Gennaio 12th, 2017 Riccardo Fucile
ARIA DI ELEZIONI E NELL’AIA TORNANO I POLLI RICICLATI IN SOVRANISTI… GUAZZABUGLIO IDEOLOGICO PER FARSI AMMETTERE ALLA CORTE XENOFOBA
Fanno finta di crederci Alemanno, Menia e Storace nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio quando annunciano la nascita di “un polo sovranista, pluralista ma unitario per dare una casa comune ai cinque milioni di voti persi negli ultimi anni».
Come fanno finta di non sapere che quei cinque milioni di elettori si sono persi (anche) grazie a loro.
Ai loro errori, supponenza, silenzi di convenienza, mancanza di lucidità politica nell’interpretare il mondo che cambia.
Non contenti della misera figura rimediata alle comunali di Roma, annunciano la fusione tra due entità astratte, La Destra di Storace ormai in disarmo e Azione Nazionale di Scopelliti e Alemanno, travolti da scandali giudiziari.
Parlano di una tappa “intermedia” per riunire tutte le forze di centrodestra, a partire dalla Lega e da Fratelli d’Italia.
Mission impossible non solo per le differenze di radicamento territoriale con la Lega, ma anche con il partito della Meloni con il quale non corre buon sangue.
Al massimo, nel presepe vivente della destra xenofoba italiana, possono rimediare la parte dei re Magi che portano i copertoni delle ruota di scorta.
A chi storce il naso di fronte all’ennesima piece teatrale, Storace risponde : “Facce nuove? Siamo più giovani di Napolitano”.
Insomma, non vi libererete di loro per i prossimi 30 anni, rassegnatevi.
La tappa fondativa è stata calendarizzata il 17-18-19 febbraio a Roma con il congresso di fusione astrale.
Il modello? Semplice: si va dall’America di Trump alla Russia di Putin.
Per essere sovranisti e attenti alle emergenze del nostro Paese, non c’è male: si potrebbero inserire anche le bandiere Usa e russa nel simbolo del partito per accentuare la “sovranità nazionale”.
Magari con una strizzata d’occhio ad Al Sisi ( uno che notoriamente rispetta i diritti umani e ha un trattamento di riguardo per i giovani italiani) e ad Hofer (che voleva annettersi l’Alto Adige), soggetti per i quali hanno parteggiato i sovranisti patacca italici.
Dimenticavamo, tra i neosovranisti associati c’è anche qualche reduce ciondolante di Futuro e Libertà che oggi parla di lievito dopo aver cambiato forno.
Ma il pane di qualità bisogna saperlo fare, meglio si dedichi insieme ai soci alla consegna dei copertoni in Padagna: di esercizi commerciali ne hanno già fatti fallire a sufficienza.
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Gennaio 12th, 2017 Riccardo Fucile
“SE MEDIASET DIVENTA FRANCESE NESSUNO SCANDALO”… MA QUANDO OGNI SERA ERA OSPITE DELLE TV DEL CAVALIERE GLI FACEVA COMODO
Salvini, nel suo delirio di onnipotenza, rinuncia a essere “sovranista” se l’azienda è di Silvio.
Pieno di livore per non essere ritenuto dal cavaliere all’altezza di guidare il sedicente centrodestra italiano, oggi ha dichiarato alla Zanzara su Radio 24: “Mediaset? Non è strategica per l’Italia. E se i francesi la comprano non sarebbe uno scandalo”.
Matteo Salvini sa bene quanto Silvio Berlusconi tenga alla sua azienda televisiva, oggi nelle mire di Vincent Bollorè, patron della francese Vivendi.
Addio italianità dell’impresa: Salvini dimentica che Mediaset opera nel campo dell’informazione televisiva e fa finta di non ricordare quante volte ogni sera è apparso sulle Tv del Cavaliere per propinarci le sue cazzate.
Oggi auspica persino che anche la Rai finisca “a francesi, inglesi, russi”.
La sovranità nazionale si difende affidando l’informazione a Putin, ecco la via italiana dei nuovi pataccari sovranisti.
Comunisti padani si nasce, intelligenti non si diventa.
