Giugno 21st, 2017 Riccardo Fucile
MA IL SINDACO DI GENOVA LO STOPPA: “NON SI USA NERVI PER FINI ELETTORALI”
Il sindaco uscente di Genova, Marco Doria, ferma il tappeto rosso del presidente della Regione Giovanni Toti.
Le polemiche, insomma, si spostano verso Ponente, dopo le rivelazioni del Movimento 5 Stelle per quanto avvenuto tra Rapallo e Portofino, dove si è scoperto che, al contrario di quanto dichiarato da Toti, non erano gli sponsor ad aver coperto la spesa del tappeto, ma la consociata della Regione Liguria digitale, diretta da Marco Bucci, candidato proprio alla successione di Doria. Di qui altre polemiche sulla commistione tra amministrazione e propaganda politica.
«Il Presidente della Regione Liguria – scrive Doria – ha rivolto al Comune una richiesta per l’installazione provvisoria di un tappeto rosso su un tratto della passeggiata a mare di Nervi. La motivazione dichiarata è che domani si svolgerà sul posto una conferenza stampa della giunta regionale. Il tappeto servirebbe dunque a dare risalto di immagine all’incontro con i giornalisti. La richiesta, come è noto, fa seguito ad una polemica politica a proposito di una precedente iniziativa.
Rilevo, innanzi tutto, che in questo delicato periodo le istituzioni dovrebbero, per legge, astenersi da iniziative che possano assumere un significato elettorale.
A questa regola il Comune e il Sindaco in prima persona si sono attenuti. Sarebbe contraddittorio se con il proprio assenso avallassero eventi promossi da altre istituzioni che contrastano tale principio.
E’ inoltre evidente che l’esposizione di un tappeto sulla meravigliosa passeggiata, in funzione di una conferenza stampa, non servirebbe a valorizzare questa inestimabile risorsa della Città , peraltro tutelata come bene paesistico.
Ben vengano contributi da parte della Regione per la passeggiata, i parchi, i musei, il commercio e il turismo del Levante cittadino purchè siano reali e concreti e non disperdano risorse pubbliche.
Le scelte devono essere assunte in un quadro di condivisione tra Comune e Regione che questa richiesta, come già in altre occasioni, sembra volutamente ignorare.
Il Presidente Toti, che in questo periodo è molto attento alle cose comunali, certamente ricorderà che l’Amministrazione comunale e il Municipio Levante hanno effettuato interventi di manutenzione sulla passeggiata per 830 mila euro e nei parchi di Nervi per 2,5 milioni, oltre ai costosi interventi (500mila euro) che sono stati realizzati a seguito dell’evento atmosferico dell’ottobre scorso.
I lavori di conservazione della passeggiata hanno coinvolto anche il volontariato, con la partecipazione di richiedenti asilo.
Al contempo, la promozione turistica che il Comune ha sviluppato in questi anni raggiungendo il record di due milioni di visitatori in grande parte stranieri, ha interessato naturalmente anche il patrimonio paesistico e museale del Levante cittadino. Ed è finalmente partito il cantiere per dare nuova vita all’edificio della Marinella».
(da “il Secolo XIX”)
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Giugno 21st, 2017 Riccardo Fucile
LA PROFEZIA DELLA TAVERNA SULLA RAGGI RISCHIA DI AVVERARSI: “QUELLA LI’ CI DISTRUGGE A LIVELLO NAZIONALE”
Sarà il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio e falso, dato ormai per scontato dopo la conclusione delle indagini, a liberare Virginia Raggi dalla croce di sindaca della Capitale?
Per un caso del destino l’annuncio della magistratura è caduto a un anno esatto dalla clamorosa vittoria stellata e dall’inizio del calvario della sindaca.
In sintesi: sei assessori sostituiti (quello del bilancio tre volte) più il vicesindaco, più il capo di gabinetto, più il ragioniere generale (questi ultimi non rimpiazzati), più il capo di gabinetto, finito in carcere per la stessa storia che porterà la Raggi davanti al tribunale.
