Settembre 17th, 2020 Riccardo Fucile
DOPO IL GOMITO DEL TENNISTA ORA LA SPALLA DEL SELFISTA… TRE MUSCORIL PER PLACARE IL DOLORE… DA OGGI OGNUNO DEVE FARE CLIC DA SOLO
Dopo il gomito del tennista, ecco la spalla del selfista. A svelare quale sia stata la genesi del dolore alla spalla di Matteo Salvini è stato lo stesso staff del leader della Lega: a causa dei troppi selfie, il braccio del senatore si è infiammato.
E l’indicazione è arrivata dallo stesso ex ministro durante i suoi comizi nella Bergamasca, quando ha rivelato di aver preso tre Muscoril per placare il dolore. Insomma, i selfie Salvini (evento clou al termine dei suoi interventi in piazza con i fan) stanno provocando alcuni problemi al segretario del Carroccio.
A svelare il problema alla spalla è stato lo stesso Salvini durante i suoi tre comizi nei comuni del Bergamasco ( Cene, Almè e Sorisole) in cui, domenica e lunedì, si voterà per l’elezione dei sindaci (le amministrazioni uscenti sono tutte leghiste).
Dai palchi, infatti, il leader del Carroccio ha rivelato: «Ieri (martedì, ndr) ho preso tre Muscoril». Si tratta di un antinfiammatorio che ha effetto miorilassante per muscoli e giunture.
Come riporta Il Corriere della Sera, nella sue edizione di Bergamo, la causa di questo problema alla spalla sono i tanti selfie che Matteo Salvini scatta in compagnia dei suoi sostenitori durante gli eventi pubblici a cui partecipa e ai suoi innumerevoli comizi di piazza. E a rivelarlo è stato lo stesso staff del segretario della Lega. In effetti le immagini quotidiane mostrano un senatore che non rifiuta mai un autoscatto con i suoi fan.
E già da ieri, infatti, gli stessi organizzatori dei comizi del senatore del Carroccio hanno chiesto ai sostenitori di procedere in rigoroso ordine per potersi scattare un selfie con Salvini. E il leader della Lega, questa volta, ha evitato di scattare lui stesso le fotografie.
(da agenzie)
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Settembre 17th, 2020 Riccardo Fucile
IL VOTO DIVENTA UN CASO: “CHE SCHIFO” I COMMENTI … I LEGHISTI HANNO GETTATO LA MASCHERA: SEMPRE AL SERVIZIO DEI GOVERNI CRIMINALI AMICI DI PUTIN
Cinquecentosettantaquattro favorevoli, 37 contrari e 82 astensioni nel voto sulle sanzioni per le autorità bielorusse: il Parlamento europeo è stato quasi unanime nella sua richiesta alle altre istituzioni europee. Ma con una defezione importante sul piano politico italiano: l’astensione della Lega.
A Bruxelles i deputati hanno deciso di non riconoscere Lukashenko come presidente della Bielorussia, riconoscendo che le elezioni hanno violato “tutti gli standard riconosciuti a livello internazionale”.
Dunque sì alle sanzioni per le autorità responsabili delle violenze su chi ha protestato in queste settimane: per renderle effettive, tuttavia, serve il via libera del consiglio (e quindi degli stati membri dell’unione).
Sull’astensione delle Lega, arriva subito la condanna del Pd: “A Bruxelles la Lega si è astenuta sulla condanna di un dittatore, che schifo”, twitta il segretario dem Zingaretti.
Il deputato Filippo Sensi sottolinea che tra gli eurodeputati leghista c’è anche Susanna Ceccardi, la candidata del centrodestra in Toscana, la regione più in bilico nelle prossime regionali.
