Dicembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
I TRE VOTERANNO CONTRO LA RISOLUZIONE DEL GOVERNO SUL MES
Il senatore M5S Stefano Lucidi è ormai a un passo dall’addio al Movimento, mentre è in corso il dibattito nell’Aula di Palazzo Madama sulle comunicazioni del premier Giuseppe Conte sul Consiglio europeo e sul Mes.
A palazzo Madama, hanno calcolato alcuni senatori del Movimento, la risoluzione di maggioranza passerebbe a maggioranza ma con un numero di voti ancora in ribasso: potrebbero essere infatti solo 157 i voti a favore.
Tra i contrari, sembra ormai certo, i tre senatori M5s che hanno già votato contro la fiducia sul dl sisma: lo stesso Lucidi, Francesco Urraro e Ugo Grassi.
In molti prevedono il passaggio alla Lega per almeno due di loro. A questi si aggiunge il voto contrario di Gianluigi Paragone che intende intervenire in dissenso rispetto al documento di maggioranza.
Al contrario la maggioranza potrebbe contare sui voti di alcuni deputati del Misto, a partire dagli “esuli” M5s come il comandante Gregorio De Falco ed altri.
Critico verso gli imminenti passaggi di gruppo è il senatore M5s Primo Di Nicola, che su Facebook scrive: “Lo spettacolo dei parlamentari che cambiano casacca solo per assicurarsi un seggio lo avevo sempre vissuto dall’esterno, raccontandolo come giornalista. Penoso, semplicemente. Dall’interno è ancora peggio, perchè si ascoltano dai diretti interessati motivazioni persino più avvilenti. E già , perchè in diversi stanno per fare il grande salto: la Lega sembra avere stretto i tempi delle operazioni d’ingaggio, con i voltagabbana che si sfilano mancando anche i voti di fiducia in vista del tradimento finale del mandato a suo tempo ricevuto nei rispettivi collegi elettorali. L’obiettivo è far cadere il governo, con le promesse di seggi che corrono all’antico mercato delle vacche. Cambiano le facce dei protagonisti, ma lo spettacolo, ahimè, è sempre lo stesso”
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
SDEGNO IN CITTA’, POI LO CANCELLA E (FORSE) SI DIMETTE DA SEGRETARIO DEL PARTITO
Un post condiviso, con la fotografia di alcune ragazze di colore in un corteo definite “sardine nere per difendere i diritti di clandestini e immigrati” e un commento intollerabile: “Quando non battono, nuotano”.
A scriverlo sulla sua pagina Facebook, infarcita di post simili, il segretario della Lega di Cremona e consigliere comunale Pietro Burgazzi. Post cancellato subito dopo l’ondata di indignazione che avrebbe portato – a quanto sembra – alle dimissioni da segretario cittadino della Lega.
Burgazzi ha condiviso uno pseudo-articolo con la fotografia della manifestazione di alcune ragazze di colore in corteo definite “sardine nere per difendere i diritti di clandestini e immigrati” con quel commento sessista e razzista.
Il sindaco di Cremona, il dem Gianluca Galimberti, che fra l’altro proprio ieri aveva partecipato alla manifestazione contro l’odio social a Milano al fianco di Liliana Segre e degli altri primi cittadini, ha preso posizione: “Quello del consigliere Burgazzi è un commento che offende tutte le donne innanzitutto, che offende le donne e le persone di colore, che offende chi manifesta pacificamente le proprie idee. Dietro a questo commento c’è violenza, c’è brutalità , c’è volgarità , ci sono stereotipi. C’è anche la volontà di ferire senza conoscere. A prescindere – è la reazione di Galimberti -. Trovo grave che una persona, chiunque sia, possa scrivere così. Trovo gravissimo che lo faccia un uomo delle istituzioni. Esprimere le proprie idee non corrisponde a esprimere odio. Sbagliato sempre, pericoloso sempre, da condannare sempre. L’odio, e vengo dalla manifestazione a Milano con Liliana Segre, non ha futuro”.
