Gennaio 30th, 2021 Riccardo Fucile
ZINGARETTI INDICA SEI PRORITA’, TRA CUI LA LEGGE ELETTORALE PROPORZIONALE… “SAREMO LEALI, ANCHE GLI ALTRI LO SIANO”
“Il Pd è impegnato con grande determinazione alla scrittura di un programma di fine legislatura sostenendo Conte nel mandato, partendo dalle forze che hanno votato l’ultima fiducia per un lavoro collegiale”.
Il Pd accoglie favorevolmente la proposta di M5S di stilare un cronoprogramma di Governo che venga sottoscritto da tutte le forze della maggioranza.
Al termine del colloquio con il presidente della Camera, Roberto Fico, Nicola Zingaretti ha detto che “questo obiettivo di costruire un programma di legislatura deve essere in assoluta sintonia con la voglia degli italiani di guardare al futuro con fiducia. Quello che dobbiamo far prevalere è il bene comune del Paese e, in questo momento, ciò coincide con la necessità di avere un governo e un programma di fine legislatura”.
“Saremo leali”, ha detto Zingaretti, “facciamo appello perchè tutti lo siano, perchè a questo punto non si può più sbagliare”.
“Abbiamo già indicato una prima agenda di temi importanti da affrontare per il futuro programma” ha aggiunto Zingaretti, facendo riferimento come il Movimento 5 Stelle ai tavoli dell’agenda 2021-2023 che si sono tenuti a novembre.
Il segretario dem indica sei priorità , “la chiusura del percorso decisionale attorno al Next Generation Eu, la sua attuazione e il varo delle riforme collegate; la riforma fiscale, all’insegna di un giusto elemento di progressività e semplificazione del fisco; la riforma della giustizia che coniughi in modo chiaro e netto garanzie costituzionali e giustizia dei tempi del processo e nei confronti delle persone; un pacchetto di riforme istituzionali, prima fra tutta la nuova legge elettorale di stampo proporzionale su cui si era registrata una convergenza; le riforme legate alle politiche attive sul lavoro, alla vigilia di una crisi sociale che rischia di essere drammatica; le infrastrutture sociali del Paese, a cominciare dal rilancio del modello sanitario; interventi per scuola, ricerca e università ; il tema del commercio, del turismo, del terziario, che in questi mesi di pandemia è stato duramente colpito e andrà ripensato”.
Nessun riferimento al ricorso al Mes, su cui i 5 stelle hanno posto il veto, invitando le forze di maggioranza ad “accantonare i temi divisivi”
Zingaretti aveva anticipato le comunicazioni al presidente della Camera in un post su Facebook: “Indicheremo solo Conte, l’unico capace di raccogliere il consenso necessario”.
(da agenzie)
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Gennaio 30th, 2021 Riccardo Fucile
“DOVRA’ ESSERE SOTTOSCRITTO DA CHI CI STA”
Sì a Conte, no al Mes, un cronoprogramma subito per vincolare tutti a un testo sottoscritto. Primo
confronto fra Movimento 5 stelle e Roberto Fico, dopo il mandato esplorativo assegnato dal capo dello Stato al presidente della Camera per l’individuazione di una maggioranza solida a sostegno di un nuovo Governo.
Dopo oltre un’ora di colloquio, è stato Vito Crimi a parlare ai giornalisti alla Camera: ”Abbiamo posto un’esigenza, che si lavori a un cronoprogramma dettagliata su temi e tempi, che dia un’indicazione certa del lavoro che questo Governo dovrà svolgere, che dovrà essere solennemente sottoscritto da tutte le forze politiche che intendono partecipare a questo percorso” ha detto il capo politico dei 5 stelle.
Crimi ha aggiunto che “la scelta di Giuseppe Conte è indiscutibile ed è il frutto della sintesi e dell’equilibrio raggiunto attorno alla sua figura”. Inoltre “abbiamo chiesto di accantonare temi divisi come il Mes, su cui non c’è la maggioranza. Venga tolto dall’agenda e ci si concentri sulle questioni che hanno un sentire comune e siano più importanti”.
Quello con i 5 stelle era uno degli incontri più attesi perchè il Movimento si è spaccato attorno alla decisione di riaprire al dialogo con Matteo Renzi. Tra gli altri, Alessandro Di Battista e Nicola Morra non hanno nascosto con diversi registri la loro contrarietà per la mano tesa a Italia Viva.
