Aprile 17th, 2018 Riccardo Fucile
NON CI SONO PIU’ PAROLE PER UN PAESE SGANGHERATO: IL DETERIORAMENTO DEL MATERIALE CHE DEVE ESSERE ANCORA ESAMINATO PUO’ PREGIUDICARE IL LAVORO DEGLI ESPERTI
Le “prove” ovvero i pezzi di binario che devono essere analizzate dai consulenti per stabilire cosa causò il deragliamento del treno regionale 10452 a Pioltello (Milano) bagnate dalla pioggia.
È quanto ha mostrato il Tg3 in un servizio sulle indagini sull’incidente che provocò la morte di tre persone il ferimento di molte altre. Sono otto gli indagati — vertici e addetti della Rfi — nell’inchiesta. Ed è proprio in un deposito Rfi a Milano-Greco che sono custoditi i binari.
La società aveva garantito che i reperti sarebbero stati conservati con cura.
Giovedì scorso i consulenti della procura e gli investigatori si sono trovati davanti ai pezzi di binario posizionati sotto alcuni teli scuri, ma coperti di acqua.
Anzi nel capannone pioveva, come si vede nelle immagini del servizio, anche nel momento in cui i consulenti sono entrati all’interno. Secondo uno degli esperti ci sarebbero segni di “ossidazione recente” cioè ruggine.
Non è difficile capire che il deterioramento del materiale, che deve essere esaminato per stabilire la causa dell’incidente che nell’ipotesi della Procura di Milano è da individuare nella giunzione del binario la cui sostituzione era già stata prevista, può pregiudicare il lavoro degli esperti.
Adesso i reperti, tra cui il punto zero cioè dove il binario cedette e anche lo spessore di legno ch era stato usato come rattoppo, verranno spostati altrove.
Con comodo.
(da agenzie)
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Aprile 17th, 2018 Riccardo Fucile
UN IMPUTATO LEGATO AI CLAN: “UNA MADRE DI FAMIGLIA DEVE STARE ATTENTA A SCRIVERE CERTE COSE”
Le disse: “Federì, sei giovane, hai una famiglia”. Ma non era una minaccia, secondo lui. Solo un
consiglio. Eppure, è stato lui stesso, Paolo Riccardo Papagni, socio e fratello del presidente di Assobalneari, sentito come imputato nel processo per tentata violenza privata ai danni della giornalista di Repubblica Federica Angeli, a raccontare della volta in cui, nel tentativo di bloccare un’intervista, le disse quelle spaventose parole.
E all’avvocato di parte civile che lo incalzava chiedendo cose volesse dire con quelle parole, Papagni ha risposto: “Nulla. Non sono abituato a minacciare io. Era solo un consiglio. Un con-si-glio!”.
Consiglio che, però, suona come qualcosa di ben più spiacevole. Anche perchè ripetuto in un’aula di tribunale.
“Non volevo dire nulla. Volevo soltanto dire che una madre di famiglia deve stare attenta a scrivere certe cose”.
Poi, ancora, “quando le ho detto che non era con questa intervista che avrebbe fatto carriera, volevo dire quello che ho detto. Lo si dice tante volte: non sarà questo che ti fa fare carriera”. Così anche sui millantati rapporti con i vertici delle forze dell’ordine: solo un modo per dire che lui era una persona perbene.
Sono state queste le ultime, concitate, battute della deposizione di Papagni nel processo che, fino a ieri, lo vedeva imputato insieme ad Armando Spada, quest’ultimo accusato di minacce sempre ai danni della giornalista.
Da ieri i procedimenti si separano: il giudice ha deciso per lo stralcio. I fatti risalgono al maggio del 2013. E il tono con il quale Papagni li ha ripercorsi era sicuro, forse in maniera ostentata.
Il balneare ha rivendicato ogni frase, ogni parola delle conversazioni per le quali, poi, la giornalista di Repubblica ha sporto denuncia. Il racconto si apre con un voluto lapsus: Papagni chiama Angeli “giornalaia” per poi correggersi immediatamente “giornalista”.
E tutta la deposizione mira a svilire la professionalità della parte offesa: solleva dubbi sul fatto che Angeli sia laureata quando viene chiamata “dottoressa” e in un passaggio la definisce “signora perchè per me non è una giornalista”. Durante l’esame, Papagni ha anche ammesso di avere gestito, molti anni fa, un giro di scommesse clandestine.
