Gennaio 22nd, 2017 Riccardo Fucile
LA CONSULTA DOVREBBE BOCCIARE L’ITALICUM…PARTITI: PD 28,4% (+0,9%), M5S 26,8% (+0,4%), Lega 13,5 (-0,6%), Forza Italia 13,4% (+0,2%), Fdi 4,2% (-0,2%) SI 3,9% (-0,2%), Ncd 2,8% (-0,3%)
La legge che secondo l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi “mezza Europa ci copierà ” bocciata dagli italiani.
Lo rivela un sondaggio di Scenari Politici condotto per l’Huffington Post. Si tratta dell’Italicum, la legge elettorale su cui la Corte Costituzionale si dovrà esprimere il prossimo 24 gennaio.
Il 54 per cento dei cittadini italiani afferma che la Consulta, chiamata a decidere se l’Italicum abbia o meno profili di incostituzionalità , dovrebbe bocciarlo.
Solo per un italiano su tre (il 30 per cento) i giudici dovrebbero lasciare la legge così com’è. Per il restante 16 per cento la Corte non dovrebbe occuparsene affatto.
Non solo: alla domanda “Quale di questi sistemi elettorali pensa che possa essere il più adatto per il nostro Paese?”, l’Italicum figura solo quarto, con il 16 per cento delle preferenze.
Il 26 per cento degli intervistati predilige un sistema proporzionale puro, subito dopo il 25 per cento preferisce il Mattarellum, la legge elettorale che prende il nome dall’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Per il 24 per cento invece sarebbe meglio un sistema maggioritario puro.
Solo per il 7 per cento si dovrebbe andare a votare con il Consultellum, ovvero con l’Italicum depurato dai profili di incostituzionalità che, si prevede, la Corte metterà in evidenza con la sua sentenza del 24 gennaio
Agli intervistati è stato poi chiesto cosa ne pensano della Corte Costituzionale, anche alla luce della recente sentenza sui referendum abrogativi sul Jobs Act (due ammessi, uno cassato).
Secondo il 58 per cento le decisione della Consulta hanno elementi sia di natura tecnica sia di natura politica, per il 22 per cento solo di natura tecnica e per il 20 per cento solo di natura politica.
Si registra quindi un clima di fiducia nei giudici costituzionali, come dimostra un’altra scheda del sondaggio di Scenari Politici. Per il 52 per cento la Corte svolge semplicemente il suo ruolo istituzionale, per il 26 per cento supplisce alla debolezza della politica mentre per il 22 per cento ha troppo potere.
Per quanto riguarda le intenzioni di voto ; PD 28,4% (+0,9%), M5S 26,8% (+0,4%), Lega 13,5 (-0,6%), Forza Italia 13,4% (+0,2%), Fdi 4,2% (-0,2%) SI 3,9% (-0,2%), Ncd 2,8% (-0,3%)
(da “Huffingtopost”)
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Gennaio 22nd, 2017 Riccardo Fucile
HAMON 35,2%, VALLS 31,5%, MONTEBOURG 18,7%
Vince Benoit Hamon, il candidato del reddito di cittadinanza, il socialista utopista che ha capeggiato la fronda contro la sua maggioranza di governo.
Domenica prossima, al ballottaggio, se la vedrà con l’uomo che ha incarnato il governo che Hamon contestava, l’ex primo ministro Manuel Valls.
Non c’è stato il temuto tracollo della sinistra, una partecipazione calcolata fra 1,7 milioni e 1,9 ha garantito legittimità a questa consultazione, pur con un’affluenza inferiore di oltre il 50% rispetto a quanto totalizzato dalla destra a fine novembre.
In molti, nella gauche, si interrogano sul ruolo di Francois Hollande, il presidente che ha guidato per 5 anni la Francia e che è finito ad un minimo di popolarità storico.
Poi ha costretto la sinistra ad attendere gennaio per celebrare le primarie – annunciando il proprio ritiro soltanto a inizio dicembre – e alla fine ha fatto di tutto per esibire la propria assenza da questo appuntamento.
Oggi è in visita in Cile e non ha neppure votato, giovedì scorso, per il dibattito finale, se n’è andato a teatro.
Tutto questo, secondo gli analisti, vorrebbe significare che il suo appoggio andrà a Emmanuel Macron, il suo ex ministro dell’Economia che si è candidato senza passare dalle primarie.
Come accadde nei 10 giorni delle primarie della destra, quando a sorpresa fu Francois Fillon a scoprirsi vincente, per la gauche è stato Benoit Hamon, frondista che ha contestato giorno dopo giorno il governo da sinistra, a superare tutti.