Il Parlamento europeo ha chiesto sanzioni contro il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, condannando allo stesso tempo le violente repressioni delle manifestazioni di piazza che si sono svolte a Minsk e in tutte le principali città del Paese. In una risoluzione adottata oggi con 574 sì, 37 no e 82 astensioni, il Parlamento europeo ha respinto i risultati ufficiali delle cosiddette “elezioni presidenziali” che si sono svolte in Bielorussia il 9 agosto, dato che si sono svolte “in flagrante violazione di tutti gli standard riconosciuti a livello internazionale “.
Una volta scaduto il 5 novembre “il mandato del leader autoritario uscente Aleksandr Lukashenko”, il Parlamento non lo riconoscerà più come presidente del Paese, si legge nel testo. Il Parlamento inoltre chiede “nuove elezioni il prima possibile” condotte sotto “la supervisione internazionale” e “supporta i cittadini bielorussi che manifestano per la libertà e la democrazia” oltre a “condannare la repressione di Internet e dei media”. Tra i partiti italiani, hanno votato a favore del testo Pd, M5S, Forza Italia e Fratelli d’Italia. La Lega si è astenuta.
(da agenzie)
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Settembre 17th, 2020 Riccardo Fucile
“10 MILIONI SONO FINITI ALLE LEGHE REGIONALI”
“Non rompessero i coglioni, va bene? Tirano fuori i 25mila euro domani, perchè li hanno. E se non li hanno, li rubano come hanno sempre rubato, sennò Luca fa la denuncia e li fa fallire. Fanno le porcate con le società e vogliono anche dettare le condizioni!”.
È lo sfogo del commercialista Michele Scillieri, raccolto a maggio scorso dalla Guardia di Finanza di Milano grazie al trojan inserito nel suo telefono, nell’indagine sui fondi della Lega e l’affaire della Lombardia Film Commission.
Come raccontano Fatto Quotidiano e Repubblica, per gli inquirenti si tratta di un incontro, quello captato con il trojan tra Scillieri e l’avvocato Lapo Beccatini, tra i più importanti ai fini dell’indagine.
Da una parte Sostegni pretende il denaro per il suo ruolo nelle società coinvolte nell’operazione Film Commission. Dall’altra i commercialisti leghisti, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, che hanno incassato 800mila euro dalla vendita, non vogliono scucire un euro.
Lui ne ha anticipati già 5mila. “Sostegni chiede 30mila euro, se la deve smazzare il buon dottor Scillieri!”
Dice Scillieri: “Ho imparato che gente sono, che se non stai attento ti rubano il pezzo di carta, sono fatti così, hanno ciucciato una mnontagna di soldi dalla Lega, una montagna! Non ti dico 49 milioni, ma non ci siamo lontani sai^ Perchè una parte li hanno mandati …. hanno costituito le leghe regionali e lì hanno mandato i soldi… 10 milioni, molto meno, una parte li han mandati su e poi sono tornati, li han cuccati e una parte se li sono spartiti. Allora dessero i soldi a Luca. Perchè io di cose ne so. E vorrei portarmele nella tomba”.
Scrive Repubblica:
Scillieri non si capacita del denaro che Di Rubba e Manzoni avrebbero dirottato verso Francesco Barachetti, l’elettricista di Casnigo, considerato nell’inchiesta del procuratore aggiunto Eugenio Fusco e del pm Stefano Civardi, uno degli snodi dei flussi finanziari della Lega. Si sente tradito dai suoi colleghi con cui ha architettato l’operazione sull’immobile di Cormano che porterà tutti e tre ai domiciliari.
(da agenzie)
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Settembre 17th, 2020 Riccardo Fucile
MA NON DICE CHE GLI INTERESSI SUI TITOLI DI STATO ITALIANI HANNO UN TASSO DOPPIO E CHE SONO SOGGETTI ALLA GARANZIA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
Matteo Salvini, nella giornata di oggi, è stato ospite della trasmissione Uno Mattina, collegata all’informazione del Tg1. Uno degli argomenti affrontati dal leader della Lega è stato quello del Mes e del fondo salva-stati a cui l’Italia potrebbe fare ricorso (ma il dibattito tra le forze del governo è aperto) per le spese di carattere sanitario.
