Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
LA STORIA DI UN VOLTAGABBANA
Fabrizio Cicchitto è proprio adorabile, specie da quando va in giro in borghese: scappucciato.
L’altro ieri ha dato un’intervista all’Huffington Post che è tutta un peana a Renzi: “È riuscito dove Craxi e Berlusconi non riuscirono:ha ucciso i comunisti. Per questo va costruito un nuovo centro alleato con lui”.
Già l’idea che uno a caso parli di “comunisti” nel 2015, 26 anni dopo il crollo del muro di Berlino, quando ha smesso di farlo persino B., è commovente.
Ma che a farlo sia Cicchitto, è da strapparsi i capelli. Stiamo parlando di una delle migliori reincarnazioni di Sasà Scimoni, l’immortale voltagabbana impersonato da Alberto Sordi ne L’arte di arrangiarsi.
In Parlamento, dove soggiorna a spese nostre, con brevi intervalli, dal lontano 1976 (6 legislature), è stato tutto e il contrario di tutto: di sinistra, di centro, di destra, di centrosinistra, ora di nuovo di centro.
Nato a Roma 75 anni fa, parte dalla Cgil e poi passa al Psi con Riccardo Lombardi, estrema sinistra.
Il 13 maggio 1977, dopo la morte di Giorgiana Masi negli scontri tra forze dell’ordine ed extraparlamentari, interviene alla Camera difendendo questi ultimi e dando tutta la colpa alla polizia, che lui vorrebbe disarmare: “Non posso non contestare e condannare le direttive impartite alle forze dell’ordine”.
Secondo il tupamaro Fabrizio, è tutto un complotto:“Ben determinati settori del potere investono le forze dell’ordine cercando di determinare uno spostamento a destra… Un disegno di provocazione e rottura in settori politici della maggioranza”.
Una “trappola” tesa alle “forze giovanili democratiche”. Un piano “repressivo indiscriminato” che mira a “spostare a destra l’opinione pubblica” e “cambiare il volto dello Stato uscito dalla Resistenza”. Ecco.
Tifoso sfegatato del compromesso storico Dc-Pci, dopo il delitto Moro (1978) il compagno Cicchitto tira in ballo la Cia nella strategia della tensione.
Poi nel 1980 corre a incappucciarsi nella P2 di Licio Gelli, la loggia segreta più atlantista su piazza: tessera 2232, “sospesa per mancanza di foto”.
A presentarlo a Gelli è il professor Fabrizio Trecca, che ha il grado di maestro. Quando, nel 1981, Cicchitto sbuca dalle liste, si dice che Lombardi lo prenda a ceffoni (lui però nega).
Sull’Unità , Fortebraccio immagina un dialogo fra Lenin e Marx nei Campi Elisi. “Compagno Marx, ti vedo triste e pensoso, che ti è successo?”. “Compagno Lenin, ho avuto cattive notizie dalla Terra: il compagno Cicchitto non ci vuole più bene”.
Lui, davanti alla commissione Anselmi, racconta di aver incontrato Gelli 3-4 volte, ma di non aver capito l’“anomalia” della P2 (“credevo di iscrivermi alla massoneria”). Segue supercazzola: “Fu un errore maturato in un momento particolare”, a causa di misteriose “lettere anonime”che lo indussero a cercare “solidarietà e protezione” per “sentirmi partecipe di una comunità che andasse al di là del dato puramente politico per ambire anche a momenti di vita individuale”, visto il “crescente imbarbarimento della vita politica”.
Gelli gli promise “un atteggiamento favorevole da parte del gruppo Rizzoli”, controllato dalla P2. Trecca lo smentisce: “Non capisco perchè, avendo subìto minacce,Cicchitto non si sia rivolto alla magistratura. Io posso solo dire che, quando scoppiò il caso P2, mi telefonò più volte, ma si presentava con pseudonimi: Romano, Giovanni…”.
Craxi lo caccia dalla direzione del Psi e lo mette in quarantena, per ripescarlo solo nel 1989, ma dalla porta di servizio. Lui intanto è diventato craxiano, ma solo fino al 1992.