Questione di giorni, forse di ore, e Grillo e Casaleggio junior dovranno decidere se modificare nuovamente il codice dei 5 Stelle, che prevedeva che un inquisito dovesse dimettersi già solo di fronte a un avviso di garanzia, ed è stato cambiato per consentire alla Raggi di restare in carica.
Ma cosa possono fare i due capi M5S, spostare ancora in avanti il limite della sopravvivenza? E fin dove?
Fino alla sentenza di primo grado, o una volta che ci sono alla Cassazione?
Per un movimento che ha fatto del giustizialismo e dello slogan «Onestà !» il suo motivo di esistere, è difficile riscoprire il garantismo a favore dei propri esponenti.
Ci sono anche ragioni politiche che potrebbero consigliare di far fare un passo indietro alla prima cittadina: il fallimento di Roma e il precipizio in cui è scivolata anche a Torino l’esperienza della Appendino, insieme alla moltiplicazione delle risse e degli appetiti locali, hanno fatto sì che a un anno dall’incredibile vittoria dell’anno scorso, i 5 Stelle al primo turno delle amministrative dell’11 giugno siano andati male, calando in percentuale e restando esclusi dal secondo turno quasi dappertutto.
I guai delle due sindache rischiano di trasformarsi in una campagna elettorale al contrario, fatta di autogol, di qui alle regionali siciliane considerate occasione di rivincita, e alle prossime elezioni politiche.
La terribile profezia di Paola Taverna, nemica giurata della Raggi («Quella lì ci distrugge a livello nazionale!») rischia di avverarsi: in un recente sondaggio la sindaca eletta con quasi il settanta per cento dei voti ha avuto esattamente la stessa percentuale di cittadini contrari.
Anche se poi, a onor del vero, non c’è all’interno della stessa larga fetta maggioritaria di opinione pubblica chi si auguri un ritorno in Campidoglio del centrosinistra e del centrodestra che Raggi ha spodestato.
E che nel frattempo non hanno fatto nulla, o quasi nulla, per rinnovarsi.
(da “La Stampa”)
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Giugno 21st, 2017 Riccardo Fucile
LA SINDACA POTREBBE FAR ARCHIVIARE L’ABUSO D’UFFICIO SUL CASO ROMEO, CERCANDO DI PASSARE PER INCAPACE INVECE CHE PER COLPEVOLE… MA RESTEREBBE L’ACCUSA DI FALSO PER MARRA, CON PROCESSO PROPRIO DURANTE LE ELEZIONI POLITICHE
La chiusura delle indagini nei confronti di Virginia Raggi è arrivata, come era normale, dopo sei mesi.
Da oggi la sindaca ha venti giorni di tempo per farsi interrogare (un’altra volta dopo quella di febbraio) o presentare una memoria difensiva.
Probabilmente dopo la pausa estiva arriverà la richiesta di rinvio a giudizio sulla quale il giudice deciderà entro la fine dell’anno.
A quel punto però sarà già partito il conto alla rovescia per le elezioni politiche che si dovranno svolgere nei primi mesi dell’anno.
Insomma, è chiaro che la bomba del processo a Virginia Raggi potrebbe essere uno degli argomenti più pepati della campagna elettorale, insieme alle condizioni disastrate di Roma che l’amministrazione a 5 Stelle non è riuscita a cambiare e ai fatti di piazza San Carlo a Torino.
Qualche buona notizia c’è: a parte la richiesta di archiviazione nel caso Raineri — che era nell’aria e che è stata comunque richiesta perchè mancava l’elemento psicologico del reato, ovvero la Raggi non si è resa conto di averlo commesso — anche l’accusa per il caso di Salvatore Romeo potrebbe cadere se la laureata in Legge, avvocata, specializzata in diritto civile, giudiziale e stragiudiziale riuscirà a convincere il giudice di non sapere che la nomina a capo della segreteria politica avrebbe avuto come conseguenza una triplicazione dello stipendio e che la decisione di modificarne il contratto avrebbe provocato un «ingiusto vantaggio» a quel funzionario che le intestò anche alcune polizze vita.
