Destra di Popolo.net

INTERVISTA A PARISI: “NOI MAI SUCCUBI DI SALVINI, ORA UNA BUONA LEGGE PROPORZIONALE”

Gennaio 26th, 2017 Riccardo Fucile

“DOBBIAMO STARE NEL PPE, BASTA CON QUESTA RETORICA ANTIEUROPEISTA”

«Sulla base delle indicazioni della Corte si può fare una buona legge elettorale proporzionale. Le Camere hanno anche il tempo per introdurre nel nostro ordinamento la sfiducia costruttiva. Poi andiamo presto al voto».
Stefano Parisi è convinto che la sentenza della Consulta offra all’Italia un’ottima occasione per avere un Parlamento più rappresentativo.
Con uno schema proporzionale, però, il futuro del centrodestra italiano potrebbe andare in una direzione diversa rispetto a quella del passato.
Il manager ha portato il suo tour «Megawatt» anche a Bruxelles e proprio dalla capitale europea rilancia un appello al centrodestra italiano che vuole ricostruire.
Più vicino al Ppe della Merkel e più lontano dalla Lega di Salvini. Più fedele al rigore e meno alla flessibilità  nei conti pubblici.
Durante la sua visita ha subito incontrato anche Antonio Tajani, appena eletto presidente del Parlamento Ue. Senza i voti della Lega…  
«Questa è una ferita molto profonda nella politica italiana: o c’è un ripensamento oppure è difficile proseguire insieme. I rapporti di coalizione si basano sulla chiarezza dei programmi: non possiamo stare a rimorchio della Lega».
E quindi in che direzione deve andare il centrodestra italiano?  
«Abbiamo bisogno di un soggetto nuovo, con persone nuove. Non dobbiamo soltanto mettere insieme i vari pezzi del centrodestra che si sono staccati. La somma di quei pezzi non ritrova la fiducia degli italiani, che hanno bisogno di altro. Serve una proposta chiara, con persone nuove ma di esperienza».
Che ruolo può avere Berlusconi in questo schema?  
«Lo stesso Berlusconi è garante della volontà  di costruire un’offerta politica nuova. Tutti si rendono conto che esiste una perdita di consenso nell’area politica di centrodestra. Credo e spero che in tutte le forze del centrodestra ci sia una buona volontà  in questa direzione. In questo momento la priorità  non è tanto capire chi fa cosa, ma piuttosto parlare a quella parte di italiani che non va più a votare o che ha votato M5S, anche alla luce della sentenza della Consulta».
Le Camere devono intervenire per sistemare la legge elettorale?  
«La priorità  è che ci sia una legge stabile e duratura. Il fatto di cambiarla di frequente è un vulnus democratico. Credo che il modello migliore sia quello tedesco: un sistema proporzionale in cui ogni elettore voti il proprio partito, la maggioranza del Parlamento deve corrispondere a quella nel Paese. Ma rispetto alla Prima Repubblica dobbiamo responsabilizzare il Parlamento rispetto al governo. Non possiamo avere governi che cambiano ogni dodici mesi. Va introdotta norma per fare in modo che quando si dà  la sfiducia al governo bisogna fornire un’alternativa, altrimenti si sciolgono le Camere».
In questo modo però saremo condannati eternamente alla Grande Coalizione…  
«No. Come centrodestra noi dobbiamo essere chiaramente alternativi al centrosinistra. Il proporzionale non serve per andare a governare con il centrosinistra, ma per avere un Parlamento chiaro. Del resto si discute dopo le elezioni».
Cosa significa l’elezione di Tajani per il centrodestra italiano?  
«È un segnale molto chiaro: noi siamo legati al Ppe. L’Ue va cambiata, deve essere più leggera, meno burocratica. L’Italia deve battersi per migliorarla, ma deve smetterla con questa retorica anti-europeista. Dobbiamo capire che fuori saremmo più deboli. Specialmente su immigrazione, sicurezza, Difesa. Come ha scritto Draghi nel suo intervento su Cavour pubblicato l’altro giorno da La Stampa, l’Italia ha bisogno dell’Europa
In Italia la critica che si fa spesso all’Ue è di essere ostaggio della Merkel, uno dei leader del Ppe. E la critica arriva spesso dal centrodestra…  
«Questo l’ha fatto in modo particolare Renzi, distruggendo l’immagine dell’Italia in Europa. Scaricare su Bruxelles i nostri problemi è stato un errore grave, pagato nelle urne il 4 dicembre. Noi dobbiamo dire la verità  agli italiani. Il nostro problema non è Merkel, ma il nostro debito. È il nostro debito che limita la nostra libertà . Bisogna smetterla di stare qui col cappello in mano a chiedere flessibilità , perchè stiamo solo aumentando la spesa corrente, il deficit e il debito».
Più rigorista dei rigoristi…  
«Le politiche di rigore del bilancio sono compatibili con le politiche di crescita. Questa cultura italiana per cui la crescita dovrebbe alimentarsi solo con l’aumento della spesa pubblica, con bonus e regalie varie, non ha funzionato».