Ha regolato in volata Manuel Valls, che nei dibattiti di questa settimana è stato costretto nello scomodissimo ruolo di difensore del bilancio di governo; e ha battuto l’altra sinistra del PS, quella “operaista” di Arnaud Montebourg, l’uomo del “made in France”, della difesa a oltranza dell’occupazione, anche sforando le regole sui deficit o alzando barriere protezionistiche
Hamon, 50 anni, cresciuto nel PS al fianco di Martine Aubry, creatore proprio con Montebourg del Nuovo Partito Socialista, è invece il candidato che più di ogni altro ha fatto del reddito di cittadinanza la sua bandiera.
Un provvedimento, come ha spiegato pochi giorni fa a Le Monde, che “non può essere realizzato dall’oggi al domani”, ma che resta “un obiettivo” a termine.
Contro la crisi, la disoccupazione, il malessere della società , Hamon propone da un lato di “ridurre l’orario di lavoro fino a 35 ore settimanali”, dall’altro di introdurre “un reddito universale di esistenza, il mezzo cioè per i lavoratori di poter ridurre essi stessi il proprio orario di lavoro per potersi dedicare a cose diverse da un lavoro talvolta penoso”.
Valls, che domenica affronterà in un duello per lui molto difficile l’avversario situato alla sua sinistra, ha rilanciato con un “reddito di decenza”, cioè un’entrata minima garantita per tutti quelli che sono sotto un livello minimo di risorse e non – come nel modello Hamon – a tutti indistintamente.
Per il resto, Valls vuole reintrodurre un provvedimento adottato sotto la presidenza di Nicolas Sarkozy e poi abolito da Francois Hollande, la defiscalizzazione delle ore di straordinario, per rilanciare la produzione e la redditività del lavoro.
Due visioni apparentemente inconciliabili, quelle di Hamon e Valls, che si scontreranno in condizioni diverse: il primo potrà contare su un numero nettamente superiore di sostegni degli altri candidati, a cominciare dal terzo classificato, Arnaud Montebourg: con il suo 18%, Hamon avrebbe già la maggioranza assoluta.
Molto in salita la strada per Valls, che nel dibattito di questa settimana si troverà sempre confinato nel difficile ruolo di difensore degli ultimi difficili anni di governo, per attirare alleanze, a parte Vincent Peillon, che ha però soltanto il 6,48%. L’appoggio che Valls avrebbe atteso, quello di Hollande, continuerà con ogni probabilità a non arrivare.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 22nd, 2017 Riccardo Fucile
SEMPRE PIU’ COMICO: SMENTISCE DI AVER INVOCATO “UOMINI FORTI” IN UNA INTERVISTA, DANDO LA COLPA AI “TRADUTTORI FAZIOSI”… MA IL TESTO ORIGINALE LO INCHIODA
Beppe Grillo ha smentito di aver detto che la comunità internazionale ha bisogno di “uomini forti” come Donald Trump e Vladimir Putin nell’intervista al Journal du Dimanche.
“Ci risiamo con i traduttori traditori. Non ho mai detto che servono uomini forti come Trump e Putin, piuttosto ho spiegato come la presenza di due leader politici di grandi Paesi come Usa e Russia predisposti al dialogo è un punto di partenza molto positivo, perchè apre a scenari di pace e distensione”, ha scritto il Capo del MoVimento 5 Stelle in una nota stampa.
Questo è il testo dell’intervista dal quale si evince che non c’è stato nessun tradimento nella traduzione:
La traduzione completa della risposta è: «La politica internazionale ha bisogno di uomini forti come loro. Io li vedo come un beneficio per l’umanità . Putin è quello che dice le cose più sensate riguardo alla politica estera. L’embargo che imponiamo alla Russia ci costa sette miliardi di euro l’anno. Noi siamo a favore dell’abolizione delle sanzioni contro Mosca. E se Donald Trump vuole uscire dalla Nato, lo faccia!».
In più, una di due giornalisti che hanno fatto l’intervista ha confermato su Twitter che lo staff ha riletto l’intervista prima della sua pubblicazione.
Insomma, il solito ballista.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 22nd, 2017 Riccardo Fucile
IL DEGRADO E’ OVUNQUE, SOLO I VOLONTARI CERCANO DI RIDARE DIGNITA’ A PERSONE E LUOGHI… NON CI SONO PALESTRE NE’ CAMPI SPORTIVI IN GRADO DI FORNIRE MOMENTI DI AGGREGAZIONE PER I GIOVANI
Miseria e Nobiltà . È questo l’unico racconto possibile del Rione Sanità a 50 anni dalla morte di Totò, il suo cittadino più illustre? Forse.