Il calendario di Roberto Fico prevede quindi nella giornata di oggi, dopo M5S, alle 17.20 l’incontro con il Pd, alle 18.40 con Italia Viva, alle 20 con Leu.
Nella giornata di domenica invece si ricomincia alle 10 con gli Europeisti-Maie-CentroDemocratico, alle 11.20 le Autonomie, alle 12.40 il gruppo misto della Camera che fa riferimento alla maggioranza del Conte2, alle 14 il gruppo misto del Senato che fa riferimento alla maggioranza del Conte2.
(da agenzie)
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Gennaio 30th, 2021 Riccardo Fucile
SCALFAROTTO VERREBBE TORTURATO E INCARCERATO IN QUANTO GAY, LA BELLANOVA SAREBBE ANCORA A RACCOGLIERE POMODORI, LA BOSCHI NON POTREBBE DIVENTARE , IN QUANTO DONNA, NEANCHE CAPOSCOUT E RENZI, SE VOLESSE FAR CADERE IL GOVERNO, FINIREBBE SEZIONATO DA UNA SEGA ELETTRICA COME I DISSIDENTI
L’Arabia Saudita è la culla del nuovo Rinascimento, dice Matteo Renzi.
Lui, che fa cadere il governo per l’eccessivo autoritarismo di Conte, perchè va mica bene che abbia la delega ai servizi segreti e poi cos’è questa task force sul Recovery. Ma scherziamo.
Ci manca solo che Conte si faccia crescere il baffetto alla Hitler. Vuoi mettere l’Arabia Saudita, in cui la delega ai servizi segreti in effetti è, sì, in mano a Mohammad Bin Salman, ma lui preferisce più democraticamente servirsi del suo gruppo mercenario personale, lo Squadrone delle Tigri.
E di professionisti rigorosi, che sanno smembrare corpi con una sega per ossa, così da non creare antipatici ingombri anti-democratici.
E poi Bin Salman figuriamoci se penserebbe mai a una task force per gestire qualcosa. Ma soprattutto, figuriamoci se qualcuno, lì in Arabia Saudita, avrebbe voglia di far parte di una task force, considerato che se sbagli un bilancio non ti trova più manco il luminol.
Chissà se Matteo Renzi ha provato solo per un attimo a immaginare la sua vita in Arabia Saudita. Il suo Rinascimento, in Arabia Saudita. Perchè, forse non lo sa, ma il suo Ivan Scalfarotto verrebbe torturato e punito perchè gay.
La Bellanova raccoglierebbe ancora pomodori assieme ai tanti lavoratori sfruttati e “proprietà ” dal loro padrone , o forse no, perchè al primo tentativo di rivolta sarebbe finita in carcere o in un barattolo di passata. Roba da rimpiangere il caporalato
Maria Elena Boschi non subirebbe battute su cosce e minigonne, è vero, ma semplicemente perchè non potrebbe indossarle. E comunque non le sarebbe permesso di diventare non dico ministra, ma neanche caposcout.
Lui, Renzi, potrebbe tentare di far cadere il governo parlando di vulnus democratico, certo: siamo certi che il principe ereditario riterrebbe la sua iniziativa una scintilla rinascimentale a cui rispondere con una scintilla d’arma da fuoco.
Insomma, sarebbe una vita bellissima quella di Matteo Renzi in Arabia Saudita. Nel frattempo, tornando alla triste realtà , il leader di Italia Viva in questo momento ha tra alternative: non replicare alle critiche sapendo che prima o poi un giornalista lo incrocerà e la domanda gli arriverà . Replicare con una delle sue supercazzole il cui sunto sarà “e mica solo io gli ho stretto la mano”. Ammettere che l’Arabia Saudita ha qualche problema con la democrazia e non vedere più un euro.
O finire venduto in tranci in qualche mercato ittico del Golfo Persico.