Poi, le domande sono tornate sul giorno dell’intervista. L’imputato ha ripercorso quell’incontro durante il quale “Angeli mi chiese anche se era vero che ero andato in America per assoldare un sicario per far uccidere Carmine Fasciani. Una cosa assurda”. E quando l’avvocato di Angeli gli chiede quali siano i suoi rapporti con Carmine Fasciani, il boss di Ostia condannato in via definitiva per 416bis, lui spiega: “Ci conoscevamo da piccoli. Sono lavoratori, credo che il padre facesse il panettiere”. A quel punto Vasaturo lo esorta: “Lei sa che è stato condannato per mafia?”. “Da ragazzetti – questa la risposta – forse hanno fatto qualche furtarello, poi quello che ha fatto non mi riguarda”.
D’altronde a Ostia la mafia non c’è.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 17th, 2018 Riccardo Fucile
PIPPO GENNUSO IN CARCERE CON L’ACCUSA DI VOTO DI SCAMBIO AGGRAVATO DAL METODO MAFIOSO
Il parlamentare regionale siciliano Giuseppe Gennuso, 65 anni, della lista di centrodestra Popolari ed Autonomisti, è stato arrestato dai carabinieri del comando provinciale di Siracusa con l’accusa di voto di scambio, aggravata dal metodo mafioso.
Il provvedimento, di arresti domiciliari, è stato emesso dal gip del tribunale di Catania su richiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo etneo.
Sull’inchiesta, che vede coinvolte altre persone, vige il massimo riserbo da parte degli inquirenti della Dda di Catania.
Domiciliari anche per Massimo Rubino, ritenuto un procacciatore di voti.
Il carcere è invece scattato per Francesco Giamblanco, genero del boss di Avola Michele Crapula, che si trova al 41 bis. Ma l’inchiesta è molto più ampia, e riguarda anche altre persone.
Le intercettazioni dei carabinieri del nucleo Investigativo di Siracusa sono entrate nei segreti dell’ultima campagna elettorale per le Regionali. Rubino diceva: “L’unico che può fare tutto quello che… è Pippo Gennuso”. Giamblanco ribadiva: “Vedi che noi lo votiamo”.
Il cognato del boss si vantava di avere un pacchetto di voti a disposizione: “400-500 voti, ma li abbiamo con i fatti. I soldi ci vogliono”. Secondo la procura di Catania, Gennuso avrebbe pagato per ottenere i voti della cosca Crapula.
Giuseppe Pippo Gennuso, imprenditore, deputato regionale al suo quarto mandato, alle ultime elezioni aveva ottenuto nel collegio di Siracusa 6567 preferenze.
E’ l’ennesimo deputato dell’Assemblea regionale siciliana a finire sotto inchiesta. Nei giorni scorsi, la Dda di Catania aveva chiesto l’archiviazione nei confronti di quattro indagati in un’altra inchiesta per tentata estorsione in cui Gennuso figurava come parte lesa.
A Palermo, il deputato ha invece denunciato di essere rimasto vittima di un’estorsione nell’ambito della gestione di una sala Bingo da parte della sua famiglia, un processo è in corso contro alcuni esponenti della cosca Vernengo di Santa Maria di Gesù, che hanno però sempre sostenuto di aver gestito negli anni passati il bar della sala giochi. Ma a Palermo, Gennuso è anche indagato per corruzione in atti giudiziari e rivelazione di notizie riservate, nell’ambito di un’inchiesta che riguarda l’elezione-replay in alcune sezioni di Rosolini e Pachino, grazie alla quale l’esponente politico rientrò all’Ars, due anni fa.
Adesso, invece, il parlamentare regionale è accusato di aver stretto un patto con esponenti della cosca mafiosa siracusana. Accusa ben più pesante. A denunciare le frequentazioni di Gennuso con Rubino (amico di Giamblanco) era stato il blog “Laspia.it” di Paolo Borrometi, il giornalista oggi minacciato di morte dalla mafia siracusana.
Due mesi fa, il deputato aveva replicato all’articolo: “Rubino me lo presentò Giuseppe Casella e poi l’ho visto in altre occasioni in campagna elettorale. Abbiamo fatto due incontri con mangiata di pizza, so che ha fatto campagna elettorale per me. Rubino rappresentava un gruppo di ciclisti di Avola”. E nel gruppo c’era anche Francesco Giamblanco, il genero del capomafia.