Un prestito con condizionali molto basse, il cui meccanismo è stato rivisto in chiave molto più favorevole proprio a causa della pandemia da coronavirus che è esplosa in Europa a partire da fine febbraio.
L’argomento, però, viene liquidato e la strategia del leader della Lega sembra essere volta a costruire un asse tra Salvini e risparmiatori italiani.
«Negli articoli 13 e 14 del trattato del Mes questi sono soldi dati a prestito da restituire a precise condizioni ad un organismo che ha sede in Lussemburgo che non ha responsabilità civile e penale ed è coperto da segreto di Stato — ha dichiarato il leader della Lega mostrando tutta la sua contrarietà rispetto al ricorso ai fondi del Mes -. Tra due anni potrebbe dirmi: “sa cosa c’è Salvini, questi soldi me li restituisci ma alzi l’età pensionabile a 70 anni o raddoppi la tassa sulla casa”. Questi soldi preferisco chiederli ai risparmiatori italiani che solo settimana scorsa hanno chiesto 84 miliardi di BOT».
Matteo Salvini spiega sostanzialmente quello che la Lega sta sostenendo da diverso tempo, ovvero che il ricorso al Mes potrebbe essere aggirato dalle aste dei titoli di Stato a uso e consumo, appunto, dei risparmiatori italiani.
La strategia di Matteo Salvini, tuttavia, mostra delle lacune.
Innanzitutto perchè, normalmente, i titoli di stato italiani hanno un tasso di interesse molto più alto rispetto al Mes (quasi il doppio). Poi, perchè sul debito dovrebbe comunque garantire la Banca Centrale Europea, spostando l’asse dalla commissione all’organismo finanziario.
Insomma, ci sarebbe sempre un supporto esterno e la questione non verrebbe mai liquidata completamente all’interno del territorio italiano e della sua finanza.
(da Giornalettismo)
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Settembre 17th, 2020 Riccardo Fucile
“SONO SPARITI, UNA FRANGIA HA CEDUTO AL POPULISMO, UN’ALTRA SI E’ RIFUGIATA NELL’ASTENSIONE”… “BERLUSCONI E’ STATO L’ULTIMO A RAPPRESENTARLI, RENZI CI HA PROVATO E HA FALLITO”
Ansia, risentimento e preoccupazione guidano le scelte dell’elettore di oggi in una dimensione in cui l’emisfero politico moderato, con i suoi protagonisti e costumi, pare essersi dissolto, per lasciare spazio a un ring dove tutto è o bianco o nero.
“La comunicazione digitale ha reso strutturale il fenomeno e la pandemia l’ha ingigantito”, commenta ad HuffPost lo storico e politologo Alessandro Campi. Sul voto del 20 e 21 settembre è convinto che ci sia “una tale rabbia diffusa, unita ad un bisogno crescente di protezione sociale, che ad avvantaggiarsene potrebbero essere le formazioni più radicali sul lato della propaganda, in fondo l’ascesa di Fratelli d’Italia si spiega anche così”.
Però poi avverte: “Potrebbe anche darsi che il rancore mischiato ad un disgusto crescente verso gli attori politici tradizionali (oramai sono considerati tali anche i grillini, sempre più a logo agio dentro il Palazzo) finisca per favorire l’astensionismo”. Ma una previsione vera e propria in realtà “non si può fare” e la speranza di un ritorno a “proposte politiche minimamente credibili” per quella parte di Italia “sommersa e silenziosa” è da rimandare a “dopo le amministrative”.
Quando forse “anche Giorgia Meloni, non potendo essere troppo a lungo una variante al femminile di Salvini, dovrà porsi il problema di come far evolvere la sua destra sovranista verso un modello più europeo e autenticamente di governo”.
Professore, come lo vede il clima di questa vigilia?
