVINI CHE STRAPARLA DI ARRESTI A OROLOGERIA: ME SE SI SONO FREGATI PURE GLI OROLOGI…
Primo appalto per il Giubileo, prima retata dei carabinieri.
Arrestati due imprenditori che si fingevano concorrenti, in realtà — secondo l’accusa — erano soci occulti e pagavano un funzionario del Comune per sapere in anticipo notizie riservate sulle imprese invitate alle gare: così uno dei due presentava un’offerta troppo alta per farsela bocciare e far vincere l’altro, poi facevano a mezzo.
Qualcuno riderà — c’è sempre chi ride per minimizzare— della scarsa importanza della gara per riempire le buche nelle strade e controllare il traffico dell’Anno Santo (ma, come dice Massimo Fini, che gli è saltato in mente al Santo Padre?) e dello scarsissimo importo della mazzetta: 2 mila euro. Ma c’è poco da ridere.
È una questione di principio, come già avrebbe dovuto insegnare Tangentopoli, casomai qualcuno avesse voluto imparare: la regola era l’appalto sporco e l’eccezione era quello pulito che però, appena veniva scoperto, si provvedeva subito a sporcare pagando una tangente non dovuta.
Che l’appalto sia grosso o piccolo,che la mazzetta sia pingue o scarsa, non importa: ciò che conta è che tutti gli appalti devono essere truccati, sempre e comunque.
Dovesse mai capitarne uno regolare, si creerebbe un pericoloso precedente: altri si monterebbero la testa e pretenderebbero di vincere per merito e non per mazzetta, innescando un effetto domino che metterebbe a rischio la sopravvivenza dell’intero termitaio lasciandolo senza più pane per le proprie ganasce.
Le imprese dovrebbero presentare progetti credibili a costi sostenibili, investendo in manodopera qualificata e in innovazione anzichè in corruzione.
Politici, amministratori e funzionari dovrebbero accontentarsi dei lauti stipendi, senza poterli arrotondare in nero.
I partiti dovrebbero finalmente dimagrire, vendendo i propri patrimoni immobiliari e chiudendo le proprie finte fondazioni.
Una reazione a catena che fa paura solo a immaginarla.
Perciò nessuno ha voluto sciogliere il Comune di Roma per Mafia Capitale, come la legge imponeva: il commissariamento per mafia avrebbe richiesto una bonifica dell’apparato amministrativo che,a prescindere dal colore dei sindaci e delle giunte, ha sempre fatto il bello e il brutto tempo.
Meglio sciogliere per gli scontrini di Marino.Così tutto sembrerà risolto mandando a casa lui e trovandone un altro, possibilmente tra quei partiti che si sono mangiati Roma e non hanno ancora finito di digerirla.
Anche a Milano, la bella e linda culla dell’Expo, si è continuato a delinquere a tutta randa.
Anche qui la refurtiva è poca roba, ma non sia mai detto che non ci guadagni qualche politico.
I protagonisti sono il vicepresidente della giunta Maroni, il forzista Mario Mantovani, e l’assessore regionale leghista all’Economia, Massimo Garavaglia.
Il primo è finito dentro per concussione e turbativa d’asta un minuto prima di tenere una prolusione alla Giornata della Trasparenza indetta dalla Regione; il secondo è “solo” indagato per turbativa. Mantovani avrebbe fatto pressioni per dare incarichi nella Sanità a un architetto suo amico, che poi si sdebitava ristrutturando le sue numerose ville “a gratis”, cioè a spese dei contribuenti.
Poi avrebbe premuto sul provveditore alle opere pubbliche per salvare il responsabile dell’edilizia scolastica che doveva essere rimosso per un rinvio a giudizio per corruzione e invece restò al suo posto facendo altri favori al solito architetto tuttofare.
Infine, assieme a Garavaglia, avrebbe fatto annullare una gara d’appalto già in corso per il servizio trasporto dei malati dializzati per prorogarne l’affidamento ad alcune aziende amiche, che non avrebbero avuto i titoli per aggiudicarselo.
È il famoso buongoverno padano delle ruspe e delle felpe, garantito dal duo Maroni &Salvini, noti innovatori e bonificatori della Lega 2.0 nata dalle ceneri e dagli scandali di quella di Bossi. Maroni è indagato in un’altra inchiesta per induzione in debita e turbativa d’asta, ma Salvini — così attento agli scontrini di Marino — s’è scordato di chiedergli di andarsene a casa.