Anche se di nobiltà se ne vede sempre meno e di miseria sempre di più agli angoli dei vicoli che precipitano da Capodimonte a piazza Dante, dove i contrabbandieri di sigarette, ultimo anello della catena del disagio sociale, hanno ricominciato a mescolarsi agli spacciatori di cocaina e di eroina.
«La crisi ha accelerato il processo di sudamericanizzazione della città », dice Ernesto Albanese, presidente de L’Altra Napoli Onlus, cooperativa sociale che ha l’obiettivo di valorizzare il talento dei giovani.
Di tirarli fuori dalla strada, allontanarli dalle piazze dello spaccio e magari di sostituire la droga con la musica, come succede dal 2008 con «Sanitansamble», orchestra ispirata all’esperienza del maestro venezuelano Josè Antonio Abreu.
Un violino ti salva la vita. Un ago e un kalashnikov te la tolgono. Non tanto difficile da capire. Eppure.
«A Napoli è scomparsa la classe dirigente. E quel poco che è rimasta è più diffidente che mai. La logica è quella di sempre: fottersene e tirare a campare».
Se a pronunciare queste parole fosse stato un forestiero sarebbe esplosa una polemica infinita, ma Albanese è uno dei comandanti dell’esercito del bene, un gruppo non enorme ma sempre più largo di persone, organizzate da don Antonio Loffredo, prete di strada e guida della Basilica di Santa Maria della Sanità , che si è messo in testa di ribaltare l’irribaltabile, di sfidare la criminalità comune e organizzata, la stupidità della burocrazia e l’inerzia delle istituzioni, e di riscrivere una storia che va avanti identica da secoli.
Lucida follia, che per trasformarsi in progetto efficace ha deciso di allearsi anche con la memoria di Antonio De Curtis, nato in via Santa Maria Antesaecula 109, il centro preciso della «guapperia» napoletana, e passato a miglior vita il 15 aprile del 1967. «Le celebrazioni per la sua scomparsa, che presenteremo domenica, saranno l’occasione per restituire al Rione un po’ dell’orgoglio di sè».
Il quartiere
Il Rione allora. Cinque chilometri quadrati con la densità abitativa di Macao, due scuole in tutto – una elementare e un istituto superiore con il secondo tasso di abbandono più alto d’Italia – nessuna banca, molti usurai, un teatro parrocchiale e zero cinema.
I bassi e i palazzi del Settecento. Un paradosso complicato piantato nel centro della città , eppure periferia estrema, isolata, complicata da raggiungere, evitata da vigili e polizia, presidiata inutilmente dall’esercito e abitata da sessantacinquemila persone senza una palestra o un campo da pallone degno di questo nome.
Camorra, baby gang, disoccupazione. «Dire che tutto questo non esiste, come tende a fare il sindaco De Magistris è becero negazionismo. E così non se ne esce. Abbiamo perduto occasioni enormi come il porto e Bagnoli e se la politica non interviene, prima con la repressione, poi con la riqualificazione urbanistica, non oso immaginare che cosa sarà di questa città tra dieci anni».
Sostiene lo storico Isaia Sales che a Napoli l’integrazione economica e culturale sia stata resa impossibile dalla presenza di un vastissimo sottoproletariato e da un altrettanto grave e duratura questione criminale «dovuta all’accettazione delle attività illegali come parte integrante dei suoi equilibri economici».
Ma la durezza di Albanese – che come vedremo non è rassegnazione – è giustificata dall’esperienza personale. Suo padre fu assassinato davanti al portone di casa nel 2005 da due balordi che gli rubarono i tremila euro appena ritirati in banca.
«Gli spezzarono il collo. Non dico che sia la normalità . Ma non è neppure un’eccezione». Per questo ha fondato l’Onlus, si è avvicinato a don Antonio ed è diventato socio della Fondazione di Comunità San Gennaro, che con i suoi tredici soci, a cominciare dalla cooperativa La Paranza che gestisce le Catacombe, guida le celebrazioni in memoria del Principe della Risata.
Le catacombe
«Faremo tre grandi concerti, molte iniziative e molti incontri in collaborazione con le autorità , ma soprattutto riqualificheremo largo Vita, piazzetta San Severo e il palazzo di Santa Maria Antesaecula. Le piazze devono tornare ad essere dei punti di ritrovo. Verdi. Accoglienti come se fossero dei salotti, perchè come sostiene don Antonio: con le pietre sanate si sanano i cuori», dice Marco Cappella, direttore della Fondazione.