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Gennaio 12th, 2017 Riccardo Fucile
TUTTI I BUCHI NEL RAPPORTO DEL MINISTERO DI DELRIO… CITTADINI PER L’ARIA: “IL GOVERNO HA VOLUTO COPRIRE LE CASE AUTOMOBILISTICHE”
Procedure di test diverse a seconda che l’auto messa alla prova sia del gruppo Fiat Chrysler o meno.
Misure eseguite su alcune vetture mentre su altre no.
Risultati non riportati per le Fiat Chrysler, senza che venga spiegato il perchè.
Il rapporto che il ministero dei Trasporti ha realizzato dopo lo scoppio del dieselgate per analizzare le emissioni reali dei diesel venduti in Italia farebbe storcere il naso a qualsiasi studente di ingegneria del primo anno.
E così anche su questo documento dovrà fornire chiarimenti il viceministro dei Trasporti Riccardo Nencini, che giovedì 12 gennaio è in audizione davanti alla Emission Measurements in the Automotive Sector (Emis), la commissione d’inchiesta del Parlamento europeo nata dopo lo scandalo sui motori truccati da Volkswagen per portare avanti un’indagine sulle vetture in circolazione nel nostro continente.
Il report, datato 27 luglio 2016 e mai reso pubblico sui canali ufficiali del ministero, contiene nelle sue 46 pagine lacune tali da fare nascere un sospetto: “E’ chiaro che il governo ha voluto coprire le case automobilistiche, e in particolare Fiat Chrysler”, sostiene Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria, un’associazione che fa parte della rete europea di ong ambientaliste per i trasporti sostenibili Transport & Environment.
Dai mille controlli promessi dal ministro ai test solo su 14 modelli
Nel settembre del 2015 il dieselgate travolge la Volkswagen: le autorità americane scoprono che la casa tedesca ha utilizzato un dispositivo che aggira i test sulle emissioni (defeat device, dispositivo di manipolazione), attivando i sistemi anti inquinamento solo nel corso delle prove su rulli.
La questione non è da poco: “Considerando solo l’Italia — sostiene Gerometta di Cittadini per l’aria — ogni anno muoiono prematuramente 23mila persone a causa dell’esposizione al biossido di azoto (NO2), un gas fortemente nocivo per la salute umana e riconducibile prevalentemente alle emissioni dei veicoli diesel”.
Da tempo le istituzioni internazionali sanno che in condizioni reali di guida le emissioni dei veicoli, comprese quelle degli ossidi di azoto (NOx), sono maggiori di quelle rilevate in fase di test. Un problema che in Europa dipende da un regolamento sulle omologazioni che non viene più aggiornato dal 2007.
La novità che salta fuori con il dieselgate è che uno dei costruttori, Volkswagen appunto, ha addirittura truccato i test.
Appena scoppiato lo scandalo, il nostro ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, promette in Italia “controlli a campione su almeno mille macchine diesel di tutti i marchi”.
Ma a fronte dell’annuncio del settembre 2015, il mese successivo il ministero incarica l’Istituto Motori del Cnr di mettere a punto una metodologia di verifica del comportamento emissivo che, prima della stesura del report, verrà applicata solo a 14 modelli di auto: una Bmw, una Opel, una Volkswagen, due Ford, due Mercedes e sette vetture del gruppo Fca, queste ultime omologate dallo stesso ministero.
E qui cade la prima obiezione: anzichè i controlli a campione sul parco circolante, le auto testate sono nuove e messe a disposizione dalle stesse case automobilistiche. “E quindi — fa notare Gerometta — non possono dare alcuna garanzia di rappresentatività dei veicoli dello stesso modello realmente in circolazione”.
Test solo sulle euro 5. Salvate le euro 6
C’è poi un altro punto. A differenza di quanto fatto in Francia, Germania e Gran Bretagna, il nostro ministero ha deciso di testare solo alcuni diesel euro 5 e non gli euro 6, ovvero quelli attualmente in vendita.
Una decisione che non può che destare qualche sospetto, visto che secondo uno studio realizzato da Transport & Environment, che ha analizzato i risultati delle indagini sull’inquinamento reale dei veicoli condotte dai governi di Francia, Germania e Regno Unito, le peggiori euro 6 per emissioni sono le auto Fiat e le Suzuki, a cui Fiat fornisce i motori: “Inquinano in media 15 volte di più dei limiti legali per gli NOx”, rileva lo studio.
