Luglio 6th, 2020 Riccardo Fucile
TUTTI HANNO USATO LA LEGISLATURA PER METTERE IN DIFFICOLTA’ L’AVVERSARIO AL VOTO, A COMINCIARE DAL PORCELLUM DI CALDEROLI… SE SI VOTASSE CON IL PROPORZIONALE OGGI, FORZA ITALIA AGO DELLA BILANCIA
La riforma della legge elettorale in direzione proporzionale può contribuire a fermare l’avanzata dei sovranisti e rendere Forza Italia l’ago della bilancia della coalizione di centrodestra.
Il Rosatellum che è proporzionale ma assegna un terzo degli eletti con il maggioritario consente infatti a una coalizione di ottenere la maggioranza dei deputati con il 38 e il 42% dei voti.
Questo risultato — stando ai sondaggi attuali — sarebbe alla portata delle due formazioni sovraniste tanto più se in alleanza con Forza Italia.
Con il proporzionale, sia pure con soglia di sbarramento alta che favorisce i partiti più votati, con il 40% si può arrivare al 45/48% dei deputati ma non certo a controllare l’aula. Per questo, spiega oggi il Messaggero, PD e M5S ragionano intorno alla possibilità di costruire una legge elettorale proporzionale, proseguendo una tradizione inaugurata dal Porcellum di Calderoli: usare la legislazione per mettere in difficoltà l’avversario al voto. Spiega oggi Il Messaggero:
C’è un terzo effetto che il proporzionale determinerebbe: il proporzionale — sia pure con sbarramento alto al 5% come prevede l’attuale testo di legge concordato fra Dem e pentastellati — farebbe tornare nelle mani dei partiti il potere di formare i governi.
Un potere che — sia pure smentito da vari ribaltoni — in teoria viene consegnato agli elettori solo dal maggioritario. Elencati gli effetti più importanti dell’applicazione del proporzionale sul sistema politico italiano è bene fare una puntualizzazione: tutti gli addetti ai lavori sottolineano che la materia è imprevedibile per definizione e che quindi è già accaduto in passato che il diavolo (una maggioranza) abbia forgiato una pentola dimenticandosi del coperchio.
Accadde in particolare nel 2006 quando la maggioranza di centro-destra smontò il Mattarellum (maggioritario al 75%) per evitare che il centro-sinistra vincesse a mani basse scoprendo a urne aperte che probabilmente con le vecchie regole avrebbe vinto le elezioni. Oggi inoltre fare calcoli attendibili sui risultati elettorali è impossibile.
Troppe le varianti. I sondaggi infatti vanno presi con le molle. Inoltre a settembre si terrà il referendum popolare che dovrebbe confermare il taglio dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200.
Il combinato disposto di questi elementi determina una possibile composizione della Camera puramente indicativa.
In sintesi se si andasse a votare con l’attuale legge elettorale (sulla base della media dei sondaggi di questa fase) i numeri più probabili per una Camera composta da 400 deputati darebbero nel centro-destra la Lega a quota 125 eletti, seguita da Fratelli d’Italia con 65 deputati e da Forza Italia con 25. Il totale della coalizione “spinta” a costituirsi sulla base degli accordi per i collegi maggioritari si collocherebbe a quota 215.
Una soglia adeguata per varare un governo, ma Forza Italia manterrebbe il potere strategico di staccare la spina. Col proporzionale, come detto, non si potrebbe più parlare di coalizione di centro-destra neanche formalmente. Lega e Fratelli d’Italia arriverebbero a 178 deputati. Forza Italia è accreditata dagli esperti di 30 deputati e avrebbe il potere sia di appoggiare le due forze sovraniste con le quali potrebbe nascere una risicata maggioranza composta da 208 deputati sia una maggioranza Pd-M5S-Svp che con FI supererebbe di poco quota 200.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 6th, 2020 Riccardo Fucile
“ECCO COME SONO DIVENTATA AISHA”… LA RAGAZZA SPIEGA LA SUA CONVERSIONE ALL’ISLAM
“Ero disperata perchè, nonostante alcune distrazioni come studiare l’arabo, vivevo nella paura
dell’incertezza del mio destino. Ma più il tempo passava e più sentivo nel cuore che solo Lui poteva aiutarmi e mi stava mostrando come…”.