Anzi, dice che la giunta degli inquisiti deve restare a piè fermo: mica può cadere “perchè qualche giudice si è alzato male”, dà i.
Questo è“un attacco politico alla Regione meglio governata d’Italia,magari per nascondere i problemi del Pd e le cene di Marino e Renzi”, che notoriamente sono molto più gravi delle mazzette.
Garavaglia, poi, “è il migliore di tutti noi” (figurarsi gli altri).
È colpevole soltanto “di segnalazione”, ma al posto suo “l’avrei fatto anche io. Anzi, l’ho fatto: da consigliere comunale ho segnalato decine e decine di associazioni benefiche.
E non mi ravvedo: lo rifarò. Mi autodenuncio”.
E lo sappiamo bene: tra le segnalazioni c’erano pure sua moglie (assunta in Comune) e la sua fidanzata (assunta in Regione).
Si spera che, segnala oggi segnala domani, Salvini non abbia pure bloccato una gara già bandita, sennò sarebbe un reato. Passano gli anni, cambiano le Leghe, ma anche Salvini reagisce alle inchieste in casa sua come i vecchi politici che vuole asfaltare con la ruspa.
La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti: “Arresti a orologeria”.
Ora, per comodità , Salvini potrebbe stamparsi sulla felpa (magari marron) gli estremi della finestra temporale in cui i giudici possono arrestare qualcuno, con le date della decorrenza: “Da… a…”.
Così chi vuole rubare serenamente si regola, e pure le procure.
Anche perchè questa orologeria è sempre più difficile da calcolare, da quando si son rubati pure gli orologi.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
DECISIVE LE AMMINISTRATIVE: SE IL M5S AVANZA, IL GOVERNO MODIFICHERA’ L’ITALICUM, PREMIO ALLA COALIZIONE E NON AL PARTITO
Facciamo le riforme costituzionali e poi parliamo dell’Italicum. E se c’è qualcosa da cambiare ci pensiamo”.
Matteo Renzi nelle ultime settimane l’ha detto a molti dei suoi interlocutori. Da Angelino Alfano a Denis Verdini. E il messaggio l’ha fatto arrivare a Paolo Romani (Forza Italia) come a Pier Luigi Bersani.
La modifica da mettere in campo è quella che vogliono praticamente tutti (a parte i Cinque Stelle): ovvero assegnare il premio di maggioranza previsto dalla nuova legge elettorale, non alla lista, ma alla coalizione.
Tutti hanno qualcosa da guadagnare. Ncd e Ala ci vedono una possibilità di “contare”qualcosa, Forza Italia punta sull’alleanza con la Lega per avere qualche chance di vittoria, la composita (e indecisa a tutto) sinistra Pd vuole mantenere un rapporto con Sel.
L’M5S, invece, che fermamente correrà da solo, nella sua vittoria ad un eventuale ballottaggio ci crede.
E qui sta il punto. Promesse da marinaio,quelle di Renzi ad alleati e non, per portare a casa le riforme, la legge di stabilità e ogni provvedimento del suo governo?
Dipende. Perchè la tentazione di cambiare l’Italicum il premier ce l’ha, soprattutto guardando i sondaggi, che vedono i Cinque Stelle avvicinarsi pericolosamente. Martedì sera Bruno Vespa a Porta a porta ha fatto vedere un sondaggio di Ipr, che mostrava una crescita del 2% per ilM5s,che si attesta così al 28% a soli 4 punti dal Pd,che cresce solo dello 0,5%.
Decisamente inquietanti in casa democrat soprattutto i sondaggi sulle intenzioni di voto a Roma:sia secondo Ipr che secondo Tecnè, la prossima sfida per il Campidoglio la vince il M5s: al 35 o al 33%. Mentre il Pd resterebbe al 17 o 19%.
Ancora una volta, in questa battaglia l’alleato più fedele per Renzi, quello pronto ad aiutarlo, legittimarlo, consigliarlo e indirizzarlo è Giorgio Napolitano.
Nel suo intervento in Senato martedì l’ha detto senza mezzi termini: “Dobbiamo dare risposte nuove a situazioni stringenti e bisognerà dare attenzione a tutte le preoccupazioni espresse in queste settimane in materia di legislazione elettorale e diritti costituzionali”.