Quando Bettino cade in disgrazia per Tangentopoli, Cicchitto è già da un’altra parte. Il 19 novembre ’93 si fa intervistare da Augusto Minzolini sulla Stampa perchè ha scoperto all’improvviso che Craxi è un tangentaro: “Ho capito che Craxi e Martelli c’entrano dentro fino al collo con Gelli e Ortolani… La storia dei 30 milioni di dollari del conto Protezione non è mica uno scherzo. C’è da credere davvero che in quegli anni, con tutti quei soldi, si siano comprati il Psi… Dentro il Psi ci furono lotte davvero pesanti. Fecero scoppiare il caso Eni-Petromin (i craxiani contro il capo della sinistra Claudio Signorile).
Lo stesso Nenni, che si era accorto che Craxi voleva strafare, gli scrisse una lettera per chiedergli di dimettersi”.
Praticamente descrive il Psi come un’associazione a delinquere. Ma è solo un attimo: poi inizia a scrivere libri sul “golpe” dei giudici che hanno orbato l’Italia di quella splendida e profumata classe dirigente.
Nel ’94 fonda il Partito socialista riformista con Enrico Manca (anche lui nelle liste P2); poi nel ’99 passa con B. (anche lui nelle liste P2), diventando presto vicecoordinatore e poi capogruppo di Forza Italia alla Camera.
Per 15 anni, fra Parlamento e tv, difende il Caimano contro ogni decenza ed evidenza, insultando chiunque dica per tempo ciò che lui dirà fuori tempo massimo.
“Nessuno potrà mai sostituire Silvio Berlusconi”, proclama nel 2005.
Infatti nel 2013, appena la Cassazione lo condanna, scopre di non amare più B. e lo sostituisce con Alfano, conservando incidentalmente la presidenza della commissione Esteri con annesse prebende.
Ora che anche l’atomo Ncd si scinde, fra chi torna con B. e chi veleggia verso Renzi, lui punta al centro. Il Grande Centro.
Si chiamerà “Moderati per Renzi”. Lui, Angelino Jolie, Schifani e forse Verdini.
Gran fermento nell’Aldilà : “Compagno Lenin, ho avuto ottime notizie dalla Terra: il compagno Cicchitto vuol bene a Matteo”.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
ORA DICE CHE NON ERA PREVISTO, MA MENTE: LE BOZZE DEI TESTI CONFERMANO
Matteo Renzi torna indietro sull’abolizione dell’Imu anche per le abitazioni di lusso, quello che
neanche Silvio Berlusconi si era spinto a fare.
E lo fa alla sua maniera: dicendo che non ne ha mai avuto intenzione, e che si apprestava a fare tutt’altro.
Ma non è vero, lo dicono le bozze della legge di stabilità , ma anche le voci più vicine al dossier Imu.
Semplicemente, il premier ha cambiato idea.
Nei testi, infatti, l’abolizione era prevista per tutti gli immobili, comprese le 74.430 abitazioni signorili(A/1),leville (A/8), castelli e palazzi storici (A/9), per le quali — ha calcolato l’Ufficio studi politiche territoriali della Uil — il beneficio sarebbe stato in media di 2.778 euro,negando allo Stato un gettito di 85 milioni.
Il dossier studiato finora prevedeva esattamente questo.
Ieri, Renzi ha comunicato il dietrofront con un lungo post su Facebook: “Leggo molti commenti divertenti sulle anticipazioni della legge di stabilità (…). A chi dice: ma la manovra sulla casa l’aveva fatta anche Berlusconi, dico che è vero. La norma è la stessa anche sulla questione dei castelli che dunque — a differenza di quanto si dice con tono scandalizzato—pagheranno (come per abolizione Ici del 2008)”.
Una parte invece, che tutte le bozze circolate — compresa l’ultima di ieri mattina — abolivano.
Peraltro i valori catastali non sono aggiornati da decenni, quindi molte “ville” manco risultano tali.
“Ironia della sorte — ha continuato Renzi — i castelli furono parzialmente esentati dai governi successivi, anche di centrosinistra, perchè considerate residenze storiche”.
E qui sembra che il premier abbia scritto di suo pugno il post, perchè commette una svista non da poco: a partire dal ’97-’98 — governo Prodi I — vennero esentati dall’Ici solo i castelli e i palazzi storici che avevano un vincolo particolare e consentivano l’accesso al pubblico.
Per intenderci: a Roma, Palazzo Borghese paga l’Imu, perchè è chiuso ai visitatori, mentre la galleria Doria Pamphilj no,per il motivo opposto.
