Settembre 28th, 2018 Riccardo Fucile
MANIFESTAZIONE NEL FINE SETTIMANA DI NO TAV, NO TAP, NO MUOS E NO GRANDI NAVI
La pazienza ha un limite. Ed evidentemente quel limite è considerato raggiunto per i No Tav, i No Tap, No Muos, No alle Grandi Navi e tante altre realtà ambientaliste che si erano avvicinate al Movimento cinque stelle in questi ultimi anni e che adesso ne sono “deluse”.
Domani a Venezia queste e altre associazioni si riuniscono in un’assemblea indetta dal ‘Comitato No Grandi Navi’, che da anni si batte contro il passaggio dele navi di crociera in laguna.
Obiettivo della mobilitazione: denunciare ufficialmente il “tradimento della componente grillina” del governo sulle grandi opere.
Domenica pomeriggio manifesteranno in barca nel canale della Giudecca per “disturbare il passaggio delle grandi navi”, dichiarano sul loro sito di riferimento globalproject.info.
“Il balbettio sul Tav del nostro Ministro delle infrastrutture secondo cui l’opera andrebbe ora ‘migliorata’ e non più cancellata, la visita in Azerbaijan di Mattarella e Moavero Milanesi per ‘blindare’ il TAP, le recenti dichiarazioni dello stesso Toninelli sulla necessità di mantenere le grandi navi in laguna dimostrano che, in merito a grandi opere e giustizia ambientale, il governo del cambiamento è in realtà il governo della continuità “, scrivono nel comunicato che annuncia la mobilitazione di questo weekend.
Più della Lega, sul banco degli imputati c’è il Movimento Cinque stelle che ha “politicamente lucrato, in campagna elettorale, sulla contrarietà di tante e tanti nei confronti di un modello di sviluppo che calpesta i territori, rapace e generatore di malaffare”. Insomma, una speranza politica si è spenta.
Domani si parlerà anche del crollo del ponte Morandi a Genova: “Dobbiamo continuare ad insistere: prima di grandi investimenti infrastrutturali, un serio lavoro di messa in sicurezza dei territori è necessario”. Con la consapevolezza che “in questa battaglia non ci sono governi amici”.
Si tratta di reti di movimenti sociali che avevano creduto nel M5s, alcune di queste realtà sono state anche un po’ molla propulsiva del Movimento ai suoi albori, sulle tematiche ambientaliste.
E ora invece, a quattro mesi dalla nascita del governo gialloverde, tirano le somme: “Se ci cimentassimo in un’analisi costi/benefici dell’azione di governo svolta sinora, diremmo che i benefici sono andati tutti a Salvini, a noi rimangono i costi, non solo in termini di sfacelo ambientale, ma anche in termini di clima sociale che si respira nel paese”.
Se si eccettuano i sit-in di gruppi di lavoratori licenziati davanti al ministero del Lavoro, che pure non sono mancati in questi primi mesi di ‘era gialloverde’, quella di Venezia è la prima mobilitazione nazionale anti-governativa da quando Giuseppe Conte è a Palazzo Chigi con i suoi vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
Tra le atre adesioni, anche quella di ‘Piano Taranto’, rete di varie realtà ambientaliste tarantine (Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, FLMUniti-CUB, Giustizia per Taranto, Tamburi Combattenti, Taranto Respira, Tutta Mia La Città ) che speravano nella cura a cinquestelle sull’Ilva e che invece sono rimaste profondamente deluse da come Di Maio ha chiuso la vertenza.
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2018 Riccardo Fucile
FIAMMETTA BORSELLINO: “IMPLICATI GROSSI PEZZI DELLO STATO”
Rinviati a giudizio i tre poliziotti accusati di aver depistato le indagini sulla strage di via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta.
Questa la decisione del gip di Caltanissetta Graziella Luparello nei confronti degli agenti Fabrizio Mattei, Mario Bo, e Michele Ribaudo, accusati di calunnia in concorso con l’aggravante di aver favorito Cosa nostra.