Per il resto la situazione è grigia.
Carlo Bonini su Repubblica spiega oggi che la chiusura delle indagini ha documentato «la menzogna con cui la Raggi aveva ripetutamente, sia pubblicamente, sia con una dichiarazione formale all’autorità anticorruzione del Comune, rivendicato a se stessa la piena responsabilità amministrativa della scelta di Renato Marra, escludendo, come invece era accaduto (e come la chat avrebbe dimostrato), che vi avesse avuto parte, in pieno e palese conflitto di interesse, il fratello di Marra, Raffaele, all’epoca dei fatti capo del Personale del Campidoglio.
Non solo. Dopo il famoso interrogatorio del febbraio 2017, quello in cui era uscita l’ormai famigerata vicenda delle polizze vita, la Raggi aveva promesso una memoria difensiva per spiegare alcuni punti non chiariti del suo colloquio con i magistrati. Quella memoria, racconta ancora Bonini, non è mai arrivata:
La memoria difensiva che la Raggi aveva infatti promesso di consegnare alla Procura nell’interrogatorio fiume del 3 febbraio scorso, al termine del quale — con un sorriso a favore di telecamere — aveva spiegato di «aver chiarito tutto», non è mai arrivata a piazzale Clodio. Verosimilmente, perchè non è stata mai scritta. E, soprattutto, perchè avrebbe dovuto dare risposta alle domande inevase che questa vicenda giudiziaria ripropone e che, al netto dell’esito processuale che avrà , ne definiscono il dato politico.
Perchè la Raggi si convinse a mentire per favorire il fratello di Raffaele Marra? Cosa la convinse ad impiccare il destino politico della sua giunta a un uomo che avrebbe presto conosciuto il carcere per corruzione?
E quale rapporto l’ha legata a Salvatore Romeo, sodale di Marra e oscuro dipendente comunale, al punto da abusare della sua autorità per farne il perno della sua segreteria particolare?
E se sulle circostanze che la accusano di falso per la nomina di Renato Marra sembra difficile immaginare argomenti plausibili (a meno di non sostenere di aver firmato una dichiarazione «a sua insaputa» o di non averne compreso il merito), è invece probabile che, per la nomina di Romeo, sarà proprio l’obiezione dell’assenza di dolo e dunque dell’”errore amministrativo” quella che verrà sollevata dalla difesa.
Secondo un assioma — per altro già invocato dalla Raggi — che è meglio passare per “incapaci” che non per “colpevoli” di un abuso. Non fosse altro perchè il secondo, per statuto del Movimento, la condannerebbe alla decadenza da sindaca.
Ma se dal punto di vista della giustizia è meglio passare per incapaci che per colpevoli, dal punto di vista politico l’incapacità conclamata non ha fatto e non farà una buona impressione agli elettori.
Che già hanno cominciato a dare segnali forti alle amministrative, dove non hanno ritenuto credibili i candidati dei 5 Stelle mandandone appena 10 su oltre 140 al ballottaggio: un anno fa il M5S vinse tutti gli scontri diretti (che erano molti di più). Oggi sarà difficile fare il bis.
Anche perchè gli elettori sembrano essersi accorti della situazione. Non solo.
Pare essersene accorto persino Di Maio, visto che, come racconta il Corriere, ieri in pubblico ha detto: «Mi aspetto, come per tutti i sindaci del Movimento, che dal secondo anno in poi si possano fare quegli interventi e quegli investimenti che diano la percezione del cambiamento».