Norme volute dai diversi ministri della Cultura.
Renzi , insomma non ha fatto come il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che ieri ha ammesso sinceramente di aver cambiato idea sulla soglia per l’uso dei contanti.
Carlo Di Foggia
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
E BOCCIA IL GOVERNO: “SCELTA SBAGLIATA, SEGNALE PESSIMO PER LA LEGALITA'”
“È una scelta assolutamente sbagliata, che va nella direzione opposta a quanto invece si dovrebbe fare”.
Dopo diversi esperti e, domenica, il presidente dell’autorità Anticorruzione Raffaele Cantone (“sono assolutamente contrario”), è Franco Roberti, magistrato e procuratore nazionale antimafia a bocciare l’innalzamento della soglia per l’uso del contante — dai mille attuali a tremila euro — annunciato dal premier Renzi e inserito nella legge di Stabilità .
Dottor Roberti, è d’accordo con Cantone? “Una scelta sbagliata” ?
È sbagliatissima. Favorisce l’evasione fiscale, la circolazione del “nero” e danneggia la lotta al riciclaggio di denaro frutto di reato. Cantone ha ragione anche su un altro punto.
Non sarà risolutivo lasciare il limite a mille euro, ma cambiare continuamente le regole del gioco è un pessimo segnale per la legalità : danneggia gli onesti e chi è impegnato a contrastare e reprimere gli illeciti. Ma è anche un grande favore alla criminalità .
In che modo la favorisce?
Aiuta a spendere meglio i proventi di un crimine, che quasi sempre sono in contanti. Non dimentichiamo che l’estorsione è ancora il core business delle organizzazioni criminali più tradizionali. E tutto avviene attraverso il denaro cartaceo. Lo stesso vale per l’usura, e, in parte, per la corruzione. Si favorisce anche l’esercizio abusivo del credito.
Cioè gli strozzini?
Parlo di attività in concorrenza con le banche. L’usura è rischiosa, perchè prima o poi l’usurato può denunciare tutto. Sembra incredibile, ma le organizzazioni criminali hanno messo in piedi delle vere attività di credito clandestine. E non applicano tassi usurai, ma pari o più convenienti delle banche. Così si riciclano i capitali illeciti. È la forma più subdola di riciclaggio, difficile da scoprire perchè non c’è la vessazione dell’usurato. Chi riceve quel denaro non denuncia. E tutto avviene in contanti.
Secondo il premier la misura farà salire i consumi.
Certo, ma chi spende mille euro a botta cash? E comunque, basterebbe incentivare l’uso della moneta elettronica. In una relazione sull’efficacia della nostra normativa antiriciclaggio, il Fondo monetario internazionale ha sottolineato che la media Ue delle transazioni fatte con il contante è del 60%, quella italiana è dell’85%.Questo è il livello in cui siamo.
Come si incentiva l’uso delle “carte”?
Abbassando il costo del loro utilizzo, riducendo le commissioni. Ma bisogna fare i conti con le banche,e qui il capitolo si complica. Non capiscono che sarebbe loro interesse farlo, vista la concorrenza illegale.
Perchè allora il governo ignora questi problemi?
Per lassismo. Sottovalutano il potere che ha l’economia criminale di distruggere quella reale. Per loro è solo un aspetto e non il cuore dei problemi che attanagliano il Paese. L’economia criminale dovrebbe essere il nemico numero uno. Se — come dice lo Svimez — il Paese è diviso in due, il Mezzogiorno è alla deriva e intere aree sono in mano alla criminalità , la causa sta proprio nel non aver capito che la questione meridionale è soprattutto una questione criminale. E non parlo solo di mafie. Per questo tornare indietro è sbagliato: la certezza del diritto e una giustizia efficiente aiutano l’economia reale.
Carlo Di Foggia
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
“IGNORATA DA BANKITALIA L’OFFERTA DI HONG KONG”
Un’offerta da cento milioni di euro buttata inspiegabilmente nel cestino, l’accordo- quadro per
l’ingresso di Banco Desio coperto da omissis, una cessione di crediti per 95 milioni di euro che misteriosamente finisce in perdita.
C’è qualcosa di più del semplice “atto dovuto”, dietro l’iscrizione sul registro degli indagati del governatore di Bankitalia Ignazio Visco e di altre sette persone per l’affaire della Banca popolare di Spoleto.