Burgazzi ha cancellato il post, che però continua a girare perchè fotografato da molti utenti, ma non sembra essersi pentito.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
IL LEGHISTA TENTA LA SUPERCAZZOLA E PROVA A NEGARE, MA NON VA: I RESOCONTI PARLAMENTARI LO SMENTISCONO
Stamattina, dopo essere stato chiamato in causa più volte dal M5s Giancarlo Giorgetti, che ha votato il pareggio di bilancio in Costituzione, ha provato a salvarsi in corner in questo modo: “Io sono stato relatore” del ddl sul pareggio di bilancio “ma in quel provvedimento combattei una battaglia per introdurre nella Costituzione italiana non il pareggio di bilancio ma l’equilibrio di bilancio. Ricordo che il Corriere della sera, in un articolo di fondo del 3 marzo 2012 a firma di Alesina e Giavazzi, difendeva il pareggio di bilancio senza se e denunciava che c’era qualcuno come il sottoscritto che voleva introdurre il pericoloso equilibrio di bilancio, concetto — cari M5s- che vi consente di poter fare manovre in deficit come quella che vi apprestate ad approvare”. M
a cosa sta dicendo Giorgetti di preciso?
In primo luogo va ricordato che Giorgetti ha votato in due occasioni la norma che introduceva IL PAREGGIO di bilancio. Se lui pensava di votare invece l’equilibrio, è un suo problema.
Che Alesina e Giavazzi l’abbiano attaccato per quello che pensava di fare può essere vero; quello che ha materialmente fatto è stato votare per il pareggio di bilancio.
In più, come ha ricordato l’AGI qualche tempo fa, il 5 marzo 2012, quando la Camera ha dato definitivamente il suo via libera — in seconda lettura — alla legge costituzionale che ha introdotto il pareggio di bilancio in Costituzione, Giorgetti si era espresso in modo nettamente favorevole al provvedimento.
Il suo intervento in aula cominciava così: “Signor Presidente, il risanamento e la stabilizzazione della finanza pubblica rappresentano la pre-condizione per consentire all’Italia di affrontare con successo gli scenari competitivi determinati dalla globalizzazione e di registrare tassi di crescita economica adeguati”.
Giorgetti, poi, sottolineava come la norma uscita dai lavori della Camera fosse coerente anche con il Fiscal Compact, che era stato approvato in sede europea successivamente all’inizio della trattazione a Montecitorio dell’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione.
Diceva a tal proposito Giorgetti: “Abbiamo anche la soddisfazione di sottolineare che ciò che abbiamo in qualche modo scritto noi in Commissione è coerente con quello che poi è stato definito in sede europea. Allo stesso tempo il provvedimento, per come è congegnato, è tale da lasciare al livello nazionale quel margine di discrezionalità necessario ad affrontare contingenze future ed eventi imprevisti”.
Insomma, per il deputato della Lega era un buon provvedimento, che non avrebbe legato eccessivamente le mani ai futuri esecutivi.
Quanto alle critiche secondo cui il rigore avrebbe limitato le possibilità di crescita per l’economia, Giorgetti infatti sosteneva che “il provvedimento (…) presenta margini di elasticità e di flessibilità non trascurabili e (…) agevola (…) il perseguimento in ambito europeo di strategie che si pongano come obiettivi la crescita, l’occupazione e la competitività ”.
Infine, la flessibilità nel deficit è già contenuta nelle regole europee e dipende da criteri che non ha inventato Giorgetti.
Il quale, semplicemente, tenta la supercazzola ma… non va.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
SULLA RIVISTA ECONOMICA “OXFORD SCHOOL OF LAW” L’ARTICOLO “THE RIDICULOUS DRAMA IN ROME TO REFORM THE ESM TREATY” CHE STRONCA LE TESI DEI SOVRANISTI ITALICI
L’altro giorno a Bruxelles la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha spiegato che per l’Italia il fatto di essere dentro al MES potrebbe addirittura spingere gli investitori a non comprare titoli di Stato perchè introdurrebbe l’eventualità che l’Italia sia costretta in futuro a ristrutturare il suo debito pubblico.
Questa è solo una delle tante fregnacce che i politici stanno raccontando in questi giorni sulla “trappola” del Meccanismo Europeo di Stabilità .
