Ottobre 8th, 2015 Riccardo Fucile
QUANDO IL BUE DICE CORNUTO ALL’ASINO… MARINO FARA’ PERDERE IL PD… IL FRAZIONAMENTO POTREBBE FAR VINCERE UN CINQUESTELLE, GRILLO PERMETTENDO
Chi pensa che Marino, con le dimissioni annunciate, non inciderà sull’elezione del futuro sindaco di Roma non conosce il personaggio.
Ma andiamo per ordine e ristabiliamo alcune verità .
Le “debolezze” di Marino erano ben note fin dall’inizio della sua candidatura a sindaco, sarebbe bastato approfondire i motivi del suo distacco dall’università americana presso cui svolgeva la sua professione.
Una certa propensione ai rimborsi taroccati gli aveva già causato qualche guaio: piccole cose, ma che avrebbero dovuto portare una persona intelligente a evitare di candidarsi a sindaco sapendo da un lato che in certe debolezze ci sarebbe ricascato e dall’altro che lo avrebbero sezionato ogni giorno alla ricerca di qualche magagna.
E’ altrettanto vero che Marino è stato osteggiato fin dall’inizio dal suo partito: non essendo romano e non facendo parte di quel sistema corruttivo che nella capitale decide non solo gli affari, ma anche chi deve fare il consigliere comunale, era evidente che non avrebbe avuto vita facile.
Che abbia cercato di cambiare le cose è indubbio, che lo abbia fatto nel migliore dei modi non si può dire.
Quindi se da un lato è giusto che lasci, fa riflettere quel fronte sospetto unitario che lo voleva politicamente morto: un fronte che va dalla destra alla sinistra, a cui evidentemente il suo agire dava un comune fastidio.
E ieri ne abbiamo avuto una immgine emblematica: dentro il Campidoglio chi, pur del suo partito, lo stava pugnalando su mandato di terzi, fuori una massa di buoi che davano del cornuto all’asino.
Soggetti politici di pseudodestra che hanno governato con Alemanno, condividendone scelte politiche scellerate senza mai obiettare su nomine, assunzioni e scandali che inveivano contro “il corrotto” Marino.
Una destra romana che farebbe bene a chiudersi in casa per almeno un decennio per averne infangato il nome e ormai più prossima a frequentare aule di tribunale che a rappresentare i cittadini, ma che avviava in piazza una discussione su chi abbia rubato di più.
Senza accorgersi che se oggi esulta perchè Marino si è dimesso, questo vuol solo dire che questa destra può ora perdere tranquilla le elezioni, sapendone la scadenza.
Perchè i romani in Mafia capitale hanno ben compreso che destra e sinistra cittadina ci sono dentro fino al collo.
Dopo un periodo di commissariamento in primavera si andrà al voto con una frammentazione di candidature: da una parte con le solite inutili Meloni, con Salvini che alla fine la appoggerà costringendo i poundisti a diventare sostenitori della grande sorella e con Forza Italia che cercherà di riportare senza successo Marchini alle sue origini.
Mentre dall’altra arriverà l’ex turco Orfini con qualche martire renziana di stretta osservanza e tacco 12 o magari qualche ex questurino.
Ma se Marino presenta una sua lista (e il tipo è vendicativo assai) ci sarà da ridere.
Tutto fa pensare che alla fine dei giochi possa prevalere un Cinquestelle, se non sbagliano candidato. Ma forse ci penserà come sempre Grillo in persona a farli perdere.
Nell’anno del Giubileo si fa presto a finire giubilati.
L’importante è che la destra festeggi: c’è anche chi ama l’orchestrina ai propri funerali, Casamonica docet.
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Ottobre 8th, 2015 Riccardo Fucile
LA STORIA RILANCIATA DAL LEADER DELLA LEGA A “PORTA A PORTA” NON HA NULLA DI VERO… FA LA PARI CON IL CIBO BUTTATO DAI PROFUGHI DELLA MELONI
Se in questi giorni avete visto dei militanti della Lega Nord esporre un’effigie di Peppa Pig non avete avuto un’allucinazione.
È tutto dovuto a una polemica rilanciata da Matteo Salvini: il motivo del contendere sarebbe un dondolo per bambini a forma di maiale prima transennato e poi rimosso da una scuola dell’infanzia di Rovereto perchè offenderebbe i musulmani.