Silvia Romano, la cooperante milanese rapita in Kenya nel novembre 2018 e rimasta prigioniera dei terroristi in Somalia per un anno e mezzo, parla per la prima volta a quasi due mesi dal rilascio.
La ragazza, che ora si trova fuori Milano per un periodo di riposo, ha parlato con Davide Piccardo, direttore del giornale online “la Luce”, già portavoce del coordinamento delle moschee di Milano e della Brianza, esponente di spicco della comunità islamica lombarda, a cui Silvia si è avvicinata dal giorno del suo ritorno a Milano. Silvia frequenta la moschea di Cascina Gobba e le associazioni ad essa legate. Al centro del colloquio con Piccardo soprattutto i temi spirituali e legati alla conversione all’Islam maturata durante la prigionia in Somalia.
La cooperante spiega che prima della partenza e prima ancora del rapimento era “completamente indifferente a Dio, anzi potevo definirmi una persona non credente; spesso, quando leggevo o ascoltavo le notizie sulle innumerevoli tragedie che colpiscono il mondo, dicevo a mia madre: vedi, se Dio esistesse non potrebbe esistere tutto questo male … quindi Dio non esiste, altrimenti eviterebbe tutto questo dolore. Mi ponevo queste domande rarissime volte, solo quando – appunto – mi confrontavo con i grandi mali del mondo. Nel resto della mia vita ero indifferente, vivevo inseguendo i miei desideri, i miei sogni e i miei piaceri”.
Silvia Romano spiega anche la sua scelta di indossare il velo islamico: “Il concetto di libertà è soggettivo e per questo è relativo. Per molti la libertà per la donna è sinonimo di mostrare le forme che ha; nemmeno di vestirsi come vuole, ma come qualcuno desidera. Io pensavo di essere libera prima, ma subivo un’imposizione da parte della società e questo si è rivelato nel momento in cui sono apparsa vestita diversamente e sono stata fatta oggetto di attacchi ed offese molto pesanti. C’è qualcosa di molto sbagliato se l’unico ambito di libertà della donna sta nello scoprire il proprio corpo. Per me il mio velo è un simbolo di libertà , perchè sento dentro che Dio mi chiede di indossare il velo per elevare la mia dignità e il mio onore, perchè coprendo il mio corpo so che una persona potrà vedere la mia anima. Per me la libertà è non venire mercificata, non venire considerata un oggetto sessuale”.
Oggi Silvia che è stata oggetto di una violenta campagna di odio social per la sua conversione, spiega di sentirsi “gli occhi della gente addosso: non so se mi riconoscono o se mi guardano semplicemente per il velo; in metro o in autobus credo colpisca il fatto che sono italiana e vestita così. Ma non mi dà particolarmente fastidio. Sento la mia anima libera e protetta da Dio”. La scelta del nome Aisha, come oggi Silvia si fa chiamare, deriva da qui: “Ho sognato di trovarmi in Italia, passavo ai tornelli della metropolitana e sulla mia tessera dell’Atm c’era scritto Aisha e poi è un nome che significa “viva”.