Il potere della bellezza, che il Rione sembra avere dimenticato o che, peggio, non ha mai avuto. «La speranza è un pane raro. Ma qui adesso c’è. Il cambiamento è possibile». Viene voglia di credergli. Anche perchè parte di quel cambiamento è visibile a pochi metri da lui.
Vincenzo Porzio, ha 31 anni, ed è uno dei ragazzi de La Paranza, la cooperativa che ha portato i visitatori delle catacombe da 6 mila a 80 mila l’anno. «Le vuole vedere?». Un posto favoloso. Che sembra un set teatrale.
Gallerie di tufo alte sei metri, camminamenti e cubicoli che corrono tra le tombe. La città dei morti che parla con quella dei vivi. «Abbiamo completamente rifatto l’impianto di illuminazione. Ci siamo organizzati. Ci sono voluti tempo e pazienza. Ma i risultati sono arrivati. Prima i taxisti quando vedevano un turista gli dicevano: stai lontano dalla Sanità e dalle Catacombe, adesso gli consigliano di venire. Persone che poi scoprono il quartiere, le sue pizzerie, i suoi palazzi, che aiutano la nostra economia».
Un lavoro fatto dai privati. Che oggi vorrebbero una mano dal pubblico. «Ma l’impressione è che per ogni soluzione la burocrazia crei un problema», dice Vincenzo.
«Vede, la camorra è una cooperativa fondata sulla paura. Noi siamo una cooperativa fondata sulla fiducia. E ci ribelliamo all’idea che qualcuno continui a considerarci il bidone dell’immondizia di questo Paese. L’assistenzialismo non ci interessa. La collaborazione con le istituzioni sì. Perchè qui il rischio è che il patto sociale salti definitivamente», dice Pasquale Calemme presidente della Fondazione San Gennaro. «Cultura, capitale umano e innovazione. Queste sono le nostre linee guida. La sfiducia nelle istituzioni e la povertà ti spingono verso altre strade. C’è bisogno di un grande sforzo collettivo». Svuotano l’oceano con un secchiello? Può darsi. Però lo fanno. Lungo la strada che dall’ospedale in dismissione del Rione porta fino a via Toledo, un gruppo di ragazzini decenni dà fuoco a un bidone della spazzatura. Arriva una jeep dell’esercito. Esce un militare. Dice: che fate? Quelli ridono. Il più piccolo prende un cartone e lo butta nel fuoco. Se ne frega del soldato. La fiamma si allarga. I passanti ignorano la scena, forse condizionati da una scritta sul muro che dice: fatevi i cazzi vostri.
Due turisti inglesi entrano in una pizzeria. C’è la margherita miseria e nobiltà . Trequarti ricca – funghi, salsiccia, prosciutto – un quarto solo pomodoro.
Il menù è bilingue. Segno che un po’ di turismo arriva davvero.
Cala la notte. Una gigantesca foto di Totò che ingoia una forchettata di spaghetti occupa la parete di un bar.
Ha ragione il giornalista scrittore Pietro Treccagnoli: «Alla Sanità ci si ammala. Ci si ammala di Napoli. Della sua anima aristocratica e plebea».
Le macchine contromano, i ragazzi in tre in motorino, le grida – dimmi che è un pregiudizio, dai, invece no è così davvero – l’illegalità visibile che si fa normalità , abitudine, sistema fondato su regole interne al quartiere che nessun forestiero è in grado di intendere. Mancano molte cose. Ma manca soprattutto una visione politica vera.
«Cito Papa Paolo VI. La politica è la forma più alta di carità . Noi, anche qui, adesso, siamo la politica», dice don Antonio Loffredo.
Certo, l’ultima parola non è detta. E questi partigiani del bene la loro voce la fanno sentire forte. «C’è anche il Principe della Risata al nostro fianco, no?».
Ma in questo scontro eterno tra miseria e nobiltà , tra criminalità e speranza, i cattivi danno ancora l’impressione di essere in vantaggio.
Andrea Malaguti
(da “La Stampa”)
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Gennaio 22nd, 2017 Riccardo Fucile
IL BACINO DI CAMPOTOSTO E’ COMPOSTO DA TRE DIGHE IN SEQUENZA
E ora c’è un altro incubo: le dighe.
Dopo le scosse telluriche, sommate alle gran precipitazioni, a preoccuparsi è la Commissione Grandi Rischi della Protezione civile, che si è riunita venerdì sera.
«I recenti eventi – scrivono gli esperti italiani di sismologia e vulcanologia – hanno prodotto importanti episodi di fagliazione superficiale che ripropongono il problema della sicurezza delle infrastrutture critiche quali le grandi dighe».