Nelle intenzioni dell’ex inquilino del Colle era anche un assist a Forza Italia, un invito ad aprire il dibattito sulla legge elettorale, che però non l’ha colto.
Marginalizzare i Cinque Stelle è sempre stato uno dei progetti (neanche incoffessati) di Re Giorgio.
Ed ecco cheall’occorrenza ritorna. Ieri dalla maggioranza negavano che la modifica della legge elettorale fosse all’ordine del giorno.
Meglio evitare problemi durante la discussione della manovra. Tradotto: meglio tenere ancora buoni tutti tra promesse e minacce.
La strana coppia Matteo & Giorgio sulla questione discute e riflette. Anche se una data cruciale potrebbe essere quella delle amministrative di primavera: se il Movimento vince Roma e arriva bene in qualcuna delle altre città più importanti (Torino, Milano, Napoli e Bologna), Renzi si vedrà confermare l’incubo che per adesso tiene a bada: un voto alle politiche che lo vede perdere al ballottaggio.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
“L’ESPRESSO” RIVELA LA RELAZIONE SEGRETA DEL PREFETTO MAGNO: “LIBERI DI PROSEGUIRE NEI LORO INTRALLAZZI”
Dopo le dimissioni di Ignazio Marino negli uffici comunali restano dipendenti e funzionari infedeli che hanno alimentato la corruzione.
Sono cento nomi, elencati nella relazione segreta della commissione di accesso guidata dal prefetto Marilisa Magno in cui è analizzato un triplice fronte: il capitale istituzionale, il capitale politico e quello amministrativo.
L’analisi e i retroscena amministrativi fatti dalla commissione prefettizia sono raccontati da l’Espresso nel numero in edicola da venerdì 16 ottobre.
L’inchiesta riporta alcuni punti della relazione Magno, in particolare quelli illustrati sul capitale politico e amministrativo che rappresenta il tesoro di Massimo Carminati: «Il milieu di amministratori e funzionari pubblici che sono stati funzionali ai disegni di infiltrazione di “mafia Capitale”».
Ci sono i nomi di impiegati, dirigenti, capi dei dipartimenti, molti dei quali pilotati da mafiosi e criminali, che si muovono compiaciuti dell’uscita della giunta Marino.
La commissione fotografa una palude amministrativa e rileva «come la costruzione di questo “capitale” sia il frutto di un lavoro condotto in sinergia da Carminati e Buzzi». Un investimento prezioso, che si comprende meglio nel capitolo dedicato a «Il capitale amministrativo».
Sembra la tela del ragno.
In trentatrè pagine il documento «enumera i dipendenti di Roma Capitale che attraverso azioni o omissioni hanno contribuito a piegare la gestione amministrativa dell’ente agli interessi di mafia Capitale».
I commissari riportano una schiera di nomi, «riconducibili al capitale amministrativo», non tutti ancora indagati.
Nel “Libro Magno” c’è l’analisi geologica del marcio.
Gli episodi di malaffare, le procedure poco corrette nelle gare pubbliche, la gestione degli affidamenti diretti di lavori per decine di milioni di euro.
Episodi su cui al momento nessuno indaga, anche se la rilevanza amministrativa potrebbe sfiorare reati penali, perchè, come scrive la commissione, si tratta di «una serie di vicende contrattuali connotate da palesi illegittimità e risultate in un’oggettiva agevolazione degli interessi criminali di mafia Capitale».
Se il dossier del prefetto Magno dovesse finire sui tavoli dei pm si trasformerebbe in una nuova spinta per le indagini della procura.
Ma anche limitandosi all’aspetto amministrativo, il quadro è devastante. Perchè, come spiega l’Espresso, è già difficile adesso far ruotare i capi dei dipartimenti, spostare le persone da un ufficio all’altro o allontanare i dirigenti sui quali gli amministratori nutrono dubbi di affidabilità . In molti casi, come hanno già spiegato esponenti della giunta Marino, intervenire «diventa un’impresa titanica, se non impossibile».
Non si riesce neppure a far partire i procedimenti disciplinari per punire gli impiegati citati nelle intercettazioni.
