Gennaio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
LA NUOVA MORALE: SCHERZA CON I FANTI MA LASCIA STARE I SANTI (FONDATORI)
« È facendo i garantisti con i politici che abbiamo rovinato lo Stato Italiano. Altro che presunzione di innocenza. Io per questa gente vedo solo presunzione di indecenza»: era il 14 dicembre del 2014 quando Luigi Di Maio spiegava la sua concezione di una società civile che — diciamo — non sembrava proprio in grande sintonia con la grande tradizione giurisprudenziale italiana e napoletana.
Anzi: all’epoca Luigi Di Maio nemmeno credeva alle autosospensioni:
Le “autosospensioni”, i “commissariamenti” e le teste di legno come Marino, sono solo prese in giro. Questa gente ha già fatto troppi danni con i soldi delle tasse degli italiani per pretendere da noi garantismo. Soprattutto poi se a chiederlo sono partiti come il Pd che dal 41% sono passati al 41 bis.
Altri tempi.
Oggi il codice di comportamento per gli eletti M5S in caso di iniziative giudiziarie è necessariamente molto più lasco, anche perchè altrimenti molte delle amministrazioni a 5 Stelle finirebbero a carte 48 prima di subito.
E infatti con il nuovo codice arriva il concetto di autosospensione dal M5S e il MoVimento sposa anche elementi di garantismo che arrivano proprio a ridosso di situazioni che potrebbero coinvolgere in futuro gli amministratori pentastellati.
“La ricezione, da parte del portavoce, di “informazioni di garanzia” o di un “avviso di conclusione delle indagini” — si legge infatti sul blog — non comporta alcuna automatica valutazione di gravità dei comportamenti potenzialmente tenuti dal portavoce stesso”.
Essere indagati non è insomma di per sè decisivo per le sorti di un amministratore, l’importante è avvertire Beppe e Casaleggio: ha “l’obbligo di informare immediatamente e senza indugio il gestore del sito”.
Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi fondatori.
(da “NextQuotidiano“)
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Gennaio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
IL CODICE ETICO SPUNTATO SUL BLOG SANCISCE CHE DECIDE LUI LA “GRAVITA'” DELL’AVVISO DI GARANZIA… UN PENOSO TENTATIVO DI SALVARE LA RAGGI
Quella di Beppe Grillo non è una svolta garantista. Il codice etico spuntato sul blog senza autori e senza firma dice varie cose.
Nessuna di queste a garanzia della presunzione di innocenza di eventuali esponenti del Movimento 5 stelle sotto indagine.
L’unica forma di tutela prevista è quella all’autonomia decisionale del leader fondatore e di un gruppetto a lui vicino votato plebiscitariamente dall’ennesima riedizione digitale della legge Acerbo a uso e consumo degli iscritti al portale.
Il tono dello scarno documento di poco più di una paginetta e le interpretazioni autentiche degli esponenti stellati di queste ore hanno un che di inquietante.
Una costituzioncina etica octroyèè, che dice di voler puntare a rendere più trasparente e lineare il rapporto tra responsabilità politica e responsabilità giudiziaria di portavoce e iscritti, ma ha come ultimo fine la creazione di uno stato di diritto interno al Movimento.
Un sistema nel quale non ci sono garanzie per chi finisce nel tritacarne di un processo mediatico (chiedere a Federico Pizzarotti, che ancora attende risposte alle controdeduzioni che pure era stato invitato a fornire), se non quella dell’umore o della convenienza politica del capo.
Grillo – finalmente – fa carta straccia dell’equivalenza indagine/avviso di garanzia/qualcosa da nascondere/colpevolezza morale della quale i suoi sono stati alfieri sin dagli albori del grillismo.
Forse lo fa perchè si è accorto che l’esercizio del potere è cosa più complicata e probante dall’andare in piazza e fanculizzare il primo che passa perchè ti va.
E richiede di sporcarsi le mani, immergerle nel mare di cavilli e norme sovrapposte (o sovrapponibili dalla procura di turno) che possono lasciare schizzi di melma al riemergere.
Probabilmente lo fa per fermare sul nascere l’ordalia internettara dell’attivista più puro dei puri che chiederebbe le dimissioni di Virginia Raggi non appena – come si scrive da più parti in questi giorni – venisse raggiunta da un’indagine per l’esercizio delle sue funzioni da sindaco di Roma.