Ecco, le grandi dighe. Da Nord a Sud, quelle che superano i 15 metri di altezza e contengono almeno 1 milione di metri cubi d’acqua, classificate di interesse nazionale, sono 541.
Ma le dighe sono sempre state un argomento poco sexy per la politica. Eppure si sa che sono vecchie e malandate, e che andrebbero quantomeno rinforzate.
Il rimedio, finora, è stato di svuotarle per metà (quelle dei privati, tipo Enel) o addirittura per due terzi (quelle dei consorzi pubblici). E peccato se ci si rimette in elettricità idroelettrica o in riserve idriche.
Il warning di venerdì della Commissione Grandi Rischi, però, non è arrivato del tutto inatteso sul tavolo del governo.
Il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, da un anno ha messo gli uffici al lavoro, quando si è reso conto che le dighe erano una bomba a orologeria.
Ad agosto ha ricevuto un primo rapporto. Il 1° dicembre, su quella base, il governo ha stanziato 294 milioni di euro per intervenire sulle 101 dighe più a rischio.
Ora però, dopo le scosse di terremoto sommate alle cosiddette “bombe di neve”, il rischio cresce.
Il primo bacino sotto osservazione è Campotosto, dove ci sono tre dighe in sequenza: Rio Fucino, Sella Pedicate e Poggio Cancelli. I controlli tranquillizzano, ma in questi giorni la Direzione generale Dighe del ministero ha affiancato l’Enel per nuovi rilievi ed è stato chiesto di esaminare il piano di emergenza della Regione Abruzzo.
L’invaso è 10 metri sotto il livello di regolazione, il volume della metà rispetto al massimo.
«I sistemi di monitoraggio e controllo installati – si legge in documenti interni al ministero delle Infrastrutture – hanno segnalato, per il rilevato di terra della diga di Poggio Cancelli, effetti strumentali delle scosse sismiche del 24/8 e 30/10 in termini di spostamenti verticali dei terreni di fondazione dell’ordine della decina di millimetri e analoghi a quelli osservati nel corso della sequenza sismica aquilana».
Per quanto riguarda la sequenza sismica attivata il 18 gennaio con 4 eventi di magnitudo superiore a 5, con l’epicentro proprio in questa area, l’Enel ha comunicato di avere «attivato i controlli straordinari previsti dalle vigenti disposizioni, senza rilevare sulla base delle prime verifiche danni alle dighe. I controlli sono tuttavia ancora in corso e resi parziali e difficoltosi dalle condizioni di innevamento, tanto da richiedere accessi anche in elicottero».
Ma non c’è solo l’Abruzzo. Ci sono altre dighe nel Lazio e nelle Marche che preoccupano, dipendenti queste dai Consorzi di bonifica.
L’associazione nazionale Anbi da qualche mese avverte di temere «le conseguenze sotterranee dei sommovimenti tellurici, che potrebbero avere attivato frane e faglie…». Preoccupa l’impianto idrovoro di Ripasottile, a Colli sul Velino, già danneggiato dal sisma umbro del ’98 e da quello dell’Aquila.
Nelle Marche, sono le dighe di Gerosa, San Ruffino, Cingoli, Rio Canale e Mercatale ad essere costantemente monitorate. «Nessuna anomalia è stata finora registrata».
francesco grignettiLa diga di Cingoli si porta dietro anche il dramma di un viadotto con gravi deficit strutturali che è chiuso dal 30 ottobre e solo nelle prossime settimane potrà essere riaperto dopo un intervento straordinario dell’Anas.
Francesco Grignetti
(da “La Stampa”)
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Gennaio 22nd, 2017 Riccardo Fucile
INDIRIZZATA AL PREFETTO DI PESCARA IL GIORNO 18: “I CLIENTI NON POSSONO RIPARTIRE”… MA GLI SPAZZANEVE NON RIUSCIVANO AD ARRIVARE E LA TURBINA ERA A VENTI CHILOMETRI
Il 18 gennaio scorso, dopo il succedersi di scosse sismiche e di intense nevicate, l’amministratore unico dell’hotel Rigopiano, Bruno Di Tommaso, ha mandato una mail al Prefetto di Pescara, al presidente della Provincia, alla polizia provinciale e al sindaco di Farindola, segnalando che “la situazione” stava diventando “preoccupante” e chiedeva di “predisporre un intervento”.
“I clienti sono terrorizzati dalle scosse sismiche e hanno deciso di restare all’aperto”, scriveva il direttore, “non potendo ripartire a causa delle strade bloccate”.