Schizofrenico e scisso, nel complesso poco avvincente e per nulla confortante. Tra gli italiani c’è chi pensa soprattutto al referendum, chi al voto ammnistrativo per definizione localistico e frammentato, chi semplicemente è preso da altri pensieri, non politici, più personali, a partire dalla recrudescenza pandemica e dalla crisi economica che quest’autunno potrà solo aggravarsi.
Il governo reggerà se la destra dovesse avere la meglio in Toscana?
Ovviamente non cadrà , avendo il sostengo esterno dell’Europa e non essendoci alternative di programma pronte e spendibili, ma certo farebbe una grande impressione vedere Toscana e Marche — dopo l’Umbria nel 2019 — perdere la loro storica connotazione di “regioni rosse”. Magari è la volta buona che il Pd la smette coi giochini tattici per chiedersi cosa fare prima di sparire dall’orizzonte della storia italiana e di dissolversi, senza gloria, nel magma del populismo grillino.
Lo scenario quale sarà ?
Il predominio degli umori sulla ragione critica mi sembra un dato ormai acquisito negli odierni comportamenti elettorali. Il voto di appartenenza non c’è più, essendosi dissolte le appartenenze ideologiche. Il voto di scambio non si può più praticare per mancanza di materia prima, ovvero i soldi pubblici da distribuire a pioggia ai proprii clientes, essendo ormai l’Italia ad un passo dalla bancarotta. Il voto d’opinione è una cosa di sapore ottocentesco e comunque riguarda ormai minoranze infime. Resta appunto il voto emozionale e di pancia.
Ma gli umori sono cangianti per definizione, come lei stesso sostiene…
Chi oggi li cavalca con successo, domani ne finisce travolto. Per la cultura democratica è un grosso problema, visto che essa ha sempre investito sul santino illuministico del cittadino critico, informato e responsabile. Oltretutto parliamo di un tipo di voto che, proprio perchè cangiante e dunque occasionale, crea una perenne instabilità .
Sul Mattino ha scritto che la rappresentazione più diffusa degli italiani per decenni è stata quella che li vedeva moderati, inclini al quieto vivere: sono cambiati?
Mi sono chiesto che ne è stato del corpaccione moderato, culturalmente tradizionalista e poco amante dei cambiamenti troppo repentini, un po’ egoista e incline alla difesa del proprio “particulare”, geloso delle proprie libertà ma “statalista” per mentalità e convenienza, che per decenni è stato il fondamento della nostra democrazia e che tutti i partiti hanno sempre blandito. Lo si chiamava un tempo “ceto medio” e gli si riconoscevano, accanto a molti vizi privati, anche delle pubbliche virtù: il senso del decoro piccolo-borghese, la laboriosità , la vocazione al risparmio, il senso della famiglia intesa come istituzionale di protezione sociale e rete affettiva insostituibile, ecc. Erano gli italiani che votavano per la Dc e i partiti laici minori, ma che in parte hanno votato anche per il Pci, quando era ancora un partito d’ordine e culturalmente bigotto, una macchina politica disciplinatrice nei territori dove governava, e non — come è oggi la sinistra — il partito dei diritti “tutti e subito”, della critica decostruzionista alla società patriarcale, del soggettivismo come superamento d’ogni dimensione collettiva e comunitaria, del post-tutto.
Un tempo i moderati contavano?
Non avevano grande visibilità pubblica, gli intellettuali li disprezzavano, nessuno ne rivendicava apertamente la rappresentanza, ma contavano molto. Oggi sembrano spariti o diventati irrilevanti.
Quando è iniziato il declino?