Ma al macero, oltre all’equivalenza di cui sopra, va anche il garantismo, qualunque sfumatura e peso si voglia dare al termine.
Un avviso di garanzia non ti bolla come reprobo. Solo perchè Grillo avoca a se e al suo tribunale del popolo (i probiviri) la decisione di distribuire le lettere scarlatte.
La distruzione dell’automatismo – discutibile, deprecabile, a volte osceno – lascia posto non all’attesa che chi viene coinvolto si difenda fino all’ultima istanza, ma a una totale discrezionalità .
Sancita dall’enunciato distopico “presunzione di gravità “.
Testuale: “Il Garante del MoVimento 5 Stelle, il Collegio dei Probiviri o il Comitato d’Appello, in virtù e nell’ambito delle funzioni attribuite dal Regolamento del MoVimento 5 Stelle, valutano la gravità dei comportamenti tenuti dai portavoce, a prescindere dall’esistenza di un procedimento penale”.
Non è l’innocenza fino a prova contraria, non sono nemmeno i bizantinismi della legge a decidere del destino di chi abita nell’universo stellato.
È la struttura che ha il dito sospeso sul tasto rosso e sul tasto verde, l’attivazione dei quali non passa nemmeno da una valutazione di carte, cavilli, accertamenti, approfondimenti.
Ma da quel che Grillo e i pretoriani presumeranno sia grave o meno grave, sconveniente o meno sconveniente all’ecosistema interno.
Nulla di nuovo nella fattoria delle stelle, dove tutti gli astri brillano, ma alcuni brillano più degli altri.
Più che garantista, la svolta di Grillo è orwelliana.
Pietro Salvatori
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
LE BANCHE FRANCESI NON LA FINANZIANO, SI ATTIVA IL SOCCORSO ROSSO PUTINIANO…. SI PARLA DI UN ALTRO PRESTITO DEI RUSSI PER 28 MILIONI DI EURO DOPO QUELLO CONFERMATO DI 9 MILIONI… EVVIVA I SOVRANISTI FINANZIATI DA POTENZE STRANIERE, QUALUNQUE ESSE SIANO
A soli quattro mesi dal primo turno delle prossime elezioni presidenziali, Marine Le Pen si ritrova a dover fare i conti in tasca al suo partito.
Per finanziare la sua campagna elettorale, la leader dell’estrema destra francese è alla ricerca di 20 milioni di euro, una cifra considerevole visto il poco tempo rimasto per racimolarla.
Nonostante abbia bussato alle porte di tutte le banche nazionali, Marine Le Pen non è riuscita a trovare un solo istituto disponibile a finanziare il Front National.
Un importante aiuto sarebbe arrivato in questi ultimi mesi da Jean-Marie Le Pen, padre di Marine e fondatore del Front National.
Espulso dal partito lo scorso agosto per le forti divergenze ideologiche che lo separano da sua figlia, l’ex leader dell’estrema destra avrebbe comunque accettato di sostenere economicamente la sua candidatura con una donazione di 6 milioni di euro. La somma, che verrà devoluta in diverse tranche, proviene dalle casse di Cotelec, il micro-partito guidato dallo stesso Jean-Marie, ed è il frutto di una trattativa tra padre e figlia durata diversi mesi.
L’ex presidente del Front National non sarebbe però l’unico finanziatore.
Secondo un articolo pubblicato lo scorso 21 dicembre dal settimanale Le Canard Enchainèe, Marine Le Pen avrebbe chiesto un prestito di 27,8 milioni di euro a una banca russa di cui non è stato svelato il nome.
La notizia sarebbe trapelata dai servizi segreti statunitensi, preoccupati dall’ingerenza di Mosca nei processi politici europei.
Le Canard ha diffuso alcuni passaggi di una lettera che il deputato repubblicano Mike Turner ha inviato al direttore dell’Intelligence statunitense, in cui chiede di “raccogliere dettagli supplementari” in merito alla questione.
L’informazione è stata subito smentita da Wallerand de Saint Juste, il tesoriere del partito, che ha qualificato l’informazione come “ falsa” e “triviale”.
Una risposta è arrivata anche dalla stessa Le Pen, che interrogata via sms dal sito Le Lab ha fatto sapere che “per il momento non è stato accordato nessun prestito” e che per trovare i fondi necessari alla sua campagna “ha inviato delle richieste a 45 banche in tutto il mondo, anche in Russia”.