Questo il testo completo del messaggio spedito via e-mail da Di Tommaso. “Vi comunichiamo che a causa degli ultimi eventi la situazione è diventata preoccupante. In contrada Rigopiano ci sono circa 2 metri di neve e nella nostra struttura al momento 12 camere occupate (oltre al personale). Il gasolio per alimentare il gruppo elettrogeno dovrebbe bastare fino a domani, data in cui ci auguriamo che il fornitore possa effettuare la consegna. I telefoni invece sono fuori servizio. I clienti sono terrorizzati dalle scosse sismiche e hanno deciso di restare all’aperto. Abbiamo cercato di fare il possibile per tranquillizzarli ma, non potendo ripartire a causa delle strade bloccate, sono disposti a trascorrere la notte in macchina. Con le pale e il nostro mezzo siamo riusciti a pulire il viale d’accesso, dal cancello fino alla SS42. Consapevoli delle difficoltà generali, chiediamo di predisporre un intervento al riguardo. Certi della vostra comprensione, restiamo in attesa di un cenno di riscontro”. Inoltre, alle ore 7,00 di mercoledì 18 gennaio la Provincia di Pescara era stata informata del fatto che per raggiungere l’hotel Rigopiano era necessaria una turbina. ”A Rigopiano non si va”, viene riferito da un dirigente nella Sala Operativa.
Gli spazzaneve erano al lavoro dalle 3,00 e si erano dovuti fermare ad un bivio che porta all’hotel.
A quel punto scatta la ricerca della turbina. All’una ne viene rintracciata nell’aquilano verso Rieti, ma sarebbero occorse ore per portarla nel pescarese.
Ma il mezzo che anche il presidente della Provincia Antonio Di Marco cercava disperatamente in quel giorno di terremoti e slavine, e che avrebbe potuto liberare la strada dell’hotel permettendo agli ospiti di salvarsi prima della valanga era là , vicinissimo.
A una ventina di chilometri dall’albergo. Per tutta la mattina e il pomeriggio del 18 gennaio ha viaggiato tra i comuni di Penne e Guardiagrele. Sarebbe bastato che qualcuno, dalla Prefettura, l’avesse deviato in tempo su Farindola.
(da agenzie)
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Gennaio 22nd, 2017 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO COMUNALE: “SE FACCIO UN ATTO ILLEGITTIMO, IL CULO E’ MIO”
Ieri è andato in scena il processo dei comitati cittadini al “semestre nero” di Chiara Appendino.
Come nel resto d’Italia, infatti, molti dei sostenitori della candidatura della sindaca M5S si sono accorti che i grillini hanno promesso tanto in campagna elettorale ma adesso non sono in grado di mantenere le promesse.
Una vecchia, vecchissima storia della politica italiana dove per un voto si tende a scendere a patti con chiunque, salvo poi accorgersi che i patti non possono essere mantenuti.
Andrea Giambartolomei sul Fatto Quotidiano racconta com’è andata:
“Qui non si fa un processo a nessuno — premette Emilio Soave, esponente di Pro Natura, associazione ambientalista tra le promotrici dell’evento -. Qual è la svolta complessiva? Molte decisioni sono quelle della scorsa amministrazione, per cui questo è stato un ‘semestre nero’”.
Lui addita il via libera alla costruzione di centri commerciali e supermercati, a cui il M5s e Appendino volevano dare un taglio.
Un’altra promessa finora non rispettata è la moratoria agli sfratti: “Sia mo l’ultima ruota del carro”, dice Luciano del Comitato sull’emergenza abitativa.
Ricorda agli eletti alcuni interventi promessi come il censimento dell’edilizia pubblica per trovare alloggi sfitti e il riesame dei criteri per le case popolari.
Subito il vice Montanari, ritenuto dal Pd il “signor No”per la contrarietà ai grandi progetti, ammette: “Sì, è stato un ‘semestre nero’. Ci siamo accorti che le cose erano complicate, che al bilancio mancavano quasi trenta milioni dieuro di entrate”.
Così ha spiegato le ragioni dell’approvazione di alcuni progetti. Sull’emergenza casa le parole d ell ‘assessore alle Pari opportunità Marco Giusta non soddisfano la platea, e subito interviene la consigliera Deborah Montalbano, che vive in una casa popolare nel quartiere Vallette, a cui erano stati contestati problemi di affitti non pagati.
Spiega nel dettaglio ogni progetto portato avanti contro l’emergenza abitativa, ma sa che ai suoi concittadini quelle risposte non bastano.