Marco Bresolin
(da “La Stampa”)

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IL PIANO DI RENZI PER IL VOTO: LISTONE UNICO CON PISAIA E ALFANO

Gennaio 26th, 2017 Riccardo Fucile

“NIENTE OSTACOLI ALLE URNE, MA GENTILONI VA COINVOLTO”

È euforico, di nuovo su di giri. Come nei giorni in cui era il padrone della politica italiana.
Certo, una volta Matteo Renzi sarebbe apparso in tv a raccontare a tutti la sua versione dei fatti, ma per ora la «cura» del silenzio continua.
Il segretario del Pd ovviamente ha parlato a lungo con i suoi amici e nel pomeriggio, una volta letto il comunicato della Corte Costituzionale, Renzi ha esclamato: «Ragazzi, ma questo è un trionfo!».
Nella sua lettura, la Consulta non ha toccato il cuore dell’Italicum e ha «soltanto» cancellato il ballottaggio: «Ma quale Legalicum!», commentava ieri sera un Renzi talmente affezionato al suo «Italicum», che l’ex premier ora accarezza la tentazione di utilizzarlo per andare ad elezioni anticipate. Quando?
«Calma e gesso», confidava ieri sera l’ex premier, perchè non si può cavalcare la questione elettorale con le tragedie ancora in corso.
Dunque, escluso il voto subito, in primavera, ma da ieri al Nazareno l’11 giugno è considerato più vicino. Quella che Renzi ha messo in cantiere è una «escalation soft».
Il suo disegno, tracciato a caldo dopo la sentenza della Consulta, si dipana in tre mosse.
Primo: mettere la sordina alla corsa al voto. «Non facciamoci prendere dalla fretta», dice Renzi, perchè a suo avviso sarebbe un errore madornale dare l’impressione al Paese di guardare a questioni di bottega, mentre è ancora forte l’emozione collettiva per i morti d’Abruzzo.
E infatti, ieri pomeriggio, un renziano doc come Francesco Bonifazi è stato costretto proprio da Renzi a cancellare in un baleno un tweet considerato troppo «oltranzista». Poco dopo la diffusione del comunicato della Consulta. Bonifazi aveva scritto: «E adesso non ci sono più alibi. Votiamo e vediamo chi ha i numeri nel Paese». Fuori mood: bocciato.
La seconda mossa del piano Renzi prevede l’approdo in Parlamento, nel giro di qualche settimana, dei progetti di riforma elettorale, col Pd che spingerà  per il ripristino del Mattarellum, la legge maggioritaria con i collegi.
In quel frangente il Pd prenderà  atto quel che è noto da settimane: una maggioranza per far passare una riedizione del Mattarellum non esiste.
E a quel punto scatterebbe il terzo tempo del piano: il Pd proverà  ad armonizzare il Consultellum-1 (la legge per il Senato, ricavata da una vecchia sentenza della Consulta) e il Consultellum-2, la legge elettorale per la Camera ricavata dalla pronuncia di ieri della Corte Costituzionale.
Se anche questo tentativo fallisse per le divisioni tra i partiti, a quel punto si aprirebbero le porte ad una scenario del quale Renzi ragionava ad alta voce: «L’attuale normativa per il Senato, che prevede una soglia all’8% per le coalizioni, ha un forte effetto maggioritario».
E dunque, ma questo Renzi non lo dice neppure in «casa», non resterebbe che votare con i due «Consutelli». E aggiunge: «Una soluzione che piace a Forza Italia…».
A quel punto bisognerebbe preparare le truppe «ritagliate» su due leggi di impianto proporzionale.
Ragionava ieri Renzi: «Poichè si va verso una legge con quell’impianto lì e poichè alla Camera bisognerà  presentare una lista coalizionale», già  nelle prossime ore si intensificheranno i contatti con la «lista Pisapia» e con i centristi raccolti attorno ad Angelino Alfano.
Con loro Renzi si misurerà  anche in Primarie di coalizione? Questione ancora non decisa, ma intanto nelle segrete stanze già  si discetta su quanti capolista bloccati (salvati dalla Consulta) si possano assegnare alle tre forze nel futuro «Listone». Mentre Lorenzo Guerini sta già  preparando le liste del Pd ieri sera circolava la prima stima della lista coalizionale il 75% dei bloccati al Pd e il restante 25% diviso tra le due ali.
Certo, per uno show down, restano molti problemi che Renzi conosce bene: l’ostilità  dentro al Pd di una area – più larga della minoranza – alle elezioni anticipate.
Ma anche la difficoltà  a «sfiduciare» un governo guidato da un esponente del Pd, Paolo Gentiloni che ha approvato provvedimenti importanti, che sta operando senza intoppi e che sta dimostrando la massima lealtà  verso Renzi.
L’ex premier, pur restando diffidente per natura verso tutto e tutti, ieri sera confidava che in vista di uno scioglimento anticipato delle Camere serve un’operazione corale, «dal presidente del Consiglio fino a tutti gli esponenti della maggioranza del partito».