(da TPI)
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Gennaio 30th, 2021 Riccardo Fucile
IL VIDEO DI RENZI CHE OMAGGIA UNO STATO CHE FA A PEZZI NELLA SUA AMBASCIATA IL GIORNALISTA KHASHOGGI STA FACENDO IL GIRO DI TUTTI I PARLAMENTARI EUROPEI
La ‘consulenza’ di Renzi in Arabia Saudita insieme al principe ereditario Mohammed bin Salman
sta facendo il giro del Parlamento europeo, con toni molto simili a quelli italiani: l’eurodeputato dell’S&D Marc Tarabella, apprende l’Adnkronos da più fonti parlamentari, ha inviato un’e-mail a tutti i colleghi e agli assistenti in cui si riporta un tweet che commenta il video (45 secondi) in cui Renzi dialoga con Bin Salman del possibile nuovo “Rinascimento” in Arabia Saudita.
L’italobelga ironizza sul leader di Italia Viva e invita a guardare il video: “Guardatelo prego”, scrive Tarabella nella mail
Il tweet allegato, in italiano, cita Renzi: “‘L’Arabia Saudita può essere il luogo di un nuovo Rinascimento’. Lapidando le adultere, sciogliendo nell’acido i giornalisti e pagando sontuosi cachet”, commenta l’autore, Gennaro Carotenuto.
Mohammed bin Salman è sospettato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista ed editorialista del Washington Post Jamal Khashoggi, ucciso e fatto a pezzi il 2 ottobre 2018 nel consolato saudita di Istanbul da una squadra di sicari appositamente inviati sul Bosforo, alcuni dei quali legati al principe, secondo un’inchiesta del New York Times
L’eurodeputato del M5S Mario Furore conferma, via social, che “i colleghi esteri in Europarlamento fanno girare goliardicamente un virgolettato di Renzi che dice espressamente che l’Arabia Saudita è il luogo di un ‘Nuovo Rinascimento'”.
“Ovvero – continua – lì dove ci sono violazioni dei diritti umani, repressione, uso della tortura, schiavitù, crimini di guerra, persecuzione religiosa, finanziamento al terrorismo islamista. Questo è quello che ha consegnato l’Italia all’incertezza”.
(da agenzie)
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Gennaio 30th, 2021 Riccardo Fucile
“I CONTAGI NON CALANO. E’ COME RIEMPIRE UNA VASCA CON UN RUBINETTO MENTRE L’ACQUA ESCE DALL’ALTRA PARTE ALLA STESSA VELOCITA'”
Sulla situazione coronavirus in Italia, “i contagi non calano perchè non ci sono misure sufficienti per farli calare, nel senso che abbiamo raggiunto un equilibrio tra la capacità del virus di trasmettersi e quella nostra di bloccarlo e quindi rimaniamo su questi livelli. E’ come se si riempisse una vasca con un rubinetto e l’acqua uscisse dall’altra parte alla stessa velocità . Siamo in equilibrio”.
Lo ha affermato Andrea Crisanti, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’Azienda ospedaliera di Padova e docente di Microbiologia a SkyTg24.
“Dipende dal risultato che si vuole raggiungere, e dal prezzo che si vuole pagare – ha aggiunto Crisanti – se si vuole raggiungere il risultato di mantenere le attività economiche in piedi e allo stesso tempo accettare un certo livello di trasmissione e magari il prezzo di 500 morti al giorno, la cosa sta funzionando”.
E ancora: “Quello che si sarebbe dovuto fare è che le misure che si possono attuare per risolvere questa situazione purtroppo non si realizzano nel giro di uno o due giorni o una settimana, si sarebbe dovuto costruire un efficiente sistema di tracciamento e sorveglianza per impedire che una volta che i numeri si sono abbassati il contagio riprenda”.
“Ora la situazione è complicata dall’uso dei test rapidi che a mio avviso sono veramente uno strumento di confusione di massa – ha aggiunto Crisanti – e lo dimostra il fatto che la percentuale di test rapidi positivi è molto più bassa di quelli molecolari quindi significa che questi test antigenici qualche problema ce l’hanno. Il problema del controllo della trasmissione sul territorio non si risolve con i test rapidi. E’ chiaro si sarebbe dovuto costruire un sistema che non è stato fatto e a questo punto nessuno ha la bacchetta magica”.
“Si sarebbe dovuto intervenire a maggio – giugno – ha proseguito Crisanti – potremmo teoricamente essere ancora in tempo anche visto i dati che ci sono sulla distribuzione del vaccino, tenga presente che le due cose hanno un effetto sinergico potentissimo, perchè se da una parte aumenta il numero delle persone vaccinate e dall’altro si investe su un sistema di tracciamento a interruzione della trasmissione sul territorio, le due cose avrebbero un effetto moltiplicatore”.