Dopo il rapimento nel piccolo villaggio di Chakama in Kenya dove si trovava per un periodo di volontariato per conto dell’associazione Miele, Silvia Romano racconta di aver cambiato idea sulla religione e di aver chiesto ai suoi carcerieri un Corano per poter leggere e ingannare il tempo. “Dopo aver letto il Corano non ci trovai contraddizioni e fin da subito sentii che era un libro che guidava al bene. Il Corano non è la parola di Al Shabaab!”, dice, riferendosi al gruppo terroristico che l’ha tenuta prigioniera. “Ad un certo punto sentii che era un miracolo, per questo la mia ricerca spirituale continuava e acquisivo sempre più consapevolezza dell’esistenza di Dio”, racconta la giovane
Altri dettagli sul periodo passato in prigionia li racconta quando spiega da dove ha avuto origine la sua conversione: “Un altro momento importante è stato a gennaio, ero in Somalia in una stanza di una prigione, da pochi giorni. Era notte e stavo dormendo quando sentii per la prima volta nella mia vita un bombardamento, in seguito al rumore di droni. In una situazione di terrore del genere e vicino alla morte iniziai a pregare Dio chiedendogli di salvarmi perchè volevo rivedere la mia famiglia; gli chiedevo un’altra possibilità perchè avevo davvero paura di morire. Quella è stata la prima volta in cui mi sono rivolta a Lui”.
Silvia Romano, come già aveva fatto subito dopo la liberazione, ascoltata dai pm che indagano sul suo rapimento, conferma di non essere stata obbligata nè plagiata dai suoi aguzzini, ma di esser diventata musulmana per libera scelta. Di qui la decisione di mostrarsi al suo rientro a Ciampino il 9 maggio scorso indossando la veste tradizionale delle donne musulmane, con un velo verde, il colore dell’Islam.Silvia spiega che la scelta di partire per l’Africa è maturata dopo il “terzo ed ultimo anno di università ” e che facendo la tesi si interessò “moltissimo all’argomento che stavo trattando: la tratta di donne ai fini della prostituzione, da lì ho avuto uno scatto nei confronti delle ingiustizie. Sono sempre stata compassionevole, molto sensibile nei confronti dei bambini, delle donne maltrattate, ho sempre sentito molta empatia, ma il passo successivo, quello di agire davvero, di rendermi utile all’altro con l’azione l’ho fatto solo alla fine dell’università . Ho sentito il bisogno di andare e mettermi in gioco aiutando l’altro nel concreto. L’idea di continuare a studiare e rimanere qui non mi andava, volevo fare un’esperienza vera, per crescere e per aiutare gli altri”.
Silvia nata a cresciuta al Casoretto, parla anche della zona di via Padova a Milano, il quartiere multietnico dove in tanti l’hanno aspettata pregando e organizzando manifestazioni per chiedere la liberazione. E parla della sua famiglia che in queste settimane l’ha protetta dall’aggressione dei social: “Mio padre e mia madre sono sempre stati aperti mentalmente, tolleranti, non hanno mai discriminato e io ho sempre avuto amici di provenienze diverse. I miei genitori mi hanno sempre insegnato a considerare il diverso come un arricchimento, con mia mamma ho sempre viaggiato tantissimo. Ogni estate andavamo in un paese diverso, dal Marocco alla Repubblica Dominicana, all’Egitto, a Capo Verde”.
Spiega che all’inizio era diffidente verso i musulmani: “L’idea che avevo dell’Islam era quella che in molti purtroppo hanno quando non ne sanno niente. Quando vedevo le donne col velo in via Padova, avevo quel tipico pregiudizio che esiste nella nostra società , pensavo: poverine! Per me quelle donne erano oppresse, il velo rappresentava l’oppressione della donna da parte dell’uomo”. La conversione non era maturata in Kenya durante la sua missione da cooperante: “C’era una moschea, c’erano i musulmani, un mio grande amico era musulmano ma io non mi sono mai posta molte domande. Il venerdì lo vedevo con la tunica e sapevo che andava alla moschea, ma la cosa è rimasta lì. C’erano anche delle ragazzine che il venerdì vedevo con il velo ma non c’era proprio interesse da parte mia”. Il primo campanello verso l’Islam è suonato, spiega Silvia Romano, “Nel momento in cui fui rapita, iniziando la camminata, iniziai a pensare: io sono venuta a fare volontariato, stavo facendo del bene, perchè è successo questo a me? Qual è la mia colpa? È un caso che sia stata presa io e non un’altra ragazza? È un caso o qualcuno lo ha deciso? Queste prime domande credo mi abbiano già avvicinato a Dio, inconsciamente. Ho iniziato da lì un percorso di ricerca interiore fatto di domande esistenziali”.