A qualcuno potrebbe venire che però quello che dice Giorgia Meloni o quello che balbetta Matteo Salvini quando parlano delle CACs possa avere un fondo di verità . Perchè dopo mesi e mesi di silenzio negli ultimi giorni tutti hanno scoperto l’esistenza delle Collective Action Clauses (CACs) che con la riforma del Trattato diventano single limb, vale a dire che in caso di applicazione delle clausole dal 2022 sarebbe sufficiente un’unica deliberazione dei possessori dei titoli pubblici al fine di modificare i termini e le condizioni di tutte le obbligazioni.
Per i sovranisti e i sovranari questo è un complotto bello e buono, di quelli che addirittura manderanno alla rovina il Paese perchè nessuno vorrà più prestarci i soldi perchè potremmo, in caso di crisi, andare verso una ristrutturazione del debito. Ristrutturazione che non nè automatica nè obbligatoria in base al Trattato sul MES. C’è addirittura chi sostiene che le CACs impedirebbero un ritorno alla lira e una conseguente ridenominazione (leggi: ristrutturazione) del debito pubblico e dei titoli di stato in una nuova valuta diversa dall’euro.
A smentire le balle di Lega e Fratelli d’Italia sulle CACs c’è un articolo di Theresa Arnold, Ugo Panizza e Mitu Gulati pubblicato sul sito della Oxford school of Law dal titolo abbastanza esplicativo: The Ridiculous Drama in Rome Over Proposals to Reform the ESM Treaty.
Sono infatti le CACs la dimostrazione da un lato del presunto tradimento di Conte e dall’altro del complotto da parte degli anonimi burocrati europei che si divertono a cancellare le informazioni dal sito del MES.
Eppure, spiegano gli autori dell’articolo, che il 99% del debito pubblico italiano è sottoposto alle leggi italiane «questo significa che qualsiasi governo italiano che volesse ristrutturare il debito avrebbe a disposizione un’ampia varietà di opzioni per farlo» a prescindere o meno dalle CACs. Questo ovviamente lo sanno anche coloro che comprano i titoli di Stato e che quindi dovrebbero essere quelli spaventati dall’introduzione delle CACs (che in realtà esistono dal 2013) al punto da non comprare più il nostro debito pubblico. Se fosse vero quello che dice Giorgia Meloni semplicemente già oggi (e già prima delle CACs) un ipotetico investitore avrebbe dovuto smettere di comprare Bot e BTP. Già adesso il governo italiano potrebbe decidere di ristrutturare il debito, dicendo ai creditori che da oggi il valore dei titoli in loro possesso viene tagliato del 40% (o un’altra cifra).
In poche parole lo Stato italiano non ha bisogno delle CACs per ristrutturare il debito, e questo lo sanno tutti.
E ancora, gli autori spiegano che ai creditori non rimarrebbe che l’opzione (costosa) di fare causa allo Stato. Il quale per evitare il fastidio di andare in tribunale potrebbe semplicemente dire che chi non accetta la ristrutturazione del debito dovrà pagare una tassa ulteriore.
Tutte queste opzioni (e questo potere) dello Stato a proposito del debito esistono già e non sono una conseguenza delle CACs. Anzi le clausole in cauda venenum di Salvini servono per cercare di ristrutturare il debito in accordo con i creditori, ovvero in modo più favorevole per loro.
Ma indovinate un po’, gli investitori non sono spaventati nè dalle CACs nè da una ristrutturazione del debito.
La prova? Hanno continuato a comprare i titoli di Stato. Quindi, si chiedono ad Oxford i politici italiani, ci sono o ci fanno?
La risposta è molto semplice: fanno terrorismo su una materia oscura ai più. Esattamente come tutta la polemica sul MES.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
SE L’ASSOCIAZIONE HA COSI’ TANTI SOLDI PER FINANZIARE IL PARTITO DELLA MELONI PERCHE’ PRENDE 64.000 EURO DI SOLDI PUBBLICI DALLA REGIONE VENETO?
È uno strano giro di denaro quello dei finanziamenti a Fratelli d’Italia rivelato dall’Espresso.
Il partito che in Italia combatte le lobby a quanto pare non ha molti problemi a farsi finanziare dai lobbisti.