I tre poliziotti facevano parte del pool investigativo che indagò sulle stragi mafiose del ’92 di via D’Amelio e di Capaci.
Il pool era coordinato da Arnaldo La Barbera, morto nel 2002. Gli investigatori, secondo l’accusa, avrebbero costruito a tavolino ‘falsi pentiti’ come Vincenzo Scarantino e, anche con minacce, li avrebbero indotti a mentire e a incolpare dell’eccidio persone innocenti.
Da qui l’accusa per tutti e tre di calunnia in concorso coi finti collaboratori di giustizia ai danni di chi venne tirato in ballo ingiustamente nell’indagine.
In sette vennero condannati all’ergastolo sulla base delle dichiarazioni dei pentiti creati a tavolino dal pool di inquirenti. Solo le nuove indagini aperte dalla Procura di Caltanissetta grazie alla collaborazione del boss Gaspare Spatuzza hanno consentito di riscrivere il capitolo della fase esecutiva dell’attentato inquinato dalle false ricostruzioni.
I sette condannati sono stati assolti nel giudizio di revisione e oggi, come parti offese della calunnia, sono parte civile nel procedimento ai tre investigatori.
Ai poliziotti la Procura di Caltanissetta – le indagini sono state coordinate dal pm Stefano Luciani – ha contestato anche l’aggravante dell’avere favorito Cosa nostra. Il depistaggio dell’inchiesta avrebbe di fatto consentito a esponenti mafiosi realmente implicati nell’attentato di restare fuori dall’indagine e avrebbe rafforzato l’intera organizzazione criminale. La prima udienza del processo ai tre poliziotti è stata fissata per il 5 novembre.
Le parole di Fiammetta Borsellino
“La verità si saprà soltanto se chi sa parlerà e uscirà dall’omertà “. Così Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso in via D’Amelio che assieme ai suoi due fratelli si è costituita parte civile, ha commentato il rinvio a giudizio dei tre agenti. “Questo è un inizio – ha aggiunto Fiammetta Borsellino – nella consapevolezza che ci sono grossi pezzi dello Stato implicati in questa vicenda. Lo stesso Pm Stefano Luciani lo ha ribadito, scandalizzato, chiedendosi come queste persone ricoprano ancora incarichi e non siano state sospese dal servizio. Gli illeciti sono evidenti. Come è possibile che i magistrati non si siano accorti di quello che stava accadendo?”.
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2018 Riccardo Fucile
“FINGE DI ESSERE UN COOPERANTE MA E’ LEADER DI UN PARTITO CHE SOSTIENE POSIZIONI RAZZISTE CONTRO I MIGRANTI”… GIRA LA SUA FOTO SEGNALETICA, POTREBBE ANTICIPARE IL RIENTRO
Il programma di viaggio di Alessandro Di Battista potrebbe subire qualche modifica perchè in America Latina sta diventando “persona non gradita”.
Con l’hashtag #dibattistafueraya (Di Battista via adesso), di profilo in profilo, dal Messico all’America Latina tutta, sta rimbalzando un messaggio di allarme, con tanto di “foto segnaletica” del politico italiano.
“Attenzione – si legge nel messaggio – questo signore, Alessandro Di Battista, sta viaggiando per il Centroamerica facendo reportage e foto sui processi di resistenza, si presenta come un cooperante di sinistra, ma in realtà è il leader del M5S, partito italiano che sta al governo, che sostiene posizioni razziste contro migranti africani, asiatici e latinoamericani”.
Il giro di vite imposto sull’accoglienza, i respingimenti, la politica delle frontiere chiuse hanno suscitato scalpore anche in America Latina, mentre l’ondata di crescente razzismo e le violente aggressioni ai migranti sono seguite con preoccupazione anche oltreoceano.
Anche per questo la gita latinoamericana di Dibba ha iniziato ad essere guardata con sospetto, trasformatosi in aperta ostilità dopo la visita del politico al caracol di Oventik, la comunità zapatista più vicina a San Cristobal, in Chiapas, Messico.