Sarà Daniela Ternullo, prima dei non eletti nella lista dei Popolari e autonomisti a Siracusa, a subentrare all’Assemblea siciliana a Gennuso, che sarà sospeso per la legge Severino. Ternullo, originaria di Melilli, alle regionali di novembre aveva ottenuto 1.790 preferenze.
(da agenzie)
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Aprile 17th, 2018 Riccardo Fucile
“NO A EPOCA DI SONNAMBULI, LA DEMOCRAZIA VA DIFESA”
“Non possiamo far finta di essere in un tempo normale, c’è un dubbio che attraversa molti dei nostri
Paesi europei sull’Europa, una sorta di guerra civile europea sta emergendo: stanno venendo a galla i nostri egosimi nazionali e il fascino illiberale“.
Il presidente francese Emmanuel Macron, parlando alla plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo, ha parlato della sua visione della politica Ue.
E dei prossimi interventi che, secondo lui, si rendono necessari: “Dobbiamo edificare una nuova sovranità europea per dare una risposta chiara agli europei. Siamo in un momento in cui avvengono grandi trasformazioni. Il modello democratico in Europa è unico nel mondo”.
Il presidente francese si è occupato quindi dell’immigrazione: “Dobbiamo sbloccare il dibattito tossico, avvelenato, sui migranti”, ma anche “sulla riforma di Dublino e la ridistribuzione”.
E ha quindi proposto: “Bisogna costruire solidarietà interna, propongo di creare un programma europeo che finanzi direttamente le comunità locali che accolgono e integrano i rifugiati”.
Macron ha quindi parlato di quella che per lui è la “difesa della sovranità europea”: “Appartengo a una generazione che non ha conosciuto la guerra e che si sta dando il lusso di dimenticare ciò che i suoi predecessori hanno vissuto, non voglio appartenere a una generazione di sonnambuli che dimentica il passato e non vuole vedere i tormenti attuali. Ognuno deve prendersi le proprie responsabilità , voglio appartenere a una generazione che decide di difendere la propria democrazia, perchè è una parola che ha senso e che è frutto di battaglie passate. Voglio appartenere a una generazione che difenda la sovranità europea, che permetterà alle generazioni future di scegliere liberamente il loro futuro”.
(da agenzie)
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Aprile 17th, 2018 Riccardo Fucile
LO ZOCCOLO DURO PROTESTA: “ALLA DEMOCRISTIANITE DOVREBBE ESSERCI UN LIMITE”
Italia, aprile 2018. “Se ti pieghi anche tu alle menzogne della Nato, degli Usa, dei Francesi, degli Inglesi senza mostrare un briciolo di sovranità , perderai il mio voto”.
È grande il disorientamento sotto il cielo solcato dalle scie luminose dei missili lanciati dalla coalizione a guida statunitense diretti su obiettivi siriani.
Non si parla del grande dibattito che scuote e appassiona l’opinione pubblica internazionale, ma della discussione nella discussione che sta avvenendo nell’universo del Movimento 5 stelle.
Il commento di cui sopra, scritto da Giuseppe Cascio e il più apprezzato tra gli utenti che frequentano la pagina Facebook ufficiale del Movimento, è solo la punta dell’iceberg di un popolo al quale la prudentissima svolta atlantista di Luigi Di Maio sta togliendo l’ossigeno che era abituato a respirare.
Occorre fare un passo indietro per spiegare brevemente come la cosmogonia 5 stelle abbia scartato almeno un paio di volte sull’interpretazione dei rapporti Est-Ovest.
In principio c’è stata la condanna del governo di Vladimir Putin. Se ne è scritto molto, solo un esempio per capire.
Eravamo nel 2006, allorchè sul blog di Beppe Grillo compariva un post per ricordare Anna Politkovskaja, “una giornalista vera”. Della sua uccisione si diceva che “ricorda l’omicidio Matteotti. Sequestrato e ucciso dopo un suo discorso di accusa contro il fascismo in Parlamento. Ma almeno il duce non sequestrò i documenti privati di Matteotti”.
Insomma, lo zar Vlad peggio di Benito Mussolini, a capo di una democrazia “fondata sul gas e sul petrolio”.