Se venisse confermata, una simile notizia potrebbe mettere nei guai il Front National, visto che per i finanziamenti ai partiti in corsa alle presidenziali la legge francese fissa un tetto di 16 milioni di euro per il primo turno e 22 milioni per il secondo.
In realtà , Marine Le Pen non ha mai nascosto le sue simpatie per il Cremlino e i rapporti diplomatici intrattenuti con Vladimir Putin.
Già nel novembre del 2014, in seguito a un’inchiesta condotta dal sito Mediapart, la leader ha ammesso di aver ricevuto 9,4 milioni di euro dalla First Czech Russian Bank (FCRB), una banca vicina al presidente russo.
In più occasioni la candidata del Front National ha criticato le sanzioni imposte alla Russia dall’Unione Europea, arrivando a dichiarare che in caso di vittoria alle elezioni “la Francia potrebbe riconoscere la Crimea come russa”.
Marine Le Pen non è però l’unica figura politica a godere delle simpatie di Putin. Anche Franà§ois Fillon, candidato del centrodestra per le presidenziali, è stato più volte elogiato dal leader del Cremlino, che lo ha definito come “un gran professionista” della politica.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
CLASSICI DELLA PITTURA ACCOMPAGNATI DA FRASI IRRIVERENTI, MA COPIATI DALLA FANPAGE “SE I QUADRI POTESSERO PARLARE”, IL CUI AUTORE DICE: “ALMENO POTEVO CHIEDERMELO”
Divertente, simpatica e di sicuro impatto. Purtroppo quel che manca è l’originalità . Perchè la campagna del Comune di Roma per promuovere i musei della Capitale nel periodo natalizio si ispira (per usare un eufemismo) ai contenuti di una notissima pagina Facebook.
Un plagio evidente, che non è sfuggito agli utenti dei social network causando l’ennesimo imbarazzo per il Campidoglio.
La campagna “Natale nei musei”, diffusa su autobus, cartelloni pubblicitari, quotidiani, si basa sull’idea di accostare i quadri classici a frasi divertenti.
Una trovata brillante, che però è difficile attribuire ai creativi del Comune di Roma, in quanto già ampiamente sperimentata e utilizzata negli anni passati da Stefano Guerrera, ideatore della pagina da oltre un milione di like su Facebook Se i quadri potessero parlare.
“Per me, da una parte, è totale motivo d’orgoglio – spiega Stefano – sono fiero di essere stato fonte d’ispirazione per una campagna pubblicitaria così grande. La cosa che mi dispiace è che avrebbero potuto contattarmi in qualche modo, il Comune di Roma mi segue anche nelle mie pagine social”.
Al telefono Stefano sembra meno arrabbiato rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare da un ragazzo che ha avuto un’idea originale – con oltre 100 mila copie vendute per il suo libro – e che ora se la ritrova ovunque, fulcro di un’iniziativa pubblicitaria palesemente “ispirata” che non l’ha minimamente coinvolto nè tantomeno citato.
“All’inizio ho pensato: ‘non è possibile’. Poi, molti utenti hanno iniziato a contattarmi e a chiedermi spiegazioni, ma non sapevo cosa dire. Mi sarebbe bastata una mail, ma anche un messaggio su Twitter, o ancor più semplicemente un tag. Avrei potuto aiutarli, fare parte di questo progetto, se me lo avessero chiesto. Quella che vorrei difendere è la proprietà intellettuale del mio lavoro. Questa idea è mia, ed è – a detta di molti – palesemente copiata”.
(da agenzie)
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Gennaio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
COLORITO SFOGO DELL’ATTIVISTA M5S: “HAI ROTTO IL CAZZO, SEMBRI UNA BAMBINA DEFICIENTE. NON VOGLIAMO BUTTARE ANNI DI LOTTE PER UNA TESTA DI CAZZO CHE SOFFRE DI MANIE DI PROTAGONISMO”
“Ti attaccano tutti e sei in mezzo al marasma ma me sembra il minimo. Il problema è che per le tue scelte del cazzo nel marasma ci stiamo anche e soprattutto noi”.
Il bersaglio dell’invettiva, decisamente colorita, è Virginia Raggi e il commento appare su Facebook a firma di Annalisa Taverna, attivista 5 Stelle e sorella della sanguigna senatrice M5S Paola Taverna, ex componente di quel “mini-direttorio” che più volte si è scontrato con la sindaca di Roma.