Berlusconi è stato l’ultimo interprete politico del moderatismo italiano. Ha annunciato la “rivoluzione liberale”, gli avversari lo hanno descritto come un Mussolini redivivo, ma in realtà non ha fatto altro che riaggregare con uno stile comunicativo nuovo ma sulla base di contenuti vecchi (a partire dall’anticomunismo), l’Italia appunto moderata. Forza Italia ha sempre avuto poco dell’ultraliberismo tathcheriano e molto dello spirito di compromesso e dell’interclassismo democristiano. Democristiana, cioè incline al pragmatismo e alla gestione ordinaria del potere più che alle battaglie sulle idee e alle ambizioni di egemonia sociale, è stata anche la politica culturale di quel partito, tanto che quest’ultima — anche quando governava il Cavaliere — è sempre rimasta nelle mani della sinistra. Originale in quell’esperienza è stato soprattutto il leaderismo di stampo quasi monarchico: il che ha implicato che invecchiato il Cavaliere, e ridottesi fatalmente le sue energie e le sue capacità di conduzione politica, gli italiani che lo avevano votato a milioni si sono trovati progressivamente allo sbando.
Qualcuno ha provato a raccoglierne l’eredità ?
Penso a Renzi, ma in realtà si è puntato solo ai suoi voti nelle urne, non a creare un sistema di rappresentanza — anche simbolica — come quella che lui aveva a suo modo creato. E infatti l’operazione non è riuscita.
Conte non è forse il moderato dei moderati, un novello democristiano?
Conte mi appare più in linea con una certa tradizione trasformista italica, il che significa poter essere tutto e il suo contrario a secondo della convenienza. Il moderato anti-comunista d’una volta restava tale tutta la vita e magari ne pagava le conseguenze. E questo fa una bella differenza. Nel caso di Conte aggiungerei un tratto pseudo-tecnocratico: la pretesa di poter essere al di sopra delle parti (e dunque di recitare tutti i ruoli in commedia) in virtù delle conoscenze, appunto tecniche, che si ritiene di possedere per ragioni d’estrazione professionale (essere un banchiere, un economista, un ingegnere, in questo caso un professore di diritto) e dietro le quale si tende a nascondere le proprie (peraltro legittime) ambizioni politiche. È il lascito mentale peggiore che l’esperienza cosiddetta dei tecnici, da Ciampi in avanti, ha lasciato alla politica italiana: l’illusione, in realtà l’imbroglio, che i tecnici che entrano nell’agone politico siano davvero tali e che lo facciano (bontà loro) per senso di responsabilità politica.
I moderati si sono radicalizzati?
Non mi nascondo che quel mondo ha subito, nel corso degli anni, una mutazione profonda. La corrosiva predicazione populista — contro la casta, contro l’Europa, contro la magistratura, contro la stampa, contro la cultura degli intellettuali -, predicazione avviata da Berlusconi e poi portata al livello dell’invettiva da Grillo e Salvini in particolare, ha fatto crescere il tasso d’estremismo già presente nella società italiana (e certamente favorito dal modo con cui è cambiata nel frattempo la comunicazione pubblica: se insulti ti si nota e magari diventi un personaggio, se argomenti non ti fila nessuno e risulti noioso). Peraltro spesso questa radicalizzazione è stata un riflesso difensivo.
E rispetto a questo cosa si può dire della sinistra?
La sinistra che critica la cultura dell’odio spesso usa la denigrazione sociale come arma di delegittimazione dell’avversario senza nemmeno rendersene conto. Strano che nessuno denunci quest’insopportabile ipocrisia.
Ha scritto che esiste un’altra Italia, sommersa e silenziosa, che però fatica a trovare rappresentanza politica. Chi dovrebbe fornire una riposta ad essa?
Una frangia del moderatismo italiano ha ceduto, come detto, alle sirene del populismo e dell’estremismo verbale. Ma continuo a pensare che ci sia un blocco sociale consistente di italiani moderati, tali perchè chiedono alla politica riforme puntuali e scelte pragmatiche, non cambiamenti sociali palingenetici, che non avendo più alcuna forma di rappresentanza credibile hanno finito per parcheggiarsi nell’area del non voto e in quella dell’astensionismo, in attesa di tempi migliori, ovvero di proposte politiche minimamente credibili.
Quando diventerà centrale questo tema?