Il numero reale di positivi al coronavirus in Italia? “Dovremmo viaggiare intorno ai 30mila casi al giorno, anche considerando quanti sono i decessi, visto che muoiono l’1,5% degli infetti”, risponde.
Secondo Crisanti “il numero di positivi dipende dal tipo di tamponi e la situazione è complicata dall’uso dei test rapidi, strumento di confusione di massa, lo dimostra il fatto che la percentuale dei positivi è molto più bassa di quella rilevata dai molecolari, questi test antigenici qualche problema ce l’hanno”.
“L’Rt ci dice quanto è stata la trasmissione una settimana fa, non fotografa la situazione attuale, sarebbe stato meglio basarsi sull’incidenza, sui casi giornalieri, è un valore che riflette la situazione attuale. Le Regioni si sono strenuamente battute sull’utilizzo dell’incidenza, sul quale non ci sarebbero stati dubbi di interpretazione. Il sistema con l’Rt è macchinoso”, sottolinea ancora.
(da agenzie)
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Gennaio 30th, 2021 Riccardo Fucile
IL RICORSO AL TAR E’ STATO RITIRATO DALLA REGIONE STESSA E LA ZONA GIALLA E’ FRUTTO DELLA RETTIFICA DEI DATI SBAGLIATI OPERATA DALLA REGIONE
Sarà stato, giustamente, distratto dalle vicende nazionali e dalle Consultazioni al Quirinale. Però
Matteo Salvini è riuscito nell’impresa di sbagliare completamente nove parole nel suo tweet in cui annuncia la Lombardia zona gialla (da lunedì per tutte le Regioni interessate, non da domenica).
Le prime nove parole. Il segretario della Lega, infatti, sostiene che il declassamento (per valori di rischio epidemiologico) della Regione guidata da Attilio Fontana sia merito dei ricorsi fatti dal Pirellone contro la decisione (di due settimane fa) dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute.
Ovviamente la storia, come noto, non è andata così.
«Dopo i ricorsi e le denunce fatte dalla Regione». Nove parole sbagliate che raccontano una realtà parallela che non è mai avvenuta (e confermata anche da Attilio Fontana che, dopo giorni di polemiche, ha provato a cavarsela pubblicamente dicendo che probabilmente nessuno aveva colpe specifiche per aver fatto rimanere la Lombardia zona rossa per una settimana).
Di quali ricorsi parla il leder della Lega? Sicuramente fa riferimento al Tar che però — forse Salvini se l’è perso perchè in altre faccende affaccendato — è stato fermato.
Da chi? Dagli avvocati della Regione Lombardia dopo il passaggio da zona rossa a zona arancione di domenica scorsa (24 gennaio).
La riclassificazione è arrivata dopo che i tecnici del Pirellone (quelli che settimanalmente inviano all’Istituto Superiore di Sanità i dati che vanno a configurare i parametri per la classificazione della Regione in base al livello di rischio epidemiologico) hanno corretto (era il 20 gennaio) i dati corretti e aggiornati, come confermato dalle interlocuzioni rese pubbliche dall’ISS nei giorni scorsi.
Eppure Salvini continua a gettare fumo negli occhi per accalappiare consensi. La realtà , evidente a tutti, è che l’errore madre era nelle comunicazioni fatte negli ultimi mesi (si parla di 54 segnalazioni di errori) dalla Regione Lombardia che, dal 17 al 23 gennaio è stata zona rossa (con tutte le restrizioni del caso, compresi i negozi chiusi) senza alcun motivo. E l’errore è partito dal Pirellone.
Anche se il leader della Lega continua a indossare i panni del novello Alberto da Giussano che difende a spada tratta i suoi. Anche mistificando la realtà .
(da agenzie)
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Gennaio 30th, 2021 Riccardo Fucile
IL PASSAGGIO DI DOMICILIO NELLO STUDIO DEL COMMERCIALISTA PER TENERE I CONTI AL SICURO DOPO LA SENTENZA DEL SEQUESTRO DEI 49 MILIONI
Sullo strano caso della sede “fantasma” della Lega, Michele Scillieri, il commercialista vicino ai contabili del Carroccio Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni (indagato con loro nell’inchiesta su Lombardia Film Commission), non dà risposte chiare e si arrocca dietro una posizione difensiva.