Ma c’è una cosa ancora più curiosa: l’Associazione Cacciatori Veneti avrebbe donato — in modo legittimo — un contributo da 70 mila euro al partito di Giorgia Meloni. Fino a qui niente di male, anche se oggi a presiedere l’ACV è Sergio Berlato, già assessore regionale ed eurodeputato attualmente è consigliere regionale in Veneto e tornerà a Bruxelles dopo la Brexit non appena il Regno Unito “libererà ” i suoi seggi all’Europarlamento
L’associazione presieduta dalla deputata di FDI incassa 64 mila euro dalla Regione e ne dà 70 mila al partito della Meloni
Prima di Berlato a presiedere l’Associazione Cacciatori Veneto — che conta oltre tredicimila iscritti — era Maria Cristina Caretta, oggi presidente nazionale di CONFAVI (Confederazione delle Associazioni Venatorie Italiane) e deputata di Fratelli d’Italia. Ma cosa c’è di così strano se un’associazione finanzia, in maniera legittima, un partito politico? Nulla, o quasi.
Perchè come ha fatto notare il consigliere regionale Andrea Zanoni nel 2018 l’ACV ha ricevuto dalla Regione Veneto un contributo pari a poco più di 64 mila euro. Anche qui, nulla di strano o di illegittimo.
Perchè il Veneto elargisce annualmente parecchi soldi alla cosiddetta lobby dei cacciatori: 350 mila euro in totale nel 2018 e 250 mila euro nel 2019. Per il 2020 il contributo regionale alle associazioni venatorie del Veneto sarà di 300 mila euro.
Si chiede Zanoni che senso abbia erogare un contributo pubblico, ovvero soldi dei cittadini veneti, ad un’associazione che può permettersi di donarne altrettanti (anzi di più) ad un partito politico.
«Chi può permettersi 70mila euro di contributo a un partito non ha certo bisogno di soldi dalla Giunta per la propria attività », sostiene Andrea Zanoni che si chiede se quei soldi che la Regione dà alle associazioni venatorie possano essere meglio spese.
E chissà se i soci dell’ACV sono tutti a conoscenza del fatto che la loro associazione finanzia un preciso partito politico.
La risposta è sì, anche perchè nel marzo del 2018 sulla pagina Facebook dell’ACV veniva pubblicato l’invito a votare proprio per Maria Cristina Caretta, candidata alle politiche dello scorso anno.
ergio Berlato, che è diventato presidente quest’estate (anche se sul sito la presidente risulta ancora essere l’onorevole Caretta), risponde alle accuse spiegando che «il finanziamento di 70mila euro a Fratelli d’Italia è stato fatto nel rispetto della legge e che, nel rispetto dello statuto dell’associazione, è stato deliberato dal consiglio regionale di Acv e ratificato dall’assemblea». Tutto regolare, come detto.
E per la questione dei finanziamenti regionali «quei soldi sono stati spesi per specifici progetti, attività che poi vengono rendicontate, sulla base di dettagliati bandi».
Sul sito dell’Associazione però non risulta che siano pubblici i rendiconti o il bilancio.
Anche qui nessuno contesta la regolarità nell’uso dei fondi. Solo ci si chiede che senso abbia dare decine di migliaia di euro ad un’associazione che ha così tanti soldi da poterne donare 70mila ad un singolo partito politico.
Come al solito non è questione di rispetto delle regole (che sono state rispettate) ma di opportunità .
Perchè vista da fuori questa situazione sembra il gioco delle tre carte, dove 64 mila euro entrano da una parte (pubblica) e 70 mila ne escono da un’altra, verso un partito. Di sicuro quei 64 mila euro saranno stati utilizzati per realizzare progetti e organizzare convegni. Ma che bisogno c’era di chiedere un contributo pubblico se l’associazione aveva tutta questa disponibilità di denaro per finanziare Fratelli d’Italia?
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
E CI SI METTE PURE STEFANO PARISI A SBAGLIARE “LIBERATORI”, SALVO POI FARE TUTTI MARCIA INDIETRO
Il Tg2 diretto da Gennaro Sangiuliano riscrive e rilegge a modo suo la storia del Novecento.
Un compito arduo e difficile che al telegiornale della seconda rete Rai affrontano con umiltà e la forza di studi matti e disperatissimi.
L’ultima fatica storiografica è andata in onda durante l’edizione delle 20:30 dell’8 dicembre nel servizio di Chiara Prato in ricordo di Piero Terracina, uno degli ultimi sopravvissuti allo sterminio nazista e reduce del campo di Auschwitz-Birkenau morto tre giorni fa a Roma a 91 anni.