Emissioni reali maggiori che nei test di omologazione. La pecora nera? Fca
Fuori tutte le euro 6, nel rapporto del ministero restano dentro, come detto, solo 14 modelli di euro 5.
E i risultati dei test, in particolare per le vetture Fca, sono tutt’altro che esaltanti.
Come già emerso nelle prove condotte negli altri Paesi, le soglie limite di emissioni vengono rispettate da tutti i marchi nelle condizioni di prova valide per ottenere l’omologazione europea (ciclo di test Nedc), mentre nelle prove, sia in laboratorio che su strada, che simulano i comportamenti delle auto in condizioni normali di guida, gli sforamenti sono generalizzati.
Con le Fca a fare peggio delle altre: nei test eseguiti a motore caldo, e cioè in condizioni più simili al reale comportamento delle auto, le emissioni di NOx arrivano a essere 3,4 volte superiori rispetto alla condizione di motore a freddo per la Fiat 500 L, 3,8 maggiori per l’Alfa Romeo Giulietta 1.6 e 4,1 volte in più per il Cherokee 2.0.
Defeat device? Il ministro nega, ma i dubbi restano. Anche alla responsabile dell’Istituto motori del Cn
“Le divergenze in caso di test a freddo e test a caldo — sostiene Gerometta — rappresentano un forte indizio dell’uso di defeat devices”. Una possibilità che il ministro Delrio, anticipando lo scorso giugno i risultati del report, ha escluso: “Non ci sono defeat devices illegali nei modelli diesel di altre case, a parte su quelli Volkswagen già identificati”.
Una posizione su cui, però, nemmeno lo stesso report del ministero è così chiaro: sebbene nell’introduzione si legga che tra gli scopi del test c’è quello di individuare “la eventuale presenza di dispositivi di manipolazione delle emissioni (defeat device) vietati dalla vigente normativa”, nelle conclusioni una risposta negativa in tal senso non viene scritta a chiare lettere, ma solo suggerita. Infatti, dei veicoli che con partenza a caldo rilasciano emissioni molto maggiori che a freddo viene scritto: “Probabilmente in condizioni di partenza a freddo (previste dall’attuale ciclo di omologazione Nedc) viene utilizzata una differente calibrazione motore”.
Il dubbio ammette di non esserselo tolta nemmeno Vittoria Maria Prati, responsabile delle attività sulle emissioni dei veicoli dell’Istituto Motori del Cnr, che nel corso di una conversazione telefonica con ilfattoquotidiano.it ammette: “Se questo comportamento dipende da un defeat device o da una strategia del costruttore per preservare il motore, io questo non glielo so dire”.
I test sulle Fca? Nello stabilimento del gruppo
Se il report del ministero lascia dubbi nelle sue conclusioni, altri ne sorgono per quelle lacune che nemmeno uno studente di ingegneria del primo anno si farebbe andare giù.
Le auto — si legge nel documento — sono state testate in presenza di tecnici del ministero e di responsabili delle case costruttrici.
Ma dove sono stati svolti i test? Per tutte le auto non Fca si sono utilizzate sedi neutre, e cioè una sala prove del Cnr e una pista dell’esercito a Montelibretti (Roma), mentre per le Fca i test sono stati eseguiti nelle strutture della stessa Fca.
A casa del controllato dunque, e a differenza di tutti gli altri marchi senza la partecipazione dei ricercatori del Cnr.
La scomparsa dei dati sulle Fiat Chrysler
Al di là della diversa sede dei test, le prove procedono in parallelo su tutte le 14 auto fino a pagina 12 del report.
Dopo di che i risultati della prova che simula sul banco a rulli il comportamento reale delle vetture (ciclo Urban) non vengono riportati per le Fca.
E senza che nel documento venga spiegato il perchè. I dati sulle Fca iniziano così a scomparire da grafici e tabelle.
E per tre modelli, la Lancia Y 1.3, l’Alfa Romeo Giulietta 1.6 e il Cherokee 2.0 (questi due sono proprio i modelli che hanno mostrato gli aumenti maggiori di emissioni nei test a caldo), non fanno più ritorno per tutto il documento, visto che a differenza degli altri non vengono provati in pista.
Per nessun veicolo Fca, inoltre, vengono riportati i grafici che mettono in relazione il funzionamento dei filtri anti inquinamento con la temperatura aspirata dal motore.