Una serie di problematiche già conosciute, che però adesso esplodono come contraddizioni alla prova dei risultati. E che si sostanziano nella meravigliosa risposta del presidente del Consiglio Comunale Fabio Versaci a chi gli chiedeva di essere più forti: «Se faccio un atto illegittimo, il culo è il mio».
E infatti poco dopo di lei intervengono altri comitati, come i “Figli di Miccichè” (riferimento a Torino Miccichè, militante di Lotta continua che conduceva battaglie per il diritto alla casa nel quartiere Falchera).
Intervengono anche gli “Studenti indipendenti” che chiedono più residenze universitarie pubbliche al posto di quelle private.
Duro l’intervento del comitato per l’acqua pubblica: dalla scorsa estate contestano alla giunta Appendino di non aver trasformato Smat in un’azienda di diritto pubblico e di aver cercato di riempire i buchi di bilancio coi dividendi della società .
Ancora più duri e arrabbiati, però, sono gli animalisti contrari la riapertura dello zoo al parco Michelotti: il M5s si era opposto, ma il progetto è passato perchè c’è il rischio che il Comune debba pagare una penale da 70 milioni di euro per gli accordi presi dall’amministrazione di Piero Fassino.
“I consiglieri del M5s non hanno votato per riaprire lo zoo”, ha ricordato il presidente del consiglio comunale Fabio Versaci. Lui e il capogruppo Alberto Unia concordano su molte critiche ascoltate, ma respingono gli attacchi: “Spero sia l’inizio di una serie di incontri sui singoli temi”, dice il secondo.
E a chi chiede loro di forzare di più, il presidente Versaci risponde con franchezza: “Se faccio un atto illegittimo, il culo è il mio”.
Versaci infatti, che ha evidentemente il dono della sintesi, spiega perfettamente la contraddizione insita nel metodo di governo del M5S: prima di promettere bisognerebbe sapere se si è in grado, anche legalmente, di mantenere.
Il terrore di finire nei guai per danno erariale avrebbe infatti impedito di promettere, ad esempio, di fermare la riapertura dello zoo. Ma questo non avrebbe consentito di rimediare i voti di chi la voleva.
D’altro canto non si dovrebbe mai dimenticare che Grillo disse che per aprire l’inceneritore a Parma si sarebbe dovuti passare sopra il cadavere di Pizzarotti; il sindaco, invece, ha prima promesso che lo avrebbe fermato e poi ha “scoperto” che non poteva più fare nulla per farlo.
Quando la demagogia incontra la realtà , di solito finisce a piume e catrame.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 22nd, 2017 Riccardo Fucile
LA PROCURA ACQUISIRA’ LE DISCUSSIONI TRA “I QUATTRO AMICI AL BAR”: PROVEREBBE IL CONFLITTO DI INTERESSI
Valeria Pacelli sul Fatto Quotidiano torna sulla chat dei quattro amici al bar per raccontare che una serie di messaggi in cui si discute della posizione di Renato Marra, fratello di Raffaele nominato capo del dipartimento turismo del Comune verranno trascritti e acquisiti dalla procura di Roma nell’inchiesta sulle nomine in Campidoglio.
Il Fatto racconta cosa c’è nelle chat tra Marra, Raggi, Frongia e Romeo:
Al Gruppo Telegram al quale si fa riferimento partecipano oltre a Marra e Raggi, anche l’ex capo della segreteria della sindaca, Salvatore Romeo, el’ex vicesindaco Daniele Frongia.
Per lo più i quattro parlano di politica e questioni personali, quando non usano la chat per fissare appuntamenti. E poi qualche selfie, tipo quello in tuta che la Raggi manda una sera, quando decide di restare a dormire in Campidoglio dopo aver lavorato fino a tardi. Si tratta di materiale che verrà coperto da omissis, in quanto non penalmente rilevante, nell’informativa che la polizia giudiziaria consegnerà questa settimana alla Procura
Ma l’attenzione della procura si concentra su uno scambio di messaggi che invece potrebbe essere utile per l’indagine: è quello tra Virginia Raggi e Raffaele Marra in cui i due parlano della retribuzione di Renato.
Secondo Anac, infatti, alla procedura d’incarico partecipò il fratello Raffaele, anche se fu la Raggi ad assumersi la totale responsabilità della decisione.