Come già era accaduto in passato per la sorella di Marcello De Vito, il presidente dell’Assemblea capitolina, considerato vicino all’altra “nemica” di Raggi, la deputata Roberta Lombardi, Annalisa Taverna affida al social network un pesante sfogo contro la prima cittadina romana, responsabile, a suo dire, delle difficoltà che attraversa il Movimento alla prova di governo della capitale.
Il commento (che sta circolando in queste ore sul web) risale al 23 dicembre, nel giorno in cui sul blog di Beppe Grillo venivano rilanciate le immagini della sindaca ritratta da sola durante il ricevimento al Quirinale per lo scambio d’auguri con il Capo dello Stato.
Ma se quello scatto, per il leader del Movimento, era un motivo di orgoglio, per l’attivista Annalisa Taverna diventa altro: “Sembri cappuccetto rosso sperduto tra i lupi cattivi”, scrive, aggiungendo un inciso: “Però quando hai scelto i tuoi collaboratori contro tutto e tutti la parte del lupo t’è riuscita benissimo”.
E prosegue: “Ogni tua mossa – scrive Taverna – è sempre sembrata fatta apposta per farti cacciare a calci in culo e farci perdere Roma… bene… è arrivato il momento che invece di lodarti il popolo 5 stelle ti dica che hai rotto er cazzo”.
L’invettiva va avanti: “Applica le regole del Movimento. Ascolta Beppe e i nostri parlamentari – si legge in un passaggio del commento – smetti de fa la bambina deficiente con manie de protagonismo e deliri de onnipotenza e comportati da 5 Stelle perchè ti abbiamo votato pensando che lo fossi altrimenti chi te se cagava. Datte na calmata e non rompere i coglioni altrimenti t’appendemo pe le orecchie ai fili dei panni sul balcone fino a che non rinsavisci perchè non abbiamo nessuna intenzione di perdere un sogno, anni di lotta, sudore e sangue pe na testa de cazzo”.
(da “Huffingtopost”)
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Gennaio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
E’ IL BEL GESTO DI SOLIDARIETA’ CHE APRE IL 2017
“Chi fa del bene, riceve del bene” recita un antico proverbio italiano.
Un proverbio che spiega perfettamente il gesto di solidarietà di cui le popolazioni terremotate (e specie quella umbra) sono state oggetto negli ultimi mesi.
E se di aiuti (economici e non) ne stanno arrivando tanti da tutta Italia, quello di metà dicembre è forse il più sorprendente, poichè arriva da una nazione decisamente povera: il Congo.
238 euro: è questa la cifra arrivata poche settimane fa al gruppo MultiSolidarietà , onlus che ha autonomamente messo in piedi diversi progetti per finanziare la ricostruzione nel Centro Italia, ma che non si aspettava di certo un importante atto di beneficenza da parte degli abitanti di uno dei villaggi più poveri dell’Africa.
La cifra era stata inviata da Kingouè, un distretto di trenta villaggi e quindicimila abitanti nella Repubblica del Congo, ai margini della foresta pluviale dove non c’è luce nè acqua corrente.
Nove abitanti su dieci non hanno stipendio, vivono coltivando manioca, mais, ananas, oppure allevando mucche, maiali, pecore, capre.
A scaldare il cuore degli abitanti del villaggio è stato il parroco locale, don Ghislain, il quale ha mostrato ai suoi fedeli le terribili immagini di morte e distruzione del ripetuto sisma del Centro Italia.
Sono stati poi i politici locali a dare il via alla raccolta fondi.
Il sindaco e il capovillaggio pensano di avviare una raccolta fondi.
All’inizio sembra un’azione disperata. Per riuscire a raggiungere una somma consistente vengono coinvolti diversi villaggi.
Trascorrono molte settimane, altre due scosse mettono in ginocchio anche l’Umbria. La raccolta si intensifica. Ogni domenica a messa qualcuno dà quello che può.
Una volta raccolti 156.400 franchi congolesi (pari, appunti, a 238,43 euro), la cifra è stata spedita da Daniel Mouangoueya, sindaco del distretto, a una volontaria.
Jenny Peppucci, volontaria dell’associazione e originaria dell’Umbria, ha 27 anni. Consegnano a lei un foglietto con il resoconto dei soldi raccolti, 156.400 franchi congolesi, pari a 238,43 euro.
“Mi hanno chiamato dicendo: visto che voi fate tanto qui, vogliamo anche noi aiutarvi in questa situazione difficile per voi”.