Il punto è che la giostra in questione non è mai stata rimossa dal giardino della scuola: come era già successo in estate con la storia della tassa sui condizionatori (rilanciata sempre da Salvini) e sul caso del cibo gettato in strada dai migranti (quella volta a indignarsi era Giorgia Meloni) i fatti sono diversi.
Le maestre, preoccupate per l’altezza del dondolo, si erano limitate a transennare il gioco in attesa di sapere se questo fosse a norma.
La versione delle maestre è stata resa nota dal comune di Rovereto con un comunicato che spiega che la richiesta delle maestre risale al 2 ottobre e ha trovato risposta (positiva: il dondolo è a norma) il 5 ottobre.
Tutto ben prima che Salvini urlasse allo scandalo ingiustificatamente.
Ma ormai non c’è limite all’indecenza.
(da “la Stampa“)
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Ottobre 8th, 2015 Riccardo Fucile
RICERCA EUROSTAT: A FRONTE DELL’1,2% DELLA GERMANIA, DEL 2,4% DELLA FRANCIA E DELLA MEDIA UE DEL 3,7%
Gli italiani sono i più sfiduciati d’Europa. Almeno in termini lavorativi.
Oltre ai 3,1 milioni di disoccupati ci sono, infatti, 3,3 milioni di persone che non cercano impiego pur dicendosi disponibili a lavorare.
La percentuale di questi “sfiduciati” è pari al 13% della forza lavoro nel secondo trimestre 2015, un dato quasi quattro volte quello Ue a 28 (3,7%) e più alto di qualunque altro paese del Vecchio continente: alla spalle dell’Italia c’è la Croazia all’8,1%.
I più ottimisti, invece, sono i lituani (0,8%) e i cechi (1%).
Lo rileva l’Eurostat nell’indagine sulle forze lavoro potenziali. Il dato italiano sulle persone che pur disponibili a un impiego non cercano si confronta con l’1,2% in Germania, il 2,4% in Francia e il 3,9% in Spagna.
L’Eurostat calcola tra le forze lavoro potenziali non solo coloro che non cercano pur essendo disponibili a lavorare ma anche chi cerca ma non è immediatamente disponibile (in Italia solo lo 0,4% della forza lavoro pari a circa 100.000 persone contro l’1% in Europa) e le persone sottoccupate in un part time involontario (3,1% in Italia, circa 780.000 persone, a fronte del 4,2% dell’Ue a 28).
In Italia resta basso il tasso di occupazione complessivo (solo il 56,3% delle persone tra i 15 e i 64 anni) anche se in lieve crescita nel secondo trimestre e larga l’area dell’inattività .
Coloro che sono disponibili a lavorare ma non cercano attivamente lavoro, sono cresciuti tra il secondo trimestre 2012 e lo stesso periodo del 2015 di quasi mezzo milione di unità da 2.847.000 a 3.325.000 persone.
Tra questi gli scoraggiati, ovvero coloro che dichiarano di non cercare pensando di non riuscire a trovare un posto di lavoro nel secondo trimestre 2015 erano 1.572.000 persone (da 1.286.000 di tre anni prima).
La percentuale di coloro che non cercano pur essendo disponibile è cresciuta nell’ultimo anno di 0,4 punti in Italia a fronte del -0,1 punti nell’Ue a 28.
(da agenzie)
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Ottobre 8th, 2015 Riccardo Fucile
CRESCONO LE “MORTI BIANCHE”, NEI PRIMI OTTO MESI 752, CONTRO LE 652 DELLO STESSO PERIODO DELL’ANNO SCORSO
Aniello De Luca, 47 anni, operaio residente nel Bresciano, si è calato in un silo di mangimi per pulirlo ma non ne è mai uscito: il suo corpo è stato dilaniato dalle lame. Giovanni Racca, artigiano di 59 anni, precipitato dal tetto di un capannone che stava riparando a Settimo Torinese.
Il 45enne Giuseppe Scarano morto travolto da un camion in un cantiere autostradale sull’A3, all’altezza del casello di Portici (Napoli).
Sono solo gli ultimi casi.
Perchè in Italia di lavoro si continua a morire: da gennaio a agosto sono 752 le vittime, una media di tre al giorno.