Tutti grafici che invece per le vetture degli altri costruttori sono presenti. E, per finire, nel report non si entra mai nel merito delle accuse provenienti dalla Germania sull’utilizzo di defeat devices da parte di Fca, dopo che in alcuni modelli è stata riscontrata la disattivazione (“modulazione”, sostiene la Fiat) del sistema di controllo delle emissioni dopo 22 minuti, due minuti in più della durata del test di omologazione.
“Chi ha firmato il rapporto presentato in commissione Emis — commenta Gerometta — dovrebbe rispondere dell’approssimazione, della mancanza di rigore scientifico e coerenza rispetto all’obiettivo dell’indagine e del danno all’immagine dell’Italia in sede europea”.
Contattata da ilfattoquotidiano.it, Fca non ha voluto rilasciare commenti sul report del ministero, ma ribadisce “di avere sempre rispettato le normative dell’Unione europea e che i veicoli Fca non sono dotati di dispositivi di manipolazione che rilevino quando il veicolo viene sottoposto a un test al banco in laboratorio o che rendano operativi i controlli delle emissioni durante i test in laboratorio. In altri termini, sebbene i livelli di emissioni varino in funzione delle condizioni di guida, i sistemi di controllo delle emissioni dei veicoli Fca funzionano nello stesso modo a parità di condizioni, sia che il veicolo si trovi in laboratorio sia che si trovi in strada”
Luigi Franco
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 12th, 2017 Riccardo Fucile
GUERRA TRA ATTIVISTI ED ELETTI SULL’IMPIANTO SPORTIVO
Una proposta di delibera sullo stadio della Roma che annullerebbe quella approvata sotto la giunta Marino con la quale veniva sancito il “pubblico interesse” dell’opera, è stata consegnata dagli attivisti M5S all’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini e poi pubblicata su Facebook da Francesco Sanvitto, coordinatore del tavolo Urbanistica del M5S di Roma, con un post su Facebook al quale ha allegato il documento.
Nella delibera vengono individuati sette aspetti di illegittimità del documento approvato dall’amministrazione Marino e l’iniziativa è in aperto contrasto con quanto sta attualmente facendo la giunta Raggi, che proprio ieri si è riunita con gli esponenti della società giallorossa in Campidoglio per lavorare al progetto prevedendo modifiche e riduzioni di cubature.
La decisione di togliere il pubblico interesse al progetto invece è un atto di guerra nei confronti del progetto, ma anche l’unico vero modo per bloccarlo.
Ma soprattutto, a farlo dovrebbe essere l’Assemblea Capitolina con un voto, del quale dovrebbero poi assumersi anche le eventuali responsabilità in tribunale qualora la Roma e il costruttore Parnasi volessero rivalersi nei confronti dei consiglieri. L’iniziativa del coordinatore del tavolo urbanistica del M5S Roma quindi rappresenta un modo per forzare la mano e far saltare la trattativa tra l’amministrazione comunale e il committente.
L’iter infatti non è giuridicamente concluso e non lo sarà finchè il progetto non avrà il via libera della Conferenza dei servizi in Regione.
Fino a quel momento il Comune ha tempo per approvare una delibera per modificare o ritirare il “pubblico interesse” concesso il 22 dicembre 2014 con la votazione nell’aula Giulio Cesare.
Bisognerebbe però per l’appunto votare in Consiglio, e soprattutto la motivazione deve essere inattaccabile perchè altrimenti i grillini rischierebbero di esporre il Campidoglio a una causa miliardaria di risarcimento danni.
Proprio di questo parlò il direttore generale dell’A.S. Roma Mauro Baldissoni nella metà del giugno scorso: «l’iter autorizzativo politico è esaurito, come lo sarebbe il candidato che volesse riaprirlo perchè correrebbe il rischio di esporre il Comune ad azioni risarcitorie», sostenne Baldissoni, salvo ammorbidire i toni il giorno successivo: “Non intendevo dire, come non ho detto, che è Virginia Raggi ad essere esaurita, nè minacciare cause, ma appunto ribadire che siamo giunti ad una fase autorizzatoria amministrativa e non più politica e spiegare le conseguenze tecniche e giuridiche di un eventuale annullamento del progetto.
