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BELSITO: “VOGLIO PORTARE LA MIA ESPERIENZA NEL MSI”, ECCO QUESTO ANCORA CI MANCAVA…

Febbraio 21st, 2016 Riccardo Fucile

“IL MIO MSI SARA’ DIVERSO DA TUTTI I PARTITI”: PARLA IL VICEPRESIDENTE DELLA RIFONDAZIONE MISSINA

Un’ex camicia verde che si candida a far politica sotto la fiamma del “nuovo” Msi e che — guardando a distanza gli ultimi guai in casa Lega con l’arresto di Fabio Rizzi — commenta come «la rivoluzione delle scope» intrapresa contro lui e l’allora “cerchio magico” se «non è finita» di certo a suo avviso si è inceppata.
Francesco Belsito, l’ex tesoriere del Carroccio reso celebre dalle inchieste giudiziarie che hanno decretato la fine della segreteria di Umberto Bossi e oggi vicepresidente della rifondazione missina, spiega così i progetti futuri e rivendica la buona amministrazione del passato.
Belsito, che cosa ci fa l’ex tesoriere del Carroccio nel “nuovo” Msi di Cannizzaro e Proietti?
«È un progetto che viene discusso da tempo con il presidente Cannizzaro e Proietti: mettere in piedi qualcosa di diverso dagli altri soggetti politici. Fare ciò con un soggetto politico, poi, che ha una storia molto importante, che qualcuno — con il congresso di Fiuggi — ha deciso di sospendere, parcheggiando il Msi. Mi hanno chiesto di partecipare, portando la mia esperienza».
Dopo gli scandali e le inchieste che l’hanno vista coinvolta come le è venuto in mente di ritornare ad avere a che fare con la politica?
«Mi sono stancato della politica per gli episodi negativi sui quali aspetto che i giudici facciano chiarezza. La mia posizione è sempre stata interpretata in maniera non veritiera. So di aver lasciato la Lega Nord in una posizione economica con 42 milioni di saldo: cosa che non è mai stata riportata. Il motivo per cui sono rientrato nella scena politica? Questo progetto mi ha realmente colpito».
Come?
«Vogliamo aiutare le piccole e medie imprese, rilanciare il sistema dell’accesso al credito. Intendiamo sostenere quegli italiani che non arrivano a fine mese».
Lo dicono un po’ tutti a destra.
«Aggiungo un’idea. Riabilitiamo i “protestati”. Sono 14 milioni e sono “marchiati”. Riabilitiamoli per far ripartire l’economia».
Capitolo Lega. L’arresto in Lombardia del leghista Fabio Rizzi come lo commenta?
«È un fatto che colpisce la Lega all’interno. Attenzione: è un mondo che non mi appartiene più. L’unica cosa che mi dispiace, però, è il fatto che davanti a persone che hanno sbagliato oggi il movimento arriva in loro difesa. Quando successe il caso delle scope a Bergamo tutti si scagliarono contro di me senza darci la possibilità  di spiegazione».
Sta dicendo di essere stato un capro espiatorio?
«L’ho sempre sostenuto e con me tanti altri. Purtroppo non ho avuto mai un confronto con i miei dirigenti. A priori è stato deciso che non dovevamo più fare parte della Lega. E pensare che nel mio mandato non ho mai fatto investimenti perdendo capitale. Lo posso dimostrare».
Rosy Mauro, l’altra grande esclusa, ha commentato le vicende relative al dirigente del Carroccio dicendo che «hanno tradito i valori della Lega».
«Lo condivido. Se i valori della Lega sono quelli della purezza e della trasparenza…. Non si può parlar male di una classe dirigente perchè faceva parte del passato, per poi scoprire che ci sono altri dirigenti oggetto di guai giudiziari».
Insomma, “la rivoluzione delle ramazze” è finita?
«Non lo so. Sicuramente la vicenda di Rizzi ha riaperto una fase dove la battuta sulla “pulizia” riemerge».
Una curiosità : investirà  i soldi del suo nuovo partito come ha fatto con quelli della Lega?
«Sfatiamo l’arcano: non c’è alcuna risorsa. Non ci sono soldi nel Msi. Non mi pongo neanche l’ipotesi, non penso ad alcun investimento finanziario extra. Con le poche risorse faremo solo attività  politica».