Anche per questo, il metodo della commissione, come si legge su l’Espresso che si rifà alla relazione Magno, è andato oltre le singole anomalie, puntando a definire i confini di un sistema perverso: «La verifica non è stata volta alla ricerca fine a se stessa di profili di irregolarità o illegittimità amministrativa, bensì a comprendere il rapporto esistente fra l’influenza di mafia Capitale sulla macchina amministrativa capitolina e le lesioni dei principi di buon andamento della cosa pubblica, onde stabilire l’estensione del condizionamento criminale e in quale misura ciò sia stato reso possibile da una più ampia e preesistente situazione di anomalia amministrativa».
Il male quindi è più antico di Carminati e Buzzi.
E la relazione Magno si conclude in modo netto formulando «la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento dell’organo consiliare di Roma»: andavano cacciati dal Campidoglio.
Certo, ma il provvedimento avrebbe licenziato i consiglieri comunali, i politici, senza toccare i burocrati.
Lirio Abbate
(da “L’Espresso”)
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Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
MISURE DEMAGOGICHE FINANZIATE PER 13 MILIARDI AUMENTANDO IL DEFICIT, PER 2 CON TAGLI ALLA SANITA’, PER 5 CON RISPARMI TEORICI, 1 DA NUOVE TASSE SUI GIOCHI, PER 6 NON SI SA… L’IMPORTANTE E’ LA MARCHETTA AI PROPRIETARI DI CASE E AGLI IMPRENDITORI
Il premier Renzi ha presentato la manovra varata dal Consiglio dei ministri. Dimezzata la spending review, la maggior parte delle coperture arriverà da un aumento del deficit. Il taglio dell’Ires per le imprese sarà anticipato al 2016 solo se la Ue consentirà più spazio di manovra sui conti pubblici a fronte dell’emergenza immigrazione
I risparmi sulla spesa pubblica sono dimezzati a 5 miliardi, come da indiscrezioni.
E il Fondo sanitario nazionale l’anno prossimo avrà una dotazione di soli 111 miliardi contro i 113,1 previsti fino a settembre.
Eppure per Matteo Renzi la legge di Stabilità per il 2016 da 27 miliardi di euro, licenziata giovedì dal consiglio dei ministri, è “straripante di buone notizie” ed è “una legge di fiducia”.
Le principali misure previste, che il premier ha presentato con 25 “tweet”, sono l’annunciato taglio della Tasi e dell’Imu sulla prima casa nonchè dell’Imu agricola e sui macchinari, il rinnovo degli sgravi per le assunzioni ma con un valore più che dimezzato rispetto a quello in vigore quest’anno, la possibilità per gli over 63 di chiedere all’azienda di lavorare part time, l’aumento del tetto all’uso del contante, un intervento straordinario per le case popolari, il canone Rai in bolletta ma ridotto da 113 a 100 euro, un concorso per l’assunzione di 500 docenti italiani residenti all’estero.
I Comuni avranno più spazio di manovra, nell’ambito del Patto di Stabilità interno, per investire in “strade, scuole, marciapiedi, giardini e frane”.
Quanto alle clausole di salvaguardia, cioè gli aumenti automatici di Iva e accise che scattano se il governo non trova risorse alternative, vengono azzerate solo quelle del 2016, che valgono 16,8 miliardi.
Per gli anni successivi il problema è rimandato. Entro l’anno, ha annunciato Renzi, ci sarà poi “un’altra misura di sostegno, un decreto o vedremo cosa, che stanzierà un 1 miliardo non solo per il Giubileo ma anche per la Terra dei fuochi e per Bagnoli“.
Visto che la spending review non ha ottenuto i risultati previsti, gran parte delle coperture — 13 miliardi — arriverà da un aumento del deficit, che nel 2016 salirà almeno al 2,2% del prodotto interno lordo.
Ma potrebbe toccare il 2,4% se Bruxelles darà il via libera a una maggior flessibilità sui conti pubblici a fronte dell’emergenza immigrazione: il governo ha chiesto di attivare una “clausola migranti” del valore, appunto, dello 0,2% del pil.
E proprio a questa clausola, su cui però la Ue ha già frenato, è appesa la possibilità di anticipare al 2016 il taglio dell’Ires per le imprese, che altrimenti entrerà in vigore nel 2017.
Per questo Renzi ha spiegato che la manovra vale 27 miliardi “nella versione base”, 30 miliardi “nella versione accessoriata“, subordinata alle decisioni della Commissione.