Il passaggio successivo sarebbe avvenuto durante la lunga marcia verso la Somalia: “Quando già ero nella mia prigione; lì ho iniziato a pensare: forse Dio mi ha punito. Forse Dio mi stava punendo per i miei peccati, perchè non credevo in Lui, perchè ero anni luce lontana da Lui”.
(da agenzie)
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Luglio 6th, 2020 Riccardo Fucile
CHI E’ LA COMPAGNA DI VITA DI ENNIO MORRICONE: DALL’INCONTRO PER CASO ALLE DEDICHE AGLI OSCAR
“A lei il più doloroso addio”. Si commiata così, con un necrologio scritto di suo pugno, Ennio Morricone, il compositore scomparso a Roma a 91 anni. E tra gli affetti della vita, quelli ai quali dire ciao per sempre, a Maria Travia, la moglie sposata 63 anni fa, lascia il posto d’onore.
“A Lei rinnovo l’amore straordinario che ci ha tenuto insieme e che mi dispiace abbandonare”, scrive il maestro. Parole da brividi per un amore iniziato a Roma nel 1950 quando i due giovani si conobbero per caso nell’ “Anno Santo”.
Maria è nata nel 1932 a San Giorgio di Gioiosa Marea, Messina, ma l’anno successivo la sua famiglia si trasferì a Roma, dove Maria è cresciuta.
Era amica di Adriana, la sorella di Ennio, e “a me piacque subito moltissimo”, raccontava il compositore.
“Poi Maria ebbe un incidente, con la macchina di suo papà . Un attimo di distrazione, e andò a sbattere. La ingessarono dal collo alla vita, come si faceva allora – ha raccontato Morricone – Soffriva moltissimo. Io le sono rimasto vicino. E così, giorno per giorno, goccia dopo goccia, l’ho fatta innamorare”.
Si sposarono a Roma, dove hanno sempre vissuto, nel 1956 e dal loro matrimonio sono nati quattro figli, Giovanni, Marco, Alessandra e Andrea.
Il loro è stato un amore lungo e straordinario come spiegò lo stesso Morricone: “Nell’amore come nell’arte la costanza è tutto. Non so se esistano il colpo di fulmine, o l’intuizione soprannaturale. So che esistono la tenuta, la coerenza, la serietà , la durata. E, certo, la fedeltà “.
Con parole di “grande gratitudine”, una decina di anni fa Morricone ammise anche che per almeno cinquant’anni lui e la moglie si erano “visti pochissimo”: mentre lui componeva e creava musiche per il cinema lei accudiva i quattro figli. Maria è stata per lui la musa ispiratrice e per certi versi la sua principale collaboratrice dietro le quinte: “E’ Maria che giudica prima di tutti”.
A lei Morricone aveva voluto dedicare sul palco degli Academy Awards l’Oscar alla carriera nel 2007: “Dedico questo Oscar a mia moglie Maria che mi ama moltissimo e io la amo alla stessa maniera e questo premio è anche per lei”.
Anche per il secondo Oscar, quello del 2016 per le partiture del film di Quentin Tarantino “The Hateful Eight”, il maestro alzò la statuetta e in onore della donna della sua vita disse: “Lo dedico a mia moglie Maria, mio mentore”.