Antonio Rapisarda
(da “il Tempo“)

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LE CONSULENZE ESTERNE NELLA P.A. SONO AUMENTATE DEL 60%

Febbraio 21st, 2016 Riccardo Fucile

SCESO IL CUMULO DI INCARICHI SU UNO STESSO SOGGETTO

Torna a salire, anzi ad impennarsi, la spesa per consulenti e collaboratori esterni a cui sono stati affidati incarichi nelle amministrazioni pubbliche.
«Una variazione percentuale in aumento del 61,32%» ha registrato «l’ammontare dei compensi erogati, che sono passati da 737.879.446,55 a 1.190.319.167,47 euro, in controtendenza con la diminuzione della spesa» degli anni precedenti. Così la relazione del ministro P.A, in base ai dati dell’Anagrafe delle prestazioni, per il monitoraggio e la trasparenza della spesa pubblica.
In realtà  il numero degli incarichi dati a consulenti o collaboratori esterni nel 2014 è aumentato solo leggermente, mentre c’è stata una forte crescita degli incarichi liquidati, ovvero pagati.
Inoltre ha subito un boom l’importo medio.
Infatti, sempre dalla relazione presentata al Parlamento dal ministro della P.A, Marianna Madia, si legge: «Nel 2014 il numero di incarichi conferiti è aumentato lievemente (1,55%) e, in modo più considerevole, è aumentato il numero di incarichi liquidati (40,24%). Allo stesso modo, il numero dei soggetti cui sono stati conferiti gli incarichi ha subito un aumento del 15,66% e il numero dei consulenti e collaboratori esterni che ha ricevuto un compenso per incarichi è aumentato del 47,94 % rispetto all’anno 2013».
La relazione sottolinea come sia in parallelo sceso il cumulo di incarichi su uno stesso soggetto (con una «variazione negativa del 12,20% per gli incarichi conferiti e una diminuzione del 5,21 % per quelli liquidati ad ogni soggetto rispetto all’anno precedente».
Quanto al compenso medio per incarico, «ha avuto un aumento del 15,03%, passando da 3.844,50 euro a 4.422,33 euro erogati rispettivamente nel 2013 e nel 2014».
Se aumentano le consulenze è anche vero che si alza il numero delle amministrazioni pubbliche per le quali è stata ricevuta comunicazione.
Le P.a. che collaborano con l’Anagrafe delle prestazioni per gli incarichi affidati a consulenti e collaboratori esterni è d’altra parte in costante crescita negli ultimi anni, sottolinea sempre la relazione firmata da Madia.
Ciò si spiega, viene evidenziato, sia attraverso le «sempre più stringenti regole di pubblicità  e trasparenza che il legislatore ha imposto alle amministrazioni, determinando un maggiore coinvolgimento dei soggetti tenuti all’adempimento», sia con «il rafforzamento dei poteri di controllo dell’Ispettorato del Dipartimento della funzione pubblica».
È da notare che `l’operazione verità ‘ sugli incarichi precede il decreto Trasparenza appena arrivato in Parlamento per i pareri (la relazione è stata siglata a fine 2015 e pubblicata venerdì scorso).

(da agenzie)

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INTERVISTA A GIANFRANCO ROSI: “HO COSTRETTO L’EUROPA A GUARDARE LAMPEDUSA E IL DRAMMA DEI MIGRANTI”