Fabio Martini
(da “La Stampa”)

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TELECOMANDATI: IL MANUALE DEI GRILLINI PER RISPONDERE SULLA RAGGI

Gennaio 26th, 2017 Riccardo Fucile

LO STAFF MANDA IL MESSAGGIO A TUTTI I PORTAVOCE COME SI FA CON I DEFICIENTI

Libero pubblica oggi questa infografica che riproduce una sorta di manuale di comunicazione del MoVimento 5 Stelle per rispondere alle domande alle domande su Virginia Raggi e sull’indagine della procura per abuso d’ufficio e falso in relazione all’incarico conferito a Renato Marra, fratello di Raffaele.
Il manuale su cosa dire sul sindaco di Roma è illustrato in un articolo a firma di Brunella Bolloli.
Il messaggio mandato dallo staff a tutti i portavoce grillini è talmente preciso e dettagliato che prevede perfino le eventuali domande con relative risposte pilotate affinchè nessuno dei Cinquestelle possa sbagliarsi o osi pronunciare una mezza parola in disaccordo con la linea imposta dal leader.
Sarà  sospesa?
«No, il codice di comportamento prevede la comunicazione della vicenda allo staff. E lei lo ha comunicato».
Ha sentito Grillo, cosa le ha detto?
«Sì, lei lo ha subito informato dell’avviso a comparire. Anche Beppe è sereno sulla vicenda».
Una nuova bufera dentro al Movimento?
«No, è una vicenda ormai passata. Siamo compatti e concentrati al massimo per risolvere i problemi di Roma».
Cade il mito dell’onestà  per il M5S?
«No. Come ha ricevuto l’invito, Virginia l’ha subito comunicato ai cittadini. Questa è la nostra trasparenza, il nostro modo di fare. Se questo vi pare disonesto…»
Qualcuno le ha chiesto di fare un passo indietro?
«Le abbiamo detto tutti di andare avanti»

(da “NextQuotidiano”)