Qualcosa che suona più o meno così: la decisione di mettere il domicilio della “Lega per Salvini Premier” presso il suo studio di via Privata delle Stelline 1, gli fu comunicata da Manzoni per non ricondurre la nuova entità alla Lega, ma solo pochi minuti prima di firmare l’atto davanti al notaio.
Una versione emersa dall’interrogatorio dello scorso 25 gennaio che gli investigatori non ritengono credibile, almeno in una parte: ovvero quella in cui Scillieri sostiene che il cambio di domiciliazione fosse una cosa improvvisata.
Per provare a far luce sul mistero che avvolge i movimenti del partito in quei mesi travagliati è utile rimettere in fila i fatti.
Il 24 luglio del 2017 dal tribunale di Genova arriva la prima sentenza che, oltre a condannare Bossi e Belsito, dispone la confisca dei famosi 49 milioni (che sarà confermata dalla Cassazione nel luglio del 2018). Sono settimane convulse, alle elezioni mancano pochi mesi e i guai giudiziari del Carroccio sembrano poter mettere a rischio la campagna elettorale. Nelle settimane successive succede anche qualcos’altro, seppure lontano dai riflettori.
Ed è una ricostruzione che emerge dalle informative della Guardia di Finanza depositate nell’inchiesta e fino a oggi non pubblicate. Tra il 10 ottobre e il 10 novembre dello stesso anno, vengono firmati tre atti molto importanti. Il primo è la costituzione di un’associazione chiamata “Lega” avente sede legale in via Privata delle Stelline numero 1, proprio il condominio dove si trova lo studio di Scillieri.
I soci fondatori sono tutti parlamentari molto noti: Matteo Salvini, Roberto Calderoli, Lorenzo Fontana, Giulio Centemero, Giancarlo Giorgetti.
Il 2 novembre, questi stessi soci fondatori deliberano la modifica del nome dell’associazione che diventa “Lega per Salvini Premier” e il 10 novembre approvano e deliberano la modifica di alcuni articoli dello statuto per fare in modo che l’associazione possa iscriversi nel registro nazionale dei partiti politici.
Tre atti siglati in via Bellerio davanti al notaio Alberto Maria Ciambella di Bergamo che di fatto cambiano la sede e il nome del partito. A cosa serve questa mossa? Scillieri non lo dice. Sfugge, cambia versione. E nega pure che due movimenti in suo favore da parte della Lega e di PontidaFin (uno da 60mila e uno da 17mila euro, risalenti all’autunno 2017), fossero legati a quell’ospitalità .
Per gli investigatori milanesi – finiti a indagare sulla vicenda quando hanno cominciato a svelare la finta compravendita dell’immobile di Cormano della Lombardia Film Commission – l’ipotesi che quel passaggio formale potesse servire a cambiare “veste” alla Lega e a rendere non più aggredibili i suoi conti non è peregrina.
Del resto sul fatto che lo studio di via delle Stelline sia stato per qualche tempo la sede del partito non ci sono dubbi: emerge dai registri ufficiali e lo riferiscono a verbale anche il portiere del palazzo che riceveva le lettere indirizzate al partito e l’amministratore di condominio.
A confermare l’impianto ci sarebbero anche alcuni messaggi whatsapp scambiati tra i contabili della Lega, finiti agli atti dell’inchiesta di Genova e riferiti proprio a quell’autunno caldo del 2017.
(da agenzie)
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Gennaio 30th, 2021 Riccardo Fucile
LA RIVELAZIONE DI UN EX MAGGIORE DEL KGB
Nel libro «American Kompromat» scritto dal giornalista americano Craig Unger, l’ex agente Yuri
Shvets ha svelato come negli anni ’80 Mosca avvicinò l’ex presidente americano: «Era molto incline alle lusinghe»
L’Unione sovietica, spie, guerra fredda. Il protagonista di quella sembra la trama di una spy story scritta da John Le Carrè è Donald Trump.
Il 45esimo presidente americano, secondo quanto rivelato al giornalista Craig Unger dall’ex maggiore russo Yuri Shvets, sarebbe stato per 40 anni «un uomo» del Kgb.