Febbraio 21st, 2016 Riccardo Fucile

DOPO LA VITTORIA DEL PRESTIGIOSO “ORSO D’ORO” AL FESTIVAL DI BERLINO

«Penso a tutti quelli che hanno attraversato il mare per arrivare a Lampedusa e a quelli che non ce l’hanno fatta ». Gianfranco Rosi stringe l’Orso d’oro della Berlinale per Fuocoammare e chiama il medico Pietro Bartolo sul palco: «Mi ha insegnato che Lampedusa è un’isola di pescatori, che accettano tutto quel che viene dal mare. Siamo tutti pescatori e dobbiamo accettare tutti quello che viene dal mare ».
La sfida per il regista, già  Leone d’oro con Sacro GRA, era «sradicare il bombardamento di immagini quotidiane dei telegiornali, una realtà  narrata in termini di cifre a cui siamo assuefatti. Era importante testimoniare la tragedia umana in corso».
Tra le immagini più forti del film, in sala dallo scorso giovedì, ci sono quelle dei cadaveri ammassati sotto la stiva di un barcone.
Rosi afferra il cellulare e cerca tra le foto. «Ecco». Eccolo in tuta bianca mentre si cala nella botola che sbuca sul pavimento del barcone dipinto di azzurro.
In un’altra foto è già  sotto, la camera in spalla.
«Quelli intorno alla botola sono i bulloni, servono per sbarrare ogni via di uscita alle persone che sono sotto. Il 15 agosto 2015 in quaranta sono morti asfissiati a venti miglia dalla costa della Libia, dopo appena cinque ore di navigazione. Nessuno racconta di loro »
Lo ha fatto lei a Berlino, città  che ha accolto solo quest’anno80 mila migranti.
«In questi anni da Lampedusa sono passate 400 mila persone. Non è mai stato considerato un fenomeno, ma qualcosa che l’Italia doveva risolvere da sola. La scorsa estate tutto è cambiato e l’Europa si è improvvisamente accorta che ci sono masse di persone in movimento. E ha iniziato a reagire, purtroppo non bene. Un mio amico che vive qui da vent’anni mi ha detto che anche la sinistra è terrorizzata, tutti sono contro la Merkel. Mi fa paura anche la manipolazione politica: “Apriamo ai siriani”. E tutti gli altri?».
In Austria è in vigore il tetto giornaliero e una serie di altre misure anti-immigrati.
«Lo trovo vergognoso. Se l’Europa non riesce a fare i conti con una politica europea e non nazionale, sarà  la fine di tutto. La cosa che fa più paura non sono i confini fisici, ma quelli mentali. Ciò che è successo a Berlino qualche giorno fa, il pullman assediato dai passanti che si sono accorti dei migranti all’interno, è vergognoso. Il direttore della Berlinale Dieter Kosslick ha giustamente confessato il dolore per qualcosa che lo riporta alla Germania di settant’anni fa».
Questo premio al Festival ha un significato politico forte.
« Fuocoammare non è un film politico, non consegno giudizi o soluzioni. È un grido di dolore. Ma la sua valenza politica è imprescindibile: perciò era importante mostrarlo qui».
Nel film la vita degli abitanti e quella degli immigrati scorrono parallele senza incontrarsi.
«Sono arrivato a Lampedusa per raccontare l’identità  dell’isola, non volevo che il film fosse solo un collettore di storie legate all’immigrazione. Ho scoperto l’esistenza di due vite parallele. Non esiste un reale incontro tra i pescatori e gli immigrati: Lampedusa non è più l’approdo di chi arrivava e interagiva con gli abitanti. Ora i profughi vengono presi in mare, c’è un controllo medico, un bus che li porta in centro, si fermano lì per la prima identificazione. Ho seguito l’intero viaggio di un gruppo di nigeriani dal soccorso sulla nave militare al trasbordo sulla guardia costiera, lo sbarco a Lampedusa, l’arrivo in centro. È nata così la scena in cui il giovane nigeriano con il suo rap racconta l’orrore del viaggio, il deserto, la prigione in Libia, gli stenti. Quando sono tornato al centro, tre giorni dopo, erano tutti spariti».
Qualcuno ha parlato di pornografia, di fronte alle immagini dei corpi nella stiva.
«Non avrei mai voluto raccontare i morti, nè li ho cercati. La tragedia del barcone mi è arrivata addosso e non ho avuto scelta. Mi sono trovato di fronte a quelle immagini e sarei stato ipocrita a non usarle. Il comandante della nave mi ha spinto: “Devi andare sotto la stiva e filmare. Sarebbe come trovarsi davanti alle camere a gas dell’Olocausto e censurarsi perchè le immagini sono troppo forti. Il film è un viaggio emotivo verso quelle immagini necessarie. Nulla è gratuito, nessuno è manipolato».
Quali reazioni ha avuto a Berlino?
«Un eritreo e un somalo dopo la proiezione sono venuti ad abbracciarmi: “Grazie per aver raccontato il nostro dramma”. Sono abituato al fatto che i miei film dividono, stavolta non è successo. Magari c’è qualche voce di dissenso, qualcuno ha urlato “pornografia”. Ma la critica e il pubblico l’ha sostenuto e credo che sia anche arrivato l’amore con cui è stato fatto. Spero di aver creato qualcosa che resti e aiuti a creare consapevolezza. Non possiamo più fare finta di non sapere. Siamo tutti responsabili».

Arianna Finos
(da “La Repubblica”)

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“APPROVATE SUBITO LE UNIONI CIVILI”: L’APPELLO AI PARLAMENTARI DI 400 ESPONENTI DELLA CULTURA, DELLO SPETTACOLO E DELLA MUSICA

Febbraio 21st, 2016 Riccardo Fucile

DA CAMILLERI A BOLLE, DA TIZIANO FERRO A JOVANNOTTI, DA LAURA PAUSINI A SELLERIO, DALLA MARZOTTO A CATTELAN… MA AL SENATO SI PROFILA L’ENNESIMO TRADIMENTO DEI DIRITTI CIVILI