Quelli che quest’anno, evidentemente, non sono stati fatti. Nello stesso articolo si dà voce a un parlamentare anonimo: «Vedremo l’effetto sui ballottaggi: se ne vinceremo solo quattro su dieci dopo essere abituati a sfiorare l’en plein dovremo trarre conseguenze e prendere provvedimenti come accaduto nel 2014».
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 21st, 2017 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DI AGNOLETTO: “SOVVERTIMENTO TOTALE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE IN LOMBARDIA”
“Un sovvertimento totale del servizio sanitario nazionale in Lombardia”. Questa l’opinione di Vittorio Agnoletto, medico e docente dell’Università statale di Milano, sulla delibera della giunta guidata da Roberto Maroni che ha istituito la figura dei gestori: “Sono delle società private, che possono anche non avere nulla a che fare con la medicina, ai quali sarà affidata la gestione dei cittadini con patologie croniche, che con il gestore dovranno firmare un contratto privato”.
Mentre per le altre malattie, i cittadini continueranno a rivolgersi al medico di base, per quelle croniche il gestore provvederà a fissare gli esami presso erogatori di servizi sanitari scelti da lui e non dal malato: “Essendo un gestore privato vorrà evitare di spendere tutto il budget messo a disposizione dalla Regione per quel cittadino e vorrà cercare di risparmiare per fare profitto”.
Tra le conseguenze della delibera, secondo Agnoletto, salterà il rapporto medico-paziente e il malato perderà la libertà di scegliere dove fare un esame: “Se per una malattia cronica vorrà andare da uno specialista di fiducia dovrà farlo privatamente, a pagamento”.
Mentre lo scopo di ottenere risparmi sulla spesa sanitaria non verrà raggiunto: “La Regione risparmierà sulle cure e sugli esami diagnostici, perchè per ogni patologia stabilisce un tetto che non può essere superato. Ma complessivamente spenderà molto di più per gli stipendi dei manager dei gestori e per la burocrazia”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 21st, 2017 Riccardo Fucile
IL SUO PROBLEMA E’ CHE VIENE SISTEMATICAMENTE SMASCHERATA
Il sindaco Virginia Raggi è una bugiarda. Non serviva il provvedimento di chiusura indagini della procura di Roma per sostenerlo, ma ora che il primo cittadino della Capitale si avvia verso un processo per falso, sarà più difficile per i suoi sostenitori difendere le arzigogolate e surreali dichiarazioni autoassolutorie della sindaca a Cinque Stelle.
La storia è nota, e riguarda la promozione di Renato Marra a capo del Dipartimento del Turismo avvenuta qualche mese fa. Una promozione avvenuta dopo l’inchiesta de L’Espresso che a settembre e ottobre svelò i rapporti corruttivi tra il braccio destro della sindaca, Raffaele Marra, e il costruttore Sergio Scarpellini.
Nonostante le inchieste giornalistiche e i dubbi crescenti di parte del Movimento ( Roberta Lombardi arrivò a definire Raffaele Marra «un virus che ha infettato il M5S», Virginia non solo decise di tenere vicino a sè il suo Rasputin, ma gli consegnò di fatto le chiavi del Campidoglio. Concedendogli carta bianca su strategie e nomine politiche.
Fu Raffaele, infatti, a seguire le procedure per la promozione del fratello.
Dopo che l’Anac di Raffaele Cantone segnalò ufficialmente il rischio evidente del conflitto d’interessi, la Raggi per proteggere il suo consigliere spiegò ai dirigenti dell’anticorruzione che fu lei, e non Raffaele, a scegliere in piena autonomia lo scatto di carriera (e di stipendio) di Renato.
Una balla sesquipedale, smentita in pochi giorni dalle conversazioni trovate dai pm di Roma nella chat tra Raggi e Marra su Telegram: «Raffaele, questa cosa dello stipendio mi mette in difficoltà , me lo dovevi dire».