Il resto delle entrate arriverà dal rientro dei capitali occultati all’estero (il governo stima l’introito in 2 miliardi). Un miliardo di euro dovrebbe poi arrivare dalla tassazione sui giochi pubblici.
Prorogati gli sgravi per le assunzioni, ma calano al 40%
La decontribuzione sulle nuove assunzioni, introdotta dalla manovra dell’anno scorso, è confermata, ma il valore massimo dello sgravio nel 2016 scenderà al 40% degli 8.060 euro annui previsti ora. Per il rinnovo dei contratti degli statali, imposto dalla Corte costituzionale lo scorso giugno, vengono stanziati 300 milioni di euro.
Per le pensioni niente flessibilità ma arriva il part time
Sul fronte pensioni “non c’è la flessibilità “, come già ammesso da Renzi, ma il governo ha varato “quattro misure: no tax area, opzione donna, salvaguardia esodati e part time“. Per queste misure “non c’è un aumento di costi”, ha chiarito il premier.
Il “Jobs act per i lavoratori autonomi”
Con la legge di Stabilità viene introdotto “una sorta di Jobs act per i lavoratori autonomi”, ha anticipato Renzi, senza però spiegare nel dettaglio come cambierà il regime fiscale per le partite Iva.
Fondo per la lotta alla povertà
Le risorse per la lotta alla povertà ammontano a 600 milioni in 2016, 1 miliardo nel 2017 e altrettanti nel 2018. Per finanziare la misura, ha spiegato il premier, saranno coinvolte le fondazioni bancarie e il terzo settore. Il fondo sociale sarà finanziato con 400 milioni di euro, di cui 100 ad hoc per la legge sul Dopo di noi, quella che prevede misure di assistenza e tutela delle persone con disabilità dopo la morte dei genitori, in sinergia con associazioni del terzo settore ed enti locali.
Le norme per le imprese
“Superammortamenti: chi investe nell’azienda ammortizza al 140% invece del 100%”. Le imprese che acquistano macchinari e computer potranno scaricare dalle tasse il 140% della spesa. Renzi ha ribattezzato la misura “Legge Padoan 2.0” sulla scia della Legge Macron in Francia.
Al contrario il taglio dell’aliquota Ires dal 27,5% al 24% scatterà solo nel 2017. Un anticipo all’anno prossimo sarà possibile solo se la Ue concede a Roma di far salire il deficit di ulteriori 0,2 punti di pil per l’emergenza migranti. Il governo, insomma, intende usare i soldi chiesti per l’immigrazione per finanziare gli sgravi alle imprese.
Il rientro dei cervelli
“Mille ricercatori, 500 cattedre speciali e 500 assunzioni nella cultura. Mettiamo 100 milioni in più nella cultura”. Così il tweet che sintetizza le norme per incentivare il rientro dei cervelli dall’estero.
Triplicato il tetto all’uso del contante
Il limite all’uso del contante sale da mille a 3mila euro. L’Italia oggi “ha una legge sull’autoriciclaggio, sull’anticorruzione e per rendere più severe le pene per chi delinque. Il Paese ha visto finalmente dare frutti alla lotta dell’evasione, che noi combattiamo soprattutto all’estero e poi anche in Italia”, ha detto Renzi per spiegare la scelta, dopo le critiche arrivate da chi sostiene che la misura favorisce nero e riciclaggio.
Le varie misure messe in campo dal governo nel 2015, come lo split payment, la fatturazione elettronica, la dichiarazione dei redditi telematica “hanno portato a un aumento del gettito fiscale”, ha sostenuto il premier.
“Avendo noi fatto un’infrastruttura per la lotta all’evasione, oggi c’è la possibilità di riportare l’Italia a un livello di semplicità degli altri Paesi”.
Spending review con i soliti tagli ai ministeri
l valore della spending review “è quella che ci aspettavamo, 5 miliardi al netto delle tax expenditures“, ha detto Renzi. Il governo ha deciso di non intervenire sulle agevolazioni fiscali (deduzioni e detrazioni), come invece era previsto dal Documento di economia e finanza approvato lo scorso aprile, perchè “intervenire oggi significa aumentare le tasse”, ha ammesso il premier.
“Ci sono 4 miliardi da modificare e secondo noi sarebbe giusto”, ma con la legge di Stabilità “volevamo dare un messaggio: non aumentiamo le tasse”.
Che cosa resta dunque dell’ennesima operazione di revisione della spesa?