Terracina, deportato in Germania all’età di 15 anni, fu l’unico della sua famiglia a fare ritorno a casa. Ad un certo punto, mentre sullo schermo passano delle immagini d’archivio della liberazione di un campo di concentramento la giornalista afferma «c’è anche lui in queste immagini sbiadite filmate dagli americani a liberare Auschwitz».
Il che è vero solo se la vostra fonte è il film La vita è bella di Roberto Benigni, dove appunto è un carro armato statunitense a fare l’ingresso nel campo di concentramento dove sono rinchiusi il protagonista e il figlio. Ma il lager nazista del film di Benigni non è Auschwitz, ma solo un campo “di fantasia” che non esiste nè è mai esistito nella realtà .
Il vero campo di concentramento in cui invece fu imprigionato Piero Terracina esiste, attualmente si trova in Polonia e fu liberato il 27 gennaio del 1945 (che è la data scelta per il giorno della Memoria) dalle truppe sovietiche dell’Armata Rossa.
Alla giornalista che invocava la necessità di «fare memoria del passato» non è balenata l’idea di verificare le informazioni e nessuno in Redazione pare essersene accorto. Almeno fino all’edizione del giorno dopo quando dando la notizia dei funerali di Terracina la giornalista ha ricordato che «il campo di Auschwitz venne liberato dalle truppe sovietiche il 27 gennaio del 1945»
Ma non bisogna essere troppo severi con il Tg2, perchè ieri anche Stefano Parisi ha cinguettato sul falso storico degli americani che hanno liberato gli ebrei: «questa sera a Milano qualcuno ha cantato Bella Ciao. Dopo l’Inno di Mameli intonato a gran voce da tutti. Nulla contro Bella Ciao ma forse bisognava intonare l’inno USA. Sono gli americani che hanno liberato gli ebrei dai campi di concentramento». Il che non è assolutamente vero.
È vero invece che anche gli americani hanno liberato i prigionieri di alcuni campi di concentramento (ad esempio quello di Mauthausen, liberato dagli USA il 5 maggio del 1945) ma è come dire che la Seconda Guerra Mondiale è stata vinta solo dagli americani e non anche dai russi o dagli inglesi (anche i britannici parteciparono alla liberazione dei campi di concentramento nazisti come ad esempio Bergen-Belsen).
Qualcuno ha fatto notare a Parisi che aveva preso una cantonata e allora l’ex candidato sindaco di Milano ha concesso che anche i sovietici liberarono i campi (dimenticando gli inglesi) ma che furono gli americani a liberarci dal Fascismo mentre nella Russia comunista (impegnata a sconfiggere il Nazismo sul fronte orientale) “milioni di morti e dissidenti nei gulag”.
Ecco, è questa visione manichea della storia che forse sarebbe bene che politici e giornalisti abbandonassero una volta per tutte.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
IL PRESTIGIOSO E MERITATO RICONOSCIMENTO ALLA “FORZA DELLA GIOVENTU’ CHE HA DENUNCIATO I CAMBIAMENTI CLIMATICI”
Il suo impegno per l’ambiente, nell’ultimo anno, ha attirato milioni di giovani di tutto il Mondo. Per questo motivo e per sottolineare il potere della gioventù, il Time ha deciso di nominare Greta Thunberg come persona dell’anno del 2019.
L’annuncio ufficiale è arrivato attraverso un post social sui canali della rivista americana che, dal 1927, sceglie il personaggio o la personalità che nel corso degli ultimi 12 mesi si è distinto per il suo ruolo attivo sotto varie sfaccettature
E il titolo ‘Person of the year’ del 2019 non poteva che andare alla giovanissima attivista svedese. ù
Il sottotesto della copertina del Time recita una frase simbolo delle motivazioni che hanno spinto la rivista a concedere questa onorificenza simbolica: «Power of youth». Quella forza della gioventù che ha spinto i suoi coetanei (e non solo) ad accendere una lampadina su un male del mondo chiamato emergenza climatica, di cui l’essere umano — sotto molti aspetti — è il responsabile
E negli annali del Time, Greta Thunberg è anche la più giovane ad aver ottenuto questo riconoscimento.