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LOMBARDI VUOLE CHE LA RAGGI SIA SOSPESA, MA CASALEGGIO LA BLINDA

Gennaio 26th, 2017 Riccardo Fucile

E IL GRUPPO PARLAMENTARE STA PER ESPLODERE CONTRO I TRE COMUNICATORI

Roberta Lombardi, l’avversaria storica di Virginia Raggi, una delle poche politiche che il Movimento abbia, sta lavorando a questo scenario a Roma: auto-sospensione della sindaca, specialmente se la situazione giudiziaria si rivelerà  (come sembra), seria e non risolvibile a breve.
Non è un caso che tra i pochissimi a parlare con i giornalisti, non tremebondi per l’editto bulgaro di Grillo di martedì, siano stati Marcello De Vito («io vicesindaco reggente? Il vicesindaco è Luca Bergamo») e Paolo Ferrara, due fedelissimi della Lombardi.
Entrambi escludono l’autosospensione, Ferrara dice: «È un’ipotesi che non abbiamo mai preso in considerazione. Siamo compatti al fianco della sindaca».
Ma in politica quando vuoi davvero far cadere un’ipotesi non devi neanche parlarne; neanche rispondere. Parlarne e rispondere vuol dire tenerla viva. Alimentarla.
Tuttavia l’autospensione non si farà , per ora.
Ci sono alcuni problemi, il primo dei quali insormontabile: Davide Casaleggio ha convinto ormai Grillo che la Raggi va difesa assolutamente, perchè se crolla lei crolla tutta l’impalcatura.
Di auto-sospensione si parlerà  solo se arriverà  il rinvio a giudizio.
Il secondo problema è che Roberta Lombardi è isolata. Il fronte dei dissidenti, o dei rivoltosi, chiamateli come preferite, tutti quelli che hanno accumulato un malessere (profondo o lieve) contro i capi (Grillo, e il patto Davide Casaleggio-Di Maio: i difensori della Raggi) è ancora vastissimo, ma non ha in realtà  una strategia comune. Fico è, al solito, indeciso.
Fa una dichiarazione critica su Trump, ma non ha pronta una vera azione parlamentare coordinata di attacco.
Paola Taverna è assai determinata (forse la più determinata), ma anche lei deve calibrare perchè a Milano hanno perso la pazienza.
Il terzo problema è nei fatti: Grillo si è rotto di chi fa come gli pare, e impone di star zitti, e loro se lo fanno imporre e stanno zitti. Fotografia implacabile dei rapporti di forza.
Luigi Di Maio ha però, anche lui, un problema: ormai il suo giro è davvero sempre più un gruppetto, chiuso, fatto di poche persone, inviso alla maggioranza dei parlamentari. Ha un patto con Davide Casaleggio basato sulla garanzia che il gruppo parlamentare glielo tiene lui, ma come può garantirlo se Casaleggio jr e Grillo terremotano e bastonano di continuo le truppe, facendo vacillare persino uomini come Danilo Toninelli, che si sfoga in giro (per dire, ha criticato il violentissimo post contro Repubblica)?
Al tempo stesso, nessuno sa meglio di Di Maio che la questione che si sta ponendo la Casaleggio in queste ore è brutale: che cosa deve salvare Davide del gruppo parlamentare? Chi dannare, e chi traghettare alla prossima legislatura?
E qui si apre un fronte interessante di battaglia, oltre la Raggi (data ormai da tutti per persa, nell’ottica del Movimento).
Nel gruppo parlamentare non sopportano più (quasi all’unisono) i comunicatori (a cui dovrebbero ora chiedere il permesso persino per fare un tweet).
Se Di Maio proponesse a Casaleggio di candidare Rocco Casalino al Parlamento alla prossima legislatura, togliendolo dalla comunicazione (quel cruciale trait d’union tra Parlamento e Casaleggio associati), riavvicinerebbe assai a sè i parlamentari.
Non è una mossa impensabile, ci dicono. Per raccontare il clima, in una chat interna che ci è stata riferita un assistente parlamentare ha scritto (parlando dei capi della comunicazione): “voi non avete idea di che razza di odio c’è verso questi… Seguiva epiteto non lusinghiero.
E qui siamo al punto, come ci rivela un parlamentare: «L’assemblea potrebbe chiedere, a breve, di tornare a votare sui membri della comunicazione».
Parentesi: all’europarlamento i parlamentari hanno già  chiesto di far fuori – pronti via – la neo nominata Cristina Belotti.
Casaleggio jr li ha mandati a stendere, e loro ovviamente hanno abbozzato.

Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)

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RAGGI AL BIVIO: O AMMETTERE BUGIA COL PATTEGGIAMENTO O RISCHIARE IL POSTO

Gennaio 26th, 2017 Riccardo Fucile

IN CASO DI CONDANNA PER ABUSO D’UFFICIO SAREBBE SOSPESA…LE RIVELAZIONI DELL’ASSESSORE MELONI INCASTRANO LA SINDACA: “COSI’ MARRA NOMINO’ IL FRATELLO, ME LO SUGGERI’ LUI”

L’ultima spinta che avvicina di un’altra spanna Virginia Raggi al suo abisso insieme giudiziario e politico è arrivata martedì sera, dalla testimonianza resa in Procura dall’assessore allo sviluppo economico Adriano Meloni.
“Fu Raffaele Marra – ha detto a verbale Meloni – a suggerirmi la nomina del fratello Renato quale direttore del dipartimento per il turismo”.
Un fatto talmente vero perchè confermato dai ringraziamenti che lo stesso Meloni fece avere a Raffaele Marra e alla Raggi dopo il colloquio con Renato che gli apriva definitivamente le porte alla nomina.
Le parole di Meloni documentano ulteriormente le accuse di falso ideologico e abuso che ora stringono in un solo destino il politicamente ancora vivo (la Raggi) e il morto (Raffaele Marra).
Che tornano a mettere a nudo la menzogna con cui la sindaca, per settimane, ha rivendicato a se stessa e solo a se stessa, anche di fronte all’Autorità  anticorruzione del Comune, la responsabilità  di quella nomina dalle stimmate familiste decisa altrove che non nell’ufficio della sindaca. In casa dei fratelli Marra, appunto.
Ma sono anche parole, quelle messe a verbale dall’assessore Meloni, che definiscono nitidamente l’alternativa del diavolo con cui Virginia Raggi si misurerà  nell’interrogatorio fissato per la prossima settimana di fronte ai pm che procedono nei suoi confronti.
Le circostanze di fatto su cui il procuratore aggiunto Paolo Ielo ha costruito infatti le ipotesi di reato a carico della sindaca, e che hanno appunto il loro perno nel documentato falso ideologico con cui ha tentato di accreditarsi come la sola artefice della nomina di Renato Marra, le lasciano infatti due sole vie di uscita.
Entrambe dal prezzo politico elevato.
La prima: chiedere alla Procura di patteggiare una pena per il solo reato di falso che sarebbe ragionevolmente contenuta entro un anno o al massimo 14 mesi, che scaricherebbe l’accusa di abuso di ufficio sul solo Raffaele Marra (oggi in carcere) e con cui riconoscerebbe di aver mentito.
O, al contrario, affrontare insieme a Marra un giudizio – che la Procura sarebbe orientata a chiedere in via immediata (e dunque da celebrarsi entro l’estate) – per entrambi i capi di imputazione, assumendosi il rischio di una condanna che, nella migliore delle ipotesi, supererebbe i tre anni.
La scelta è cruciale. Perchè, a ben vedere, non è questione di contabilità  penale. Ma di sopravvivenza politica.
La legge Severino sui sindaci impone la sospensione dalle funzioni di fronte a una condanna, anche in primo grado, che superi la pena di 2 anni.
Per tutti i reati, tranne uno: l’abuso di ufficio, per il quale la sospensione è automatica quale che sia l’entità  della pena.
Patteggiare per il solo reato di falso salverebbe dunque la Raggi da un immediato e automatico provvedimento di sospensione da parte del Prefetto allungando la sua sopravvivenza politica.
Viceversa, scommettere su un giudizio ordinario per abuso e falso e una potenziale condanna che comunque sarebbe superiore ai tre anni, significherebbe andare incontro alla certezza della sospensione.
Un quadro in cui diventano decisivi i tempi e lo scenario di possibili elezioni politiche anticipate.
Un patteggiamento della Raggi di qui alle prossime settimane per il solo reato di falso consentirebbe ai 5Stelle di togliersi il dente prima di una eventuale campagna elettorale in estate, evitando le forche caudine dell’immediata sospensione.
Al contrario, lasciare che la Raggi si difenda in dibattimento significherebbe affrontare il rischio di una condanna per due reati (abuso e falso) e una sospensione in piena campagna elettorale.
Entrambe le strade comportano evidentemente un prezzo politico.
In un caso, avere una sindaca che ammette di essere una bugiarda e ne paga penalmente il conto.
Nell’altro, lasciare che si difenda sapendo perfettamente che la fine è nota (condanna e sospensione), ma scommettendo che i tempi della giustizia consentiranno di scavallare l’eventuale appuntamento elettorale anticipato.
La scelta tra l’una e l’altra strada dovrà  misurarsi con il grado di autonomia (al momento ignota) della Raggi rispetto alle decisioni e agli umori del vertice del Movimento.
Ma dovrà  anche misurarsi su quella bomba ad orologeria che è oggi Raffaele Marra, detenuto per corruzione nel carcere di Regina Coeli. E sulla sua capacità  di ricatto.
Con un calcio dell’asino, la Raggi si è pubblicamente e sprezzantemente liberata politicamente di Marra il pomeriggio stesso del suo arresto.
Anche in quel caso, con una menzogna fragorosa. “È uno dei migliaia di impiegati del Comune”.
Una menzogna oggi messa a nudo dalle motivazioni del tribunale del Riesame di Roma che, nelle scorse settimane, ha rigettato la sua richiesta di scarcerazione.
Si legge: “Significativo del potere che Raffaele Marra era in grado di esercitare a prescindere dalla funzione apicale di volta in volta svolta nell’amministrazione pubblica, è l’esito della perquisizione della sua abitazione al momento dell’arresto”. Già , “il funzionario come tanti” – elenca il Tribunale – conservava una “scheda progetto” per la costruzione di un centro terapeutico in via della Vignaccia, un atto dell’Ufficio politiche abitative riguardante un progetto di edilizia residenziale, un piano di zona per la cessione di aree nel quartiere Infernetto.
L’ennesima conferma del suo ruolo di Rasputin della Raggi e della sua Giunta Cinque Stelle.