In otto mesi è come se ci fossero stati più di cento roghi alla Thyssenkrupp: una tragica Spoon River relegata alle cronache locali.
E, per la prima volta dal 2006, c’è stata un’inversione di tendenza: le morti “bianche” sono in aumento.
A certificarlo sono i dati Inail. Nel 2014, tra gennaio e agosto, si contavano 652 vittime. Nel 2015 si registrano 100 casi in più. Storie di uomini e donne che usciti per andare a lavoro non hanno mai fatto ritorno a casa.
«100 morti in più sono un dato inquietante che va in contro-tendenza con l’ultimo decennio», commenta Franco Bettoni presidente dell’Anmil, l’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro che da oltre 70 anni tutela le vittime e i familiari.
Un incremento percentuale del 15,3% che è ancora difficile da spiegare.
«Le leggi ci sono ma questi dati fanno pensare che la sicurezza non rappresenti ancora una priorità per l’economia di un Paese come il nostro, che sta uscendo a fatica dalla crisi e non sempre vede nella prevenzione un obiettivo strategico», dice Bettoni.
E tutto ciò ha un costo: «Basti pensare – continua Bettoni – che solo gli infortuni del lavoro nel 2014 hanno causato circa 11 milioni di ore di assenza di lavoro per inabilità , senza contare i costi umani di chi si ritrova ad affrontare una menomazione permanente o, peggio ancora, a piangere un famigliare morto».
C’è poi un altro dato che sottolinea l’Associazione: le statistiche infortunistiche dell’Inail si riferiscono ai soli lavoratori assicurati dall’Istituto e non esauriscono l’intero mondo del lavoro, non comprendono cioè oltre 2 milioni di persone (alcune categorie del privato e dipendenti pubblici come, per esempio, i vigili del fuoco), quasi il 10% dell’occupazione nazionale.
Per sensibilizzare sul tema, come ogni anno, l’Anmil organizza l’11 ottobre, seconda domenica del mese, la giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro.
Da un’analisi settoriale, però, emergono le prime considerazioni.
Sono quelle che vengono dall’Osservatorio Scurezza Lavoro di Vega Engineering che, ogni mese, rielabora i dati Inail, considerando solo gli infortuni mortali sul luogo di lavoro ed escludendo così quelli in itinere.
Con questa metodologia le vittime nei primi otto mesi dell’anno, da gennaio ad agosto, risultano essere 546 (contro le 489 del 2014, l’incremento è comunque dell’11,7%).
Il settore delle costruzioni conta ancora il maggior numero di vittime (69 morti, il 15,65% per cento del totale degli infortuni mortali nel settore industria).
Al secondo posto le attività manifatturiere (63 morti, 14,9 per cento delle vittime nell’industria); al terzo posto trasporto e magazzinaggio (51 morti, 11,56 per cento). «L’incremento generale può essere spiegato con un aumento di ore lavorate specie in quei settori, come l’edilizia, che sono più a rischio», spiega Federico Maritan, direttore dell’Osservatorio.
Tragicamente, quindi, l’aumento delle vittime potrebbe essere considerato un «sintomo della ripresa del comparto» dopo anni di crisi.
«Tra i morti ci sono soprattutto casi dei piccoli-imprenditori proprietari della ditta di costruzioni», spiega ancora Maritan.
Ma ci potrebbe essere anche un’altra concausa secondo il direttore dell’Osservatorio: vale a dire la riduzione dei controlli.
«Ci sono stati tagli notevoli all’ispettorato del lavoro e all’Asl e quindi è diminuita l’attenzione generale alla sicurezza».
Non a caso nei giorni scorsi gli ispettori del lavoro sono scesi in piazza a Torino per chiedere maggiori «risorse per le ispezioni» e per esprimere il loro disagio di fronte a “episodi di intolleranza e intimidazione” durante le loro visite nelle aziende e nei cantieri.
«C’è un clima di disinteresse generale delle istituzioni verso i problemi della nostra categoria», ha denunciato Angelo Vignocchi, coordinatore nazionale Uil della pubblica amministrazione.
Sarà da tenere d’occhio anche il confronto con gli ultimi dati europei disponibili (2012).
Nel 2008 l’Italia contava 4,5 morti ogni 100 mila occupati: più di Spagna (4,19), Germania (2,67), Francia (1,84) e Regno Unito (1,02).