Lo suggeriscono sia la gravità dei quattro reati ipotizzati in concorso (corruzione, infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità , truffa e abuso d’ufficio), sia l’impenetrabile “no comment” dietro cui si è trincerata la procura di Spoleto, dopo che il Fatto ieri ha rivelato l’esistenza di un fascicolo, il n°2267/2015, a carico di Visco e di chi ha gestito la Bps negli ultimi due anni.
Anche da Via Nazionale assicurano massima collaborazione con i magistrati ma chiariscono di «Non poter entrare nel merito» della vicenda
L’ESPOSTO MADRE
Sul tavolo del procuratore capo Alessandro Cannavale si sono accumulate, nei mesi, decine di denunce da parte dei soci della Scs, la cooperativa “Spoleto crediti e servizi” che prima dell’arrivo di Banco Desio controllava la Bps con il 51 per cento delle quote.
C’è un esposto, però, che conta più degli altri, in calce porta la firma di un centinaio di soci e Repubblica è in grado di anticiparne il contenuto.
Con decine di documenti, si ricostruisce nel dettaglio l’operato dei tre commissari indagati (Giovanni Boccolini, Gianluca Brancadoro, Nicola Stabile), che la Banca d’Italia nominò nel 2013 quando Bps e la cooperativa controllante sono finite in amministrazione straordiaria.
Sono citati anche i tre membri sotto indagine del comitato di sorveglianza (Silvano Corbella, Giovanni Domenichini, Giuliana Scognamiglio) e l’attuale vertice di Bps, nonchè vice presidente di Banco Desio, Stefano Lado.
E’ una ricostruzione di parte ma a è su questi documenti che si concentrano i magistrati.
“PIANO DI RICAPITALIZZAZIONE FITTIZIO”
Il primo atto dei tre commissari, dopo l’insediamento, è trovare chi possa pompare nelle casse in crisi della Bps almeno 130 milioni di euro.
Quattro i soggetti che si interessano: Banco di Desio, la Popolare di Bari, Banca Popolare di Vicenza e Clitumnus.
«A febbraio del 2014 — si legge nell’esposto scritto dall’avvocato Riziero Angeletti — i commissari sostengono in una relazione che Banco Desio sia il più idoneo».
La Consob dà il via libera e il primo aprile dello scorso anno, a Milano, Boccolini firma un accordo- quadro con l’istituto brianzolo, depositato alla Camera di commercio con diversi omissis: prevede l’aumento di capitale, riservato al Banco Desio, di ben 139,7 milioni di euro tramite l’emissione di 77 milioni di azioni ordinarie.
Un’operazione che mette la Bps in mano al Banco Desio e riduce al 15 per cento la quota societaria della coop di Spoleto. «Una ricapitalizzazione fittizia», la definiscono i denuncianti, «perchè la Scs non riceve in cambio alcun controvalore economico. Banco Desio ha preso il controllo di Bps a prezzi irrisori»
LA MAXI OFFERTA DEL FONDO DI HONG KONG
Qui cominciano le contestazioni.
La prima riguarda proprio il commissario Boccolini e un suo presunto conflitto di interessi.
«Ha avuto in passato rapporti lavorativi con i vertici di Banco Desio, già colpita da inchieste giudiziarie per riciclaggio internazionale », si legge. Ma c’è dell’altro.
Il 13 giugno 2014 si presentano a Spoleto gli emissari della Nit Holdings Limited di Hong Kong (il fondo di investimento che ha provato a entrare anche nel Monte dei Paschi di Siena), con un’offerta clamorosa: la ricapitalizzazione per 139 milioni di euro, più altri 100 milioni per comprare tutte le azioni della cooperativa.
Sul tavolo mettono anche 25 milioni di euro come acconto. «Tale vantaggiosa proposta veniva rifiutata subito dai commissari — recita l’esposto — per motivi futili e pretestuosi, in base ad asserite mancanze di garanzie »
L’ASSEMBLEA DEL 16 GIUGNO 201
Tre giorni dopo, 16 giugno, si tiene l’assemblea dei soci Bps.
E’ l’incontro cruciale, si deve decidere se accettare l’ingresso di Banco Desio o riconsiderare l’offerta Nit.
Il delegato della coopertiva Scs, «scelto dai commissari e sodale con essi», vota per la prima ipotesi. In quel momento la coop è ancora socia di maggioranza, quindi quel voto risulta decisivo.