(da “La Repubblica”)

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“DA MARRA MERCIMONIO DELLA FUNZIONE PUBBLICA”: CONFERMATO L’ARRESTO

Gennaio 26th, 2017 Riccardo Fucile

LE MOTIVAZIONI CON CUI I GIUDICI DEL RIESAME HANNO CONFERMATO IL CARCERE

“I motivi per cui Marra ha chiesto e Scarpellini ha erogato l’importante somma risiedono nel mercimonio della funzione che il dirigente pubblico ha accettato di fare in cambio di denaro”.
Lo scrivono i giudici del tribunale del Riesame di Roma nelle motivazioni della decisione con cui hanno confermato il carcere per l’ex capo del personale del Comune di Roma finito agli arresti per corruzione insieme all’immobiliarista Sergio Scarpellini.
I giudici scrivono che “sin dal 2009 Marra si è messo a libro paga dell’immobiliarista”.
“Ancora nel 2016 – scrivono ancora i giudici – ha dichiarato la propria fedeltà  al patto già  assunto, il che da un lato conferma la solidità  del rapporto corruttivo tra i due, dall’altro è sintomatico della ferma intenzione del dirigente pubblico di proseguire sulla stessa strada che già  importanti utilità  economiche gli ha procurato”.
Per i magistrati “le consistenti regalie fatte da Scarpellini in favore di Marra trovano ragionevole spiegazione in una logica corruttiva stante le funzioni pubbliche svolte all’epoca da Marra in settori connessi agli interessi di Scarpellini”.
E ancora: “non è minimamente verosimile che lo Scarpellini possa essersi risolto a prestare 367mila euro non ad un vecchio amico o ad un soggetto di sperimentata fiducia ma ad un soggetto come Marra, conosciuto da qualche anno ma mai frequentato, con cui manteneva un rapporto superficiale ed occasionale, e lo abbia fatto senza pattuire interessi, senza acquisire la benchè minima garanzia ma semplicemente sulla parola”.
Per il Riesame Marra potrebbe delinquere di nuovo alla luce della “sua ferma determinazione a conservare il ruolo di potere”. Infatti, osservano, l’ex dirigente arrestato “nonostante la campagna di stampa in suo sfavore” è stato “nominato al vertice del Dipartimento risorse umane, ruolo che gli assegna un rilevante potere” all’interno del Campidoglio.