La sostanza della spending è fatta “dai tagli ai singoli ministeri, orientativamente il 3%, ma non sono tagli lineari ma specifici: tagli alla pubblica amministrazione centrale, costi standard, mancato incremento di alcune voci come quella del personale”, ha spiegato il premier.
“Alcune misure, poi, sono giuste e sacrosante ma non portano risparmi. Come quella sulle partecipate: le riduciamo ma questo non corrisponde a una diminuzione del bilancio pubblico perchè non riduciamo i soldi per i Comuni. Quei soldi diventano risparmi che i Comuni spenderanno in altro modo, io spero in investimenti”. E poi, come già visto, c’è la riduzione dei fondi per la sanità .
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
LA LEGA PERDE VOTI E LUI LI RACCATTA COME PUO’: IERI IN VISITA A MANTOVANI A SAN VITTORE, OGGI INDOSSA ARBITRARIAMENTE LA DIVISA DI CHI L’HA ARRESTATO… UN DESTINO DA COMICO
Si sveglia presto il mattino, consulta freneticamente la rassegna stampa alla ricerca di qualche argomento al livello del suo elettorato, poi cominciano i post compulsivi con domanda finale “voi cosa ne pensate?”.
Quando non si dedica ai selfie va in visita: ieri è toccato a Mantovani vederserlo arrivare a San Vittore.
Non bastava essere stato arrestato e avere passato la notte in gattabuia, pure la visita del “sistemamogli”, lui che in fondo ha solo sistemato un paio di raccomandati di Silvio: roba da toccare (le sbarre di) ferro.
Ma ecco che Salvini cambia felpa e da San Vittore oggi vola a Roma per arraffare una maglia della Polizia di Stato italiano (poliziotti non vi vergognate a cedere la divisa a uno che quando la Lega aveva il ministero degli Interni ha ridotto il bilancio delle forze dell’ordine? O forse dimenticare quando avete manifestato nel 2009 in 40.000 a Roma?), salire sul palco per la sceneggiata del giorno e invocare ordine e disciplina.
E nessuno che lo inviti a togliersi la divisa da poliziotto (è un reato per il cittadino normale): forse non ci saranno stati sufficienti “servitori dello Stato” per far applicare la legge…
Esaurito il compitino acchiappavoti dei fessi qualcosa ci dice che Salvini si stia dirigendo verso gli studi Mediaset per proporre una riedizione di Drive In.
Sembra che punti a rinverdire le gesta di Vito Catozzo: sarà il fascino della divisa, sarà lo spirito comico che lo accompagna: ordine, disciplina e rispetto.
Di questi tempi sempre meglio una fine comica che finire a San Vittore: anche perchè Mantovani potrebbe contraccambiare la visita.
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Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
IL VICEPRESIDENTE DELLA REGIONE AVREBBE AGITO ANCHE SU IMPUT DEL CAVALIERE
Mario Mantovani “su esplicita richiesta di Silvio Berlusconi” si spendeva per far assumere fedelissimi dell’ex Cavaliere: dal marito della parlamentare Deborah Bergamini (Giampaolo Rossi) alla prima moglie di Paolo Berlusconi (Mariella Bocciardo) fino al fratello del capogruppo Pdl in consiglio comunale a Milano (Richard Rizzi).
Secondo quanto scrive il pm Giovanni Polizzi nella richiesta di custodia cautelare, l’ex vicepresidente Fi della Regione Lombardia ed ex assessore alla Sanità si sarebbe speso per trovare posti di lavoro su diretto interesse dell’ex Cavaliere.
Mantovani è stato arrestato nei giorni scorsi per corruzione, concussione e turbativa d’asta nell’ambito dell’ennesima inchiesta che ha travolto il Pirellone.
La procura cita a proposito del “sistema Mantovani”, come riportato dall’agenzia Ansa, alcuni passaggi di un’informativa della Guardia di finanza in cui si elencano “casi indicativi dell’inclinazione a utilizzare il proprio ruolo pubblico” per collocare “presso strutture pubbliche, o sotto il controllo della mano pubblica, conoscenti di varia estrazione riconducibili alla sua area politica, che gli dimostrano perciò comprensibile gratitudine”.
Fatti che, secondo gli investigatori, “pur borderline, non si ritengono penalmente rilevanti” perchè non hanno portato a “corrispondenti ed immediati vantaggi per Mantovani”.