Ed è proprio per questa ragione, come già evidenziato nell’incontro, che non abbiamo ritenuto di dover incontrare i candidati alla poltrona di sindaco, ma che saremo felici di spiegare il progetto a chiunque di loro verrà eletto, certi che abbraccerà un’iniziativa così qualificata e importante per l’intera città ”.
Cosa sta succedendo, quindi?
Sta succedendo che la “base” del MoVimento 5 Stelle sta provando a forzare la mano della sindaca e dei consiglieri per mandare all’aria il progetto.
E infatti basta dare un’occhiata agli status precedenti di Sanvitto per rendersi conto che è già partita un’interessante caccia alle streghe nei confronti dei consiglieri, già accusati di aver “perso il rispetto della legalità ” e di portare avanti “interessi” incomprensibili (anche se alla fine vengono salutati fraternamente, probabilmente come Caino avrebbe salutato Abele).
In ogni caso l’iniziativa politica dei tavoli urbanistica del M5S Roma ha un pregio ben preciso: riuscirà forse a far concludere il balletto di responsabilità di questi mesi che ha avuto protagonista indiscusso, mediaticamente parlando, l’assessore Berdini: il quale per mesi ha ripetuto che il progetto della Roma era “sbagliato” senza mai però mettere in atto iniziative concrete per muoversi nella direzione dell’annullamento del pubblico interesse: da una parte voce grossa sui giornali, dall’altra trattative con la controparte in Campidoglio.
Trattative che prevedono un staglio alle cubature attorno al 20%.
Le modifiche al progetto, di cui si discute in queste ore, dovranno essere contenute in una delibera che dovrà recare anche la dichiarazione di conformità al pubblico interesse già votata dalla precedente amministrazione.
Anche perchè la Conferenza dei servizi dovrà chiudersi entro il 6 marzo, ed è permessa una sola sospensione, per un massimo di 30 giorni.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 12th, 2017 Riccardo Fucile
ARROGANZA E IGNORANZA SCAMBIATA PER VIRTU’ MORALE DI UN PRESIDENTE CHE NON SA NEANCHE ARTICOLARE UN DISCORSO
Assistevo ieri impietrita e affascinata alla prima conferenza stampa di Donald Trump dopo la sua elezione.
Lo spettacolo, tra il patetico e l’improvvisato, con una scenografia da teatro d’avanguardia in cui appaiono in primo piano plichi anonimi, tutti uguali, buttati qua e là a segnalare il lavoro del gabinetto presidenziale degli ultimi mesi, chiama a rapporto tutte le scienze ermeneutiche e le arti dell’interpretazione per capire che tipo di fenomeno abbiamo davanti.
Incoraggio dunque sociologi, politologi, esperti di media, filosofi, psicanalisti, studiosi di retorica, spin doctor e altri intellettuali di vario genere a concentrarsi sulla questione.
Purtroppo non aiuta la recente scomparsa di Umberto Eco, il quale avrebbe probabilmente stilato un ritratto puntuale di questa nuova creatura ibrida, frutto di un matrimonio perverso tra media e politica, che si appresta a governare la più grande potenza mondiale per i prossimi quattro anni.
Trump non sa parlare. Non sa articolare un discorso, ripete frasi senza senso infarcite di “Great, Beautiful, Awesome”, cosa che non mette in inferiorità il pubblico.
La padronanza linguistica, dai tempi dei sofisti è considerata uno degli ingredienti fondamentali del carisma politico.
Eppure è un’arma a doppio taglio: in un mondo di ignoranti abituati al linguaggio delle pubblicità viste alla televisione, o agli smiley scambiati sui social network, il linguaggio “alto” di Obama o di qualsiasi politico competente intimidisce: sembra una diavoleria da azzeccagarbugli che riesce a giustificare qualsiasi cosa.
E invece Trump parla come un americano medio rincretinito davanti alla tivù o a YouTube: frasi brevi, messaggio ripetuto fino alla nausea, esempi personali: I have a friend, he is great, really the greatest person in the world, uso spropositato di superlativi, tanto da arrivare a mettersi al primo posto in una classifica divina dichiarando che LUI sarà il più grande creatore di posti di lavoro che DIO abbia messo sulla Terra.
Il discorso è confuso, arrogante, a-politico. Si parla di amici suoi, degli affari suoi, di potenziali scandali suoi.