Alle comunità zapatiste e agli attivisti che in Messico e fuori le sostengono, non è piaciuto per niente che il politico abbia mentito sulla sua reale attività , presentandosi come semplice cooperante.
Ancor meno è stato apprezzato il racconto che Di Battista ha fatto della sua “esperienza” nel caracol, a detta degli stessi zapatisti e di chi dall’Italia li sostiene come la storica associazione “Ya basta”, pieno di luoghi comuni e inesattezze.
La gita centroamericana del politico pentastellato non poteva iniziare in modo peggiore.
E dati i presupposti, non è detto che riesca a proseguire, quanto meno i “caracoles” del Chiapas.
(da “La Repubblica”).
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Settembre 28th, 2018 Riccardo Fucile
PERCHE’ NON DESTINARE ALMENO META’ DEL DEFICIT A LAVORATORI E IMPRESE CHE FANNO GIRARE IL PAESE?
Un premio all’Italia che non produce. All’Italia furba. Al paese statico e impaurito, che preferisce avere il pesce subito piuttosto che imparare a usare la canna da pesca.
E contemporaneamente uno schiaffo all’Italia onesta e dinamica, quella con contratto dipendente, che ogni mattina va a lavorare e paga le tasse fino all’ultimo centesimo, se non per onestà per impossibilità a evadere.
È questo lo spirito della manovra economica che Luigi Di Maio e Matteo Salvini, i due veri proprietari del governo, si apprestano a stilare, peraltro trasferendone il costo sulle spalle delle future generazioni tramite il meccanismo perverso di maggiore deficit (attuale) che si trasforma in maggiore debito (futuro).
Niente di più o di meno delle Finanziarie in perfetto stile Prima Repubblica, quelle dello spirito consociativo e partitocratico, alla Cirino Pomicino per intenderci.
E si badi bene, qui non c’è nessuna difesa nè d’ufficio nè per convinzione all’Unione Europea.
Il rapporto deficit/pil, la famosa e sinistra linea del Piave del 2% di cui si è parlato tanto in questi giorni, non è una diga contro i barbari. Si può, e in alcuni periodi e situazioni si deve poter sforare. Ma almeno che lo si faccia per far crescere il paese, per far ripartire gli investimenti pubblici e privati, per far spesa produttiva, per dare una mano e un futuro ai milioni di giovani precari o disoccupati. Invece, niente di tutto questo.
Basta dare uno sguardo alle macro-voci di quella che sarà la legge di bilancio 2019, fatte circolare già ieri notte a pochi minuti dal consiglio dei ministri che ha approvato la Nota di aggiornamento del Def, per capirlo.
A parte i 12,5 miliardi che serviranno legittimamente per non far scattare l’aumento dell’Iva, la gran parte delle risorse stanziate – che faremo in deficit e che quindi saranno pagate dalle generazioni future – verranno destinate a pensioni e reddito di cittadinanza.
Partiamo dalle pensioni. Almeno una decina di miliardi saranno messi a bilancio per aumentare quelle minime a 780 euro e per introdurre la tanto agognata quota 100 ovvero quel meccanismo che permetterà a mezzo milione di lavoratori di lasciare il lavoro in anticipo rispetto alle regole attuali.
Un’altra decina di miliardi poi sarà destinata al reddito di cittadinanza, misura tipicamente assistenzialista, che va a dare una mano a quella parte della società italiana che fa fatica a trovare lavoro o che si arrangia con lavoretti a nero.
Sia chiaro: scelte legittime, che possono avere anche il pregio di aggiustare alcuni squilibri nella distribuzione reddituale italiana, soprattutto fra Nord e Sud. Ma nessuno pensi che tali misure possano essere realmente “produttive” e spingere la crescita.
Così come è tutt’altro che produttivo, oltre che moralmente inaccettabile, l’ennesimo condono fiscale.