Il giorno stesso Carlo Ugolini, uno dei firmatari dell’ “esposto madre” e presidente della Associazione Aspo Credit, si presenta in procura sostenendo che si sia trattato «di un grave atto di infedeltà patrimoniale ».
A Repubblica, aggiunge: «Abbiamo subito un esproprio. La Bps è sempre stata controllata dalla cooperativa di Spoleto, in modo democratico e condividendo le scelte ».
Dov’è la corruzione, però? E che ruolo avrebbe avuto Ignazio Visco in questo?
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
FALSO E TRUFFA ALLA SANITA’ PUBBLICA, COINVOLTO ANCHE MASTROPASQUA, EX PRESIDENTE INPS… SEQUESTRATI 7,5 MILIONI DI EURO
All’alba i carabinieri del Nas hanno decapitato il vertice dell’ospedale Israelitico di Roma nell’ambito dell’inchiesta guidata dai pm Fasanelli e Palaia.
Le ipotesi di reato sono falso e truffa in danno della sanità pubblica.
Le misure cautelari sono state applicate per 17 persone (14 quelli ai domiciliari), a partire dal direttore generale dell’ospedale ed ex-presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua.
Insieme a lui è rimasta coinvolta tutta la prima linea dell’istituto: il vice direttore, Tiziana Agostini; il direttore sanitario e responsabile del Day Hospital, Gianluigi Spinelli; due responsabili dell’ufficio controllo appropriatezza delle cartelle cliniche, Mirella Urso e Antonio Canistrà ; il responsabile del servizio urologia; Pietro Aloisi; il primario del reparto ortopedia, Elvira Di Cave; e ancora medici, collaboratori amministrativi e coordinatori del personale infermieristico.
Già un anno fa era partita l’inchiesta della procura che aveva portato all’iscrizione nel registro degli indagati dei dirigenti dell’ospedale, in primis di Antonio Mastrapasqua che spacciava per operazioni costosissime di chirurgia maxillo facciale (per esempio, plastiche alle gengive con trapianti di osso), semplici interventi ambulatoriali ai denti, dall’otturazione di una carie all’estrazione di un molari.
L’accusa.
L’ordinanza di custodia cautelare firmata ora dal gip Paola Tomaselli disegna un accordo tra tutti gli indagati al fine di truffare il sistema sanitario nazionale per ottenere rimborsi più elevati rispetto ai costi effettivamente sostenuti dalla struttura.
Solo per le prestazioni di alluce valgo e altre procedure chirurgiche, i pm contestano che nell’anno 2012 sono state compilate 613 cartelle cliniche false e 455 nel 2013.
Inoltre veniva attestato falsamente in 451 cartelle cliniche nel 2012 e in 322 nel 2013 di aver erogato prestazioni in regime di ricovero ordinario anzichè in Day Hospital.
E ancora: per le biopsie sarebbe stato comunicato alla Regione Lazio il rispetto di una procedura diversa da quella realmente eseguita per 322 cartelle nel 2012 e 263 nel 2013.
Non solo: la lista delle accuse si chiude con il capitolo più grave, quello dei ricoveri falsi. Secondo gli inquirenti il vertice dell’Ospedale avrebbe falsificato il numero e la tipologia di cure in convenzione effettivamente prestate, procurandosi un ingiusto profitto legato a remunerazioni e compensi non dovuti sui posti letto per un totale di 3.042 ricoveri, pari a 12,6 milioni di euro.
Ai domiciliari il dg Mastrapasqua. Mastrapasqua, che è stato anche presidente dell’Inps dal 2008 al 2014, era già stato coinvolto nei mesi scorsi, per una indagine risalente al 2009, quando un controllo dell’Asl Roma su alcune prestazioni dell’israelitico, portò alla luce diverse incongruenze.
Si trattava in particolare di alcune fatture per semplici interventi odontoiatrici per cui però venivano richiesti alla Regione Lazio rimborsi da intervento con ricovero, più onerosi, e questo nonostante la struttura non avesse quel tipo di accreditamento.
Il primo febbraio 2014 Mastrapasqua si era dimesso dal vertice dell’istituto previdenziale proprio per il conflitto di interessi con il ruolo di direttore generale del’Israelitico da lui rivestito. Un conflitto di interessi che era stato rilevato dall’allora presidente del Consiglio, Enrico Letta, il quale aveva invitato il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, di predisporre una relazione sulla vicenda.