“E’ tardi per perdersi in strategie politiche, si sta parlando delle vite concrete d’italiani in estenuante attesa di esistere agli occhi dello Stato. Siamo fuori tempo massimo“. Sono le parole contenute in una lettera-appello ai parlamentari per l’approvazione del ddl Cirinnà  sulle unioni civili.
Una lettera che è diventata una petizione lanciata su change.org da Sebastiano Mauri e firmata da oltre 400 esponenti del mondo dell’arte, della cultura, del cinema e della musica.
Dall’attore romano Claudio Amendola ad Asia Argento e Arisa, che già  in occasione di Sanremo aveva aderito alla campagna per il riconoscimento delle unioni civili.
E poi ancora la pallavolista azzurra Valentina Arrighetti, la scrittrice Silvia Avallone, la cantante Malika Ayane.
Nel lungo elenco anche i nomi di Margherita Buy, Victoria Cabello, Andrea Camilleri, Jovanotti, l’etoile Roberto Bolle, Laura Chiatti e Geppy Cucciari. Elio, Tiziano Ferro, Max Gazzè, le sorelle Sozzani, Carla e Franca. Paolo Virzì e Daria Bignardi, Filippo Timi e Oliviero Toscani.
Tutti in campo a favore della legge Cirinnà .
“Accorgersi di un’ingiustizia e correggerla a metà , significa perpetuarla”, si legge nel testo, “è insufficiente non essere razzisti, omofobi o sessisti, è necessario essere operosi nella lotta contro il razzismo, l’omofobia o il sessismo, combatterli ovunque si celino, soprattutto attraverso gli strumenti legislativi in mano al Parlamento”.
Per Mauri la legge così com’è già  “garantisce il minimo dei diritti alle persone Lgbt. Un minimo oltre il quale non si può sconfinare, perchè significherebbe approvare una legge di facciata o peggio lesiva, rimandando al mittente il riconoscimento di legittimità  di milioni d’italiani e delle loro famiglie”.
“Abbiamo oggi l’occasione di fare la Storia” conclude l’appello “chiediamo pertanto la celere approvazione della legge Cirinnà  nella sua completezza, permettendo all’Italia di unirsi al resto d’Europa e di sempre più Paesi del mondo nel riconoscimento di diritti fondamentali a tutti i suoi cittadini”.
E proprio mentre il presidente del Consiglio pensa alla possibilità  di andare al voto senza la stepchild adoption, a Milano le bandiere arcobaleno hanno invaso la piazza ai piedi del Duomo per chiedere diritti e laicità .
Migliaia le persone che hanno aderito all’iniziativa #temposcaduto.
Al suono di una sirena, i manifestanti si sono tutti sdraiati per terra stanchi “di attendere una legge che riconosca i nostri diritti e di essere considerati cittadini di serie B”.

(da agenzie)

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STORIA DI MORI, IL PRIMO RIFUGIATO IN AFFIDO, STUDENTE MODELLO A GENOVA

Febbraio 21st, 2016 Riccardo Fucile

LA PERDITA DEI GENITORI IN COSTA D’AVORIO, LA TRAVERSATA SUI BARCONI PER ARRIVARE IN ITALIA E L’IMPEGNO NEGLI STUDI

L’amore è scoccato davanti a un libro, una grammatica italiana di base.
E lo studente, un diciassettenne rifugiato originario della Guinea Conakry, ci metteva tanto impegno, tanta dedizione che la professoressa, una volontaria in un centro di accoglienza, ha deciso che quel ragazzo meritava una possibilità  in più.
«Senza contare come ci è entrato nel cuore, con la sua gentilezza, la sua educazione», spiega la donna.
È cominciata così la storia d’amore e solidarietà  tra la famiglia di Sandro, generoso quanto schivo (ha chiesto di usare un nome di fantasia) ingegnere in pensione di Cornigliano, e Mori, un rifugiato della Guinea sbarcato a Lampedusa un anno fa.
Sandro e sua moglie Elena, già  genitori di una bimba di sei anni, avevano ancora spazio in casa e nel cuore.
Così, con la mediazione dei Servizi sociali del Comune, è entrata nel percorso dell’affido familiari dei minori stranieri non accompagnati: nemmeno un mese fa, la famiglia ha ottenuto il minore rifugiato in affido, pochi giorni prima che il ragazzo diventasse maggiorenne.
Ma la famiglia ha già  deciso che continuerà  a ospitarlo anche dopo, quando tra sei mesi lo strumento giuridico dell’affidamento sarà  scaduto.
«Ci stiamo già  muovendo perchè prenda la residenza a casa nostra – racconta Sandro, l’ingegnere – e lo terremo con noi finchè non avrà  trovato la sua strada».
Sorride Mori, ringrazia la sua famiglia affidataria ogni volta in cui si alza da tavola, studia con impegno ogni pomeriggio in una scuola di Voltri e, dopo aver bruciato le tappe dei corsi d’italiano (superando i primi due livelli in pochi mesi), tenterà  di ottenere la licenza media.
«Per avere almeno un titolo di studio».
La storia di questo ragazzo, arrivato in Italia con i barconi dopo 11 mesi vissuti in Libia a mettere insieme i soldi per il passaggio in nave in Italia, è come tante altre, triste e tormentata.
Originario della Guinea, è cresciuto in Costa d’Avorio in un contesto rurale dove il padre faceva il meccanico.
“Ci ha raccontato che la mamma è scomparsa nel 2010, era uscita per andare al mercato in città . non è più tornata. Probabilmente ha perso la vita durante la guerra civile. Il padre è morto di malattia nel 2013, quando Mori aveva 15 anni. Uno zio si è preso in casa i suoi fratellini ma non si è potuto occupare di lui che si è dovuto arrangiare da solo”.
“I ragazzi arrivano stremati da queste traversate e da certe esperienze, alcuni si adeguano, considerando l’Italia un punto di arrivo, altri non hanno più energie e risorse per andare avanti. Mori invece non si arrende, è adesso che deve tirare fuori le unghie per dare una svolta alla sua vita”.
Forse farà  il giardiniere, questo ragazzo. “Forse lavorerà  con me”, racconta Sandro, papà  adottivo: “le cose bisogna farle, non dirle”.