Nel 2012 l’indice per il nostro Paese era sceso al 3,6: una diminuzione di casi che ci lasciava comunque sopra la media europea (2,42).
Ma adesso, se l’aumento delle morti di quest’anno sarà confermato, c’è il rischio di un nuovo e più grande discostamento dai parametri europei.
E qui non si tratta di conti economici, ma di uomini e donne caduti sul lavoro.
Davide Lessi e Simon Bouvier
(da “la Stampa”)
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Ottobre 8th, 2015 Riccardo Fucile
CHIUSA UN’ATTIVITA’ COMMERCIALE SU QUATTRO E IN PERIFERIA SI ARRIVA AL 40%
Sono oltre 627 mila i negozi sfitti dopo la chiusura dell’azienda che vi operava, quasi uno su quattro e in alcune periferie si sfiora il 40%.
E’ quanto emerge da uno studio di Confesercenti, sulle rilevazioni delle imprese di intermediazione immobiliare: “i segnali della resa delle botteghe sono ben visibili nelle migliaia di saracinesche abbassate che si affacciano su strade che erano il regno dello shopping, ma che ora sono sempre più deserte e sempre meno sicure” afferma il presidente di Confesercenti, Massimo Vivoli, che attribuisce la desertificazione commerciale alla crisi, ma anche alle liberalizzazioni e agli affitti sempre più elevati, soprattutto nelle aree di pregio.
Nei primi otto mesi 2015 sono sparite così circa 30 imprese commerciali al giorno.
L’associazione propone, per incoraggiare nuove aperture, l’introduzione di canoni concordati e cedolare secca, un sistema già previsto per le abitazioni e che potrebbe essere declinato anche per il commercio portando nell’arco di due anni alla nascita di circa 190mila negozi.
Secondo il presidente, Massimo Vivoli, “serve patto tra commercianti e proprietari di negozi, amministrazioni comunali e Stato per rivitalizzare le città e favorire la nascita di nuove imprese”. Per l’erario, l’associazione stima che sarebbe “un affare da 1,5 miliardi di euro” tra gettito Irpef, Tari e Irap pagate dalle imprese.
(da agenzie)
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Ottobre 8th, 2015 Riccardo Fucile
HA COLPITO PADRE E FIGLIO IN SCOOTER PERCHE’ INTRALCIAVANO IL PASSAGGIO DEL CORTEO DI AUTO CHE ACCOMPAGNAVA L’ESPONENTE DEL GOVERNO BERLUSCONI
“Bastardi, vi spacco, vi rompo”. Su di giri il caposcorta dell’allora ministro Gianfranco Rotondi, sbuca dal finestrino dell’auto, brandisce la paletta e percuote due uomini su uno scooter.
Quest’ultimi, per il poliziotto, intralciano il passaggio al corteo di auto che accompagna l’esponente del governo Berlusconi.
Il caposcorta, accusa il pm Lina Corbeddu, ha esagerato, per questo è imputato per lesioni, minacce, ingiuria e danneggiamento.
E’ il dieci giugno del 2010, due auto, compresa quella su cui si trova il ministro per l’attuazione del programma di governo, sono imbottigliate in via dei Cerchi, la strada che costeggia il Circo Massimo.
La via è trafficata e ad intralciare il passaggio, per il caposcorta, ci sono due uomini distinti a bordo di uno scooter.
L’uomo va su tutte le furie, inizia una discussione accesa con le due persone a sopra l’Aprilia Scarabeo.
Il poliziotto, per la procura, va in escandescenza. Afferra la paletta d’ordinanza e inizia a colpire prima lo scooter, spaccando il parabrezza, poi le due persone a bordo.
Si tratta di padre e figlio. Il primo, sui 70 anni, ha problemi cardiaci, si becca qualche scudisciata dal poliziotto e si sente male.
Anche perchè la scorta, ricostruisce la procura, dopo le palettate stringe con l’auto i due sulla moto schiacciandoli contro un camion e facendoli cadere per terra.
Poco dopo arriva l’ambulanza, il 70enne viene portato al pronto soccorso dove viene medicato per delle contusioni al torace.