Oggi apprendiamo dal viceministro all’Economia leghista, Massimo Garavaglia, che il tetto per chi ne usufruirà sarà di ben 500mila euro.
Altro che pace fiscale, altro che sollievo per la povera gente che magari ha da pagare a Equitalia una cartella di qualche migliaia di euro.
Un tetto così alto significa solo una cosa: per l’ennesima volta saranno premiati nel nostro paese i furbetti dell’evasione, quegli autonomi, partite Iva e piccoli imprenditori che le tasse non hanno nessuna intenzione di pagarle e che dormono sereni, tanto prima o poi un condono di qualche risma arriverà . E infatti sta arrivando. E anche questo lascia in bocca un certo retrogusto da Prima Repubblica.
Cosa ci sarà invece per l’Italia che produce, che paga le tasse, che non fa condoni, che ha studiato per non trovarsi un giorno disoccupata o senza reddito, che cerca di non far debiti, che non fa mai il passo più lungo della gamba?
Praticamente niente, a eccetto di un paio di miliardi di minori tasse per le partite Iva. Come detto, qui il problema non è rispettare l’austerity e i vincoli europei. Il problema è di dare anche a questa parte d’Italia ciò che gli spetta.
Perchè Di Maio e Salvini non se ne fanno carico? Perchè non destinare metà dei 24 miliardi complessivi di flessibilità strappati con forza a Bruxelles alla redistribuzione sociale (pensioni e sostegno al reddito per i più poveri) e metà a lavoratori privati, pubblici, autonomi e imprenditori che questo paese lo fanno girare?
Anche questa può essere una “manovra del popolo”, a maggior ragione se poi al popolo toccherà pagare i debiti fatti da questo governo.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 28th, 2018 Riccardo Fucile
L’EX DIRETTORE DEL CORRIERE CONTRO LA MANOVRA: “E GLI SVENTURATI FESTEGGIARONO”
Ferruccio De Bortoli all’attacco della manovra del Governo. L’ex direttore del Corriere della sera su Twitter commenta: “La manovra è del popolo. Nel senso che se la dovrà pagare”.
Sui festeggiamenti dei deputati a 5 stelle in piazza davanti a Palazzo Montecitorio e a Palazzo Chigi, salutati dal balcone dal vicepremier Luigi Di Maio, il giornalista commenta lapidario: “E gli sventurati festeggiarono”.
De Bortoli poi si rivolge a Renato Brunetta, deputato di Forza Italia, critico con la manovra: “Domanda a Renato Brunetta, ma se la manovra, come dici giustamente tu, è “dissennata” come fa Forza Italia ad essere ancora alleata con la Lega?”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 28th, 2018 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELL’INPS: “MEZZO MILIONE DI PENSIONATI IN PIU’? ESECUTIVO NON PREVIDENTE”
“C’è una grande iniquità nelle scelte del governo sulle pensioni e questo è un pericolo molto serio”. È severo il giudizo del presidente dell’Inps Tito Boeri sulle politiche che il governo intende adottare nella prossima legge di Bilancio e che sono state inserite nella nota di aggiornamento al Def approvata ieri a tarda sera.
“Ammesso e non concesso che per ogni pensionato creato per scelta politica ci sia un lavoratore giovane – ha spiegato Boeri- bisogna tenere conto che chi va in pensione oggi in media ha una retribuzione di 36.000 euro lordi, mentre un giovane assunto con contratto a tempo indeterminato, cosa molto rara, avrà una retribuzione di 18.000 euro. Quindi ci vorrebbe la retribuzione di almeno due giovani lavoratori per pagare una pensione”.
“Come giudicare un governo che si pone l’obiettivo di aumentare di mezzo milione i pensionati? Direi che si dovrebbe parlare di un esecutivo non previdente”, ha attaccato Boeri.
“Si dice che servirà a liberare opportunità di lavoro per i giovani ma non c’è nessuna garanzia che questo avvenga. Le imprese di fronte all’incertezza tenderanno a ridurre gli organici e a gestire così gli esuberi”, ha osservato.