Virginia aveva infatti letto i dettagli dell’aumento sui giornali, notizie di cui era totalmente ignara. Il messaggio secondo i magistrati evidenzia in maniera inconfutabile che la Raggi ha mentito. All’anticorruzione, certo. E ai cittadini romani pure.
La sindaca è un’esperta dell’arte della bugia. Il suo problema, però, è che viene sistematicamente smascherata: se è ancora indagata per abuso d’ufficio per aver promosso e triplicato lo stipendio al re delle polizze Salvatore Romeo (ma è possibile che il capo d’imputazione venga archiviato), restano nella memoria bugie e omissioni surreali («Raffaele Marra arrestato? È solo uno dei 23 mila dipendenti del comune») e altre più gravi, come quelle sul passato nello studio di Cesare Previti, sulla presidenza di una società dell’ex segretaria di Franco Panzironi, e soprattutto sull’ex assessore all’Ambiente Paola Muraro.
La Raggi, infatti, nonostante fosse venuta a conoscenza dell’indagine sull’esperta di rifiuti, per 50 giorni in varie interviste aveva negato di sapere nulla su eventuali procedimenti giudiziari.
Una mentitrice seriale, insomma.
Chissà se Beppe Grillo, per salvare la barca che affonda, deciderà di ritirare fuori il post del blog scritto a dicembre e mai pubblicato in cui cacciava Virginia dal M5S. Probabilmente sarebbe troppo tardi.
La fiducia dei cittadini romani, in effetti, sembra definitivamente compromessa.
(da “L’Espresso”)
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Giugno 21st, 2017 Riccardo Fucile
IL DDL SULL’EMERGENZA AVEVA STANZIATO 50 MILIIONI, MA ANCORA NON SI SONO VISTI
Se la burocrazia ha finora paralizzato la rimozione della quasi totalità delle macerie nelle zone dell’Italia centrale colpite dai terremoti dello scorso anno, la situazione sul fronte della dotazione dei mezzi che quelle macerie dovrebbero rimuoverle, appare altrettanto critica.
E’ quello che emerge dalla risposta del viceministro dell’Interno Filippo Bubbico sull’impiego dei 50 milioni di euro stanziati per il biennio 2016/2017 dal Dl terremoto, per l’acquisizione e l’ammodernamento di mezzi e macchinari in dotazione ai vigili del fuoco, necessari soprattutto alla rimozione delle macerie e alla messa in sicurezza degli edifici pericolanti.
Posto che, se procedure e cavilli non costringessero gli amministratori locali ad attendere chissà quando per la rimozione delle macerie, i vigili del fuoco avrebbero verosimilmente a disposizione mezzi, magari vetusti, per assolvere a questo compito, desta stupore un dato incontrovertibile di quanto riferito dall’esponente del governo a questo proposito: non un solo mezzo di quelli acquisiti (o in via di acquisizione) per effetto del dl sull’emergenza è ancora entrato in servizio.
Il decreto, entrato in vigore il 19 ottobre dello scorso anno e convertito definitivamente in legge a metà dicembre, proprio in virtù della drammatica emergenza in corso, metteva immediatamente a disposizione dei vigili del fuoco cinque milioni di euro e ne stanziava altri 45 per il 2017, con l’intento dichiarato di “ripristinare l’integrità del parco mezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonchè per garantire l’attività di raccolta e trasporto del materiale derivante dal crollo degli edifici nonchè per assicurare lo svolgimento dell’attività di rimozione e trasporto delle macerie dai predetti territori”.
Ebbene, stando alla risposta di Bubbico, allo stato risultano ancora “in fase di allestimento” otto autoscale e dieci autocarri acquistati coi cinque milioni del 2016, mentre per quanto riguarda i mezzi acquistati coi restanti 45 milioni, è stato dato “avvio alle procedure” per l’acquisizione di autopompe serbatoio, autoscale e altri mezzi necessari.