Giuseppe Scarpa
(da “la Repubblica“)
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Ottobre 8th, 2015 Riccardo Fucile
IL GIUDICE DEL LAVORO INTIMA ALL’INPS DI VERSARE AL PENSIONATO L’INTERA PERCENTUALE DEL RIMBORSO DOVUTO, NON SOLO IL 10-20% UNA TANTUM DECISO DAL GOVERNO
Il granello nell’ingranaggio, l’uomo che è riuscito a frantumare un fragile compromesso raggiunto tra poteri istituzionali, sorride soddisfatto: «Io sono nato sindacalista. Combatto per i diritti dei lavoratori da quando sono nato. Il mio esempio ora potrà essere seguito da altri, se lo vorranno».
Giuliano Brighenti, 67 anni, ex autista Amt, ha in mano l’ingiunzione – la prima a Genova e una delle prime in Italia – con cui il tribunale di Genova obbliga l’Inps a corrispondergli l’adeguamento all’inflazione della sua pensione.
Tutta, per intenderci, non solo la percentuale prevista dal governo Renzi, costretto a mettere una pezza alla bocciatura della Corte Costituzionale senza aprire una voragine nei bilanci dello Stato.
Se quei rimborsi fossero pagati tutti insieme la tenuta dei conti pubblici potrebbe essere messa seriamente a rischio.
Ecco perchè nasce il nuovo provvedimento: i rimborsi ci saranno, ma riguarderanno integralmente solo chi ha entrate che arrivano fino a tre volte la pensione minima (502,38 euro lordi).
A chi guadagna fra le 3 e le 4 volte quella cifra, va il 40% dei rimborsi (che riguardano gli anni 2012 e 2013).
Chi ha un emolumento fra le 4 e le 5 volte superiore, dice la norma, ha diritto al 20%, e il livello immediatamente sopra dovrà accontentarsi del 10%.
Ecco, così sarebbe andata se tutti i diretti interessati avessero accettato questa soluzione ponte. Brighenti non è uno che si accontenta.
Era così anche quando era ancora in forza alla sua azienda e portò avanti parecchie battaglie, fra cui quella che portò alla denuncia di casi di tossicodipendenza fra chi guidava i bus: «Ci sono in gioco i diritti di molte persone. E non stiamo parlando di dirigenti».
Così, il 4 settembre scorso, il giudice del lavoro Alessandro Barenghi (il più anziano magistrato del collegio), dà ragione a Brighenti e intima all’Inps di versargli la parte mancante dell’adeguamento, che per un pensionato non è affatto poco: 1.800 euro maturati nell’arco di due anni.
A Genova sono migliaia le persone potenzialmente interessate da questa sentenza.
È un caso pilota? Non è detto.
Ad aprire la strada erano state due istanze accettate dal tribunale di Napoli.
Ma nel capoluogo ligure sembra regnare la confusione interpretativa: cinque giorni dopo i tre colleghi di Brighenti, che avevano presentato casi simili in tutto e per tutto, nello stesso collegio ma con giudici diversi, si sono visti respingere la richiesta di ingiunzione.
Marco Grasso
(da “il Secolo XIX”)
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Ottobre 8th, 2015 Riccardo Fucile
DOPO IL TUTTI CONTRO UNO, MARINO EVITA LA MOZIONE DI SFIDUCIA MA NON E’ DETTO CHE ORA SI SILENZI
Ignazio Marino non è più sindaco di Roma. Il primo cittadino si è arreso dopo una giornata frenetica.
«Tutto il mio impegno ha suscitato una furiosa reazione. Sin dall’inizio c’è stato un lavorio rumoroso nel tentativo di sovvertire il voto democratico dei romani. Oggi quest’aggressione arriva al suo culmine», scrive il sindaco, nel messaggio in cui motiva la sua decisione.
E continua: «Esiste un problema di condizioni politiche per compiere questo percorso. Queste condizioni oggi mi appaiono assottigliate se non assenti. Per questo ho compiuto la mia scelta: presento le mie dimissioni».
«POTREI RITIRARLE ENTRO 20 GIORNI»
Delle dimissioni che potrebbero essere ritirate. «Presento le mie dimissioni. Sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni», aggiunge Marino. «Non è un’astuzia la mia – assicura – è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche».
Nella lettera il sindaco fa anche riferimento alle critiche sulle spese : «Nessuno pensi o dica che lo faccio come segnale di debolezza o addirittura di ammissione di colpa per questa squallida e manipolata polemica sulle spese di rappresentanza e i relativi scontrini successivamente alla mia decisione di pubblicarli sul sito del Comune».