Una sorta di premio per il suo impegno e per le sue battaglie da Nord a Sud, passando per l’Est e l’Ovest, per redarguire i potenti e i governi ad attuare politiche più rispettose per l’ambiente. Le sue parole, le sue gesta e le sue manifestazioni sono state prese da esempio da milioni di giovani.
I Fridays For Future, il Global Strike sono diventati simboli di una generazione che vuole dire la sua per tutelare il proprio futuro e quello dei figli, dei nipoti e di quanto abiteranno il Pianeta terra. Greta ha smosso tutto questo nel giro di un anno, resistendo alle spallate dei complottisti della prima ora. Il riconoscimento del Time, dunque, è sacrosanto e legittimo.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
MA UN PO’ DI AUTOCRITICA MAI?
Una volta era colpa dei governi precedenti. Un ritornello che ha portato il Movimento 5 Stelle a essere (per diverso tempo) la prima forza politica in Italia.
Poi sono passati due esecutivi a trazione gialla: il primo, quello con la Lega di Matteo Salvini, caduto dopo la crisi di agosto al Papeete Beach; il secondo, quello in coabitazione con Pd, Italia Viva e LeU, ancora in vita nonostante le continue difficoltà che non fanno altro che porre sul calendario una data di scadenza.
Entrambi i governi hanno evidenziato un crollo nei consensi nell’elettorato pentastellato, con gli ultimi sondaggi M5S che mostrano numeri più che dimezzati rispetto a un anno e mezzo fa.
Ma per Beppe Grillo la colpa è tutta dei sondaggisti.
La ricostruzione fantasiosa, con picchi di complottismo spinto, la fa lo stesso garante pentastellato sul proprio blog, in cui accusa le varie società che si occupano di sondaggi, di aver artatamente fatto crollare il consenso popolare del Movimento 5 Stelle agli occhi degli elettori. Secondo Beppe Grillo, infatti, le risposte alle domande dei sondaggisti sono «molto spesso, sono incerte e talvolta influenzate dagli stessi quesiti formulati».
Colpa dei sondaggi M5S che mostrano un calo anche per via delle domande poste dai vari istituti che si occupano di esporre dati in base al sentimento momentaneo degli elettori italiani.
Poi inizia con l’elenco di moltissime aziende private (come è ovvio che sia, proprio per definizione) raccontando tutte le gesta dei propri dirigenti. Una sorta di racconto di verità già note con il solo obiettivo di giustificare il calo dei consensi del Movimento 5 Stelle per colpa dei sondaggisti.
Non per colpa di un Movimento nato sotto i migliori auspici prima di deludere più della metà degli elettori per via di alleanze strampalate ed eterogenee (sia quella con la Lega, con visioni opposte su molto, sia quella con la sinistra).
Non perchè, da quando i pentastellati hanno messo le terga sulle poltrone del potere hanno capito (veramente) come il populismo, alla fine, si paghi a caro prezzo per via delle ovvie difficoltà di gestire un Paese difficoltoso come l’Italia.
Niente responsabilità : la colpa è di chi fa domande che influisce sul sentimento degli elettori.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
SCENDE LA FIDUCIA IN SALVINI E NELLA MELONI, SALGONO GLI ALTRI
I sondaggi di Ixè per Cartabianca mostrati da Bianca Berlinguer durante la trasmissione vedono la Lega di Salvini al 30,6% e il Partito Democratico al 20,8%. Il MoVimento 5 Stelle è al 16,3% mentre Fratelli d’Italia rimane al 10,6% seguito da Forza Italia al 7,6%.
Insieme, il Centrodestra porta a casa il 48,8% dei voti espressi nella rilevazione: Italia Viva è al 3,3%.
La scorsa settimana la Lega era al 31,2% e Fratelli d’Italia all’11%, mentre il PD era al 20,7% e il M5S al 15,9%. Dei primi quattro partiti quindi soltanto il M5S guadagna voti in questa rilevazione.
Infine c’è la fiducia nei personaggi politici, che vede al primo posto ancora il presidente del Consiglio Giuseppe Conte seguito da Salvini e Meloni che però sono in calo, mentre crescono Zingaretti e Di Maio così come Berlusconi e Renzi.
(da agenzie)
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