In ogni caso, “per la loro natura e sistematicità , non possono che contribuire ad alimentare quel contesto, desolante sotto il profilo della costante violazione dei principi di correttezza, imparzialità e trasparenza da parte dei più elevati titolari di funzioni pubbliche, emerso dall’indagine”.
Secondo un’altra informativa della Guardia di finanza Mantovani ha un patrimonio immobiliare di oltre 11,5 milioni di euro.
Su indicazione di Berlusconi Mantovani si sarebbe preso l’impegno di trovare un posto al marito di Bergamini e al fratello di Rizzi, anche per “ricompensare” il passaggio di quest’ultimo “già confluito, a seguito della scissione del Pdl, nella formazione politica Ncd, tra le fila della rinata Forza Italia“.
Richard Rizzi “è stato effettivamente nominato il 13 maggio 2014 membro dei collegi sindacali di A2A e di Metropolitana Milanese”.
A tale Francesco Maria Lombardi, invece “Mantovani provvede con un contratto a tempo indeterminato presso Aler Milano, intervenendo sulla relativa commissione di cui egli non fa parte”, oltre ad intercedere “presso Ferrovie Nord Milano per favorire l’assunzione della Bottini e di altri giovani, nonchè alla ‘sistemazione definitiva’ di Mariella Bocciardo (prima moglie di Paolo Berlusconi ndr) nel consiglio del Policlinico di Milano”.
Intanto oggi sono cominciati nel carcere milanese di San Vittore gli interrogatori di garanzia nell’ambito dell’inchiesta che due giorni fa ha portato agli arresti, oltre che di Mantovani, del suo stretto collaboratore Giacomo Di Capua e del funzionario del Provveditorato alle Opere pubbliche per la Lombardia, Angelo Bianchi.
Da quanto si è saputo, tutti e tre gli arrestati avrebbero intenzione di rispondere alle domande del giudice.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
SUPERATA QUOTA 71 MILIONI PER I BUONI-PAGAMENTO DA 10 EURO DAI RISVOLTI ANOMALI ORMAI ACCERTATI
Un popolo da settantuno milioni. Di voucher.
È il record raggiunto dai buoni-lavoro nei primi otto mesi del 2015: settantuno milioni. Un balzo in avanti del 70 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (quando ne erano stati venduti 41), a sua volta in impennata rispetto alle stagioni precedenti.
I voucher sono i tagliandi da 10 euro l’ora (7,5 netti per chi li riceve) introdotti nel 2008 per pagare i lavoretti occasionali. Ticket da mini-impieghi che stanno avendo un successo straordinario.
Troppo, straordinario, dicono i sindacati, di fronte agli ultimi numeri pubblicati due giorni fa dall’Inps.
A scorrere la radiografia del boom emerge la fisionomia di una nuova Italia da lavoratori a scontrino.
In Sicilia l’aumento rispetto al 2014 è stato del 98,7 per cento. In Liguria dell’89.
Ci sono settori – come turismo, commercio, servizi – in cui il salto rispetto al 2013 è stato dal 40 al 56 per cento.
L’anno scorso un milione e 16mila persone sono state registrate dall’Inps per essere state pagate almeno una volta con il veloce, pratico, buono-lavoro.
E se nel 2014 i tagliandini avevano sfiorato i 70 milioni (partendo da soli 535mila nel 2008), il tetto è stato sfondato a ottobre di quest’anno.
Inventati per regolarizzare piccole mansioni da sempre pagate in nero, come le ripetizioni di greco dell’insegnante precaria, o l’aiuto per la vendemmia del pensionato-agricoltore, cosa sono diventati i voucher?
Il bigino di 70 milioni di lavoretti così?
«Evidentemente no. Siamo invece di fronte a un aumento di mestieri ultra-precari. Di impieghi barattati al ribasso, che anzichè essere regolarizzati, vengono pagati con uno strumento che non garantisce alcun diritto al lavoratore se non quell’1,2 euro di contributi versati all’Inps per una futura pensione. Noi siamo molto preoccupati da questi dati», commenta Corrado Ezio Barachetti, responsabile nazionale per il mercato del lavoro della Cgil.