A convincere una popolazione così povera a donare quel poco che era possibile è stato anche un altro sentimento, oltre alla compassione: la riconoscenza verso chi ha aiutato loro in passato.
A metà dicembre arrivano i soldi e una lettera indirizzata al presidente della Regione Umbria, firmata dal sindaco del distretto, Daniel Mouangoueya: “Ci siamo sentiti coinvolti nel lutto che tocca il vostro Paese e l’Umbria – scrive, ricordando che in tanti italiani e umbri ‘ogni giorno realizzano numerose attività socio-umanitarie’ per gli abitanti della zona. Quindi – conclude – abbiamo deciso di organizzare una raccolta minima di denaro per manifestare la nostra solidarietà “.
(da agenzie)
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Gennaio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
FORZA NUOVA POSTA LA BALLA, FACEBOOK NON LA CANCELLA NONOSTANTE GLI IMPEGNI ANNUNCIATI SOLO POCHI GIORNI FA
Puo’ una bufala a sfondo razzista rispettare gli standard della comunità di Facebook? Ebbene sì.
Il social network ha bocciato la nostra richiesta di rimuovere un post pubblicato sulla pagina di Forza Nuova, in cui il movimento politico di estrema destra ha approfittato dei recenti casi di meningite per fare un po’ di propaganda contro i migranti.
Secondo Forza Nuova, “le continue invasioni provenienti dall’Africa portano con sè, oltre alle sciagure terroristiche e sociali, gravi malattie che mettono in serio pericolo la salute pubblica”.
Il post è accompagnato dall’immagine di un uomo che si tocca le tempie e da un messaggio: “Meningite. Tutti sappiamo da dove arriva. Basta accoglienza killer”.
In realtà , come ricorda Adriano Lazzarin, primario di Malattie Infettive dell’Ospedale San Raffaele di Milano, l'”accoglienza killer” non esiste: “tra le ondate migratorie e i casi di meningite registrati in Italia – dice – non c’è nessun collegamento per due motivi: prima di tutto, perchè in Africa è diffuso il meningococco di tipo A, mentre da noi si sono verificati finora soltanto casi di infezione riconducibili ai ceppi B e C. Bisogna poi considerare – continua Lazzarin – che il meningococco non lo “importiamo” dall’Africa, ma è già presente in Italia: secondo l’Istituto Superiore di Sanità nel nostro paese ci sono tra i 5 e i 10 milioni di portatori sani di meningococco. Quindi è molto più probabile essere contagiati da un italiano piuttosto che da un migrante”.
Insomma, una sonora bocciatura per Forza Nuova, ma nonostante questo il suo post – che ha già ottenuto 6mila like e oltre 9mila condivisioni – continuerà a circolare.
Avevamo chiesto a Facebook di rimuoverlo seguendo la procedura guidata, che mette a disposizione una serie di opzioni per cui si chiede la cancellazione. La più adatta al caso era questa: “Il post insulta o attacca qualcuno in base a religione, etnia o orientamento sessuale”.
La risposta è arrivata pochi minuti dopo l’invio della segnalazione: “Abbiamo esaminato la foto e abbiamo determinato che rispetta i nostri Standard della comunità “.
Perchè Facebook non lo ha rimosso? Abbiamo girato la domanda alla società , ma la risposta non è ancora arrivata.
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
PIU’ BARBONI SOTTO I PONTI CHE PERSONE SOPRA A FESTEGGIARE
E comunque Roma è bellissima, dicono sciamando dal Circo Massimo, scendendo verso piazza Venezia, allungandosi sui Fori Imperiali, più vuoti che in una domenica pomeriggio di febbraio.
Vengono quasi tutti da altre città , i ragazzi e le ragazze che hanno assistito allo spettacolo. Molti romani sono rimasti a casa, aderendo alla campagna di dissuasione subliminale messa in atto dal Comune.
Che, dall’albero di Natale più scrauso del mondo all’asinina impuntatura del “non ci sono soldi” ripetuta come un mantra, ha tentato in tutti i modi di snobbare il Capodanno, trattandolo come un’Olimpiade qualsiasi.
Ignorandolo, fin quando a pochi giorni dall’evento – e dopo il fallimento di un concerto a costo zero che gli sponsor hanno mollato, forse spaventati dalla gestione fallimentare che si intravedeva all’orizzonte – si è espresso con un eloquente “fate voi”, indicando i palchi che, nonostante tutto, erano stati montati.