Se con l’espressione “avvio alle procedure” il viceministro ha lasciato intendere che si è ancora alla fase della predisposizione dei bandi di gara, e se i mezzi acquistati l’anno scorso, a sette mesi dal decreto e a dieci dal sisma, non sono stati ancora allestiti (e desta certamente più di una perplessità il fatto che tra quelli citati nessuno appare adeguato al compito di smaltire macerie, esplicitamente indicato dal provvedimento), è ragionevole immaginare che il grosso dei veicoli e dei macchinari difficilmente potrà essere operativo per la fine dell’anno, quando sarà ormai trascorso quasi un anno e mezzo dal primo evento sismico.
Un lasso di tempo sufficiente a far apparire beffarda alle popolazioni colpite dalla sciagura la definizione di emergenza, fermo restando che, come nel caso del cane che si morde la coda, sarebbe interessante comprendere se le procedure di acquisto dei mezzi per rimuovere le macerie stiano andando a rilento a causa delle lungaggini burocratiche che ne impediscono la rimozione, oppure se, viceversa, la burocrazia sposti in là nel tempo la rimozione delle macerie a causa delle lungaggini nella procedura di acquisto di mezzi adeguati.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 21st, 2017 Riccardo Fucile
DOPO LA BATTAGLIA DI TORINO TRA POLIZIA E GIOVANI DEI CENTRI SOCIALI, FIOCCANO LE POLEMICHE
«Non è giusto che tutto si ripercuota su chi sta lavorando». «Mi hanno devastato il dehors e adesso devo ricomprare qualsiasi cosa». «Qui abbiamo perso tutti l’incasso dei locali».
Alle undici di sera, quando la battaglia non è ancora finita e i locali si sono svuotati da un pezzo, la paura, tra i gestori, lascia spazio alla rabbia.
Si sentono tra l’incudine e il martello. Hanno chiesto un patto per la sicurezza, e adesso – in un martedì notte di tensione altissima, con le serrande giù e i cocci da spazzare via – contano i danni e pensano a quello che verrà .
«C’è un problema di gestione della piazza – dice un’esercente -. È giusto fare i controlli contro gli abusivi e gli spacciatori, ma arrivare in tenuta anti-sommossa alle 20,30 mentre la gente mangiava ha fatto salire la tensione. Ovvio che i centri sociali abbiano avuto vita facile».
I signori della movida hanno facce tese, preoccupate. Hanno visto gli scontri, i clienti seduti ai tavolini in mezzo alla battaglia tra la polizia e i centri sociali in via Giulia di Barolo, nel tratto tra la piazza e Corso Regina Margherita dove c’è stata la carica degli agenti intervenuti in difesa di tre funzionari che si stavano allontanando. Li hanno accerchiati, malmenati.
«Noi eravamo seduti lì. E siamo stati travolti da chi fuggiva, e chi provava a cercare un riparo» raccontano i ragazzi in pantaloncini corti. Hanno negli occhi le scene di panico. Fuori, dentro i locali.
Passeggiano non lontano dai resti sui pochi tavoli rimasti in piedi, dove ci sono i resti di quella cena: orecchiette al pesto e al sugo, un piatto d’insalata. Il resto è finito per terra insieme ai bicchieri di vetri rotti in mille pezzi, le bottiglie d’acqua franate giù assieme alle caraffe.
Tra i tavoli, prima di scappare alcuni avventori se l’erano presa coi manifestanti: «Adesso scappate». Poi però, anche loro, sono dovuti andare via.
Quando le undici sono passate da un pezzo in piazza sono rimasti tanti giovani, non tutti di Askatasuna. Dal megafono c’è chi attacca la sindaca «perchè finora qui a Vanchiglia non si erano mai viste scene come queste». E i gestori, lì in mezzo, scuotono la testa. «Qui hanno distrutto tutto».