Parla di un’offerta di un tale, suo caro amico a Dubai, di due miliardi di dollari per investire laggiù, che lui avrebbe rifiutato. Ma chi se ne frega? Perchè dovrebbe interessare il pubblico? Beh, perchè Trump vuole far vedere di essere uno di noi, con qualche miliardo in più, dunque niente langue de bois e ipocrisia politica, ma aneddoti non pertinenti, fatti, agitazione di mani quando cerca di spiegare la taglia di un microfono spia dentro alle camere d’hotel…
Chiama per nome i suoi amici, per rendere chiaro che non sta lavorando sui ruoli che le istituzioni democratiche gli mettono a disposizione per servire la nazione, ma su persone specifiche, amici suoi, figli suoi, generi suoi, su una tribù insomma che grazie a relazioni di fiducia completamente indipendenti da un sistema di accountability, gli staranno dietro per fedeltà al branco.
Poi, quando pressato dalle domande deve giustificare i suoi rapporti con la Russia, gli allegati di un dossier dei servizi segreti sui suoi interessi in Russia e la questione degli hacker e del loro ruolo nella campagna democratica, Trump comincia ad attaccare, insulta i giornalisti, si contraddice su Putin: dice che un Putin amico è un asset per gli Stati Uniti e ammette che i Russi sono dietro ai cyber attacchi che hanno destabilizzato la campagna.
In un’inversione che richiede a questo punto più psicanalisi che semiotica, Trump paragona gli Usa alla Germania nazista (questo in un tweet del giorno prima), senza rendersi conto che è proprio la sua presidenza che evoca quel paragone.
Poi si inalbera contro le fake news, anche qui attaccando con le armi con cui è stato attaccato durante tutta la sua campagna, basata su bullshitting permanente, sulle teorie del complotto più assurde, come quella per esempio che Obama non fosse americano…
Infine, sugli hacker russi, Trump usa la retorica tipica dei cospirazionisti e dei mercanti del dubbio e inizia a istillarlo: potrebbero essere i russi, ma chissà ? Potrebbero essere anche i cinesi, o chiunque altro.
E poi subito giù una dose di paranoia collettiva: “Tutti ci spiano, siamo circondati da spie e da nemici…” perfetta tecnica per distrarre il pubblico dalla domanda centrale, ossia il ruolo della Russia nei cyber-attacchi durante la campagna.
Ma il linguaggio cospirazionista e apocalittico ce l’aveva anche prima di essere eletto. Ciò che mostra questa conferenza stampa è che Trump non ha sicuramente usato questi mesi (da novembre a gennaio) per imparare cosa deve fare e dire il presidente di un paese democratico. Trump è sempre Trump.
Il suo nuovo ruolo non gli dà una nuova faccia, a parte un arancione meno forte sui capelli.
E purtroppo è proprio per questo che Trump ha vinto: perchè non si vergogna di essere chi è, e questa arroganza mista ad ignoranza è scambiata dal pubblico per una virtù morale di onestà . Misteri della comunicazione.
Da studiare a fondo nei prossimi quattro anni.
Gloria Origgi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 12th, 2017 Riccardo Fucile
AGGREDIRONO SEDICENNE: A ROMA IN PIAZZA CAVOUR “PER GIOCO”, IDENTIFICATI GRAZIE A UN VIDEO
Un video shock, scene di violenza urbana, immortalato dalle telecamere della Corte Suprema di Cassazione, mostra i volti di chi, senza un motivo, ha pestato un ragazzino di 16 anni finito in ospedale.
Per “gioco”, “per divertimento”, senza un reale motivo. Sono appartenenti al “Fronte della Gioventù” e in particolare alla sezione del movimento che si trova in via Ottaviano.
E’ di sette persone arrestate, tra cui tre minori, il bilancio dell’operazione dei carabinieri della compagnia San Pietro nei confronti di 4 maggiorenni e di 3 minorenni, ritenuti responsabili di tentato omicidio aggravato in concorso, ai danni di un 16enne, avvenuto la notte del 14 ottobre 2016 in piazza Cavour.
In poco meno di tre mesi, gli investigatori hanno ricostruito i fatti accaduti, riuscendo ad accertare che i 7 avevano compiuto “atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte del minore, colpendolo ripetutamente al capo e al volto con calci, pugni, colpi di casco, di cintura e di catena, nonche’ facendolo piu’ volte bersaglio della loro ira e colpendolo con due fendenti con un’arma da taglio”.