Francesca Forleo
(da “il Secolo XIX”)

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GRANE LOCALI E POLEMICHE INTERNE FANNO CROLLARE I CONSENSI DEL M5S

Febbraio 21st, 2016 Riccardo Fucile

IPSOS:”VENGONO SEMPRE PIU’ PERCEPITI COME GLI ALTRI PARTITI”

Prima Livorno, poi Quarto.
Negli ultimi tre mesi il M5S ha pagato e continua a pagare gli effetti di due vicende controverse che hanno prodotto un deciso calo nei sondaggi.
Sono i numeri a evidenziarlo: in assenza di una prospettiva certa sulla data del voto nazionale, le rilevazioni che ogni settimana descrivono le performance dei partiti servono più che altro a certificare lo stato di salute delle forze politiche e da queste si possono ricavare alcune informazioni sull’impatto che hanno le vicende di cronaca sull’elettorato.
Prendiamo i dati forniti da Ixè ad Agorà , il programma di approfondimento mattutino di Rai Tre. Dopo i giorni caldi del caos rifiuti a Livorno, il M5S ha cominciato a perdere terreno, cedendo in due settimane, tra il 4 e il 18 dicembre, quasi un punto, passando dal 26,9 al 26,1 per cento. Un trend negativo che è continuato con l’esplosione del caso Quarto, a gennaio.
Tra incertezze e svolte improvvise il Movimento ha lasciato sul campo circa un punto e mezzo in due mesi. Dal 26 per cento del 15 gennaio è sceso fino al 24,4 sondato il 17 febbraio.
Paolo Natale di Ipsos spiega che il «comportamento del M5S degli ultimi tempi l’ha portato ad assomigliare un po’ agli altri partiti.
Stanno perdendo quell’aura di diversità  che li ha caratterizzati finora. Inoltre, dimostrando di non saper governare la macchina locale, si rivelano poco credibili anche in chiave nazionale».
Non solo. Guardando la media dei sondaggi dei vari istituiti disponibile su termometropolitico.it la curva discendente dei Cinquestelle appare ancora più chiara, provocando contemporaneamente una lieve crescita in quella del Pd. Dati che al Nazareno hanno portato una ventata di ottimismo.
Oggi tutti i partiti, e in questo neanche i Cinquestelle fanno eccezione, si avvalgono di una war room, cioè un gruppo di persone che studiano e mettono in pratica strategie comunicative.
Per restare nel gergo della comunicazione basta chiedere a uno di questi «soldati» che lavora per il Pd un giudizio informale sull’andamento dei sondaggi degli ultimi tre mesi per sentirsi rispondere che «abbiamo sgonfiato l’hype al M5S».
Tradotto: siamo riusciti a rendere meno efficace la narrazione positiva che erano riusciti a veicolare finora.
Le critiche rivolte da deputati e senatori Cinquestelle al direttorio vertono tutte su questo punto: a uscire perdente da Quarto e Livorno è stata la narrazione di un Movimento pronto a governare. La peggior condizione possibile per lanciare una campagna elettorale per le amministrative.
Il calo nei sondaggi è ben presente al gruppo parlamentare del M5S e rappresenta un ulteriore elemento di nervosismo in queste ore già  calde per la questione delle unioni civili.
Inoltre c’è un tema di potere locale non trascurabile. I più conosciuti tra i parlamentari hanno ormai una delega di fatto sul territorio.
A loro il termine non piace, ma definire Nicola Morra «segretario» dei Cinquestelle in Calabria sarebbe corretto tanto quanto dire che Roberto Fico lo è a Napoli o Roberta Lombardi a Roma.
Alle amministrative di primavera molti di loro si giocano la prima, vera partita politica personale da quando sono stati eletti nel 2013 grazie a un pugno di voti alle primarie online e sull’onda dei quasi nove milioni di consensi raccolti da Grillo.
I big regionali non ci stanno a perdere. Dopo una burrascosa assemblea congiunta di deputati e senatori che si è tenuta giovedì scorso più d’uno, soprattutto tra gli eletti a palazzo Madama, ha chiesto maggior attenzione alla comunicazione a livello locale.
Vogliono garanzie e la decisione di Casaleggio che ha affidato ai due capi degli uffici stampa M5S di Camera e Senato l’incarico di gestire la comunicazione nei territori, sembra loro non bastare.

Francesco Maesano
(da “La Stampa”)

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NOVANTANOVE PER CENTO BALLE

Febbraio 21st, 2016 Riccardo Fucile

IL JOBS ACT HA CREATO SOLO L’1% DEI NUOVI POSTI DI LAVORO… GLI ALTRI (POCHI) POSTI SONO IL RISULTATO DEL DOPING DEGLI SGRAVI FISCALI PER CUI SONO STATI BUTTATI MILIARDI