Shvets, intervistato dal The Guardian, ha paragonato Trump ai «Cinque di Cambridge», ovvero le spie doppiogiochiste britanniche che durante la seconda guerra mondiale, e all’inizio della Guerra fredda, passarono informazioni segrete a Mosca.
Shvets è una delle principali fonti di American Kompromat, il libro di Unger che ripercorre i legami tra Donald Trump e l’Urss, e anche il suo rapporto con il finanziere Jeffrey Epstein.
Shvets, mandato in America come corrispondente dell’agenzia di stampa Tass, ha poi ottenuto nel 1993 la cittadinanza statunitense e ora si occupa di sicurezza per grandi aziende.
Nel libro, Unger spiega che Trump era finito sotto i radar russi nel 1977 quando sposò la sua prima moglie, Ivana Zelnickova, una modella cecoslovacca.
Qualche anno dopo il miliardario comprò circa 200 televisori per i suoi hotel da Semyon Kislin, un emigrato sovietico co-proprietario del negozio Joy-Lud, sulla Quinta strada di New York. Ma, secondo Shvets, Joy-Lud era controllata dal Kgb e Kislin aveva identificato Trump come «un promettente giovane uomo d’affari alla ribalta».
Nel 1987, in un viaggio con la moglie in Russia, Trump venne avvicinato dal Kgb: «Avevano molte informazioni su di lui, la sensazione era che fosse intellettualmente vulnerable, e incline alle lusinghe», spiega Shvets.
Fu questa caratteristica, dice l’ex maggiore, che i servizi segreti sfruttarono: «Gli fecero credere di essere estremamente impressionati dalla sua personalità e che un giorno sarebbe dovuto diventare presidente perchè “sono le persone come te che possono cambiare il mondo”».
Ed è subito dopo il suo ritorno negli Stati Uniti che Trump iniziò a esplorare la possibilità di una candidatura repubblicana alla presidenza. Il primo settembre dello stesso anno acquistò una pagina pubblicitaria sul New York Times, il Washington Post e il Boston Globe pubblicando una lettera aperta contro le posizioni di Ronald Reagan sulla Guerra Fredda, e accusando il Giappone di sfruttare l’alleanza con gli Stati Uniti.
Trump espresse inoltre scetticismo sulla presenza degli Usa nella Nato: «L’America deve smettere di spendere soldi per difendere Paesi che si possono difendere da soli».
Posizioni che allora furono considerate bizzarre e che certo attrassero ancora di più l’interesse del Kgb. Trent’anni dopo, durante la campagna presidenziale del 2016, come evidenzia l’inchiesta di Rober Mueller, ex capo dell’FBI, sul Russiagate, Trump e il suo staff
Secondo Unger “Trump era un asset” dei sovietici ma “non c’era un grande piano di far sviluppare questo tizio che 40 anni dopo sarebbe diventato presidente, a quel tempo i russi cercavano di reclutare come pazzi e andavano dietro a decine e decine di persone”. “Trump era un obiettivo perfetto – conclude il giornalista – la sua vanità , il suo narcisismo lo rendevano un target naturale che i russi hanno coltivato per oltre 40 anni fino alla sua elezione”.ebbero almeno 272 contatti e almeno 38 incontri con operativi collegati a Mosca
(da agenzie)
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Gennaio 30th, 2021 Riccardo Fucile
RISCHIA FINO A 10 ANNI DI CARCERE
Jacob Chansley, alias Jake Angeli, uno dei rivoltosi che hanno invaso Capitol Hill il 6 gennaio e diventato famoso come lo “Sciamano Qanon” per il copricapo di pelliccia e corna, vuole presentarsi di nuovo al Congresso, ma sotto un’altra veste: come accusatore di Donald Trump nella procedura di impeachment che verrà avviata al Senato dal 9 febbraio.
Attraverso il suo avvocato, il 32enne Chansley ha detto di “sentirsi tradito dal presidente” e di aver deciso di invadere Capitol Hill solo perchè aveva seguito l’invito di Trump.
Il suo legale ha spiegato quanto “possa essere importante per i legislatori conoscere la versione dei fatti direttamente” da uno degli assalitori.
Chansley è stato incriminato per reati federali che possono comportare una condanna fino a dieci anni di carcere.
(da agenzie)
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