Nel settembre del 2014, Mastrapasqua era stato iscritto nel registro degli indagati per la truffa al Sistema sanitario nazionale sui rimborsi dell’Israelitico, per la quale oggi è stato sottoposto agli arresti domiciliari.
Le visite taroccate.
Il modello era rodato al punto che il top management dell’ospedale faceva in modo di fornire informazione fittizie ai controllori pubblici spediti dalla Regione nella struttura. In occasione della visita della Commissione di verifica della Asl RmD, lo stesso Mastrapasqua coadiuvato dalla vice direttrice e dai suoi più stretti collaboratori, avrebbe alterato lo stato dei luoghi, la destinazione degli ambienti e le attività sanitarie svolte al loro interno.
In particolare i Nas hanno verificato, tra le altre attività , la chiusura della sala prelievi al piano terra; l’occultamento delle attività sanitarie abusive; lo spostamento dei letti in alcune stanze; lo spostamento dei pazienti e l’eliminazione di postazioni lavoro nell’archivio delle cartelle cliniche.
La denuncia dello scorso anno. Una prima denuncia sulle prassi opache nella gestione dell’ospedale fu lanciata da Repubblica nel settembre dello scorso anno in concomitanza con una serie di perquisizioni e sequestri che i carabinieri fecero nell’ospedale, negli uffici della Regione Lazio e in due Asl. Tutto parte da un’inchiesta madre che sollevò il coperchio sui conti della struttura tra il 2006 e il 2009, portando alla luce quelli che vennero definiti “interventi fantasma”.
Daniele Autieri
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 21st, 2015 Riccardo Fucile
E’ IMPUTATA DI PECULATO AGGRAVATO NELL’USO DEI FONDI AL GRUPPO REGIONALE DEL PD
E’ stata rinviata a giudizio Francesca Barracciu, sottosegretario alla Cultura del governo Renzi,
in un procedimento dove è imputata per peculato aggravato per l’uso improprio dei fondi ai gruppi del Consiglio regionale della Sardegna.
L’ex candidata alla presidenza della Regione Sardegna, già consigliera regionale del Pd, dovrà comparire il prossimo 2 febbraio davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Cagliari.
Il gup Lucia Perra ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio per Barracciu formulata dal pm Marco Cocco, titolare della maxinchiesta sulle spese dei fondi destinati ai gruppi del Consiglio regionale nelle passate legislature e soppressi in quella in corso.
La Barracciu era presente in tribunale.
Il pm le contesta spese di oltre 81mila euro, utilizzati quando sedeva nei banchi dell’assemblea sarda.
Divenuta poi europarlamentare, l’onorevole aveva vinto le primarie del centrosinistra, in vista delle regionali del 2014. Ma, travolta dalle polemica nate attorno al suo coinvolgimento nell’inchiesta sui fondi ai gruppi, era stata costretta dal suo partito a fare il passo indietro che ha poi lasciato spazio alla vittoria di Francesco Pigliaru.
Dopo le regionali, Barracciu era stata nominata sottosegretario ma, a seguito degli sviluppi dell’istruttoria, la procura aveva chiesto la sua interdizione che però è stata respinta dal gip.
Nel richiedere il provvedimento, il pm Marco Cocco ha insistito sulle troppe incongruenze riscontrate nelle memorie difensive presentate dall’onorevole oltre che su una telefonata fatta da Barracciu a un regista sardo.
Per l’accusa quella chiamata – in cui l’onorevole ricordava al regista di essere diventata sottosegretario alla Cultura per poi annunciargli che sarebbe potuto essere convocato come testimone nell’ambito dell’inchiesta in cui era coinvolta – era un tentativo di inquinare le prove mentre per il giudice, che ha respinto la richiesta, solo una condotta “scomposta e deplorevole”.
Barracciu, che si è sottoposta a due interrogatori davanti al pubblico ministero, ha precisato di aver speso una parte dei fondi ai gruppi per dei rimborsi benzina legati ai viaggi fatti in ragione del suo ruolo politico ma non ha saputo dare una spiegazione alle tante incongruenza contestategli successivamente dagli inquirenti.
(da “La Repubblica”)
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