Là dove, in tempi migliori, hanno suonato Bruce Springsteen, David Gilmour e i Rolling Stones, avrebbe dunque potuto prendere la parola chiunque avesse una buona idea, o anche un’idea e basta.
Iscrivendosi, immagino, chiunque poteva prenotare i propri cinque minuti di celebrità . Chissà com’è andata poi la lotteria, ma a poche ore dalla notte del 31 sono state finalmente annunciate le scelte: generiche esibizioni stile nouveau cirque (eufemismo col quale si intendono di solito approssimativi e incauti epigoni del Cirque du Soleil), musicisti non popolarissimi e giochi di luce, per allietare gli ostinati che, nonostante tutto, avessero voluto comunque festeggiare.
E che, con pazienza encomiabile, si sono messi in fila per i lunghi controlli.
Anche se eravamo pochi, molti sono rimasti fuori dalle transenne anche durante il conto alla rovescia, quando ormai i suonatori di tamburo erano scesi dalla gru dove li avevano appesi.
E mentre veniva diffusa una musica da chill out, e gli spettatori si guardavano un po’ sgomenti, la gente finiva di entrare e contemporaneamente cominciava a uscire.
È stato il Capodanno più breve della storia.
A mezzanotte e mezzo già ci allontanavamo in fretta, come se anzichè festeggiare avessimo fatto il nostro dovere, rendendo omaggio al dio della fine e dell’inizio nella speranza di placare la sua furia per l’anno venturo, e poi via.
C’è pochissima euforia, appena appena di allegria, ma soprattutto un’immensa e mestissima resa all’evidenza del poco. Anzi: pochissimo.
Botti quasi niente – raudi miccette e tric e trac venivano venduti in banchetti che tenevano appesi fogli fotocopiati di chissà cosa in cui si diceva che non erano vietati ma la gente non si fidava – e fuochi d’artificio di sovrumana miseria.
Qualunque cosa avesse dovuto significare lo scoppio finale, il rogo dell’anno passato, e la rinascita festosa delle luci colorate, quest’anno a Roma non lo abbiamo avuto.
In perfetta sintonia con un progetto politico che ha come obiettivo la quaresima e come mezzo per realizzarla dire no a qualsiasi proposta.
La musica continua a suonicchiare alle nostre spalle, sullo schermo le immagini indecifrabili alle quali diamo la schiena perchè, complice il brindisi, suscitano un fastidioso senso di nausea.
Di fronte alla Bocca della Verità ci domandiamo cosa fare.
Non c’è la folla che ti protegge, quella che spintona e grida e tiene compagnia. Hanno tolto persino i blocchi a piazza Venezia, tanto non c’è nessuno da bloccare.
I migliori tra noi indossano creste luminose a forma di orecchie, coroncine, il minimo sindacale del gadget di fine anno.
Un gruppo di ragazzi veneti sbraita nel vano tentativo di fermare l’unico taxi all’orizzonte. Poi più nulla, non un autobus, un tram, un mezzo qualsiasi che ci possa trasportare verso i ponti dove, tra qualche ora, sono stati programmati altri dj set.
Di cui però sono l’unica a preoccuparmi.
Quasi tutti intorno a me stanno dicendo che sarà meglio tornare a casa, qualcuno vuole andare a Testaccio, chissà perchè, altri a Trastevere, perchè gli amici gli hanno detto che è il cuore della movida di questa città .
Dov’è piazza San Callisto, mi chiede ostinatamente un uomo con accento milanese. Gli indico la direzione e lui si avvia, a piedi, seguito dagli amici.
Vorrei fermarlo, dirgli che non troverà niente di diverso da qui, gente che si muove a caso con dei bargigli rossi accesi sopra la fronte.
Più che a un festa, questa notte somiglia a una distopia nella quale la città , ormai immobile per qualche imprecisato disastro, assiste a una transumanza triste di persone occupate a sopravvivere, a far passare la nottata.
Eppure Roma è bellissima, comunque.
Hanno ragione questi ragazzi e ragazze venuti a festeggiare il Capodanno nella capitale, che però dovranno tornarsene a casa a piedi dopo aver visto uno spettacolo che avrebbe spopolato alla sagra del cacciucco.
E l’anno prossimo, visto che ormai Roma l’hanno vista e non ha mai niente di nuovo da offrire, andranno senza esitazione alla sagra del cacciucco, che costa anche meno.
(da “La Repubblica”)
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