Luogi di ritrovo per adolescenti della Roma bene, la piazza di fronte alla Corte Suprema di Cassazione negli ultimi mesi, era spesso stata teatro di aggressioni immotivate e raid che, sostenevano i giovani che lì trascorrono il fine settimana, era una sorta di “vendetta” per motivazioni politiche. E così infatti hanno accertato i militari.
A seguito dell’aggressione la vittima era stata ricoverata all’ospedale Santo Spirito per la gravità delle ferite riportate.
A terra, davanti alla fontana in cui avvenne il pestaggio, cocci e colli di bottiglie. Le aggravanti contestate ai 7 sono quelle dell’aver agito per futili motivi, nonchè di aver commesso il reato in più di cinque persone.
I quattro maggiorenni – tre diciottenni e un ventunenne residenti nelle zone centrali della Capitale – sono stati sottoposti agli arresti domiciliari, mentre i tre minorenni sono stati collocati in tre distinte comunità .
L’appartenenza del gruppo al Fronte della Gioventù è avvenuta grazie al lavoro sinergico tra carabinieri e agenti della Digos.
“E’ iniziata così una collaborazione nelle indagini tra carabinieri e polizia coordinati dalla procura di Roma, che ha portato alla completa identificazione dei responsabili dell’aggressione del 16enne”, dicono gli inquirenti.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2017 Riccardo Fucile
DA INCISA A RIGNANO: 10 KM A PIEDI … IL PADRE DELLA RAGAZZA RINGRAZIA IL GIOVANE SU FB
«Ci troviamo alla stazione di Rignano alle 14». Una promessa ad una sconosciuta e Tom, nigeriano di 30 anni, percorre 10 chilometri a piedi per restituire un cellulare dimenticato da una studentessa sul treno.
La temperatura è sotto zero e da Incisa a Rignano sull’Arno il tratto non è breve se non si ha un mezzo a disposizione ma si può contare solo sulle proprie gambe e su una volontà di ferro.
Una storia incredibile quella raccontata su Facebook dal padre della 18enne che, pubblicamente e senza nascondere la commozione, ha voluto esaltare l’eccezionale impresa del giovane migrante.
«Grazie Tom — si legge nel post — grazie al ragazzo nigeriano, solo e senza lavoro, dall’italiano incerto quanto il suo futuro (e glielo auguro comunque glorioso), cha ha trovato in treno il cellulare di mia figlia e, pur di riportarglielo, s’è fatto Incisa-Rignano a piedi, non avendo altri mezzi. “lo dovevo fare” come se fosse l’unico scopo di tutta la sua vita..»
Noemi, 18 anni di Pian di Scò, lunedì dopo la scuola è andata a casa di una sua amica che vive a Rignano.
Le ragazze hanno percorso il viaggio in treno e fra una chiacchiera e l’altra sono scese alla stazione: Noemi ha dimenticato il cellulare sul sedile della carrozza. Quando si è accorta di averlo perso, la ragazza ha provato subito a chiamare il suo numero e, dopo alcuni tentativi qualcuno, dall’altra parte, ha risposto.
Qualche esitazione sull’italiano ma non sul proposito. «Ci troviamo alla stazione di Rignano alle 14. Ti riporto il cellulare».
Giusto il tempo di pronunciare quella frase e il telefono si è scaricato. La giovane non sapeva chi fosse quel signore e non ha avuto altra scelta che aspettarlo alla ferrovia all’ora stabilita.
È stata raggiunta anche dalla madre e insieme hanno atteso lo sconosciuto gentiluomo. Alle 14 però nessuno si è presentato. Dopo oltre un’ora, proprio quando le due stavano perdendo ogni speranza, hanno visto arrivare un giovane nigeriano. A piedi. In mano aveva un iPhone.
Madre e figlia non potevano crederci. L’uomo aveva percorso l’intero tragitto a piedi per restituire il cellulare. Ha solo detto che il telefono non era suo e che aveva il dovere di riportarlo.
Non ha voluto niente in cambio, neanche un caffè.