La preoccupazione è giustificata da segnali concreti. Per seguirli bisogna andare in Veneto, regione che per prima ha interpretato creativamente la validità del lavoratore-a-ticket, tanto da essere oggi in testa a tutte le classifiche per diffusione dei voucher. Nel 2014 solo nel turismo ne sono stati usati un milione e 312mila. Tre milioni e 481mila nel calderone registrato dall’Inps come “altre attività ”.
I sindacati da tempo segnalavano l’anomalia di questo estroverso successo locale.
E a novembre del 2014 è intervenuta l’Inps stessa, con controlli a un’ottantina di alberghi sulle spiagge di Jesolo.
Risultato: 70 multe (ora sottoposte a ricorso), perchè dalle verifiche sarebbe emerso che i tagliandi erano usati per pagare durante la bassa stagione gli stessi dipendenti che durante i mesi estivi venivano invece regolarmente messi sotto contratto stagionale.
Non certo impiegati per lavoretti occasionali, insomma. Ma rimborsati con i voucher nei mesi freddi anzichè con lo stipendio.
«Ci troviamo di fronte a un paradosso», commenta Fabrizio Maritan della Cgil veneta: «Anzichè combattere il lavoro nero, i voucher lo creano».
Aiutando a volte ad aggirare le norme: «Se un ispettore va a fare un controllo in una struttura», spiega Maritan: «oggi i proprietari possono mostrare i buoni, magari da due ore, e dire che quel dipendente è lì solo per quel tempo. Salvo poi trattenerlo magari 9 o 10 ore e le altre pagargliele in nero come sempre fatto. Con il problema che adesso diventa ancora più difficile dimostrarlo».
Quest’uso “flessibile” (e illegittimo) del voucher – valido per un paio d’ore, in mezzo ad altre pagate in contanti – è fin troppo comune.
«È successo anche a mio figlio!», racconta Barachetti: «Laureato in filosofia, va a lavorare in una pizzeria: gli hanno offerto di pagarlo un po’ in voucher, un po’ in nero».
Il problema è macroscopico: così non si aiuta l’emersione, quanto si correggono con un po’ di make up situazioni che si ossidano nell’opacità .
I mezzi per combattere questi abusi ci sarebbero, e sono già stati previsti dallo stesso governo e dall’Inps. Solo non ancora attuati: «Nel decreto 81 si prevede di introdurre una procedura telematica per registrare i voucher. Sarebbe utilissima per scardinarne l’uso “maldestro”, controllando effettivamente destinatari e mansioni.
Ma il decreto attuativo manca. E non ci sono scadenze obbligatorie per presentarlo», spiega il sindacalista: «Inoltre, bisognerebbe ridefinire le unità di valore dei tagliandi, oggi standard, per assegnare invece una paga oraria secondo i contratti collettivi, come avviene già nell’agricoltura».
Il successo del buono-lavoro però sta proprio nella sua reperibilità e nell’essere standard: come dimostra il fatto che i canali di vendita preferiti (quasi unici ormai) sono gli uffici postali e le tabaccherie, non gli sportelli dell’Inps.
E lo dimostra anche il fatto che l’agricoltura – dove per le aziende che hanno un fatturato superiore ai 7mila euro i voucher hanno valori diversi in base al contratto nazionale e possono essere usati solo per i giovani sotto i 25 anni e i pensionati – è l’unico settore in cui i buoni, anzichè aumentare, sono calati: del 6,65 per cento.
Chi resta quindi in quel milione e 16mila lavoratori pagati attraverso i buoni? «Persone al gradino più basso dei diritti sul lavoro», commenta Barachetti.
Che prendono, a fare una media generale, 500 euro all’anno a testa attraverso il tagliandino (ne possono ricevere fino a 7mila). Ma soprattutto, che fanno mansioni non sempre da prestatori occasionali: «C’è di tutto, fra i pagati con i voucher. Anche professionisti. Certo, non di alto livello, ma comunque abbiamo intercettato cuochi, capo-sala di ristoranti, addetti alla sorveglianza», continua il sindacalista.
I dati raccontano infine un altro pezzo di realtà : se la fascia d’età più rappresentata è quella dei ragazzi fra i 20 e i 25 anni, quella in cui i voucher sono aumentati di più riguarda i cinquantenni.
«Sono uomini e donne che aggiungono lavori pagati con i buoni a un ammortizzatore sociale, una cassa integrazione, un’Aspi», dice Brachetti: «Come gli anziani fanno con la pensione».
Francesca Sironi
(da “L’Espresso”)
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