Un amore fatto di grandi soddisfazioni, di passioni ma anche di difficoltà che Ennio Morricone spiegava così: “Maria è stata bravissima a sopportare me. È vero, qualche volta sono stato io a sopportarla. Ma vivere con uno che fa il mio mestiere non è facile. Attenzione militare. Orari rigorosi. Giornate intere senza vedere nessuno. Sono un tipo duro, innanzitutto con me stesso e di conseguenza con chi mi sta attorno”.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 6th, 2020 Riccardo Fucile
STRUGGENTE E PIENO DI TENEREZZA IL MESSAGGIO ALLA MOGLIE: “UN AMORE STRAORDINARIO CI HA TENUTO INSIEME”
“C’è solo una ragione che mi spinge a salutare tutti così e ad avere un funerale in forma privata
non voglio disturbare”. È questa la ragione che ha spinto Ennio Morricone a voler mantenere nella forma più riservata possibile il compianto della sua morte. Il grande compositore, scomparso questa notte alle 2.20 circa, ha voluto scrivere nero su bianco il suo necrologio.
Parole commoventi, che il suo avvocato nonchè amico di famiglia Giorgio Assumma ha enunciato ai cronisti che affollano l’entrata del Campus Biomedico, dove Morricone era stato ricoverato a seguito di una frattura del femore e dove è spirato all’età di 91 anni per, spiega il legale, “complicazioni post operatorie”.
“Io Ennio Morricone sono morto”, questo l’incipit del testo che, ha sempre spiegato Assumma, è stato ritrovato dai famigliari e scritto dal Maestro prima della caduta che lo avrebbe portato alla morte. ” Lo annuncio così, a tutti gli amici che mi sono stati vicini ed anche a quelli un po’ lontani, che saluto Con grande affetto. Impossibile nominarli tutti”.
Poi passa in rassegna solo alcuni amici tra i più cari, tra il quali “Peppuccio” così chiamava Giuseppe Tornatore, le sorelle, i figli “spero che comprendano quanto li ho amati” . Ma l’ultimo saluto, il più struggente, è al suo grande amore Maria, la moglie, compagna di una vita. “A Lei rinnovo l’amore straordinario che ci ha tenuto insieme e che mi dispiace abbandonare. – conclude il Maestro -. A Lei il più doloroso addio”.
La camera ardente, al piano -2 del Campus, è completamente off limits.
Nessuno può avvicinarsi, nemmeno per portare i fiori, e sarebbe comunque vietato per le limitazioni imposte dal Covid. Non si vedono nemmeno fan, nel sole accecante del campus a Trigoria, non lontano dal campo di allenamento della sua squadra del cuore, l’As Roma. Il rispetto per il Maestro che ha segnato generazioni con le sue memorabili colonne sonore è massimo.
Il maestro Ennio Morricone era stato ricoverato al Campus biomedico circa un mese fa, dopo una caduta dovuta ad un mancamento per un disturbo respiratorio che gli aveva provocato la frattura del femore. Operato immediatamente,il Maestro è stato poi ricoverato in medicina interna, dove è deceduto sempre per complicanze respiratorie. Così il primario emerito di ortopedia e professore ordinario all’Università Campus Biomedico di Roma Vincenzo Denaro, anche amico della famiglia del grande compositore, ha spiegato ai cronisti davanti all’entrata del Policlinico di Trigoria le ultime giornate di Morricone.
“È stato lucido e presente fino alla fine, ci ho parlato ieri mattina – continua il medico – si aspettava la sua morte e ha pianificato il suo funerale nei minimi dettagli, non voleva nessuna pubblicità “.
Nel 2015 il Maestro si era già fratturato la gamba, “una frattura importante” stavolta per cause traumatiche.
“È avvenuto il 7 agosto del 2015 e i primi di settembre aveva un importante concerto all’Arena di Verona – spiega il professore – mi ha chiesto di operarlo in modo che potesse essere in condizioni di condurre il concerto. Questo dimostra la grande forza d’animo e la grandezza di Morricone, un uomo che ha portato lustro alla nostra terra”.