Tom ha raccontato di essere in Italia da qualche anno, di non avere nè famiglia nè lavoro. «Sono sinceramente grato del gesto di un altro straordinario quanto normale essere umano — ha concluso il padre — il fatto che sia un migrante è per me secondario. Più che per aver ritrovato il telefono sono contento perchè, nonostante tutto, penso che ancora si possa aver fiducia nell’umanità ».
Chiara Calcagno
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 12th, 2017 Riccardo Fucile
SOFTWARE TAROCCATO SU 100.000 AUTO… CROLLA IL TITOLO IN BORSA
Le Authority statunitensi sarebbero pronte ad accusare la casa automobilistica Fiat Chrysler per aver falsato i dati sulle emissioni.
Dopo il Dieselgate che aveva travolto Volkswagen ma di fatto risparmiato l’ex casa torinese, ora gli strali dei controllori Usa si abbattono sul gruppo guidato da Sergio Marchionne.
A farne le spese sono i titoli in Borsa che alla notizia crollano dell’11,8% a Wall Street e vengono congelati a Milano, dove poi precipitano.
L’Agenzia per la Protezione ambientale americana si appresta dunque ad accusare Fca di aver usato un software per consentire emissioni diesel sopra i limiti, senza che fossero rintracciate dai test.
La notizia è stata lanciata dall’agenzia di stampa Associated Press citando alcune fonti, secondo le quali il software ha consentito di violare le norme sull’inquinamento. Fiat Chrysler automobiles avrebbe montato sui motori diesel di circa 100.000 veicoli un software che ha consentito emissioni superiori a quanto consentito dalla legge.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2017 Riccardo Fucile
“SONO CASAVOLPE E BEPPEGATTO I RESPONSABILI”… ALTRI 5 EURODEPUTATI STAREBBERO PER LASCIARE
“Ma l’associazione Rousseau è la ‘segreteria’ del partito 5 stelle o il centro dei cerchi e cerchietti magici del Movimento? E pensa se non stessero lavorando al DDM (Direct democracy movement)… Beppe aiutaci tu!”.
La senatrice del M5S Elisa Bulgarelli, dopo la disfatta del fallito accordo tra i grillini e liberaldemocratici di Alde (che ha provocato due defezioni anche in Europa), si sfoga ancora su Facebook, attaccando la piattaforma software ideata dalla Casaleggio e Associati che conserva nomi e password degli iscritti al Movimento
Parole critiche che accendono il dibatitto sui social.
Un follower commenta: “Io più che cerchi magici vedo molti personalismi non incanalati”.
Mentre un altro, facendo riferimento a quanto accaduto nel Parlamento europeo – il voto sul blog, l’accordo saltato con l’Alde, il ritorno con Farage e ieri l’addio di due eurodeputati M5S – osserva: “La vicenda europea lo ha chiarito una volta per tutte! E adesso che si fa? Si fa finta di niente? Si parla e si viene additati da dissidenti (se va bene)?”.
Ma se la senatrice Bulgarelli invoca l’intervento risolutore di Beppe Grillo, tra gli attivisti e gli iscritti 5 Stelle non tutti sono d’accordo.
E c’è chi scrive: “Condivido il tuo post critico ma mi sa tanto che il problema risiede proprio in colui a cui chiedi aiuto (e mi pare che gli elementi per sostenerlo non manchino)” e chi ironico scrive: “Sono Casavolpe e Beppegatto i responsabili”.
Intanto Ernesto Affronte, l’europarlamentare fuoriuscito dal gruppo M5S assieme al collega Marco Zanni, risponde agli attacchi a tappeto ricevuti sui social: “Hanno tirato fuori l’artiglieria pesante – afferma – ma me l’aspettavo, l’avevo messa nel conto. Il movimento ha una base fideistica con dinamiche quasi da setta per cui, ovviamente, c’è stata una reazione molto forte”.
E chiarisce: “Ho scelto di lasciare il gruppo per quel che è successo negli ultimi giorni e per un disagio accumulato da un anno: i princìpi del M5S in cui sono entrato ce li stiamo lasciando alle spalle un pezzetto alla volta”.
E accusa il Movimento di essere gestito da “incapaci”, tanto da avere paura all’idea che i suoi figli possano vivere in un paese governato dai Cinquestelle.
Alcune indiscrezioni parlano di altri cinque eurodeputati M5S pronti all’addio.
(da “La Repubblica”)
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