(da “La Repubblica”)

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POKEMON A CINQUESTELLE

Gennaio 26th, 2017 Riccardo Fucile

OGNI PERSONAGGIO HA IL PROPRIO TARGET DI RIFERIMENTO: DIBBA E’ IL CHE GUEVARA DEI PARIOLI, DIMA IL RAGAZZO DELLA PORTA ACCANTO CHE PIACE ALE MAMME, LA TAVERNA LA POPOLANA PASIONARIA, VIRGINIA LA MADONNINA INFILZATA

Analizzando la cosmogonia pentastellata e i vari personaggi che la compongono la si può perfettamente paragonare a quella dei Pokemon.
Nel “mazzo di carte” in dotazione ai simpatizzanti del Movimento 5 Stelle, abbiamo infatti vari esemplari atti a fidelizzare i vari strati della popolazione italiana.
Come il celeberrimo Pikachu, ogni pokemon pentastellato ha le proprie caratteristiche, i propri “poteri” e il proprio target di riferimento.
Dibba, per esempio, è utile ad attirare i giovani ribelli… peccato però che il frontman grillino sia una sorta di Che Guevara dei Parioli, che di ribelle non ha neanche il ciuffo.
DiMa, dal canto suo, è il giovanotto dall’aria per bene che piace tanto alle mamme, il classico ragazzo della porta accanto (che vorresti però sbattergli in faccia).
Giggino è l’ideale futuro genero dall’aria seria, studiosa e preparata, malgrado — così sembrerebbe — abbia dato pochissimi esami in molti anni di Università , tanto da abbandonarla qualche tempo fa,e confonda Cile con Venezuela e abbia scarsissima dimestichezza con i congiuntivi.
L’intramontabile Taverna è invece una “pokemon” utile a fidelizzare gli strati più bassi della popolazione, quelli poco colti e veraci che ne amano l’aspetto da popolana pasionaria che condivide con la forbita sorella.
E se nelle sue foto compaiono sempre più borse di Gucci e accessori firmati che di popolano non hanno un bel niente, tutto ciò non sembra minimamente scalfire il fascino da “Sora Lella del Senato” di Paoletta nostra.
La pokemon Virginia Raggi, invece, con quella sua aria da madonnina infilzata, ha fatto breccia nei cuori degli italiani facendo leva sull’aura tenera da cerbiatta ferita.
La povera, piccola Virginia scagliatasi contro la piovra romana, fra rossori, palpiti e battiti di ciglia, non poteva non ipnotizzare l’opinione pubblica conquistando anche il cuore più duro.
Peccato che, dopo sette mesi di inerzia, i suoi poteri ipnotici si siano decisamente affievoliti e non riesca ad ammaliare più nessuno… neanche se stessa.
Vedendo l’andazzo delle amministrazioni pentastellate, si può già  prefigurare il futuro dei pokemon a 5 stelle.
Presto, infatti, verrà  introdotta un’applicazione molto simile a Pokemon-Go… grazie alla quale i cittadini furenti e delusi potranno andare a caccia dei meravigliosi ragazzi pentastellati in giro per tutta Italia.
E non certo per osannarli.

(da “NextQuotidiano”)