E conclude: «Non nascondo di nutrire un serio timore che immediatamente tornino a governare le logiche del passato, quelle della speculazione, degli illeciti interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso che purtroppo ha toccato anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto non solo l’intero Partito democratico ma tutto il Campidoglio».
LA PRESSIONE DI PD E SEL
Nelle ultime ore l’avevano lasciato anche il vice sindaco Marco Causi e due assessori Stefano Esposito (Trasporti) e Luigina Di Liegro (Turismo).
Il primo cittadino aveva provato a resistere: «Chi non difende la mia giunta vuole rimettere la città nelle mani dei mafiosi». Ma la pressione di Pd e Sel, pronti a sfiduciarlo, è stato troppa. «È finita. Si va a casa», confermavano fonti del Partito democratico.
Nel pomeriggio c’è stato anche l’incontro tra il commissario del Pd Matteo Orfini e il segretario Sel Paolo Cento. Di fronte al ritardo delle dimissioni di Marino i due avevano concordato la linea dura: sfiduciare in Aula il primo cittadino.
CHE SUCCEDE?
Renzi, dopo mesi di accelerazioni e frenate, ha deciso di abbandonare il sindaco. «Marino fuori controllo, se non ci garantisce più neanche la figura di sindaco onesto e integerrimo che si era costruito in questi mesi, e per la quale gli abbiamo perdonato di tutto, allora per Marino siamo al game over», commentavano ieri dall’«unità di crisi» informale messa in piedi dai dem per Roma.
Palazzo Chigi conta ora di affidare alla tutela del prefetto Franco Gabrielli la traversata fino alle elezioni del 2016.
Il nome che gira con maggior insistenza per il dopo-Marino è quello di Matteo Orfini, commissario del partito per Roma.
Non la prima scelta dei vertici Pd che, anche in chiave anti-Cinquestelle, vorrebbero puntare sul vicepresidente della Camera Roberto Giachetti.
Ma il diretto interessato ha fortemente e ripetutamente smentito di volersi candidare, lasciando poche alternative a Orfini. Anzi, una sola: lo stesso prefetto Gabrielli.
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Ottobre 8th, 2015 Riccardo Fucile
L’AFFONDO DEL SINDACO DURANTE UNA CONVULSA RIUNIONE DI GIUNTA… RENZI, ORFINI E IL PD LO SCARICANO, MA LUI NON MOLLA
Da un lato l’assedio. Dall’altro la resistenza a oltranza.
Ignazio Marino, nel corso di una riunione di giunta, non molla: “Se cado io a Roma tornano gli affidamenti diretti e il malaffare”. È una battaglia.
Pochi minuti prima, Stefano Esposito, l’assessore sceriffo che ha bonificato Ostia, ci era andato giù duro: “Sindaco, non giriamoci attorno, non ci sono più le condizioni. Io mi dimetto”.
Assieme a Esposito, anche il vicesindaco Marco Causi aveva rassegnato le dimissioni, poi l’assessore Rossi Doria.
Ma Marino è un fiume in piena: “Chi non difende la mia giunta vuole rimettere la città nelle mani dei mafiosi”.
Causi ed Esposito si guardano esterrefatti, perchè i primi che non difendono la giunta sono Renzi e Orfini. Brusii in giunta: “Ma come, quello fa i casini sui rimborsi spese e invece di dimettersi dà del mafioso a chi chiede le sue dimissioni?”.
L’assedio, appunto. Concordato con palazzo Chigi.
Nel giro di telefonate notturne Matteo Renzi e Matteo Orfini hanno messo a punto la linea sul Campidoglio: “Ora basta, o Marino se ne va lui o cacciamo”.
Marino però resiste a oltranza. Con lui ci sono pezzi di Pd.
Non solo molti presidenti di quartiere, ma mezzo gruppo consiliare del Pd che non vuole andare a casa.
Tra i mariniani di ferro anche gli l’assessori Francesca Danese, Alessandra Cattoi, Estella marino.
A palazzo Chigi confidano nella capitolazione nelle prossime ore. La certezza è che entro sera il premier si aspetta le dimissioni di Marino. Altrimenti l’assedio continua. A oltranza. Come la resistenza di Marino.
(da “Huffingtonpost”)
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