Credo dopo il prossimo voto amministrativo. Forza Italia è ormai l’ombra di se stessa: Berlusconi non molla e dunque il partito finirà con lui. Renzi, come detto, ci ha provato ma con esiti pessimi (il movimentismo di stampo giovanilistico è quanto di più lontano dalla mentalità moderata). Adesso ci sta provando Calenda. Probabilmente anche Conte sta pensando a come portare quel mondo dalla sua parte. Sono convinto che anche Giorgia Meloni, dovrà porsi il problema di come far evolvere la sua destra cosiddetta sovranista verso un modello più europeo e autenticamente di governo.
Cosa significa in pratica?
Che prima o poi quel mondo dovrà fare i conti col fantasma di Fini, che una destra moderna, liberale, pragmatica, dialogante l’aveva costruita, anche se poi l’ha rovinosamente distrutta. I moderati, sono convinto, torneranno d’attualità . Sono un blocco sociale nel frattempo ridottosi nei numeri ma ancora importante, in cerca di una rappresentanza politico-sociale che qualcuno prima o poi dovrà nuovamente dargli.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 17th, 2020 Riccardo Fucile
COME DARSI LA ZAPPA SUI PIEDI… LA CECCARDI SI DIFENDE: “HA SOTTOSCRITTO IL DOCUMENTO DEI VALORI”: COME BASTASSE LA CARTA STRACCIA PER CANCELLARE IL RAZZISMO
Nella lista Toscana Civica, che sostiene l’aspirante governatrice del centrodestra Susanna Ceccardi alle elezioni Regionali che si terranno in Toscana il prossimo 20 e 21 settembre 2020, vi sarebbe candidato nel collegio di Siena anche un esponente di Forza Nuova, Nicola Sisi.
La polemica si è accesa dopo un tweet di Roberto Fiore in cui il leader di Forza Nuova scrive: “Giusta denuncia del candidato Nicola Sisi e di FN Siena: bambini e genitori, obbligati alla mascherina, vengono ammassati all’ingresso della scuola. Il Governo prima fa terrorismo psicologico poi lascia tutti in balia del caos”.
Sisi era già finito al centro delle polemiche lo scorso 27 agosto per aver elogiato le “passeggiate per la sicurezza” organizzate da Forza Nuova, costringendo la stessa Toscana Civica, lista nella quale è candidato, a prendere le distanze dalle sue dichiarazioni.
A difenderlo, tuttavia, era stato Alessandro Dolci, coordinatore senese di Forza Nuova, che aveva annunciato il suo sostegno al candidato: “Mi auguro che Sisi ce la possa fare. Faccio appello a tutta la parte sana dell’elettorato civico affinchè il 20-21 settembre voglia sostenere questo candidato, l’unico, tra i suoi colleghi, a dimostrare intelligenza e a meritare un posto in Consiglio regionale”.
Non solo, secondo Leonardo Cabras, coordinatore regionale di Fn, Sisi “è l’unico candidato ‘ufficiale’ dentro liste civiche per le regionali, mentre Roberto Fiore, oltre al tweet menzionato precedentemente, ha parlato di Sisi anche in un’altra occasione sui suoi profili social scrivendo: “Le giuste dichiarazioni del candidato Nicola Sisi ricordano al popolo toscano che un solo movimento politico ha sempre difeso coraggiosamente la sicurezza dei più deboli per le strade: Forza Nuova”.
“Scopriamo oggi dal leader nazionale di Forza Nuova che questo movimento di estrema destra sostiene Ceccardi avendo un proprio candidato nella lista civica di Siena a lei collegata” ha attaccato il Partito Democratico attraverso una dichiarazione di Simona Bonafè, segretaria regionale del Pd in Toscana, mentre dallo staff della Ceccardi fanno presente che “la lista è composta da diverse sensibilità e che tutti i candidati hanno comunque sottoscritto un documento con valori importanti, di difesa della Costituzione, liberali, moderati e di solidarietà .”