(da agenzie)
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Luglio 6th, 2020 Riccardo Fucile
DEFINIRE IL CONCETTO COME “LA PIU’ ALTA FORMA DI LIBERTA'” NEL 2020 FA RIDERE: SE NE FREGA ANCHE DEI DOVERI? DELLE MISURE CONTRO LA PANDEMIA? DEL PAGARE LE TASSE ALLO STATO? DEI DIRITTI ALTRUI? DELLE LEGGI?… D’ANNUNZIO SI RIVOLTA NELLA TOMBA
Gimmi Cangiano, candidato alle Regionali in Campania per Fratelli d’Italia, ha scelto come slogan della sua campagna il motto fascista ‘Me ne frego’:
Nel poster di Cangiano, il motto è ovviamente colorato con il tricolore italiano ed è descritto come «la più alta forma di libertà ».
In una dichiarazione in cui spiega la scelta, invece, il candidato di FdI, ricongiunge «me ne frego» al suo uso durante la prima guerra mondiale da parte degli Arditi, in un contesto che è fin troppo simile al «Make America Great Again» di Trump.
«Da tre parole che per molti saranno solo una provocazione, ma che per me restano la più alta forma di riscatto e di libertà . Non come è stato per Achille Lauro a Sanremo. Ma come fu per gli Arditi. Che sui campi di battaglia fecero di queste parole l’arma per costruire un’Italia finalmente orgogliosa e fiera. Che diedero la vita per difenderla. Che disprezzarono la morte. Insegnandoci con l’esempio a non arrenderci mai. Mi metto in gioco. Ancora una volta. Ed ancora per gli stessi motivi. Perchè questa terra la porto nel cuore. Perchè non mi arrendo a chi ci vuole cittadini tristi e sottomessi. Perchè ME NE FREGO! In tutti i sensi in cui è possibile fregarsene», ha detto Cangiano in una dichiarazione che in realtà non chiarisce nulla.
Il motto apparve per la prima volta nei manifesti lanciati dagli aviatori del Carnaro su Trieste
Il motto «Me ne frego» fu riciclato da una canzone di guerra degli Arditi da Mussolini e D’Annunzio intorno al 1920 per uno dei primi canti fascisti italiani. Durante gli anni, è diventato una delle canzoni e degli slogan più emblematici della propaganda fascista in Italia riconducibili alle camicie nere.
(da agenzie)
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Luglio 6th, 2020 Riccardo Fucile
LA CONDANNA A 5.700 EURO DI MULTA PER I CORI RAZZISTI CONTRO I NAPOLETANI
Le immagini hanno fatto il giro dei social network. Anche perchè gli account ufficiali della Lega
hanno contribuito ripetutamente. Il figlio 15enne di Selvaggia Lucarelli, Leon, si era confrontato in maniera piuttosto risoluta, ma sempre civile, con Matteo Salvini che si era recato a Milano per il suo consueto bagno di folla.
Il ragazzo aveva messo in correlazione l’esperienza del leader della Lega e del governo di cui ha fatto parte lo scorso anno con il razzismo. Il confronto con Salvini ha portato la polizia a identificare lo stesso Leon, a chiedergli le generalità e a sollevare un polverone mediatico.
Oggi, Selvaggia Lucarelli è tornata sull’argomento dopo che, nella giornata di ieri, oltre a criticare la propaganda social della Lega — che ha pubblicato per due volte il video del figlio della giornalista -, ha anche difeso il figlio in un articolo per TPI, in cui si metteva in risalto semplicemente il coraggio delle idee di un ragazzo di 15 anni che si affaccia alla vita degli adulti e che, pertanto, sente il bisogno di affrontare anche alcune tematiche legate alla politica.
La giornalista, riprendendo un articolo del Fatto Quotidiano del gennaio 2020 che a sua volta cita una indiscrezione rilevata da Cronaca Qui, ricorda come dare del razzista a Matteo Salvini «non è insultarlo, è citare correttamente passi della sua biografia».