Il Jobs Act ha contribuito a creare solo l’1 per cento dei nuovi posti di lavoro. Lo la detto ieri Bankitalia, in uno studio della sua Struttura economica.
Da giornalista, mi viene subito da pensare alla comunicazione: cioè a quel titolo «effetto Jobs Act» che quasi tutti i quotidiani hanno messo per un anno ogni volta che il governo o Istat davano numeri positivi sull’occupazione.
Bene, quei titoli in prima o in homepage erano al 99 per cento balle: ora è appurato. Intanto però hanno inciso sul percepito comune, anche perchè la stessa bufala è circolata ovunque, dai talk show a Facebook.
Il leggerissimo aumento dell’occupazione dell’ultimo anno è stato dovuto invece a una serie di cause incrociate, esterne e interne, dice Bankitalia.
Tra quelle interne, il provvedimento che ha impattato di più è stato quello delle detrazioni fiscali per le nuove assunzioni: una cosa che peraltro qui si dava come probabile sei mesi fa.
Peccato che le detrazioni fiscali (che non hanno nulla a che vedere con il Jobs Act, nonostante le due cose vengano spesso dolosamente confuse) siano una misura pro tempore, straordinaria e costosa.
Non costituiscono una “riforma strutturale” ma esattamente il contrario: un doping one-shot.
Ce lo diranno gli anni, quindi, quali saranno stati i veri effetti del Jobs Act, vista la sua inutilità  sotto il profilo occupazionale.
E ci diranno probabilmente la verità : cioè che è servito fondamentalmente a cambiare i rapporti di forza nelle aziende tra datori e lavoratori, a seppellire il principio di civiltà  basilare che se uno fa bene il suo lavoro non lo si può mandare a casa per uzzolo.
Insomma è stato un altro metro guadagnato dai più potenti contro i più deboli.In più, è stata una medaglia di chi lo ha voluto, il Jobs Act: una medaglia da esibire con i potenti dell’economia e dell’Europa che lo sostengono.
Infine, è stato l’occasione per una forsennata campagna a diffondere la falsa narrazione secondo cui per creare occupazione bisogna peggiorare le condizioni di chi lavora.
Del resto, si diceva: 99 per cento di balle.

da gilioli.blogautore

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“UCCISO UN RAGAZZO, MANDO LA FOTO A CASA”:LA GARA DI SELFIE ALL’USCITA DA SCUOLA E IL VUOTO PNEUMATICO DEI CERVELLI

Febbraio 21st, 2016 Riccardo Fucile

ATTORNO AL FOSSO IL SOLITO CAPANNELLO DI COGLIONI PER IMMORTALARE L’EVENTO

Lo zaino con i libri sulle spalle, il cellulare in pugno. All’uscita di scuola, un gruppo di studentesse si ritrova sul luogo di un delitto: proprio davanti alla fossa dove, fino a poche ore prima, era sepolto il corpo di un ragazzo di appena diciotto anni.
Qualcuna sorride, altre scattano foto con il telefonino.
“Sapevano benissimo ciò che era successo: siamo arrivati insieme e ho sentito che, fra di loro, dicevano: ora lo fotografo per mandarlo a mia madre”, racconta Marco Sales, il fotoreporter che ha ripreso la scena.
San Giovanni a Teduccio, periferia orientale di Napoli, pochi minuti dopo mezzogiorno.
La vittima si chiamava Vincenzo Amendola. Non aveva mai avuto guai con la giustizia. Il 5 febbraio era sparito nel nulla. Per cercarlo, familiari e amici si erano rivolti anche a “Chi l’ha visto”.
Dopo due settimane, lo hanno trovato sotto mezzo metro di terra in quel campo distante un tiro di schioppo, in linea d’aria, da un paio di istituti scolastici e dal parco pubblico intitolato a Massimo Troisi.
Gli hanno sparato alla testa. Uno, forse due colpi di pistola. La squadra mobile ha fermato un sospettato: ha 23 anni e piccoli precedenti. Il movente è ancora poco chiaro.
Sullo sfondo, ipotizzano gli investigatori coordinati dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice, un movente passionale o una “punizione” decisa dalla camorra per ragioni da chiarire.
Mentre l’inchiesta va avanti, l’immagine dei “selfie” davanti alla buca fa il giro della rete, suscitando la consueta girandola di pareri contrastanti.
Uno che di ragazzi ne ha conosciuti tanti, il direttore del carcere minorile di Nisida Gianluca Guida, intravede nel gesto di quelle studentesse i segnali di quella che, spiega a Repubblica, “alcuni osservatori hanno definito come la quiet generation: una generazione tranquilla, ma corazzata da un vuoto pneumatico che li circonda e li estrania da ogni emozione. Ai nostri occhi – aggiunge Guida – quella fossa rappresenta una persona che è stata uccisa. Guardandola, possiamo indignarci, commuoverci, provare rispetto verso chi non c’è più. Per questa generazione, invece, l’unico mezzo per entrare in relazione con i fatti è lo strumento mediatico. La foto è il modo con il quale si impossessano di un evento o di un luogo, ma lo fanno senza emozioni. Non lo sentono. Questa difficoltà  educativa a entrare in empatia con le situazioni e con le persone rappresenta, a mio avviso, il vero campanello d’allarme”.
Marco Rossi-Doria, una vita come maestro di strada nei vicoli di Napoli, già  sottosegretario all’Istruzione, ragiona: “Un fosso di periferia. Le ragazze intorno con i cellulari. Un gesto di ogni momento nel luogo che però evoca la fine terribile di un altro povero ragazzo ucciso. Perchè accade tutto questo? È difficile rispondere. Ma ovunque ora – e non solo tra i ragazzi – lì per lì ogni cosa vale come le altre. Il bacio davanti al mare. Il gol al calcetto. La buca dove è stato trovato un giovane assassinato. La faccia dell’amica mentre ride di te. Succede un fatto – che sia bello, terribile, banale, nella vita individuale, nel quartiere, in classe, nella città . E io lo metto nel mio cellulare. Adesso. È tutto sullo stesso piano e dura per quel momento lì che tu scatti col cellulare. È così che lo affianchi, lo registri, lo rimandi, vai oltre. L’unica cosa che cambia è se riguarda te, proprio te. Allora ci ritorni, ti disperi o ti dà  gioia. E ridiventa vero”.
Ma se le cose stanno così, aggiunge Rossi-Doria, “abbiamo, tutti, un compito. Civile, politico, umano: le cose comuni devono potere ridiventare tue. E per farlo il quartiere, la vita, il parlare, il lavoro devono ridiventare nostri. Comunità . È il compito di chi educa, di chi promuove sviluppo, di una politica che abbia senso. Di ogni città . Per tirarci fuori dall’alienazione, dalla banalizzazione. E ridare finalmente prospettiva e speranza a questi ragazzi”.