Come se bastasse sottoscrivere carta straccia per cancellare il razzismo
(da agenzie)
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Settembre 17th, 2020 Riccardo Fucile
FONDAZIONE GIMBE: “AUMENTANO RICOVERATI E TERAPIE INTENSIVE, MENTRE RIMANE STABILE IL NUMERO DELLE VITTIME”
Continuano ad aumentare i casi di pazienti ricoverati per Covid19 in ospedale e in terapia intensiva, mentre il numero dei morti resta sostanzialmente stabile.
Nella settimana compresa tra il 9 e il 15 settembre la Fondazione indipendente Gimbe ha registrato un incremento del 26% nel numero dei contagiati ricoverati in ospedale – 2.222, 1.760 la settimana precedente) – e del 41% in quello dei pazienti spostati in terapia intensiva, saliti da 143 a 201.
L’incremento dei nuovi casi si stabilizza – 9.837 da 9.964 – così come il numero dei morti – 70 da 72 – ma rispetto ai sette giorni precedenti risultano effettuati oltre 58.000 tamponi in meno – 370.012 contro 421.897, in termini percentuali un calo del 9,2% – mentre continua ad allargarsi il bacino dei positivi – 39.712 – e risale l’età media dei contagiati. Dato, quest’ultimo, che la Fondazione ritiene coerente con il progressivo incremento dei ricoverati con sintomi e di quelli in terapia intensiva.
Dal 21 luglio al 15 settembre i ricoverati con sintomi sono aumentati da 732 a 2.222 e i pazienti in terapia intensiva da 49 a 201. Circa tre quarti dei pazienti ricoverati si concentrano in 7 Regioni (74,3%): Lazio (453), Campania (295), Lombardia (263), Puglia (204), Emilia-Romagna (168), Sicilia (141) e Liguria (128). Il 74,1% dei pazienti in terapia intensiva si distribuiscono in 8 Regioni: Lombardia (29), Lazio (18), Campania (18), Sardegna (18), Emilia-Romagna (17), Sicilia (17), Toscana (17), Veneto (15).
Proprio alle Regioni si rivolge il presidente della Fondazione di Bologna, Nino Cartabellotta perchè potenzino le attività di testing e tracciamento, aumentando il numero dei tamponi, mantenendo alta la guardia anche per l’impatto imprevedibile che la riapertura delle scuole può imprimere all’andamento della curva dei contagi. “Nell’ultima settimana – fa notare Cartabellotta – l’aumento dei nuovi casi appare stabilizzato”, ma “è verosimile che il numero sia sottostimato considerata la riduzione dei casi testati e l’ulteriore aumento del rapporto positivi/casi testati”. E anche se “si tratta di numeri ancora bassi e al momento non risultano segnali di sovraccarico dei servizi ospedalieri, il trend in costante aumento impone di mantenere la guardia molto alta, soprattutto in alcune Regioni”.
In particolare, in Liguria (9), Lazio (8), Sardegna (6,3), Campania e Puglia (5,4), regioni nelle quali, rispetto ad una media nazionale di 4 ospedalizzazioni per 100.000 abitanti, i tassi risultano più elevati.
Il fatto che nelle ultime due settimane l’età media dei contagiati sia risalita a circa 40 anni “dimostra – aggiunge il presidente – che i giovani asintomatici, quando vengono a contatto in ambito familiare con persone adulte e anziane, contagiano soggetti fragili che sviluppano sintomi e possono necessitare di ricovero ospedaliero, o addirittura in terapia intensiva”. Quindi, “davanti a questo scenario epidemiologico e clinico”, l’invito alle Regioni perchè potenzino “senza indugi – conclude Cartabellotta – l’attività di testing e tracing, in evidente calo dopo il “boom dei tamponi” sui vacanzieri”.