Poi l’improvvisa svolta filo-Mosca, e le conseguenti accuse di avere sulle proprie vele il vento della black propaganda del Cremlino.
Anche qui un esempio su tutti. Manlio Di Stefano, influente deputato della commissione Esteri della Camera, esultava meno di due anni fa per l’invito ricevuto da Russia Unita, il partito del presidente russo, in occasione del loro congresso. Lo faceva con queste parole: “Parlerò […] della ridiscussione della partecipazione italiana all’interno della Nat; della nostra ferma condanna alla militarizzazione dell’est europeo; della nostra proposta di cooperazione con Mosca contro il terrorismo e, infine, della nostra ferma condanna al colpo di stato avvenuto in Ucraina nel 2014 e della battaglia contro le sanzioni inflitte alla Russia, costate all’Italia, ricordo, 3.6 miliardi di euro in due anni e il fallimento di decine di nostre aziende”.
E chiosava: “Porterò tutto questo a Mosca. Un’altra politica estera per il nostro Paese è possibile”.
Lo era, ma forse non lo è più. Lo sforzo di rassicurazione atlantica portato avanti da Di Maio che guarda al Quirinale ha disorientato ancora una volta la base.
Ne sa qualcosa lo stesso Di Stefano, che solitamente detta la linea stellata sul Medio-Oriente, che pubblica un post molto vago sulla situazione siriana. E
si ritrova sommerso dalle proteste. “L’attacco viola ogni più elementare norma del diritto internazionale. Ci vuole molto per di Maio dire questa semplice verità ?”, gli chiede Alessandra Cucciari.
“Da elettore della prima ora sono deluso. Deluso dall’ennesimo cambio di rotta del Movimento nella politica estera”, le fa eco Alessandro Zanelli, che chiede di tornare a consultare il web sulle decisioni dirimenti.
“Il Movimento dimostra di non avere la schiena dritta su uno dei temi più importanti e l’elettorato che l’ha sostenuto sperando nel cambiamento ne trarrà le dovute conseguenze. Che delusione!!!”, è la chiosa amara di Marco Franco, anche se si potrebbe proseguire.
Non va meglio, anzi va molto peggio al capo politico.
Di Maio presenta a chi lo segue un testo nel quale tra tante prudenze e ancora più distinguo, archivia “l’altra politica estera possibile” e dice chiaro e tondo: “Restiamo al fianco dei nostri alleati”.
Nel momento in cui scriviamo, il numero di condivisioni è seccamente battuto dagli apprezzamenti ai commenti più critici.
Ne raccoglie quasi 1700 Mattia Leonardi: “Luigi di Maio devi condannare Macron e la Francia…Non è tollerabile che un Paese membro dell’ Ue trascini gli altri in un conflitto mondiale”.
Veleggia verso gli 800 Davide Bozzolan: “Dispiace ammettere che le parole più corrette le hanno usate Meloni e Salvini”.
Antonio Corrado, al terzo posto nella particolarissima classifica del dissenso, scrive al leader: “Carissimo Di Maio, una sola altra parola a sostegno degli Usa e dell’asse franco-inglese-israeliano, e oltre a non votare mai più x il Movimento , mi adopererò a far politica attiva contro lo stesso movimento. Stai tradendo anche tu i tuoi elettori”. Si potrebbe andare avanti a lungo, ma il tenore non cambierebbe.
È sulla pagina ufficiale dei 5 stelle che tuttavia si trova la sintesi più efficacie: “Gli stessi concetti di Gentiloni….bravo. Luigi, scusa se te lo dico, dovevi dire quello che ha detto Salvini…Anche alla democristianite ci deve essere un limite”.
La nuova strategia che guarda agli alleati storici dell’Italia più che all’alleato russo blandito per anni (tante le battaglie della delegazione grillina all’europarlamento contro le sanzioni) ha probabilmente rassicurato in parte alcuni interlocutori istituzionali, mandando però in tilt una buona parte della base che sulla diversità , anche in politica estera, aveva basato il proprio voto.
E che oggi, soprattutto qualora andasse al governo, il Movimento rischierebbe di perdere. Certo, forse il gioco tra entrate e uscite potrebbe infine pagare in positivo. Ma l’unica certezza, al momento, è che una parte d’elettorato storico è a forte rischio fuoriuscita, senza alcuna rassicurazioni su eventuali dividendi in entrata.
(da “Huffingtonpost”)
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