In base a quell’indiscrezione, infatti, si afferma che il leader della Lega — per alcuni cori di discriminazione territoriale nei confronti dei napoletani durante una festa del Carroccio a Pontida — sia stato condannato al pagamento di una multa per 5700.
Selvaggia Lucarelli, dunque, risponde così a tutte le persone che stanno contestando al figlio un presunto reato di diffamazione o di ingiuria nei confronti del leader della Lega. Con un episodio della vita di Matteo Salvini a fare da testimone.
(da agenzie)
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Luglio 6th, 2020 Riccardo Fucile
PER DUE TERZI DEGLI ELETTORI DELLA LEGA IL PROBLEMA RAZZISMO NON ESISTE: ESSENDO RAZZISTI, OVVIO CHE NON AMANO CHE SE NE PARLI … TRA GLI ELETTORI DEGLI ALTRI PARTITI (COMPRESO FDI) LA MAGGIORANZA PENSA CHE IL PROBLEMA ESISTA
Per la stragrande maggioranza degli elettori della Lega non c’è un problema razzismo in Italia. I risultati emergono da un sondaggio di Demos & PI illustrato da Ilvo Diamanti oggi su Repubblica, che dice che per il 60% degli italiani esiste ma per gli elettori del Carroccio no.
A sorpresa, gli elettori del partito di Giorgia Meloni sono anche d’accordo o addirittura hanno partecipato alle manifestazioni Black Lives Matters (il 54%), mentre anche qui gli elettori della Lega sono più freddi: per loro la percentuale cala al 32%.
Nel centrodestra fa eccezione Forza Italia, mentre per quanto riguarda i due più grandi partiti al governo le percentuali sono 68% per il Partito Democratico e 69% per il MoVimento 5 Stelle. Spiega Diamanti:
Il fattore più significativo, al proposito, è sicuramente l’età . La generazione.
Il problema, infatti, è considerato serio da circa 8 giovani su 10, con meno di 30 anni. Disposti a mobilitarsi per contrastare il razzismo. Come, d’altronde, la maggioranza delle persone di ogni età .
Tuttavia, l’attenzione dei giovani appare più evidente. Perchè si tratta di generazioni globali. Che hanno conosciuto e conoscono il mondo. Cresciute, a scuola nel tempo libero, con altri giovani, di “altro colore” e di “altra nazionalità ”. Per questo hanno smesso di considerarli “altri”. Anche la posizione politica ha importanza. Com’era prevedibile. Tuttavia, è interessante osservare che solo fra gli elettori della Lega il razzismo sia considerato un problema poco rilevante. E che un terzo dei leghisti si riveli attento e reattivo, sull’argomento.
Mentre oltre la metà degli elettori dei FdI si dice d’accordo con le manifestazioni contro il razzismo, nonostante che la quota di chi lo considera un problema si riduca al 40%. All’opposto, la sensibilità e la reattività verso il razzismo appaiono largamente maggioritarie a sinistra, fra gli elettori del Pd. E presso la base degli alleati di governo: il M5s.
Tuttavia, è interessante osservare come questo problema sia largamente condiviso anche dagli elettori di FI. Un aspetto che ne marca la distanza dagli alleati di Centrodestra
Così, il razzismo continua ad apparire un problema, presso gli italiani. Più del passato. Ma oggi, in Italia, appare oscurato da altri virus. Tuttavia, quando l’emergenza si ridimensionerà , non dobbiamo dimenticare. Che il “sentimento” di solidarietà verso gli altri, fra gli italiani, è più forte del “ri-sentimento”.