Boeri ha quindi puntato il dito contro i costi legati al rialzo del differenziale Btp/Bund. “C’è solo uno spreco che si potrebbe oggi davvero ridurre senza danneggiare nessuno: quello dato dagli oneri sul debito pubblico, dal cosiddetto spread”, ha detto, ricordando che ” non c’è nessuna ragione per cui il nostro Paese debba avere 100 punti di interessi in più da pagare sul proprio debito pubblico di un paese come il Portogallo che ha lo stesso livello di debito pubblico o si debba pagare fino a 150 punti in più della Spagna. Questa spesa pubblica aggiuntiva che dobbiamo destinare al pagamento degli interessi sul debito pubblico è davvero uno spreco”.
“Noi dovremmo – ha concluso- misurare gli sprechi da come si riesce a gestire questo . Ci sono cause chiaramente legate alle scelte politiche condotte nel nostro Paese dietro alla dinamica dello spread ”
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2018 Riccardo Fucile
A PAGARE IL CONTO SONO GLI ISTITUTI DI CREDITO CHE DETENGONO I NOSTRI TITOLI DI STATO, INVESTITORI IN ALLARME
Spread su, banche giù.
Per quale motivo ogni volta che cresce il differenziale a Piazza Affari è il comparto degli istituti di credito a soffrire più degli altri?
Lo spread rappresenta il differenziale di rendimento tra i nostri Btp decennali e gli omologhi bund tedeschi, presi come riferimento perchè più sicuri e stabili.
Piccolo inciso: il rendimento riflette la percezione del mercato sulla nostra affidabilità come debitori, sale quando cresce l’incertezza sulla capacità di rimborsare i prestiti che abbiamo chiesto sul mercato, scende nello scenario opposto.
La ragione è semplice: chi presta i soldi al nostro Paese lo fa a fronte di un premio, il rendimento, che aumenta con la crescita del rischio.
Il rialzo dei rendimenti però non è che la conseguenza diretta del calo dei prezzi degli stessi titoli.
Rendimenti e prezzi si muovono in maniera inversamente proprozionale. Il primo sale quando il prezzo del titolo scende. E il titolo scende per lo stesso motivo per cui scende il prezzo di un qualsiasi titolo quotato in Borsa: quando gli investitori vendono. Più il mercato cede titoli, più il loro prezzo scende.
Il rialzo dello spread quindi non rappresenta altro che un massiccio calo di valore dei titoli di Stato.
Banche e assicurazioni italiane sono i principali detentori di questi titoli: se questi si svalutano, per gli istituti rappresenta una perdita di valore.
Secondo gli ultimi dati della Banca d’Italia, a luglio, gli istituti di credito avevano titoli di Stato in portafoglio per 373,4 miliardi di euro, a fronte di circa 2300 miliardi di euro di debito complessivo.
Il calo dell’indice dedicato alle banche di Piazza Affari: a maggio la prima spallata, con la prima fiammata dello spread in occasione della crisi istituzionale. Ora un nuovo tracollo
La perdita di valore dei Btp si tasforma in un ‘danno’ per il capitale delle banche stesse. Ne è un chiaro esempio quello che è successo nel secondo trimestre di quest’anno, tra marzo e giugno, quando la crisi istituzionale poi risoltasi con la nascita del governo Conte ha visto passare lo spread da 127 a quasi 240 punti base.
Il Crèdit Suisse ha calcolato che sulle cinque principali banche italiane – che hanno un’esposizione di 181 miliardi sul rischio sovrano – quell’aumento ha comportato un impatto sul coefficiente patrimoniale medio (cioè sul loro capitale) di oltre 3 miliardi di euro.
Ma non è tutto. Oltre al capitale, una crescita dei rendimenti impatta sugli affari delle banche anche per una seconda ragione: una buona fetta dei soldi che le banche prestano ai loro clienti viene raccolta dagli istituti sui mercati all’ingrosso, dove il costo di quei soldi cresce di pari passo con l’aumentare dei rendimenti dei Btp.