(da “La Repubblica”)

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RENZI: “SIAMO A UN BIVIO: “M5S VOTI LA LEGGE O INTESA DI GOVERNO CON VOTO DI FIDUCIA”

Febbraio 21st, 2016 Riccardo Fucile

MA LA SINISTRA DEL PARTITO NON CI STA: “NESSUN STRALCIO, SI VA AVANTI”… MARTEDI DECIDERA’ L’ASSEMBLEA DEI SENATORI

Le possibilità  sono due: “O auspicare che voti la legge o tentare un accordo di governo con un emendamento su cui sono pronto a mettere la fiducia“.
Ecco la “bomba” di cui tra Palazzo Madama e i piani alti del Nazareno si è parlato per tutta la settimana: Matteo Renzi vuole portare a casa la legge sulle unioni civili e per farlo apre agli alleati di governo del Nuovo Centrodestra.
Cosa significa? Che il premier è pronto a rinunciare a parti della legge — quelle più indigeste al Ncd — pur di vederla approvata. Il partito di Angelino Alfano si è detto da sempre contro il provvedimento, soprattutto all’articolo 5 che introduce la stepchild adoption, che sarà  probabilmente la prima a saltare.
Il ddl Cirinnà  è fermo al Senato dopo che il M5S ha annunciato che non avrebbe votato il canguro concepito per far cadere la maggior parte degli emendamenti.
“Noi al Senato non abbiamo i numeri e quindi servono alleanze. Siamo ad un bivio: o auspicare che M5s non abbia la sindrome di Lucy e voti la legge o tentare un accordo di governo con un emendamento su cui sono pronto a mettere la fiducia. Deciderà  il gruppo e sono disponibile a partecipare all’assemblea del gruppo da qui a martedì”.“
L’appoggio di Verdini? ‘Strani amori’…”
L’ammissione di non avere i numeri è centrale, anche per dare un senso all’appoggio garantito al governo dai verdiniani: “I numeri al Senato sono questi, non quelli che raccontano i giornali — precisa Renzi — quando sento qualcuno fare polemiche contro alcuni gruppi diciamo con chiarezza: se non ci fossero stati alcuni gruppi anche accusati dal nostro partito non ci sarebbero state alcune riforme e leggi. Venti minuti prima del voto, il capogruppo del Pd Luigi Zanda ha saputo del dietrofront del M5S. Sulla base dei numeri che avevamo in Senato — ha aggiunto — che comprendevano quelli del gruppo di Verdini e di Sel che ci hanno assicurato subito il sostegno — sono ‘strani amori’, come il Sanremo di anni fa. Alla luce dei numeri che c’erano abbiamo pensato di fare un accordo con Beppe Grillo e il M5S. E’ stato un errore? Qualcuno dice sì, qualcuno no. Ma credo che non ci saremmo perdonati il fatto di non tentarlo”.
“Aver coinvolto altre forze su vari provvedimenti è un fatto di buonsenso politico -risponde Renzi a chi lo critica sull’idea di voler dar vita al Partito della Nazione — e di rispetto degli italiani ma non ho mai immaginato di fare un partito indistinto, una marmellata uniforme”. Perchè “se il Pd fa il Pd è il partito della nazione”.
L’importante è raggiungere il risultato: “Sappiamo che c’è un tentativo chiaro di riaprire la discussione sulle unioni civili e non approvare la legge neanche nel corso del prossimo anno — ha proseguito il premier — siamo pronti a utilizzare tutti gli strumenti normativi e regolamentari per impedirlo, con la stessa tenacia della legge elettorale, riforma Pa, lavoro. Non possiamo permetterci un’unica cosa: frustrare la speranza come abbiamo fatto con i Dico 10 anni fa”.
“Su Regeni non accetteremo una verità  raccogliticcia”  
“Credo che l’Egitto sia fondamentale per contrastare l’Isis e sia un hub importante in Nord Africa — ha detto il premier, che non parlava del caso del ricercatore ucciso in Egitto dal 12 febbraio — ma proprio perchè siamo amici, noi dagli amici pretendiamo la verità , anche quando fa male. A noi non basta la collaborazione, vogliamo i responsabili veri perchè non è immaginabile che la morte di un italiano rimanga senza i responsabile. Non accetteremo una verità  artificiale e raccogliticcia: siamo l’Italia e non accetteremo mai una verità  di comodo. Non c’è business o realpolitik che tenga, non è un optional la verità  per Giulio”.