(da agenzie)
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Luglio 6th, 2020 Riccardo Fucile
SBARCATO IN SICILIA A 15 ANNI SENZA GENITORI, IL CENTRO DI ACCOGLIENZA, POI IL GIOVANE GAMBIANO VIENE PRESO IN AFFIDAMENTO DALL’ALLENATORE DELLA VIRTUS AVIGLIANO, PASSA AL CHIEVO E MIHAJLOVIC LO PORTA AL BOLOGNA
Il 10 giugno 2016, Musa Juwara viveva una giornata decisamente diversa rispetto a quella di
oggi. Quattro anni fa, infatti, sbarcava in Sicilia, dopo aver attraversato il Mediterraneo su un barcone, a 15 anni e senza genitori. Uno dei 25mila minori che, in quell’anno, sono arrivati nel nostro Paese da soli.
Nato nel 2001 e originario del Gambia, i genitori lo avevano fatto imbarcare su uno dei gommoni della disperazione, per cercare fortuna in Italia.
Dopo lo sbarco a Messina, fu inviato in un centro di accoglienza a Ruoti, in provincia di Potenza: lì ha iniziato a dare i primi calci al pallone, con l’allenatore della Virtus Avigliano che lo prende talmente a cuore che se lo porta a casa, diventandone genitore affidatario insieme alla moglie.
Nel 2017 un’altra svolta, perchè si accorge di lui il Chievo, che lo aggrega alla squadra Primavera. Il Toro lo prova in un torneo di Viareggio, in cui Juwara segna tre gol in tre partite, ma poi ritorna a Verona, dove esordisce in Serie A nel maggio 2019.
A credere in lui la scorsa estate è invece il Bologna, con Mihajlovic che ne intravede le qualità e lo porta in prima squadra. Qualche spezzone di partita, mostrando tutte le sue doti tra tecnica e velocità anche contro la Juventus.
Fino alla grande giornata a San Siro: nel giro di 25′ segna il suo primo gol in Serie A, fa espellere Bastoni e dà il via alla rimonta del Bologna. “Il gol è merito di Mihajlovic. Lo ringrazio perchè mi ha fatto giocare contro l’Inter. Sono contentissimo per questa giornata, ho solo 18 anni e ho segnato a San Siro, la ricorderò tutta la vita”, le sue parole, emozionato, dopo la partita.
Una domenica da ricordare per sempre, quattro anni dopo quella traversata piena di paura e di speranza.
(da agenzie)
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Luglio 6th, 2020 Riccardo Fucile
“IL CANTO DI VERDI E’ UN CANTO DEL RISORGIMENTO ITALIANO E DELL’UNITA’ D’ITALIA”
Il primo maggio 2011 Ennio Morricone salì sul palco del Concertone del primo maggio per dirigere l’Orchestra Roma Sinfonietta nella sua inedita Elegia per l’Italia.
«Ho pensato di mettere insieme nella prima parte della mia Elegia il coro verdiano Va’ pensiero e i Fratelli d’Italia», disse il Maestro a Repubblica «e i due brani saranno contemporaneamente ascoltabili dal pubblico». Poi spiegò per quale motivo aveva scelto quei brani:
Maestro, come c’è riuscito visto che, per ritmo e andamento della melodia, i due brani sono molto diversi tra loro?
«Con qualche compromesso nell’armonizzazione e alcune licenze musicali. Che però non si sentono, anzi i brani restano del tutto riconoscibili. Quando l’orchestra suonerà Fratelli d’Italia, che nella mia versione rinuncia al tempo di marcetta per diventare più pensoso e riflessivo, il coro canterà il Va’ pensiero; viceversa, quando l’orchestra suonerà Verdi allora il coro intonerà Mameli».
Una scelta ricca di significati non solo musicali.
«Direi soprattutto un significato morale contro l’appropriazione indebita che la Lega ha tentato negli ultimi anni, un tentativo di scippo che considero però temporaneo. Il canto di Verdi è un canto del Risorgimento italiano e dell’Unità d’Italia».
(da “NextQuotidiano”)
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