Più sale lo spread, più le banche devono pagare per prendere in prestito i soldi che a loro volta prestano, per esempio, a chi fa un mutuo.
Alla lunga, il duplice colpo su costi di finanziamento e riduzione del capitale si ribalta su famiglie e imprese: le banche stringono i cordoni, elargiscono meno denari e a costi più elevati.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 28th, 2018 Riccardo Fucile
PROTESTE A TUNISI: “CRIMINALIZZA I SOCCORSI IN MARE”… I MEDIA TUNISINI NE PARLANO, IN ITALIA I MEDIA DI REGIME TACCIONO … RESPINTE LE RICHIESTE DI SALVINI SU UN MAGGIOR NUMERO DI RIMPATRI
Visto che esportano galeotti e non si riconosce loro la dignità che per storia e cultura meritana, sicuramente i rapporti di vicinato con l’altra sponda del mediterraneo saranno destinati a essere meno cordiali del solito.
Infatti il primo ministro tunisino Youssef Chahed ha rifiutato di ricevere il ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini, che è oggi in visita in Tunisia”.
E’ quanto ha riferito la Radio tunisina, Mosaà¯que FM, attribuendo la causa alle “dichiarazioni anti-immigrati” del titolare del Viminale.
La notizia è ripresa da diversi media locali, tra i quali il portale “tunisienumerique”, il quale sottolinea che la visita di Salvini “ha provocato indignazione nelle fila di numerose organizzazioni della società civile, in particolare il Forum tunisino dei diritti economici e sociali”, quest’ultima, “ha scritto una lettera aperta al ministro degli Interni italiano in cui ha affermato che la criminalizzazione da parte dell’Italia delle operazioni di soccorso in mare avrà conseguenze gravi, catastrofiche e persino penali”, come riporta il portale.
Dopo l’arrivo in aeroporto, dove è stato accolto dall’ambasciatore Lorenzo Fanara e dal direttore generale della cooperazione internazionale del ministero dell’interno tunisino, Ezzedine Al Amri, era previsto un incontro con alcuni imprenditori italiani che lavorano in Tunisia
(da Globalist)
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Settembre 28th, 2018 Riccardo Fucile
IL RITORNO DELLA POLITICA CHE GUADAGNAVA CONSENSI AUMENTANDO IL DEFICIT… IN ATTESA DEL BOTTO
Qual è la sostanza: pagheremo la campagna elettorale penta-leghista aumentando il deficit, spendendo soldi che non ci sono.
Una ‘ubriacatura’ che durerà il tempo di guadagnare un po’ di consenso per le europee e al resto ci penseranno i posteri.
E’ stato raggiunto l’accordo sulla Manovra economica. L’intesa è stata raggiunta sul rapporto deficit-pil al 2,4% che comprende una riduzione delle tasse per le imprese del 15%
Una propaganda ridicola che potrebbe far ridere se non fosse una tragedia e non fosse campagna elettorale finanziata dalle tasche degli italiani e che aumenterà i debiti che prima o poi la già indebitatissima Italia dovrà pagare esattamente come la Grecia.
In pratica è come se una famiglia in crisi economica scegliesse di indebitarsi ulteriormente e dilapidare in pochi mesi quel che gli resta, un po’ come faceva il conte Mascetti di Amici Miei.
Che per – come ricorderanno gli amanti di Monicelli – o faceva il ‘rigatino’ fuggendo dagli alberghi senza pagare, oppure veniva soccorso dai suoi facoltosi amici.
Che l’Italia non ha. Anzi, a occhio grazie alla cura Salvini gli unici amici sono Trump e Orban i campioni dell’egoismo.
Dicono: l’ha fatto Macron. Ma qualcuno conosce la differenza tra il debito pubblico francese e quello italiano? Qualcuno sa quel è lo spread (ossia gli interessi sul debito) che pagano i francesi e quanto più pagano gli italiani?
(da Globalist)
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