(da agenzie)
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Settembre 17th, 2020 Riccardo Fucile
DALL’INDAGINE DELLA GDF EMERGE CHE NON NE AVEVANO DIRITTO
I quattro arrestati per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte percepivano il reddito di cittadinanza. E’ una delle conclusioni alla quale sono arrivati gli investigatori dopo i primi dieci giorni di indagine.
Lo riporta La Stampa e sottolinea una volta di più i problemi di un provvedimento congegnato per aiutare le fasce più povere della popolazione. Come scrive La Stampa, citando le immagini postate sui social dai due accusati del delitto di Willy, emerge una contraddizione tra stile di vita dei quattro e il diritto al reddito di cittadinanza.
Vivevano nel lusso, e stando all’inchiesta patrimoniale della Guardia di Finanza i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, Mario Pincarelli (tutti a Rebibbia) e Francesco Belleggia (ai domiciliari) non ne avevano diritto.
Intanto proseguono le indagini sul pestaggio che ha portato alla morte del giovane capoverdiano. Secondo quanto appreso, sono stati fermati venticinque minuti dopo l’aggressione mortale a Willy Monteiro Duarte i fratelli Marco e Gabriele Bianchi accusati di omicidio volontario assieme a Mario Pincarelli e Francesco Belleggia.
Il dato emerge dalle carte dell’inchiesta condotta dalla Procura di Velletri. “I responsabili sono stati sorpresi alle ore 3.55 del mattino – scrivono gli inquirenti – dopo appena 25 minuti dal fatto, con ‘cose e tracce’ dalle quali apparivano aver commesso il fatto “immediatamente prima”. In particolare l’autovettura con la quale gli aggressori sono giunti sul luogo del delitto e poi si sono dati alla fuga, la camicia strappata indossata da Garbriele Bianchi ed il palese stato di agitazione”.
(da agenzie)
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Settembre 17th, 2020 Riccardo Fucile
LE PROTESTE SOTTO CASA: “DECISIONE ASSURDA E INGIUSTA”… CHISSA’ PERCHE’ LE CONCEDONO AI POLITICI MA NON A CHI USA UN MEGAFONO PER PROTESTARE CONTRO UNA SCELTA POLITICA… PER UNA CONDANNA A DUE ANNI E’ ASSURDO
Annunciato, l’arresto della portavoce No Tav è scattato nella notte. Alcuni agenti della Digos si sono presentati a casa sua, a Bussoleno.
Dana Lauriola è stata prelevata per essere trasferita in carcere, alle Vallette di Torino. Ci sono stati dei momenti di tensione con il gruppo di No Tav che da quando è diventato noto l’ordine di carcerazione presidiavano l’abitazione della militante valsusina. Ma si sono risolti in breve tempo.
L’attivista, 38 anni, dovrà scontare una condanna di due anni per i fatti avvenuti nel 2012, quando durante la protesta fu bloccato il casello stradale di Avigliana. La notizia della condanna, per cui sono state rifiutate le pene alternative proposte dalla difesa, è arrivata nei giorni scorsi e da allora fuori dall’abitazione gli attivisti del movimento hanno organizzato un presidio fisso “in attesa che vengano a prenderla”.
Da giorni decine di NoTav erano a Bussoleno – davanti alla casa dove Dana vive con i suoi gatti – per protestare contro una decisione considerata “assurda e ingiusta”. Questa notte quando la polizia è arrivata per eseguire l’ordine, è partito l’appello sui social e si sono radunati in 40 circa: “La polizia è arrivata di fronte a casa di Dana, un intero quartiere di Bussoleno è militarizzato, ma si riesce ancora a raggiungere il presidio permanente attraverso le vie adiacenti”.
I militanti hanno scritto di “un blitz in pieno stile per portare in carcere una donna la cui unica colpa sarebbe quella di aver gridato le motivazioni del nostro No al Tav in un megafono. Ma noi siamo qui al suo fianco, non la lasceremo sola e non faremo passare liscia questa ennesima ingiustizia del forte sul debole”.
(da agenzie)
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