Ma, per l’Anticorruzione, “tale dichiarazione non è sufficiente per rimuovere il conflitto”, proprio perchè la nomina fu il frutto di “un’attività istruttoria (…) svolta dal funzionario in posizione di conflitto di interessi”:
I pm stanno valutando il ruolo di Raffaele Marra nell’iter di nomina del parente. E c’è un messaggio nella chat che ha fatto sorgere dei sospetti: quello in cui la Raggi chiede cosa dicono le norme quando un dipendente del Comune cambia fascia professionale: il caso che innesca la “curiosità ” della sindaca è quello di Renato Marra, da anni graduato della Polizia municipale, che aveva fatto domanda per diventare comandante dei vigili (fascia 5). Poi, per non creare imbarazzi vista la presenza del fratello al Personale, vi aveva rinunciato, accettando un ruolo inferiore di fascia 3 (al Turismo).
A rispondere è il fratello Raffaele, che invia alla sindaca le foto dei riferimenti normativi. Lì la Raggi si informa pure del livello retributivo. Identica la risposta di Marra: è stabilito per legge.
Secondp gli investigatori questo potrebbe essere un elemento che prova come la nomina di Renato sia stata gestita anche da Raffaele.
Al contrario di quanto affermato da Raggi nella memoria all’Anac, in cui il ruolo del dirigente era definito “di mera pedissequa esecuzione delle determinazioni da me assunte, senza alcuna partecipazione alle fasi istruttorie, di valutazione e decisionali”.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 22nd, 2017 Riccardo Fucile
“NON SARA’ MAI DALLA PARTE DELLA CLASSE MEDIA”…TRUFFE FISCALI E AMICIZIE PERICOLOSE, MENTALITA’ DA MAFIOSO….E A DESTRA CI SONO DEI CAZZARI CHE SBAVANO PER LUI E I SUOI AMICHETTI FINANZIERI E PETROLIERI
“Donald Trump sogna di essere il più grande presidente di tutti i tempi ed è così egocentrico da crederci. Peccato che non sa nulla del mondo”.
È durissimo il premio Pulitzer David Cay Johnston, 69 anni, il giornalista investigativo che meglio conosce il passato di Trump.
Lo segue dal 1988, quando si occupò dei suoi casinò: “Non sapeva nulla di gioco d’azzardo. Gli interessava solo succhiare denaro da quel business e poi mandarlo alla malora”.
Einaudi ha appena pubblicato il suo “Donald Trump”, la biografia che scava su lati oscuri e legami ambigui del tycoon.
Nel libro parla di truffe fiscali e amicizie pericolose.
Com’è possibile che con questo passato sia arrivato alla presidenza?
“Quando annunciò la sua candidatura, pochi lo presero sul serio. E gli articoli su di lui che ho scritto negli ultimi 30 anni erano considerati vecchi. Quando si è deciso di frugare davvero nel suo passato aveva già costruito la sua base pronta a perdonargli tutto”.
Che presidente sarà ?
“È cresciuto nel Queens ed ha la mentalità di un padrino mafioso. Non si fida di nessuno, non dimentica uno sgarbo. Pensiamo a come ha trattato Mitt Romney che non lo aveva sostenuto: lo ha umiliato facendogli credere di aver bisogno di lui per poi sbattergli la porta in faccia”.
La sua emotività influenzerà il modo di governare?
“La sera che ordinò di uccidere Bin Laden, Barack Obama andò a cena fuori, ci sono i video: non tradì emozioni. Meryl Streep non ha nemmeno nominato Trump nel suo discorso ai Golden Globe: e lui le ha rovesciato addosso una tonnellata di insulti”.
Quanto peserà il fattore Putin?
“I legami con gli oligarchi sono noti. E da tempo gira la storia dei ricatti. La sua consigliera Kellyanne Conway ha detto che i repubblicani si opporranno a ogni indagine del Congresso: ma se non hai niente da nascondere dovresti fugare ogni dubbio”.
Ci sono diversi miliardari nel suo governo…
“Aveva promesso di sottrarre potere a Wall Street. Invece ha trasformato Washington in un club di coccodrilli. Non sarà mai il campione della classe lavoratrice”.
Fa discutere la scelta di Jared Kushner, il marito di Ivanka, come consigliere.
“Non è il più pericoloso: anzi tiene a bada i suoi istinti. Mi preoccupano più gli altri figli, Eric e Donald Jr. . La loro presenza all’incontro con i big di Silicon Valley era un messaggio preciso: “Fate affari con noi o avrete guai con la Casa Bianca””.
Non gliene perdona una: non avrà un pregiudizio politico?
“Sono un elettore repubblicano. Ma Trump non ha morale. È pronto a dire qualsiasi cosa per i suoi scopi. I fatti non contano per lui: vive in una realtà che si costruisce su misura”.
(da “La Repubblica”)
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