“Il Pd abbassa le tasse, la destra le alza”
“Nell’assemblea di Milano a luglio in piena Expo lanciammo una provocazione sulle tasse — ha detto il premier nelle prime battute del discorso — dicemmo che abbassarle è un qualcosa di sinistra. In Italia se cerchiamo un qualsiasi istituto di sondaggi vediamo che la parola destra è associata ad abbassamento delle tasse, sinistra all’innalzamento delle tasse. Ma è vero il contrario: in Italia il partito delle tasse è la destra, il partito che ha abbassato le tasse è il Pd”.
“Spending review, abbiamo fatto 25 miliardi di tagli”
Ha abbassato le tasse, secondo il premier, e ha tagliato le spese inutili nella pubblica amministrazione: “Ci dicono che non abbiamo fatto spending review. Vi dico solo che Cottarelli aveva proposto 20 miliardi di tagli, noi ne abbiamo fatti 25 — ha detto rispondendo alle critiche della Corte dei Conti sull’entità  della spending review del governo — e se tagli 25 miliardi di spesa pubblica è pacifico che il Pil non cresce a sufficienza perchè parte viene dalla spesa pubblica”.
“Primarie, straordinaria forma di partecipazione” —
“A Milano sembrava una situazione difficile e noi abbiamo dimostrato con forza e chiarezza che quando il popolo del Pd sceglie la strada delle primarie il risultato è evidente: una straordinaria forma di partecipazione. Anche se fa sorridere che dall’alto di 64 clic qualcuno ci fa la morale su qualche straniero che ha votato”, attacca Renzi rivendicando l’esito delle primarie del Pd a Milano e rispondendo alle critiche del Movimento 5 Stelle.
“Europa ferma per gli egoismi dei Paesi dominanti”
Inevitabile il passaggio sull’Europa e sul ruolo che l’Italia dovrebbe avere a livello comunitario: “L’Ue sembra essere sempre più una roba da tecnici, cavilli, parametri, vincoli. Noi dobbiamo domandarci cosa sia l’Europa dei prossimi anni. Se c’è una questione che non si presta a una battaglia di consenso immediato, ma vedrà  i risultati nel giro di un decennio, è la battaglia europea”. “Oggi la realtà  dice che l’Europa è ferma — continua Renzi — ha bisogno di essere rimessa in moto e anche dal punto di vista economico ha bisogno di una strategia non semplicemente incentrata sugli egoismi di qualche paese dominante che non riesce ad avere una strategia valida per tutti”. L’Italia è presente in Europa non solo per battere i pugni sul tavolo e protestare, sta presentando proposte: il documento di Padoan esce domani”.
LE SECCA REPLICA DELLA MINORANZA
“Sarà  giustissimo rispettare il dibattito dei senatori. Nel 2013 si è fatto un congresso, vinto da Renzi, in cui la posizione era unioni civili e stepchild così come nel programma con cui Bersani si presentò alle elezioni. Se accordo di governo significa rinunciare alla stepchild io sono contrario, dobbiamo difendere le nostre idee, il nostro punto di vista e confrontarci nel dibattito parlamentare” ha detto Roberto Speranza della minoranza Pd.
L’ipotesi della fiducia su un testo concordato nel governo “è un cambio dello schema di gioco assolutamente soprendente ed anche pericoloso ai fini del raggiungimento dell’obiettivo della legge”, sottolinea Federico Fornaro, senatore del Pd, esponente della minoranza bersaniana.
“Rimane un dato. Il m5s ha posto una questione procedurale ma nel contempo ha riconfermato la disponibilità  a votare il testo Cirinnà . A riprova di questa disponibilità  non hanno presentato emendamenti. Noi non siamo disponibili a nessun compromesso al ribasso che stravolga e depotenzi il Cirinnà  che è un punto di mediazione onesto e possibile ma non il massimo. La stepchild per noi è parte integrante del cirinnà  e se il governo la toglie è come tirare giù un muro maestro. La fiducia non può essere usata come arma impropria”.

(da “agenzie”)

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