(da “La Stampa”)
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Giugno 21st, 2017 Riccardo Fucile
UNA NOTTE DI FOLLIA, PANICO TRA LA GENTE… TRA POLIZIA E CENTRI SOCIALI NESSUNO E’ ESENTE DA COLPE, COINVOLTE FAMIGLIE A PASSEGGIO, MANGANELLATE A TUTTI
Scena numero uno: la polizia presidia l’accesso a via Giulia di Barolo, per marcare il territorio. Il messaggio è chiaro: mai più aggressioni alle forze dell’ordine, come quella di dieci giorni fa, proprio in questa zona.
Scena numero due. Dopo due ore di presidio, accompagnato da qualche coro, gli agenti anti sommossa lasciano Vanchiglia, e le strade della movida: sono le 22. Restano un funzionario donna e tre o quattro poliziotti in borghese.
Scena numero tre. La piazza si coalizza, i ragazzi della movida si saldano con i 20 dei centri sociali che hanno contestato gli agenti. Circondano i poliziotti. Li insultano, li minacciano. Li accompagnano con cori, qualche lancio di sputi e pallonate, verso le auto. In una passeggiata che dura non più di un paio di minuti.
Che cosa scateni la piazza e la violenza è un mistero.
Davanti ad un locale volano i primi spintoni, e i poliziotti vengono allontanati. Cade a terra un oggetto. I filmati lo mostrano. Sembra una radio. Gli agenti in borghese tornano indietro per riprenderselo. Chi li insegue cerca di appropriarsene. Ed è il delirio. Volano calci, pugni, spintoni.
I 100 o forse più che protestano si scatenano. È un attimo e la scena cambia ancora. In piazza ripiombano gli agenti del reparto anti-sommossa. Entrano in massa da via Giulia di Barolo e travolgono tutto. Vanno a dare la caccia a chi ha aggredito i colleghi in borghese. Manganelli e gente in fuga. Tavolini e sedie travolti.
Botte davanti ai bar e bottiglie che volano, la tranquilla movida di Vanchiglia diventa battaglia, e non è un’esagerazione.
Volano sedie e si schiantano piatti, bicchieri caraffe e bottiglie. Chi cena fugge terrorizzato. Ancora botte davanti ai locali. Urla, pianti, e sirene e altri agenti.
Nel bar dove fanno l’aperitivo, dove ci sono mamme con i piccoli in braccio, papà che giocano e scherzano, la gente si rifugia nel locale. Manganellate anche lì.
E la gente scappa. Sono dieci minuti di delirio. Che lasciano un tappeto di rottami. Dieci minuti e la piazza torna calma. Ma, la saldatura che alle 9 di sera nessuno vedeva, c’è stata.
Movida e centri sociali hanno trovato un nemico comune. Lo diceva già un’ora prima una portavoce di Askatasuna: «I fatti di sabato ai Murazzi non sono cosa nostra. Sono la reazione di gente esasperata. Che poi ci ha spedito il video».
E che questa sia una reazione della piazza lo si è visto qualche attimo prima che gli agenti in borghese e la dottoressa che dirigeva il servizio fossero assaliti. Lo si è visto quando dei ragazzi «normali» si sono messi ad urlare insulti e minacce in faccia ad una incolpevole poliziotta senza divisa: «Vai via p…! Devi andare via da qui. Vai via».
Il bilancio di questa notte di lampeggianti e manganelli, vetri rotti e sirene è di cinque agenti feriti. Uno da un calcio all’addome. E – per il momento – due persone fermate.
I controlli scattati alle otto di sera sono un ricordo, appannato dall’aggressione e dalla reazione decisa.
«Un incidente cercato» dicono davanti ai dehors distrutti. «Inevitabile» replicano gli uomini in divisa. Che poco dopo le 23 lasciano Vanchiglia.
Tra polemiche, proteste di tutti contro tutti, e un tappeto di rottami.
(da “La Stampa”)
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