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UN FUTURO DA LUSTRASCARPE

Gennaio 26th, 2017 Riccardo Fucile

A PALERMO DECINE DI LAUREATI E DIPLOMATI IN CODA PER DIVENTARE LUSTRASCARPE

Dottori lustrascarpe. Decine e decine di laureati e diplomati (tutti disoccupati) hanno fatto domanda, a Palermo, per diventare lustrascarpe grazie a una iniziativa della Confartigianto.
Come scrive oggi il Sole24ore:
“Sono almeno una settantina,.. Hanno aderito all’invito della Confartigianato provinciale guidata da Nunzio Reina che ha già  programmato una decina di postazioni nei punti nevralgici della città  e che, salvo intoppi, dovrebbero essere operative già  in primavera. Le domande sono state talmente tante e inaspettate che Confartigianato ha deciso di aumentare il numero di postazioni: dalle 10 iniziali si è passati così a 15 e i selezionati entreranno a far parte della prima cooperativa di lustrascarpe della città  di Palermo i cui costi per l’avviamento saranno sostenuti dall’associazione degli artigiani”.
In questi giorni le selezioni.
“La nostra idea – dice Reina al Sole – è stata accolta con entusiasmo, a dimostrazione che gli antichi mestieri non sono stati dimenticati. Contiamo in tempi brevi di poter permettere ai nuovi lustrascarpe di iniziare a lavorare, prima dovranno seguire un corso di formazione necessario per intraprendere questa preziosa attività “.

(da agenzie)

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IL PRESIDENTE DEL MESSICO: “VOGLIAMO RISPETTO E NON PAGHEREMO IL MURO”

Gennaio 26th, 2017 Riccardo Fucile

L’IRA DEI MESSICANI CONTRO TRUMP, IN DUBBIO L’INCONTRO DI MARTEDI PROSSIMO… ALCUNI MEDIA USA: “NIETO E’ COMPLICE DEL PROGETTO”

“Pretendiamo rispetto, e comunque non saremo noi a pagare”: è il volto duro del presidente messicano Enrique Peà±a Nieto, offerto in favore di telecamera poche ore dopo il via libera del suo omologo statunitense al muro con il Messico.
O meglio, ai muri con il Messico: non c’è solo la barriera fisica che Trump vuole estendere al confine con l’America latina.
C’è anche il muro politico ed economico che tra i due Paesi sembra diventare sempre più consistente, con la svolta protezionista degli Usa e con la guerra dichiarata dall’inquilino della Casa Bianca all’accordo di libero scambio Nafta, il “North American Free Trade Agreement”.
Mercoledì Peà±a Nieto aveva inviato una delegazione a trattare con la Casa Bianca, in attesa del faccia a faccia con Donald Trump atteso per martedì prossimo, e che nonostante le pressioni interne il messicano non accenna a disdire.
Ma la firma del presidente Usa, apposta ieri sotto il decreto che dà  il via libera agli oltre 3100 chilometri di muro, proprio nelle ore in cui due membri del governo di Città  del Messico si trovavano a Washington, ha suscitato le ire dei messicani.
Così in un discorso televisivo Peà±a Nieto ha mostrato le unghie: “L’ho detto e ripetuto, non sarà  certo il mio Paese a pagare le spese del muro”, che ammonteranno ad almeno una decina di miliardi. “Condanno e mi rammarico per la decisione del governo statunitense di continuare con la costruzione di un confine che per anni ci ha diviso più di quanto ci abbia unito”, ha continuato il presidente, aggiungendo: “Il mio Paese, il Messico, dà  e chiede il rispetto dovuto come nazione sovrana”.
Resta da vedere se la reazione dura del messicano si trasformerà  in una vera frattura politica tra i due governi.
Ne dubitano alcuni media statunitensi, come The Atlantic, che sottolinea le ambiguità  di Peà±a Nieto e arriva a sostenere che il presidente latinoamericano sia “complice” del progetto di Trump.
“Il governo straniero che ha più contribuito alla vittoria di Trump non è stata la Russia ma il Messico”, scrive provocatoriamente John Mill Ackerman. Che però alla provocazione aggiunge una sfilza di argomenti: i viaggi, gli incontri e le conferenze stampa congiunte in campagna elettorale; gli scambi di lusinghe reciproche; l’estradizione di El Chapo alla vigilia dell’Inauguration Day.
E soprattutto le scelte sostanziali: “Vedrete, Peà±a Nieto a parole dirà  di voler proteggere il suo popolo – scriveva profeticamente ieri la testata Usa – ma in realtà  ha in agenda di negoziare l’impunità  per il suo governo e la sua amministrazione, coinvolti in scandali di corruzione e sistematiche violazioni dei diritti umani. Perciò il presidente messicano non rinuncerà  alla sua visita a Washington, finendo per legittimare gli attacchi di Trump al Messico”.

(da “La Repubblica”)

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